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Autore: Fanny Jumping Sparrow    14/05/2020    3 recensioni
Will Turner e Jack Sparrow non potrebbero essere più diversi l'uno dall'altro, eppure si ritrovano ad essere per forza di cose, alleati.
Ho provato ad immaginare i loro pensieri nel tragitto da Port Royal a Tortuga.
«Non c’è alcuna somiglianza tra noi. Tu rubi», lo accusò piccato, sfuggendo bruscamente a quel contatto confidenziale per rimarcare il concetto.
«E credi sia facile?», esclamò oltraggiato quello, la bocca atteggiata ad un cerchio perfetto.
La fronte del ragazzo si aggrottò, mentre appoggiava i gomiti alla balaustra, guardando sotto di sé: «L’hai scelta tu questa vita, no?»
«Sì. E non la baratterei», affermò orgoglioso e compiaciuto il bucaniere, sistemandosi il tricorno ammaccato e ritornando con ostentata fierezza al timone
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Sparrow, Will Turner
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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STRANGE PAIRS (CAN ACHIEVE THE MOST UNEXPECTED THINGS)


Imbarcato in compagnia di un pirata ambiguo e sgangherato su di un veliero sottratto con l’inganno niente meno che alla flotta della Marina Britannica.
Mai nella sua tranquilla e onesta vita di umile garzone di bottega il giovane Will Turner avrebbe anche solo lontanamente immaginato di ritrovarsi in una circostanza tanto sconsiderata, oltre che compromettente per la sua rispettabile reputazione, e forse anche per la sua incolumità.
Ciononostante oramai non gli importava più niente dell’onore, della prudenza e dello stare al proprio posto. Ci era rimasto per troppo tempo, conducendo un’esistenza passiva, al servizio degli altri, senza mai mettersi in mostra o fare qualcosa di azzardato, sebbene il suo animo fosse tutt’altro che quieto, vile o arrendevole.
Appena l’aveva vista dibattersi tra le grinfie di quegli sporchi farabutti, il suo cuore non aveva avuto alcuna esitazione, la sua coscienza non aveva sentito alcuna ragione: lui aveva il dovere di salvarla. E non perché fosse stato gabbato da quei furfanti o fosse in competizione con qualcuno, né soltanto perché fosse in debito con lei da almeno otto anni e non fosse mai riuscito a ripagarla.
Era da altrettanto tempo che amava perdutamente Elizabeth Swann.
La amava dal primo istante in cui i loro occhi ancora bambini si erano incrociati e l’aveva scambiata per un angelo benevolo giunto in suo soccorso, dopo che aveva creduto di essere precipitato all’inferno.
L’aveva amata ad ogni fugace incontro un po’ di più, vedendola crescere bella e fiera, scontrandosi con il suo spirito acuto e ribelle che spesso lo lasciava ammutolito.
L’aveva amata segretamente, più di quanto non credeva che fosse possibile o appropriato, concedendosi di pensare a lei più di quanto gli fosse permesso, la sera e nei momenti di solitudine e malinconia in cui sprofondava al termine dell’ennesima giornata priva di compagnia, gratificazioni o significato.  
L’aveva amata devotamente, senza pretese e senza la speranza di essere ricambiato o anche solo di poterglielo mai confessare o farglielo capire. Perché sarebbe stato irrispettoso e non avrebbe comunque potuto cambiare ciò che era già stato scritto da consuetudini e leggi nate prima di loro.
Le loro esistenze erano diametralmente opposte, non si sarebbero mai potuti sfiorare se non per pochi attimi, attraverso occhiate discrete e distanti, parole parche e bisbigliate, intessute di convenevoli e ovvietà.
Eppure quell’amara consapevolezza non l’aveva distolto neanche per un attimo dal proposito di rischiare il tutto per tutto e macchiarsi anche di crimini che non avrebbe mai potuto commettere altrimenti. Ed era soltanto all’inizio di quell’imprevedibile viaggio.
Gli sovvennero le dolci e inebrianti sensazioni che lo inondavano ogni volta che poche spanne lo dividevano da lei e poteva osservare le sue bellissime labbra dischiudersi per pronunciare così confidenzialmente il suo nome, respirare la leggera scia del suo raffinato profumo, ammirare la grazia innata dei suoi gesti.
