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Autore: Venera W R Jophiel    18/05/2020    0 recensioni
{Clace - "What if...?" / Ambientata alla fine della serie tv.}
«Forse è solo… l’effetto farfalla.» Rispose Jace, sciogliendo a malincuore quel contatto con Clary e chinandosi all’altezza della bambina. «Fa vedere alla mamma il disegno che hai fatto anche per me.» Incoraggiò Sera, sorridendole con le lacrime agli occhi. Avrebbe approfittato di quel momento per andarsene.
Verrà il giorno in cui ti ricorderai di me, Clary Fairchaild. Verrà il giorno in cui non vi lascerò più.
Anche se un poco imbarazzata, Seraphina fece chinare la madre alla sua altezza. «Guarda. Che ne pensi, mamma? È bello?»
Clary contemplò il disegno con reale interesse.
Una farfalla. Blu, su uno sfondo bianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clary Fairchild, Jace Wayland, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Effetto farfalla

 

“Do you remember standing on a broken field?
White crippled wings beating the sky.
The harbingers of war with their nature revealed.
And our chances flowing by.”

 
 
La galleria d’arte è gremita di gente, così tanta che neanche Clary sa come faccia a dar voce a tutti loro. Li guarda assorti in un suo quadro e subito è lì, a dar voce ai loro pensieri con domande mirate anche se, spesso e volentieri, non la fanno neanche parlare. Perché sono loro ad assillarla di domande di ogni tipo. E in ognuna di esse, c’è sempre la stessa: “cosa la spinge a dipingere in modo astratto?” E ogni volta, la giovane artista non sa cosa rispondere di preciso.
Forse perché è convinta che non verrebbe creduta o, probabilmente, perché la sua mente si ostina a tenerle chiusi determinati segreti. Non saprebbe spiegare con preciso quella strana ispirazione che, puntualmente, la fa svegliare alle 4 di notte e la spinge a buttare dei colori sulla tela. E inizia sempre dal celeste, perché da quando aveva memoria era un colore che le metteva serenità, e poi continua con il giallo, il rosso, il verde… e quando il quadro prende la forma, si ferma a contemplarlo. Come se fosse soddisfatta di ciò che crea.
«Quindi ripartirà per Los Angeles domani mattina, Signorina Frey?» Le aveva appena chiesto la sua interlocutrice con la quale stava conversando da mezz’ora. Clary rimase un poco sorpresa, essendo la prima volta che qualcuno le chiede qualcosa legata alla sua vita privata. Solitamente le domande sono strettamente al mondo dell’arte.
Sorride, snudando i denti bianchi, sforzandosi di ricordare il nome della donna. Clelia? No. Cassia? Nemmeno… Ma certo! Cleophas! «Sì, ho già due mostre in programma per la prossima settimana. E poi Sera deve tornare a scuola. Le ho già sottratto troppo tempo.» Rispose, quasi lieta che una sconosciuta le facesse domande non inerenti ai suoi quadri. Rintracciare le sue amiche a Los Angeles era stato impossibile, durante il suo soggiorno a New York! La linea, in quella parte di città dove soggiornava, andava e veniva.
Clary seguì lo sguardo di Cleophas poco più in là, esattamente dove sua figlia, sotto una colonna, se ne stava seduta a gambe incrociate a scarabocchiare qualcosa sul suo quaderno. Durante le sue mostre era l’unica cosa che riuscisse a tenerla occupata.
Ogni volta che la guardava, Clary sentiva il suo cuore sciogliersi. Qualunque persona avrebbe asserito che era una cosa normale. Ma per lei, Sera era tutta la sua famiglia. Nel vero senso della parola, essendo rimasta orfana sette anni prima. Ed era stata una vera sorpresa quando, risvegliatasi all’ospedale, aveva scoperto di non essere più sola. Secondo l’infermiera che l’aveva assistita, era stata trasportata lì dopo essere svenuta nel parco vicino alla chiesa distrutta. Qualcuno l’aveva portata lì e poi se ne era andato. Clary aveva passato notti intere a pensare se si trattasse del padre di sua figlia ma, dopo mesi di silenzio, aveva deciso di rimboccarsi le maniche e mettersi a lavoro. Dopotutto, era una Frey!
«Sera. Che bel nome! Sta per Seraphina, giusto?»
Clary annuì, tornando a guardare Cleophas. Era un velo lucido quello che passava nei suoi grandi occhi marroni? «Sì. Io… mi trovavo in un negozio di antiquariato e stavo leggendo un libro biblico. Ero indecisa perché avrei voluto chiamarla Jocelyn, come mia madre, ma quando l’ho presa in braccio la prima volta, è stato magico.» Spiegò, senza sapere neanche del perché lo stava facendo. Ricordando che la donna era una probabile acquirente per il suo quadro e non una di famiglia, rise appena in modo imbarazzato. «Mi scusi, io… so essere un po' troppo chiacchierona se mi ci metto! Tornando al quadro, mi stava dicendo che è per una coppia di amici?»
 «Sì, esatto. È una coppia in procinto di festeggiare i sette anni di matrimonio. Penso che quello lì sia perfetto.» Dicendo così, la donna indicò un quadro in particolare, proprio accanto a loro, con un gran sorriso in volto.  
