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Autore: storiedellasera    16/05/2020    2 recensioni
Disseminati per tutta la casa, gli occhi osservano.
Breve racconto sugli effetti dannosi della solitudine e dell’indifferenza.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Neanche questa notte sono riuscita a dormire.
L’opprimente sensazione di essere osservata mi costringeva a restare sveglia.
Nel buio, ogni ombra e ogni sagoma poteva essere il mostro, mimetizzato e intento a fissarmi.
Ho pregato che la creatura dall’inimmaginabile forma avesse deciso di catturarmi, almeno così l’incubo sarebbe finito.
Non potevo più resistere a quella tortura, al suo tormento e a tutti i suoi occhi su di me.
Probabilmente adorava giocare al gatto e al topo e questo mi faceva infuriare ed esasperare.
Volevo solo che la facesse finita in un modo o nell’altro.
Il continuo pensare all’orrore che aveva in serbo per me era più terrificate dell’orrore stesso… perciò non biasimatemi quando leggerete la mia storia.

Tutto iniziò un anno fa, quando mi trasferii nella mia nuova casa.
Avevo finalmente trovato un lavoro e questo mi dava il sostegno economico per crescere mio figlio. Suo padre fuggì a gambe levate quando gli dissi che ero in cinta.
Essere una madre sola è terribilmente faticoso e stancante.
In molti mi dicevano la mia tempra era ammirevole. Ma io preferito un loro aiuto al posto di quelle inutili lodi.
Ovunque andavo trovavo solo sguardi compassionevoli e nulla più.
Odiavo quegli occhi su di me.

La fatica e la monotonia delle giornate mi consumava dall’interno e questo iniziò a influire sul mio corpo e sulla mia mente.
Durante le notti non dormivo bene.
Ero agitata e un incomprensibile senso di disagio cresceva in me.
Mi sentivo osservata nella mia stanza, come se qualcuno mi stesse fissando. Spesso mi guardavo attorno, convinta che avrei trovato un estraneo o un ladro nella mia casa.
Nelle notti più insonni controllavo e ricontrollavo che porte e finestre fossero ben chiuse.
Una volta ero così spaventata che sposai l’idea di iniziare a dormire con un coltello sotto un cuscino… e così feci.

Con il passar del tempo iniziai ad avere paura della mia stessa casa.
Mi sentivo ridicola e frustrata.
Ma il terrore, mescolato all’insoddisfazione, stava generando dentro di me un sentimento oscuro.
Era odio verso mio figlio.
Lo guardavo e vedevo solo una grossa sanguisuga che succhiava tutta la mia linfa vitale.
Il mio tempo, la mia salute e la mia felicità venivano inglobati da quella piccola creatura.
Più io mi indebolivo e più mio figlio acquistava vigore.
Mio vergogno per aver provato delle simili emozioni ma quel periodo fu veramente difficile per me.
Ricordo che gettai via tutto il vino che avevo in casa.
Lo feci per precauzione poiché l’alcol iniziava ad esercitare un certo fascino su me… e io sapevo benissimo come una bottiglia poteva ridurre un essere umano.
Non osavo immagine cosa avrei potuto fare da ubriaca, con un figlio che disprezzavo e con un coltello nascosto sotto il mio cuscino.

Mi feci visitare da un medico che mi prescrisse degli ansiolitici.
Per qualche giorno andò tutto bene… fino a quando, una notte, tornai a sentirmi agitata e osservata.
Ero a letto, aprii gli occhi e iniziai a scrutare l’oscurità attorno a me, come facevo spesso.
Fu in quel momento che lo vidi: un occhio mi stava fissando da una crepa nel muro.
Il trauma fu così intenso che per i primi secondi non riuscii a comprendere cosa stavo vedendo.
Ero incapace di muovermi, pensare o intuire. Il terrore mi aveva privato di ogni cosa ad eccezione del respiro.
L’occhio non poteva appartenere a un essere umano. Era grande, dall’iride color del mogano e contornata da vene rosse.
Comunicava un senso di macabra gioia, come se la cosa nel muro fosse eccitata all’idea di avermi trovato.
Lentamente e senza far rumore, l’occhio si ritirò all’interno del muro, svanendo nell’oscurità.
Fu solo in quel momento che mi ricordai del coltello che avevo con me.
Il terrore mi aveva fatto dimenticare l’arma sotto il mio cuscino.
Quella notte non dormii e il mattino seguente mio figlio mi ritrovò seduta sul letto, con lo sguardo fisso sul muro e il coltello tra le mani.

