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Autore: H_A_Stratford    14/05/2020    27 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo

Quantico, Virginia.
1 settembre 2017
Ore: 20:13

«Andare a Los Angeles e non farsi neanche un ora di spiaggia è uno spreco» commentò sprofondando sulla sedia Morgan facendo ridere la collega Emily. «Come se non li avessi comunque guardati i lati B delle ragazze» lo schernii facilmente. L'ufficio ormai era silenzioso, tutti erano troppo occupati -e data l'ora- anche troppo stanchi per ascoltare le conversazioni altrui. «Tanto Reid non ne ha bisogno, vero?» ricalcò il carico e partì in quarta mentre l'amico era distratto dal suo fascicolo sul caso.
La mano di Spencer scorreva velocemente sul foglio. Voleva finire di scrivere il rapporto prima di andarsene a casa. Prima finiva, meglio era. «Reid?» chiese ancora Morgan. Il giovane alzò lo sguardo verso di lui, stringendo leggermente gli occhi. «Mh mh». «Che hai?». «Vorrei andarmene a casa Morgan - disse continuando a scrivere - prima finisco e prima vado».
«Giuro che un giorno ti seguo e guardo cosa combini a casa!» esclamò alzandosi. «Derek, magari è soltanto stanco come tutti noi— Emily doveva ammetterlo, era stanchissima— o deve tornare a leggere la sua enciclopedia sulla vita» concluse facendo una battuta che non venne colta dal diretto interessato. «Magari ha una ragazza» la buttò lì Rossi prima di entrare nell'ascensore. «Non mi cercate!» aggiunse prima che le porte si chiudessero davanti a lui.
«Oh andiamo - disse Spencer - voi non vorreste andare a riposare? E' statisticamente provato che la mancanza di sonno porti al suicidio e..»
«Hai la ragazza» ribadì Emily guardandolo diritto negli occhi, nonostante la frase suonasse strana anche a lei. Insomma, lavoravano insieme da 4 anni circa e Spencer non aveva mai dato segni di alcun interesse amoroso.
«Io non..» cercò di balbettare qualcosa. Emily aveva forse fatto centro?
«Hai la ragazza!» Morgan partì a ridere e si alzò per andargli incontro. Sembrava una situazione quasi surreale: Spencer aveva veramente trovato qualcuno.
«Che cosa vi fa pensare che io abbia una ragazza?»
«Hai passato più tempo al telefono del solito, hai aspettato tre secondi in più prima di partire a dire una delle tue cose da cervellone e sei arrossito!» JJ rispose unendosi al gruppo sorridendo. Era felice per lui, ma allo stesso tempo le dispiaceva aver messo alle strette l’amico. «Ricordati che siamo dei profiler, ragazzo!» disse Morgan battendo una mano sulla spalla di Reid.
Spencer dimenticava sempre che in quella squadra nulla poteva rimanere segreto tanto a lungo, eppure lui c'era riuscito, o quasi.
«Ragazzi - disse ancora - vorrei finire e andarmene a casa.»
«Come si chiama?» iniziarono le domande interminabili.
«Da quanto state insieme?» chiese Emily sporgendosi dalla sua scrivania.
«Ragazzi..» l’importante era mantenere la calma.
«Se è un anno, Morgan, mi devi due pizza!» esclamò Aaron mentre passava velocemente di lì. Non era solito a scherzare sul lavoro, ma quella era decisamente un’occasione speciale.
Spencer si passò una mano sul volto. Ci mancava solo che anche Hotchner si mettesse in testa quella storia.
«Come si chiama?» Morgan guardò Spencer sorridendo, incitandolo a parlare.
«E se non ci fosse una ragazza?» riprovò cercando di essere il più convincente possibile. Sentiva il colletto della camicia stringersi sempre di più e solo un miracolo avrebbe nascosto le piccole goccioline di sudore. La verità era che poche volte era stato a disagio tanto quanto in quel momento.
«Tutta questa fatica per nulla?» Emily sembrava triste.
Spencer chiuse il fascicolo e si alzò dalla sua scrivania. «Voi vi siete sforzati per indovinare - disse, sventolando il fascicolo davanti ai loro occhi - mentre io ho finito e me ne vado a casa».
«Ah Spencer! – esclamò Garcia tenendo in equilibrio un laptop e dei file in una mano, mentre nell’altra aveva il quarto caffè del giorno appena lo vide— ha chiamato Athena perché non riusciva a contattarti, ha detto di dirti che è ancora rintanata nella biblioteca dell'università.»
Tutti guardarono Spencer. Era finita. JJ cercava di nascondere il suo sorriso vittorioso sistemandosi la camicia, Morgan si era quasi ritrovato ad alzare un pugno al cielo ed Emily era ancora sotto shock per dire qualcosa. Era vero ed aveva anche un nome.
Spencer si voltò verso Garcia, cercando di fulminarla con lo sguardo. Proprio mentre era convinto che il suo silenzio stampa potesse aiutarlo a fuggire il più velocemente possibile dalla BAU. Ora non sapeva se afferrare la giacca e correre il più velocemente possibile via dall’ufficio, anche se sapeva fosse impossibile data la sua scarsa attitudine allo sport, o semplicemente negare l’evidenza. Magari con qualche discorso interminabile su un argomento non meglio identificato.
