Arrivò alla locanda nel
quartiere delle miniere intorno alla
mezzanotte. La nottata non era stata molto proficua, il ladro era
riuscito ad
alleggerire le tasche di due persone soltanto, riuscendo a mettere le
mani su
appena quattro monete d’argento. Certo non era male come
bottino e la nottata
era ancora lunga, ma il pensiero di aver già preso di mira
due locande senza
ricavarci molto lo sconfortava. Anche se quelle locande non erano in
genere
molto frequentate dalla popolazione.
Saltellando da un tetto
all’altro, il nano color zenzero si
fermò sul tetto davanti la locanda, nello stesso punto della
sera precedente
dove poteva tenere sotto controllo sia la strada sia la porta
dell’edificio. Il
quartiere era calmo e tranquillo, e non si sentivano molti rumori se
non i
passi di alcune guardie che pattugliavano la zona. Nori rimase nascosto
sul
tetto osservando mentre le guardie passavano ignare e impegnate a
chiacchierare
davanti la locanda.
È la seconda
pattuglia che incontro questa notte, chissà
perché improvvisamente le guardie sono raddoppiate! Pensò
il nano mentre si
rialzava lentamente, gli occhi fissi sulle schiene ormai lontane delle
guardie.
Era davvero molto strano, di solito
le guardie non
pattugliavano così frequentemente i quartieri di periferia.
Forse il capitano
Dwalin si era finalmente accorto che anche lì vivevano dei
nani che dovevano
essere protetti dalla malavita, non solo nei quartieri residenziali
della buona
società e della nobiltà. Maledetto nano che
baciava il culo al re ereditario e
ai suoi parenti, di cui faceva parte tra l’altro.
Beh in realtà anche lui e la sua famiglia erano imparentati
con la linea regale
dei Durin, da parte di madre dato che avevano padri diversi. Ma era una
parentela davvero molto lontana, inoltre loro non erano mai stati
particolarmente interessati a trattare con sua madre, figurarsi con la
sua
prole bastarda.
Improvvisamente la porta della
locanda si aprì lasciando
trapelare luce e un’assordante musica da quattro soldi per la
strada. Una
figura tarchiata e larga uscì barcollando
dall’edificio, il piccone in spalla e
la pipa in bocca.
Niente cappello.
Nori lo osservò con un certo interesse, valutando se potesse
essere una buona
vittima da colpire.
Apparentemente era così ubriaco da non riuscire a camminare
correttamente,
inoltre si fermò a urinare nel vicolo più vicino.
Era perfetto.
Con movimenti agili e silenziosi,
Nori scese dal tetto nel
vicolo accanto la strada e, accertandosi che non ci fossero guardie o
altre
persone sgradite, si avvicinò furtivamente al malcapitato e
lo borseggiò.
Dovette evitare con un movimento veloce il piccone che il nano
roteò con
noncuranza attorno a sé mentre si girava, un colpo che se
non schivato avrebbe
potuto facilmente rompere la testa a qualcuno. Per il resto fu molto
semplice
appropriarsi di quella luccicante moneta d’oro, lasciando due
monete di minor
valore nel borsello.
Ritornando sul tetto,
guardò con gioia la moneta rubata e la
aggiunse al resto del bottino di quella sera. Di colpo la sua serata
era
migliorata esponenzialmente. E sembrava essere destinata a migliorare
ulteriormente.
Di lì a poco la porta della locanda si riaprì e
un grosso cappello dalla forma
bizzarra fece capolino tra le luci soffuse e la musica del locale. Nori
poteva
vedere il sorriso largo sul volto del nano anche da quella distanza
mentre si
girava dopo aver salutato chissà chi ad alta voce. Come la
sera precedente, il
minatore sembrava così ubriaco da non riuscire a camminare
dritto. Sbandava ad
ogni passo ondeggiando pericolosamente, la punta del piccone sobbalzava
sulle
pietre della strada mentre veniva pesantemente trascinato.
Era davvero una scena patetica.
Nori sbuffò trattenendo a
stento una risata alla vista di
quel nano. Era così buffo che avrebbe fatto ridere chiunque,
sicuramente era lo
scemo del quartiere a cui tutti volevano bene.
Si calò velocemente dal tetto, puntando dritto verso il
malcapitato. Se la sera
prima non fosse stata un caso, con quel tipo non avrebbe avuto bisogno
di
ricorrere a nessuna abilità speciale. Si avvicinò
con fare vago e sfoggiò il
suo più bel sorriso mentre attirava l’attenzione
dell’ubriaco.
“Ciao amico”
Disse toccandogli una spalla.