Durante il giorno controllai ossessivamente la crepa nel muro.
Era solo un piccolo buchino che non portava da nessuna parte.

Mi ci vollero diverse notti prima di ritrovare il sonno.
Ero convita che l’occhio che avevo visto fosse solo un’illusione, magari un effetto collaterale dei farmaci o lo stress accumulato nei giorni.
Una sera mi addormentai mentre guardavo la televisione in sala.
Mi svegliai qualche ora più tardi.
La televisione era ancora accesa e, sul muro dietro di essa, decine di occhi mi stavano fissando.
Erano di diverse forme e colori ma tutti esprimevano la stessa terrificante euforia.
Il terrore mi paralizzava.
Fissavo gli occhi che fissavano me.
La stanza era buia e non riuscivo a vedere bene cosa stava accadendo… ma ebbi la sensazione che il muro iniziasse ad inclinarsi verso di me. Lo sentivo scricchiolare mentre gli occhi si stavano avvicinando.
Trovai la forza per balzar via dal divano e per precipitarmi nella mia stanza.
Durante quella breve fuga potevo sentire qualcosa inseguirmi.
Chiusi la porta a chiave e scoppiai a piangere.

Non so per quanto tempo rimasi lì in lacrime contro la porta, ma quando spiai dalla fessura vidi, dall’altra parte,  un occhio che mi fissava.
Urlai e agguantai il coltello.
Quel grido svegliò mio figlio che iniziò a piangere.
Terrorizzata all’idea che quella cosa potesse dirigersi verso mio figlio aprii la porta.
Non vidi nessun occhio e nessun mostro in casa.
Stordita, armata e spaventata raggiunsi mio figlio in camera sua.
Lo abbracciai forte nella speranza di consolare anche me stessa.
Quella notte dormii insieme lui.

Il giorno dopo non andai a lavoro.
Iniziai ad ispezionare tutta la casa. Aprii le finestre per far entrare la luce del sole e mi misi a cercare la presenza degli occhi nei mobili, negli armadi, sotto i letti…
Non trovai nulla.
Al tramonto, mio figlio mi mostrò due disegni che aveva fatto durante il giorno.
Raffiguravano ciò che era successo la scorsa notte… o almeno era quello che aveva visto mio figlio.
Nel primo disegno ero raffigurata mentre entravo in camera sua con il coltello tra le mani e un sorriso malefico sulle mie labbra. I miei occhi erano crudeli e terrificanti, come gli occhi che vedevo durante la notte.
Nel disegno mi rivolgevo a mio figlio, grazie a una vignetta (come quella dei fumetti), e gli dicevo che l’avrei ucciso.

Il secondo disegno era ancora più spaventoso: ero distesa nel letto di mio figlio, abbracciata stretta a lui. Io avevo sempre quel sorriso malefico e quegli occhi crudeli.
Tenevo il coltello contro la gola mio figlio mentre lui piangeva terrorizzato.

Mi sentii precipitare in un pozzo senza fondo.
Angoscia, paura e rimorso si agitavano dentro di me, demolendo la mia anima.
I disegni mi mostravano ciò che era realmente accaduto la scorsa notte?
E se era solo il frutto dell’immaginazione di mio figlio, quella fantasia lo aveva traumatizzato?

-.-.-.-.-

Ammetto che la mia mente è annebbiata, i miei ricordi sono offuscati e la percezione che ho del mondo è alterata.
Non attribuisco più la colpa delle mie condizioni ai farmaci o allo stress.
Magari non esiste nessun mostro che vive nel muro, magari il mostro è sbocciato dentro di me.
Questa notte l’intera casa è disseminata di occhi.
Mi guardano mentre finisco di scrivere la mia storia. Mio figlio dorme nella sua stanza e il mio coltello dorme sotto il mio cuscino.
Gli occhi controllano ogni mio movimento.
Spero che questa notte scoprirò cosa vogliono da me.