«Devo due pizze a mezzo ufficio» sentenziò Morgan.
Emily e JJ si batterono il cinque. «E una cena a me» scoppiò a ridere Emily.
«Da quanto state insieme?» chiese poi JJ.
«In realtà la conosco da nove mesi, undici giorni e - diede una veloce occhiata all'orologio da polso - due ore. Non stiamo insieme». Il sorriso di Emily si spense non appena il ragazzo aggiunse l’ultima frase.
«Tipico di Reid negare l’evidenza» commentò JJ raccogliendo le sue cose. «Ora vogliamo sapere tutti i dettagli! Anche quelli piccanti» disse Morgan dandogli una pacca sulla spalla.
«Ehm – rispose arrossendo completamente – capisco che a volte mi esprimo in un linguaggio troppo articolato, ma pensavo che la frase ‘non stiamo insieme’ fosse piuttosto chiara. ». Prese la tracolla e camminò velocemente verso l'uscita. «È un’amica, come Emily, JJ e Garcia » quasi urlò raggiungendo l’ascensore. Ma era davvero così?
Garcia, ancora a bocca aperta dalla situazione che aveva creato si girò verso gli amici. «Non pensavo fosse così seria. Perché lo è, vero?» disse ancora confusa. Erano mesi che lei sapeva dell’esistenza della ragazza, ma pensava fosse solamente una collega di università. Era stata ingenua. «Però ho fatto una ricerca su di lei, giusto per capire se andasse bene accanto a Reid, vale?»

Mentre il ragazzo usciva dall'edificio il suo telefono prese a suonare. «Pronto?» «Dovresti riconsiderare l'idea di cambiare telefono» la voce di Athena lo fece sorridere. Forse dopotutto non era andata così male. Era però anche certo che fosse lei a dargli questa serenità improvvisa.
«Scusami - disse - siamo tornati da poco e avevo il telefono spento». Non vedeva l'ora di incontrarla. Era stata una settimana dura e il caso aveva tolto loro tutte le forze. Quel desiderio però lo scosse: forse i suoi colleghi avevano ragione. Forse si era innamorato davvero.
«Ho visto al telegiornale –commentò facendo battere le dita su uno dei tanti libri che aveva davanti— c'è qualcosa che non va?»
«No –rispose— è tutto perfettamente in ordine… solo che mi è mancato non vederti per un po’». Ed era vero. Quando erano costretti a viaggiare in un'altra città, il fatto di non vederla e sentirla per giorni e giorni, gli dava quasi un senso di smarrimento. Solo ora si stava rendendo conto di quanto avesse veramente bisogno di lei.
La ragazza sorrise. Anche a lei era mancato, ma Athena al contrario aveva capito da mesi che ormai Reid era entrato nella sua vita. Lentamente, una battuta troppo studiata alla volta, alternando momenti di imbarazzo a silenzi stracolmi di parole. Piano a piano si era anche resa conto che per lui non era il momento di qualsiasi cosa al di fuori di quello che avevano già. E a lei andava bene così: era raro trovare qualcuno come Spencer ed era da folli lasciarlo andare via. «Mi sei mancato anche tu —mormorò— Morgan come sta?—ridacchiò– continua ancora a cercare di psicanalizzarti? Perché se è riuscito lui allora non vedo motivo per cui non possa farlo io.»
Spencer sorrideva mentre scendeva la scalinata e prendeva la metropolitana che l'avrebbe portato il più vicino possibile alla biblioteca. Perché dirle che stava arrivando? «In realtà - disse - è stato un "tutti contro Reid"» fece una smorfia. Era facile parlare con lei, era liberatorio. Eppure sapeva di aver quasi rovinato le cose completamente tra di loro, un paio di settimane prima.
«Uuh, la cosa si sta facendo interessante!» lo prese in giro. «Neanche Rossi ti ha difeso?»
«Mi avrebbe fatto piacere - rispose sorridendo - ma ha messo in testa a tutta la squadre che magari avevo la ragazza e se l'è data a gambe»
«Soltanto tu puoi farti beccare così» rise mentre sfogliava svogliatamente una pagina di un libro. Aveva meno di un mese per decidere di cosa fare della sua vita, ma mai come in quel momento aveva avuto così tante domande per la testa.
Spencer alzò gli occhi al cielo, osservando il nome della fermata apparire sullo schermo. Si alzò in piedi, prenotando. «Sono profiler anche loro, Athena»
«E tu hai un quoziente intellettivo di centottantasette –lo schernii ridacchiando –Potevi farcela» aggiunse con dolcezza. Era felice che finalmente le cose stavano tornando quasi alla normalità con lui, battute comprese.
Spencer scese dal treno, raggiungendo velocemente la scalinata che lo avrebbe riportato in superficie. Senza nemmeno guardare le indicazioni, cominciò a camminare lungo la strada, verso la biblioteca. «Anche le persone con un quoziente intellettivo di centottantasette devono riposare - rispose - non sono stato in grado di difendermi»
«Reid versione cucciolo indifeso. Scusa ma sarebbe stata una scena da immortalare» ridacchiò facendolo sorridere.