Al solo immaginare che quei luridi delinquenti potessero osare in qualche modo oltraggiarla, approfittarsi di lei o farle del male, si sentiva assalire da una rabbia cieca, tanto che avrebbe voluto spaccare qualcosa.
Ma doveva sforzarsi di restare lucido e vigile, specialmente essendo in balia di un alleato così subdolo e imprevedibile cui si era affidato soltanto per disperazione, rimuginò scontento, scrutandolo mentre dominava con apparente sicurezza l’orizzonte.
Ricominciò a passeggiare lungo la murata di babordo, sistemando qualche cima, quasi in un riflesso involontario, non sapendo ancora bene come muoversi tra quell’intricato reticolo di cavi, ganci e nodi che pure si soffermò a studiare, per capirne il funzionamento.
L’intenso e penetrante odore di salsedine gli sferzava i vestiti, i capelli e la faccia e s’infilava prepotente nei polmoni e in ogni poro, come un balsamo corroborante.
Per quanto avesse vissuto da sempre sul mare o nelle sue vicinanze, quella era solo la seconda volta che si trovava a solcarlo, eppure il suo corpo sembrava reggerne perfettamente il moto incessante che spesso, aveva sentito raccontare, causava malesseri non indifferenti a chi non era abituato a trascorrervi lunghi periodi. A chi invece vi restava per troppe lune, privo di riferimenti solidi e fermi, quel prolungato ondeggiare finiva per minare la stabilità mentale.
Quello Sparrow sembrava rientrare indubbiamente nella seconda casistica. A malapena si reggeva in piedi e aveva uno sguardo a dir poco stralunato, ma, non appena era salito su quella nave, il suo volto si era come trasfigurato, facendosi sprezzante e altero.
Ora che ci si trovava, che poteva assaggiare cosa significasse viverlo appieno, si accorse che anche su di lui quella sconfinata massa d’acqua salata esercitava un effetto eccitante e in qualche modo rassicurante.
E ciò alimentava il tarlo che gli aveva messo in testa il suo strampalato compagno di ventura. Che nelle sue vene potesse scorrere l’indomito sangue di un pirata.
Un pensiero che lo disgustava, che non poteva accettare.


Controllando la direzione indicata dall’ago della sua fidata bussola, Jack Sparrow corresse la rotta, continuando a sbirciare, da dietro la ruota del timone, il vagare impacciato e inquieto del riluttante compagno di bordo.
Riservato e taciturno, ostinato e ingenuo, quel ragazzo somigliava proprio un bel po’ al buon vecchio Sputafuoco Bill, o almeno a come lui lo ricordava, per quel poco che i loro destini si erano intersecati in gioventù.
Quel lupo solitario non era certo tipo da grandi slanci o avvezzo alla chiacchiera, salvo sparute occasioni stava quasi sempre sulle sue, ma se c’era da combattere o da discutere su qualcosa che lo riguardava in prima persona o non gli andava a genio, era capace di tirare fuori un animo audace e battagliero, che di solito se ne stava ben nascosto dietro una maschera imperturbabile e talvolta scostante.
Non aveva più appreso quale fosse stata la sua sorte. Di certo era poco probabile che si fosse salvato dalla furia vendicativa del nuovo abusivo Capitano della Perla Nera, anche perché aveva ben presente che fosse stato l’unico della ciurma a difenderlo durante l’ammutinamento di dieci anni prima. Parimenti dubitava si fosse preoccupato di cercare il figlio, che pure pareva serbare una buona memoria di lui, per quanto parziale e falsa.
Sì, più lo osservava, più si convinceva che i due Turner, se non fisicamente, nell’indole altruista e valorosa e nella propensione a fidarsi troppo degli altri si somigliassero moltissimo e che lui avesse avuto un’immensa fortuna a incontrarlo, perché, servendosi astutamente della sua buona volontà e del suo ardimento, avrebbe potuto rivelarsi la chiave di volta per riprendersi la nave che era sua di diritto.
Ciò nondimeno, guardandolo con attenzione, notando i suoi movimenti scalpitanti e quella sfumatura accesa che gli colorava gli occhi e la voce, aveva anche inteso che questo Turner aveva qualcosa che a quell’altro forse mancava.