 

 

Neanche questa notte sono riuscita a dormire.
L’opprimente sensazione di essere osservata mi costringeva a restare sveglia.
Nel buio, ogni ombra e ogni sagoma poteva essere il mostro, mimetizzato e intento a fissarmi.

Ho pregato che la creatura dall’inimmaginabile forma avesse deciso di catturarmi, almeno così l’incubo sarebbe finito.

Non potevo più resistere a quella tortura, al suo tormento e a tutti i suoi occhi su di me.

Probabilmente adorava giocare al gatto e al topo e questo mi faceva infuriare ed esasperare.

Volevo solo che la facesse finita in un modo o nell’altro.
Il continuo pensare all’orrore che aveva in serbo per me era più terrificate dell’orrore stesso… perciò non biasimatemi quando leggerete la mia storia.

 

Tutto iniziò un anno fa, quando mi trasferii nella mia nuova casa.
Avevo finalmente trovato un lavoro e questo mi dava il sostegno economico per crescere mio figlio. Suo padre fuggì a gambe levate quando gli dissi che ero in cinta.

Essere una madre sola è terribilmente faticoso e stancante.
In molti mi dicevano la mia tempra era ammirevole. Ma io preferito un loro aiuto al posto di quelle inutili lodi.
Ovunque andavo trovavo solo sguardi compassionevoli e nulla più.
Odiavo quegli occhi su di me.

 

La fatica e la monotonia delle giornate mi consumava dall’interno e questo iniziò a influire sul mio corpo e sulla mia mente.

Durante le notti non dormivo bene.

Ero agitata e un incomprensibile senso di disagio cresceva in me.
Mi sentivo osservata nella mia stanza, come se qualcuno mi stesse fissando. Spesso mi guardavo attorno, convinta che avrei trovato un estraneo o un ladro nella mia casa.
Nelle notti più insonni controllavo e ricontrollavo che porte e finestre fossero ben chiuse.
Una volta ero così spaventata che sposai l’idea di iniziare a dormire con un coltello sotto un cuscino… e così feci.

 

Con il passar del tempo iniziai ad avere paura della mia stessa casa.
Mi sentivo ridicola e frustrata.
Ma il terrore, mescolato all’insoddisfazione, stava generando dentro di me un sentimento oscuro.

Era odio verso mio figlio.
Lo guardavo e vedevo solo una grossa sanguisuga che succhiava tutta la mia linfa vitale.

Il mio tempo, la mia salute e la mia felicità venivano inglobati da quella piccola creatura.
Più io mi indebolivo e più mio figlio acquistava vigore.
Mio vergogno per aver provato delle simili emozioni ma quel periodo fu veramente difficile per me.
Ricordo che gettai via tutto il vino che avevo in casa.
Lo feci per precauzione poiché l’alcol iniziava ad esercitare un certo fascino su me… e io sapevo benissimo come una bottiglia poteva ridurre un essere umano.
Non osavo immagine cosa avrei potuto fare da ubriaca, con un figlio che disprezzavo e con un coltello nascosto sotto il mio cuscino.

 

Mi feci visitare da un medico che mi prescrisse degli ansiolitici.

Per qualche giorno andò tutto bene… fino a quando, una notte, tornai a sentirmi agitata e osservata.
Ero a letto, aprii gli occhi e iniziai a scrutare l’oscurità attorno a me, come facevo spesso.
Fu in quel momento che lo vidi: un occhio mi stava fissando da una crepa nel muro.
Il trauma fu così intenso che per i primi secondi non riuscii a comprendere cosa stavo vedendo.
Ero incapace di muovermi, pensare o intuire. Il terrore mi aveva privato di ogni cosa ad eccezione del respiro.
L’occhio non poteva appartenere a un essere umano. Era grande, dall’iride color del mogano e contornata da vene rosse.
Comunicava un senso di macabra gioia, come se la cosa nel muro fosse eccitata all’idea di avermi trovato.

Lentamente e senza far rumore, l’occhio si ritirò all’interno del muro, svanendo nell’oscurità.
Fu solo in quel momento che mi ricordai del coltello che avevo con me.
Il terrore mi aveva fatto dimenticare l’arma sotto il mio cuscino.
Quella notte non dormii e il mattino seguente mio figlio mi ritrovò seduta sul letto, con lo sguardo fisso sul muro e il coltello tra le mani.