«Quindi ora cosa sanno esattamente?»
«Solo di te, che esisti - rispose – ma hanno anche scommesso delle cene. Tipico dei miei colleghi». Disse entrando nel grande edificio stile gotico.
«Hanno scommesso? –scoppiò a ridere—almeno non dei soldi! Credo che Morgan sarà quello che dovrà offrire cene a mezzo ufficio per i prossimi mille anni.»
Spencer rise. «Scusami, ma sono in metropolitana e non prende bene, ci sentiamo dopo». Non le diede il tempo di finire di parlare. Riattaccò il telefono ed entrò definitivamente in biblioteca, aguzzando la vista per cercarla. Solitamente a quell’ora erano poche le persone che occupavano i tavoli, in più la ragazza andava sempre nello stesso posto, quasi fosse suo.
Athena appoggiò il telefono accanto a lei, senza pensare troppo al ragazzo. Lo faceva spesso e quindi per lei ormai non era cosa a cui dar peso. Si era abituata al carattere di Spencer e ai suoi comportamenti, quasi non ci faceva più caso. Era diventata la sua nuova normalità, anche se doveva ammettere che ascoltare i suoi flussi di parole ancora faceva fatica.
Il ragazzo continuava a camminare con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, sapendo esattamente dove fosse. Lei era in fono alla sala, dove poteva anche tranquillamente organizzare una festa senza che nessuno se ne accorgesse.
Spencer la vide con lo sguardo perso a fissare fuori dalla finestra e la mano che tamburellava su un libro. I capelli biondi erano legati in uno chignon sopra la testa. Si fermò un attimo a contemplare la sua bellezza, quasi fosse un dipinto. Non avrebbe voluto disturbarla, ma voleva ritrovare il suo angolo di mondo nel suoi occhi azzurro oceano. Non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva ma amava guardarla negli occhi e quasi perdersi dentro di essi. Quindi si avvicinò lentamente, sapendo che non avrebbe girato lo sguardo per guardare chi fosse. Si sedette e prese un libro dalla tracolla.
«Sono sicuro - disse - che andrò a mangiare una pizza più tardi». Sorrise non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Athena. Il cibo era sempre il migliore dei metodi per farla tornare con i piedi per terra.
Si girò di scatto appena riconobbe la voce. «Ma tu non eri...?» era confusa e non riusciva a smettere di sorridere. Probabilmente stava sorridendo troppo ma a chi importava?
«In metropolitana? Certo - rispose guardando l'orologio - sono sceso quasi mezz'ora fa»
«Bugiardo» lo accusò ridacchiando mentre si girava completamente verso di lui.
Spencer rise. «Ammettilo che ti è piaciuta come sorpresa»
Prima che se ne potessero accorgere, erano caduti nel silenzio più assoluto mentre si guardavano negli occhi. Stesso errore di qualche settimana prima. Athena distolse lo sguardo facendolo ricadere sui suoi libri. Non voleva tornare indietro, perdere tutti i progressi che avevano fatto.
Spencer non ci pensò due volte. Portò una mano sul collo della ragazza e l'avvicinò piano. Le lasciò un tenero bacio sulle labbra; non c'era motivo di lasciarsi mangiare dai dubbi ancora e ancora. La verità era che non aveva pensato ad altro da giorni. Era iniziato tutto a caso finito, avevano riportato a casa l’ultima vittima, ed era proprio lì che Spencer vide una scena che ancora non riusciva a togliersi dalla testa: l’amore con lui il ragazzo della vittima l’aveva prima guardata e poi stretta tra le braccia. In quel momento di era ritrovato a pensare ad Athena e a come avrebbe voluto stringere lei.
Athena lo guardò confusa, poi alzò appena un sopracciglio e quando il ragazzo era sull’orlo di una crisi, troppo spaventato dal rifiuto, disse sorridendogli «Si, mi è piaciuta la sorpresa.» Reid scoppiò a ridere, forse dalla tensione e così anche lei, scuotendo leggermente la testa «Ma ora portami via da questo inferno» aggiunse puntandogli il dito contro. «Parleremo del tuo improvviso bisogno di smancerie appena avrò finito di affogare le mie mille domande in almeno qualche kg di patatine e milkshake.»
«Subito accontentata» rispose felice. Questa volta non si sarebbe tirato indietro come dopo il loro primo bacio, quando paura e insicurezza lo avevano fatto allontanare. No, questa volta sarebbe stato diverso: avrebbe vinto le sue debolezze e sarebbe stato felice.
Athena scompigliò i capelli al ragazzo e dopo aver raccolto le sue cose gli indicò l’uscita. Forse quella era la volta giusta?
Usciti dalla biblioteca sarebbero potuti andare nelle direzioni più opposte: a casa di lui, nell'appartamento di lei o in qualche pizzeria. Loro non ci davano tanto peso, l'importante era stare insieme.
   
 
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