Il nano si girò di scatto,
quasi inciampando su sé stesso
quando il manico del piccone gli sbatté sulle gambe,
rimanendo a fissarlo per
qualche istante con gli occhi appannati dall’alcol prima di
sorridergli.
“Ciao a te, amico. Non
credo di conoscerti ma già mi stai
simpatico!”
Il suo alito era così
carico di alcol che Nori riuscì a
sentirlo fin sopra la pelle del suo viso. Cercò con tutte le
forze di non
trasformare il suo sorriso in una smorfia mentre toglieva la mano dalla
spalla
dell’alto nano.
“No, infatti non credo.
Ascolta amico, hai da cambiare delle
monete? Mi ritrovo questa moneta d’oro ma vorrei cambiarla
con dei pezzi
d’argento, sai non mi fido dei locandieri, sono degli
imbroglioni!”
Il trucchetto del cambio delle monete
era relativamente
affidabile, ma soltanto con quelli che non erano particolarmente bravi
a
contare. Ma data la situazione, non aveva alcun dubbio sul risultato
finale.
Il nano bruno rimase nuovamente a fissarlo inebetito per alcuni
istanti,
innervosendo non poco il ladro. Ogni momento era prezioso quando si
cercavano
persone da derubare, perdere tempo significava perdere occasioni buone
da poter
cogliere e soldi.
Infine il minatore sembrò risvegliarsi dal torpore dovuto
dall’alcol e si
strofinò il naso con la manica della tunica.
“Hai davvero dei bei
capelli” Esclamò guardando i suoi
capelli sapientemente pettinati in tre punte e trecce “Mi
ricordano una stella
rossa!”
Nori rimase piuttosto sbalordito e
seccato dal commento.
Certo era molto fiero della propria pettinatura e del colore dei suoi
capelli,
e di certo quella non era la prima volta che riceveva un complimento a
tal
proposito -anche se spesso erano molto spinti- ma non era quello che
voleva
sentire al momento.
“Allora
ce l’hai o no?” Sollecitò
con una punta di irritazione nel tono della voce.
Il
minatore annuì vigorosamente e
gesticolò con una mano guantata di aspettare un momento
mentre con l’altra si
tastava le tasche della tunica e dei pantaloni, il piccone abbandonato
a terra.
Nori roteò gli occhi sbuffando per l’attesa e per
la scenetta patetica. Non
sopportava gli ubriachi e la loro triste pateticità, forse
era dovuto al fatto
che il suo stesso padre era un bevitore accanito ed era quasi sempre
ubriaco.
Ma non era quello il momento di pensare a quello sventurato di suo
padre.
Finalmente il minatore riuscì a tirare fuori il suo
deludente borsello e a
porgerlo al ladro.
“Bofur,
al tuo servizio” Biascicò
quando Nori agguantò il sacchetto di pelle per aprirlo.
“Bene,
lo terrò a mente” Rispose
mentre contava i soldi al suo interno. Due monete d’argento e
tre di rame,
forse quello non era stato un giorno particolarmente fortunato nei
giochi di
carte.
“Non
mi dici il tuo nome, amico?”
“Non
vedo perché dovrei” Si limitò
a rispondere il nano color zenzero facendo scivolare una moneta
d’argento e due
di rame nella manica. In realtà, in altre circostanze
avrebbe preso le due
monete d’argento e lasciato quelle di rame alla vittima,
tant’erano di piccola
taglia e praticamente inutili per acquistare qualunque cosa, ma in quel
momento
si scoprì inspiegabilmente magnanimo con quel nano.
Forse
era la pietà che gli idioti
tendevano a suscitare nelle persone che lo stava portando ad agire
così, in
fondo anche Nori aveva un briciolo di coscienza, o semplicemente era la
consapevolezza di aver già derubato quel nano e di non
volerlo dissanguare come
qualsiasi altra canaglia nella città.
Un
po’ a me e un po’ a te no? È
così che agisco Si disse mentre porgeva con un
sorriso il borsello al suo
proprietario, ma il pensiero suonò più come un
autoconvincimento che
un’affermazione.
“Grazie
amico, mi hai proprio
salvato”
Stava
per andarsene quando il
minatore lo afferrò per il polso con una mano, facendolo
voltale nuovamente.
“Posso
offrirti una birra?” Chiese
con la lingua impastata, lo sguardo supplicante.