Clary si voltò ad osservare la scelta della donna, rimanendone sorpresa. Non era una tela molto grande, di dimensioni, e raffigurava un mare azzurro astratto con quella che, se si vedeva in un modo, poteva essere una farfalla. Se lo si vedeva in un altro, poteva essere un angelo.
Un angelo.
La rossa strabuzzò gli occhi, annuendo in direzione della cliente. «Bene. Le mando subito Lilian, così determinate i metodi di pagamento e trasporto. È stato un vero piacere, Signora Greymark.» Disse Clary, stringendo la mano alla donna. Con quello, poteva contare il suo settimo affare della serata.
La donna ricambiò la stretta solo dopo alcuni secondi e Clary non poté fare a meno di notare, dentro di sé, che era uno strano contatto. Sembrava controllato. «Anche per me, Signora Frey. Grazie.»
E con un ultimo sguardo, Clary si allontanò per cercare Lilian, la sua collaboratrice. Nel mentre faceva due passi per raggiungere il centro della sala, si massaggiò il collo avvertendo i primi segni di stanchezza, e fece indugiare lo sguardo sui presenti fino a riportarlo dove c’era sua figlia.
Il suo cuore perse un battito.
Seraphina era lì, seduta a gambe incrociate, e stava facendo vedere il proprio album di disegno ad un ragazzo biondo. Man mano che Clary si avvicinò, poté avvertire benissimo i battiti del suo cuore aumentare.
Tum-tum. Tum-tum.
Quella voce maschile, per lei, era sconosciuta. Ma allora perché ogni fibra del suo corpo vibrava a quel suono? Perché le sue gambe la spingevano fino a lì?
Tum-tum. Tum-tum.
Quando il ragazzo le puntò lo sguardo addosso, Clary si fermò.
Tum-tum. Tum-tum.
Quegli occhi! Quelle iridi di colore diverso… erano le stesse di sua figlia.
«Mamma! Questo Signore ha detto che sono molto brava a disegnare e dice che quando sarò grande diventerò brava come te!» Esclamò Seraphina, euforica e scuotendo le due lunghe code bionde che aveva.
Il ragazzo continuò a guardare Clary, con sguardo serio ma con gli occhi lucidi. Sembrava che si stesse trattenendo. «Sera, è complicato! Tua madre non può…»
«Jace!»
Stavolta, il ragazzo biondo la guardò sorpreso, sorridendo come se fosse sollevato. «Clary.» Anche se la rossa non poteva saperlo, sentire il suo nome pronunciato dalle sue labbra dopo sette anni, lo faceva sentire vivo. Tremendamente vivo. E avrebbe voluto urlarlo al mondo ma, soprattutto al cielo, Jace Harondale era finalmente tornato a vivere!
«Te l’ho detto che non eri invisibile!» Esclamò la bambina, rompendo il silenzio che si era creato tra i due.
Jace e Clary risero in modo flebile, mentre continuavano a guardarsi.
«Io ti ho già visto. E questo tatuaggio…» Riprese Clarissa, mentre istintivamente allungò una mano sulla spalla di Jace, lì dove spiccava un tatuaggio nero dalla forma astratta. Sembrava un simbolo.
A quel contatto, Jace posò la sua mano su quella di Clary, sperando che, in qualche modo, ricordasse qualcosa. Qualsiasi altra cosa. Anche se, doveva ammetterlo il fatto che riuscisse a vederlo… era già molto. Gli occhi di Jace si fecero ancora più lucidi. Doveva andar via. Ma avrebbe tanto voluto restare.
«Forse è solo… l’effetto farfalla.» Rispose Jace, sciogliendo a malincuore quel contatto con Clary e chinandosi all’altezza della bambina. «Fa vedere alla mamma il disegno che hai fatto anche per me.» Incoraggiò Sera, sorridendole con le lacrime agli occhi. Avrebbe approfittato di quel momento per andarsene.   
Verrà il giorno in cui ti ricorderai di me, Clary Fairchaild. Verrà il giorno in cui non vi lascerò più.
Anche se un poco imbarazzata, Seraphina fece chinare la madre alla sua altezza. «Guarda. Che ne pensi, mamma? È bello?»
Clary contemplò il disegno con reale interesse.
Una farfalla. Blu, su uno sfondo bianco.
Ma a far tremare il suo cuore non era il disegno o la coincidenza, ma ciò che vi era scritto. Non poteva essere stata Sera, non era la sua calligrafia! Era uno stile elegante, adulto, maschile, sicuro.
“Lascerò che il ricordo guarisca. Ti ricorderò con me, su quel campo di battaglia. Ti amo, Clary Fairchaild.”
Quando Clarissa rialzò lo sguardo, con qualche lacrima già caduta sul foglio dove c’era disegnata quella farfalla, vide che Jace era sparito. Un amaro familiare in bocca… ecco cosa le rimaneva. Fu solo il contatto con sua figlia che la pendeva per mano, che tornò alla realtà. La strinse forte, come se fosse la sua ancora di salvezza.
«Tranquilla, mamma. Jace tornerà. Me l’ha promesso.»
 

“I will let the memory heal.
I’ll remember you with me on that field.”
(Poets of the Fall – War)



 

Venera's note:
Momenti di profonda tristezza... specialmente dopo aver visto come si conclude la serie tv. Inizialmente pensavo ad una mini long, ma contando che ho il braccio ingessato e devo ringraziare già qualche anima del fandom se leggerà questa... mi sono detta che una One-Shot andava più che bene. Fangirl Clace che leggerete questa storia, sappiate che è dedicata a tutte noi!<3
E niente... spero che vi sia piaciuta e grazie per aver letto!
Venera Jophiel.

   
 
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