Il suo cuore batteva più forte e veloce del normale, un’indomabile scintilla gli faceva ardere il petto, la stessa che lo aveva spinto a superare il limite della decenza e della moralità, portandolo a schierarsi dalla parte di un pendaglio da forca, e che molto probabilmente lo avrebbe sospinto a compiere anche altre avventate azioni.
In poche parole era innamorato.
Ergo, non ragionava più col cervello, ammesso che il suo in precedenza avesse avuto tutte le rotelle funzionanti e al loro posto.
Trovarsi al cospetto di qualcuno che credesse in quel sentimento, tanto chiacchierato e sopravvalutato, doveva ammettere che lo divertiva alquanto.
Almeno nella stessa misura in cui lo rivoltava.
Ci si era invischiato anche lui almeno un paio di volte quand’era ancora imberbe e sprovveduto, ed era qualcosa che detestava rammentare.
Innamorarsi era una delle peggiori sciagure in cui un uomo potesse mai incappare.
Il buon senso andava irrimediabilmente dissolto, come il rum contenuto in una bottiglia offerta a un naufrago recuperato allo stremo delle forze. Ci s’ingannava di poter ambire a realizzare imprese impossibili, di riuscire a sconfiggere l’innato e naturale egoismo che è l’unica spinta vitale di ogni essere umano.
Si diventava vulnerabili, stolti, corruttibili, senza avere più alcun potere sulla propria libertà di scelta. Insomma: equivaleva a condannarsi ad una lenta e logorante follia.
Perciò lui alla fine aveva deciso di legarsi unicamente al mare (e ad una dama di legno).
Un cuore innamorato era una di quelle debolezze incontrollabili su cui sapeva di poter far leva con maggior meschinità per ricavare un proprio soddisfacente tornaconto.
Tutto stava a giostrarsi bene la fiducia del ragazzo, che al momento sentiva essere ancora piuttosto traballante.
Voleva al contempo tentare di carpire se davvero fosse all’oscuro del vero motivo per cui quell’infame di Barbossa e i suoi manigoldi avessero rapito la sua dolce amata.
Che quell’affascinante fanciulla portasse al collo un ninnolo di così insolita e macabra fattura gli aveva destato subito non pochi sospetti, oltre ad avergli rinfocolato la speranza di essere finalmente giunto sulla traccia giusta, dopo così lungo e inconcludente errare.
Adesso che aveva davanti a sé l’unico probabile erede di William Turner, tutti i pezzi di quello snervante rompicapo stavano progressivamente per combaciare.
La vendetta sembrava sempre più a portata di pistola.
Ancora qualche lega li divideva dalla meta prefissata, perciò, anche per ingannare la noia che cominciava a insinuarsi perniciosa, meditò che si sarebbe divertito a stuzzicarlo e a sondare la fermezza delle sue intenzioni.

«Invece di startene ad aspettare che ti pisci in testa qualche gabbiano, ti spiacerebbe cazzarmi quei velacci?», lo riscosse dal suo incerto bighellonare, gesticolando affinché capisse quali cime manovrare.
Il ragazzo, pur tra qualche sbuffo e sbaglio, eseguì di buona lena gli ordini, tornando poi ad affacciarsi alla murata di tribordo.
«Dunque, sei un fabbro …», nicchiò con indifferenza Jack, tastando il suo umore che pareva essersi incupito dal loro ultimo scambio di vedute.
Il giovanotto si voltò appena, guizzandogli un sopracciglio perplesso: «Hai indovinato».
«E lei è la figlia del governatore, giusto?», assentì restando vago ma pungente.
«Sì», confermò con un lieve senso d’imbarazzo il giovane, riportando dietro l’orecchio un filo di capelli sfuggiti al codino e infilatisi in bocca. «Perciò quei maledetti l’hanno rapita, per chiedere un riscatto», aggiunse con repulsione e astio.
«E andrà in sposa a quel pomposo commodoro! Ho indovinato anche questa, nevvero?», il pirata continuò a inquadrare la spiacevole situazione con un tono beffardo e indiscreto, trascurando la soddisfazione per aver almeno ottenuto risposta al suo primo interrogativo. Il ragazzo sembrava non sapere nulla del pezzo mancante del tesoro.