Nori
rimase a bocca aperta per la
sorpresa. Di tutti gli scenari che aveva immaginato per le sue rapine,
soprattutto per prepararsi le vie di fuga se qualcosa fosse andato
storto,
quello non era stato sicuramente contemplato. Chiudendo la bocca
lentamente,
rimase a fissare con un cipiglio il nano bruno davanti a lui. Il suo
sguardo
era ancora annebbiato dall’alcol ma ora era più
brillante, il sorriso teso dal
nervosismo. Sembrava davvero sperare in una risposta positiva,
guardando Nori
con uno sguardo quasi da cucciolo. Ma la cosa che più
sconvolse il ladro fu il
fatto che per qualche breve istante considerò
l’idea di rispondere di sì.
“Mi
dispiace amico, magari un’altra
volta. Devo andare”
Lo
sguardo deluso e ferito del nano
ubriaco scosse il ladro più di quanto fosse disposto ad
ammettere. Il minatore
annuì lentamente, come se stesse assimilando una tragica
notizia.
Lo lasciò lì in piedi senza dire una parola,
raggiungendo il primo vicolo buio
che trovava e risalendo sui tetti delle case, quasi fuggendo dalla sua
presenza. Lo guardò riprendere in spalla il suo piccone e
barcollare verso la
fine della strada, intonando una canzone che in principio non doveva
essere
così lenta e triste.
Quando
tornò nel suo rifugio, si
mise subito a contare il suo guadagno, cercando di scacciare la
moltitudine di
pensieri che gli affollavano la testa.
Una moneta d’oro, sei d’argento e otto di rame.
Perché diavolo mi ha invitato a bere una birra?
Poteva andare meglio ma non poteva lamentarsi.
Era così ubriaco da non capire cosa stesse facendo?
Ora doveva solo riuscire a rubare qualche altra moneta
d’oro e sarebbe
riuscito a mettere insieme i soldi necessari per pagare un altro ciclo
lunare
di apprendistato del fratellino Ori.
Perché cazzo gli aveva detto il suo nome? E
soprattutto perché la sua
delusione lo aveva sconvolto così tanto?
Alla
fine, si arrese a tutte quelle
domande che affollavano la sua mente e sistemò le monete nel
solito
nascondiglio, per poi sdraiarsi e guardare il soffitto mentre
rimuginava.
Non riusciva a capire perché quell’episodio lo
aveva colpito così tanto da
lasciarlo turbato. Sapeva di non essere un nano spiacevole, e aveva
avuto le
sue diverse scappatelle, più per necessità che
per passione, e non era nuovo ad
approcci e tentativi di adescamento da parte di altri nani o nane.
Inoltre,
quel tipo era davvero ubriaco fino alle ossa, probabilmente aveva
parlato più
per colpa dell’alcol che per sua volontà. Ma
c’era qualcosa nel suo modo di
fare che lo aveva colpito positivamente. La sua innocenza
nell’apprezzare i
suoi capelli, quando altri avrebbero mostrato solo lussuria in ogni
singola
parola. La speranza di poterlo invitare a bere, quando tutti quelli che
aveva
conosciuto gli avevano offerto di condividere il letto senza tanti giri
di
parole. E soprattutto la delusione genuina del suo sguardo al suo
rifiuto,
quando altri avrebbero reagito con irritazione e sprezzo, tirandogli
dietro
qualche parola poco carina.
No, quello che aveva colpito Nori non era tanto l’azione in
sé ma l’innocenza e
l’ingenuità con cui era stata fatta.
Non era abituato a tanta gentilezza, non nel mondo in cui viveva e non
con le
persone che era costretto a frequentare, in realtà nemmeno
con la sua famiglia
per molti aspetti. Ma pensare di essere stato oggetto di tanta premura
lo faceva
sorridere e gli diffondeva nel corpo un senso di calore e leggerezza.
Forse era per quello che gli idioti piacevano tanto alla gente, stava
cominciando a capire anche lui.
Trovarsi
davanti alla locanda del
quartiere delle miniere intorno alla mezzanotte divenne
un’abitudine per il
ladro. Arrivava poco prima per cercare di racimolare qualche soldo da
qualcuno,
poi aspettava finché non usciva il minatore che rispondeva
al nome di Bofur.
Ogni sera lo raggiungeva per portargli via qualche moneta e scambiare
qualche
parola con lui, per lo più prenderlo in giro in vari modi,
ma una volta che se
ne andava non rimaneva ad aspettare altre vittime e cambiava
obbiettivo. Nori
poteva negare l’evidenza fino alla fine, ma i suoi incontri
con Bofur non erano
più dettati dal furto, bensì dal semplice piacere
di passare qualche momento in
compagnia di quel nano e ascoltare le sue chiacchiere.
Finché il minatore non iniziò a frequentare molto
meno la locanda.