 

Durante il giorno controllai ossessivamente la crepa nel muro.
Era solo un piccolo buchino che non portava da nessuna parte.

 

Mi ci vollero diverse notti prima di ritrovare il sonno.

Ero convita che l’occhio che avevo visto fosse solo un’illusione, magari un effetto collaterale dei farmaci o lo stress accumulato nei giorni.
Una sera mi addormentai mentre guardavo la televisione in sala.
Mi svegliai qualche ora più tardi.
La televisione era ancora accesa e, sul muro dietro di essa, decine di occhi mi stavano fissando.
Erano di diverse forme e colori ma tutti esprimevano la stessa terrificante euforia.
Il terrore mi paralizzava.
Fissavo gli occhi che fissavano me

La stanza era buia e non riuscivo a vedere bene cosa stava accadendo… ma ebbi la sensazione che il muro iniziasse ad inclinarsi verso di me. Lo sentivo scricchiolare mentre gli occhi si stavano avvicinando.
Trovai la forza per balzar via dal divano e per precipitarmi nella mia stanza.
Durante quella breve fuga potevo sentire qualcosa inseguirmi.
Chiusi la porta a chiave e scoppiai a piangere.

Non so per quanto tempo rimasi lì in lacrime contro la porta, ma quando spiai dalla fessura vidi, dall’altra parte,  un occhio che mi fissava.
Urlai e agguantai il coltello.
Quel grido svegliò mio figlio che iniziò a piangere.
Terrorizzata all’idea che quella cosa potesse dirigersi verso mio figlio aprii la porta.
Non vidi nessun occhio e nessun mostro in casa.
Stordita, armata e spaventata raggiunsi mio figlio in camera sua.
Lo abbracciai forte nella speranza di consolare anche me stessa.
Fu quasi per caso che, in quel momento, notai i disegni di mio figlio.
Occhi.
Aveva disegnato moltissimi occhi.
Occhi su sfondo nero, occhi sulle superfici dei mobili, occhi nei muri e negli armadi.
Occhi grandi e occhi piccoli.

Li vedeva anche lui e ne aveva paura.
Quella notte dormii insieme lui.

 

Il giorno dopo non andai a lavoro.

Iniziai ad ispezionare tutta la casa. Aprii le finestre per far entrare la luce del sole e mi misi a cercare la presenza degli occhi nei mobili, negli armadi, sotto i letti…
Non trovai nulla.

Al tramonto, mio figlio mi mostrò due disegni che aveva fatto durante il giorno.
Raffiguravano ciò che era successo la scorsa notte… o almeno era quello che aveva visto mio figlio.
Nel primo disegno ero raffigurata mentre entravo in camera sua con il coltello tra le mani e un sorriso malefico sulle mie labbra. I miei occhi erano crudeli e terrificanti, come gli occhi che vedevo durante la notte.

Nel disegno mi rivolgevo a mio figlio, grazie a una vignetta (come quella dei fumetti), e gli dicevo che l’avrei ucciso.

 

Il secondo disegno era ancora più spaventoso: ero distesa nel letto di mio figlio, abbracciata stretta a lui. Io avevo sempre quel sorriso malefico e quegli occhi crudeli.
Tenevo il coltello contro la gola mio figlio mentre lui piangeva terrorizzato.

 

Mi sentii precipitare in un pozzo senza fondo.
Angoscia, paura e rimorso si agitavano dentro di me, demolendo la mia anima.
I disegni mi mostravano ciò che era realmente avvenuto la scorsa notte?
E anche se fosse solo il frutto dell’immaginazione di mio figlio, quella fantasia lo aveva traumatizzato?

 

-.-.-.-.-

 

Ammetto che la mia mente è annebbiata, i miei ricordi sono offuscati e la percezione che ho del mondo è alterata.
Non attribuisco più la colpa delle mie condizioni ai farmaci o allo stress.

Magari non esiste nessun mostro che vive nel muro, magari il mostro è sbocciato dentro di me.

Questa notte l’intera casa è disseminata di occhi.

Mi guardano mentre finisco di scrivere la mia storia. Mio figlio dorme nella sua stanza e il mio coltello dorme sotto il mio cuscino.
Gli occhi controllano ogni mio movimento.

Spero che questa notte scoprirò cosa vogliono da me.

   
 
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