«Già, sono promessi», attestò con un sospiro stizzito e rassegnato Will, ritornando a voltargli le spalle.
Jack assicurò la barra del timone con una cinghia, per potersi allontanare momentaneamente dalla plancia di comando e andargli vicino, non avendo intenzione di urlare al vento il resto delle sue considerazioni. Dondolò al suo fianco, concentrando le pupille sulle onde tinte di un seducente blu cobalto, schiarendosi la gola, facendosi quasi serioso: «Or dunque tu? Che prospettive hai di poter stare con un’aristocratica donzella come lei? Intendi rapirla a tua volta e portarla via il più lontano possibile da tutti quegli agi da rammolliti?»
Will rimase sconcertato da quell’insolente insinuazione: «No di certo!», replicò offeso, sentendosi infiammare d’irritazione e d’imbarazzo, perché, in effetti, era stato talmente preso dalla smania di agire, tradendo i suoi stessi principi morali pur di tentare di strapparla ai suoi rapitori, che non aveva pensato a ciò che sarebbe accaduto dopo, quando l’avrebbe avuta al sicuro, tra le sue braccia.
Se solo lei lo avesse ricambiato e accettato, se solo lui fosse stato meno giudizioso e più sfrontato, forse avrebbe anche trovato il coraggio di chiederle di fuggire insieme e ricominciare tutto da capo, come quel poco di buono gli stava suggerendo di fare.
«La riporterò a casa e basta», affermò risoluto ma con una punta di amarezza, scacciando via quelle futili e indecorose fantasie in cui stava quasi per naufragare.
Sparrow arricciò i baffi in un sorriso che sapeva al contempo di scherno e commiserazione: «Saggio e generoso da parte tua. D’altronde, la gente come loro non si cura punto di noi».
«Noi?», ribatté confuso Turner.
Una mano del pirata gli si appoggiò complice sulla spalla: «Noi senza un blasone. Noi che non abbiamo biancheria pulita e profumata. Noi che ci arrabattiamo ogni dì per mettere qualcosa in pancia», sentenziò con un accento vagamente melodrammatico che al ragazzo suonò quantomeno canzonatorio.
«Non c’è alcuna somiglianza tra noi. Tu rubi», lo accusò piccato, sfuggendo bruscamente a quel contatto confidenziale per rimarcare il concetto.
«E credi sia facile?», esclamò oltraggiato quello, la bocca atteggiata ad un cerchio perfetto.
La fronte del ragazzo si aggrottò, mentre appoggiava i gomiti alla balaustra, guardando sotto di sé: «L’hai scelta tu questa vita, no?»
«Sì. E non la baratterei», affermò orgoglioso e compiaciuto il bucaniere, sistemandosi il tricorno ammaccato e ritornando con ostentata fierezza al timone.
Will sospirò, seguendolo e sedendosi su un barile accanto a lui, l’ombra dello sconforto a crucciargli lo sguardo: «Mi sa che rischierò di diventare come te».
Jack strabuzzò gli occhi bistrati: «Ohi, un momento! Guarda che mi ci sono voluti anni e anni per diventare Capitan Jack Sparrow!», pigolò impettito come un pavone.
«Intendevo dire … un fuorilegge. Ricercato», puntualizzò il giovane, domandandosi, per l’ennesima volta da che lo aveva incrociato, quanto smisurata potesse essere la vanità di quello squattrinato filibustiere che indossava abiti logori e puzzolenti e non pareva possedere nulla di cui potersi vantare. Eccetto una pessima fama.
Lui lo squadrò per qualche secondo, imprimendosi un’espressione poco convinta e quasi sdegnata: «Ricercato? Beh, ce ne vorranno di maree. Lasciamelo dire: quei pantaloni che indossi … sono orrendi! E quelle scarpe!», fece una boccaccia come stesse per vomitare.
«È inutile discutere con te», sbottò con rassegnazione Will, alzandosi e dandogli le spalle, riaffacciandosi alla balconata del cassero.
Per qualche minuto sui loro pensieri divergenti dominò unicamente il suono cullante degli spruzzi che s’infrangevano sullo scafo, il frusciare del vento che s’infiltrava tra gomene e vele e i mille scricchiolii prodotti dal legno del fasciame.
La tracotante logorrea di Jack Sparrow, però, non era ancora sazia. Avere a che fare con un ragazzo così timido e incorrotto era un’occasione troppo ghiotta per la sua indole sbeffeggiatrice di tutto e tutti. Girò leggermente il timone, appoggiandovi mollemente un braccio e ricominciando a parlare col solito timbro provocatorio e noncurante: «Allora, cambiando discorso ... O meglio, ritornando a quello che abbiamo interrotto poc’anzi … Questa Elizabeth, ti ha mai promesso qualcosa?»
Il giovane Turner ruotò appena il collo, guardandolo in tralice. Non era certo abituato a trattare con mascalzoni della sua risma, ma intuiva già il risvolto poco onorevole in cui quel debosciato avrebbe voluto dirottare la conversazione.
«Danaro? Titoli? La sua deliziosa virtù?», perseverò difatti sogghignando, malizioso quanto una serpe.
Will lo tacciò con un’occhiata di biasimo: «Possibile tu non sappia andare al di là delle cose concrete? Che tu non abbia … valori?»
I denti d’oro di Sparrow brillarono: «Ma certo che ce li ho! … È vergine? E non intendo come segno zodiacale», specificò in un sorrisetto scaltro e compiaciuto.
«Cosa?», annaspò lui, deglutendo un grumo che sapeva di sale e pentimento, domandandosi per quale assurda ragione avesse voluto scegliere di allearsi con un simile balordo. Era stata proprio una mossa disperata.
Jack d’altra parte si stava sollazzando nel deriderlo. Aveva capito subito che quello sbarbatello non aveva mai conosciuto una donna e che doveva nutrire una cocente attrazione per l’incantevole aristocratica, malgrado si fingesse tanto nobile e spassionato.
Glielo aveva letto sin troppo facilmente, dal loro primo cozzare di lame, quanto stesse spasimando per dimostrarle che aveva anche lui fegato, capacità e dignità.
«Ah! Non fare il pudico. Siamo tra uomini!», lo schernì con un largo movimento del braccio a evidenziare anche che non vi fosse motivo di nascondersi, poiché nessuno lì in mare aperto poteva sentirli. «Non farmi credere che non hai mai affrontato questo genere di discorsi! O forse tu non sai neanche com’è fatta una pulzella?», continuò imperterrito a pungolarlo, mostrandosi oltremodo sconcertato.
«Scusa Jack, ma tu non mi sembri la persona adatta con cui conversare di certi … argomenti», il giovane Turner troncò senza troppi giri di parole il suo ficcante tentativo di corromperlo.
«Ti sbagli, figliolo! Modestamente ho maturato una sterminata esperienza sul campo», ribadì il pirata con cipiglio vanaglorioso, insoddisfatto dalla ritrosia del compagno di bordo nel volersi astenere da quella dilettevole e innocente chiacchierata.
«Quando arriveremo?», gli domandò più che insofferente, assottigliando gli occhi in cerca del possibile avvistamento di contorni appartenenti alla terraferma.
«Entro stasera», lo rassicurò con fare compassato, dopo una veloce sbirciata alla bussola. «Vedrai, Tortuga ti piacerà. È pieno di persone interessanti lì!»
Già pregustava i tanti piacevoli incontri in cui si sarebbe crogiolato e che si sarebbero sicuramente moltiplicati, una volta riottenuta, grazie all’aiuto di quell’improbabile alleato, la sua tanto agognata Perla.


Salve gente!
Anche questa shot esce fuori dalla rielaborazione di alcuni appunti di dialoghi rinvenuti casualmente su un fogliettino di carta ingiallito! Prima di buttarlo, ho voluto provare a dargli un senso ^_^
Come avete potuto capire, se siete arrivati fino alla fine, si tratta di un semplice missing moment in cui ho cercato di mettere a confronto i pensieri di Jack e Will agli inizi della loro improbabile alleanza, durante il viaggio da Port Royal a Tortuga.
Il titolo è una citazione da Black Sails, serie tv piratesca che consiglio vivamente a tutti gli appassionati del genere.
E nulla, mi sono divertita a scriverla e spero di essere riuscita a regalare qualche piacevole momento di evasione anche a chi ha speso qualche minuto a leggerla.
Pensieri, opinioni e critiche sono sempre ben accetti!
Al prossimo approdo!)
   
 
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