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Autore: arisky    18/05/2020    2 recensioni
[Storia ispirata alla fiction di Rai1 con Alessandro Preziosi e Blanca Suarez]
Eppure, sulle mie labbra si spande un sapore più dolce di quello che mi aspettavo, una sfumatura che le intimidisce. Sembra sussurrarmi che quelle che sto ricoprendo si baci non sono mani di donna: sono due rose, due piccoli miracoli di purezza, armonia e raffinatezza. che come tali, non vanno profanati, ma amati.
***
Quando il dettaglio dei piccoli gesti rivela la psiche...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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“Stavate cercando qualcosa?”.
La tua voce innocente e chiara spezza definitivamente l’estenuante attesa.
 
In piedi sulla scalinata esterna del mio castello, gli occhi intrappolati in un brevissimo e doloroso percorso che continua a ripetersi senza sosta: dal sole, che si nasconde ogni secondo di più dietro la linea dell’orizzonte, al cancello chiuso, immobile.
Mia cugina Helène, accanto a me, rovescia nel mio orecchio sussurri dalla tonalità bassa, incalzante e sensuale. Di sicuro vuole aprirmi gli occhi su ciò che essi si rifiutano di vedere: il tramonto del terzo giorno è ormai giunto, senza portare per mano con sé Bella, per condurla nuovamente a me; la scommessa è ormai perduta. Dentro di me lo credo anch’io, eppure continuo a rimanere inchiodato qui.
Il sole. Il cancello. L’assenzio che mi getto in gola.
Tramonto. Immobilità. Bruciore.
Osservo. Tremo. Ingoio.
Il sole. Il cancello…
… Un cigolio. Mi strappa improvvisamente a quel crudele ritornello.
Dalla fessura che spezza per un attimo l’ammasso di ferro del cancello chiuso, vedo entrare lei, Bella!
 
Seduto sul letto della tua umile stanza, conto ad uno ad uno i secondi, i metri, i corridoi che ti separano da me. Poi il rumore della porta alle mie spalle, in quel momento per me più ammaliante di qualsiasi sussurro di passione.
“Stavate cercando qualcosa?”.
La tua voce innocente e chiara spezza definitivamente l’estenuante attesa.
La mia mano accarezza lentamente la coperta del tuo giaciglio, scorre sul tessuto in una danza di seduzione elegante ed ipnotica.
Un raggio di quel tramonto inizialmente amaro, vuole ora addolcire lo spettacolo; entra sinuosamente dalla finestra e si posa sul rubino rosso al mio dito, moltiplicandosi nelle sue sfaccettature.
Mi alzo lentamente, lo sguardo ancora basso, e aggiro quel morbido e invitante ostacolo per poterti finalmente avvicinare. La mano tarda a separarsi da  esso: segue in un tocco leggero il profilo degli arabeschi in ferro battuto, nella sua muta promessa di un distacco solamente temporaneo.
Avanzo finchè non sento quel sole rosato alla finestra accarezzarmi il volto. Lo domino, lo piego come se fosse la luce del mio spettacolo, lasciando che illumini solamente il Principe: il passato, la maschera, la cicatrice, la Bestia impressi sull’altra metà del mio volto, restano in ombra.
Con la calma studiata del predatore, finalmente alzo lo sguardo, inchiodando i tuoi occhi ai miei. In risposta alla tua domanda, libero nel silenzio una sola parola:
“Te…”
La meraviglia riempie i tuoi grandi occhi scuri, che per un istante rimangono fissi nell’azzurro dei miei. Poi, proprio come fa un bambino di fronte a un adulto, essi fuggono verso il pavimento, timidi e intimoriti dall’intenso fuoco di ghiaccio che li osserva.
La tua graziosa figura si china verso il bagaglio posato a terra, con il peso di uno sguardo ostinato e altero sulle spalle.
Il mio volto, inizialmente calmo, viene ora turbato da un moto di orgoglio, superiorità e dominio, che scava solchi di superbia sulla fronte e sulle labbra: mi sono appena piegato a mostrarti un briciolo di gentilezza e sensibilità, ma tu non mi hai concesso nulla in cambio, se non i tuoi occhi per un insignificante attimo.
Lentamente, colmo quei pochi, insolenti passi che ancora ci dividono. Il mio imponente essere ora incombe su di te, a rivendicare il suo ruolo di padrone. Questa volta voglio andare fino in fondo…
Afferro il tuo braccio, attirandoti a me.
Attiro la tua mente, ed è passione.
Attiro il tuo corpo, ed è abbraccio.
Attiro la bocca, ed è bacio.
Ma c’è qualcosa che sfugge al mio disegno, qualcosa che non comprendo.
Non è questo il primo incontro tra le nostre labbra. Quella notte, nella mia residenza sul mare, ci fu già una lotta tra di esse. Eppure, sento quella stessa sorpresa che si prova nell’esplorare nuove terre.
Respiro dopo quei primi istanti di contatto, senza tuttavia interromperlo, e improvvisamente tutto diventa più chiaro: le nostre bocche, un tempo nemiche, oggi non lottano, ma danzano. E’ l’arte che, inaspettatamente, si intromette in un gesto per me ormai così meccanico, istintivo e primordiale, a conferirgli questo ignoto sapore.
Nonostante io senza la spavalderia e il controllo affondare a poco a poco, lotto per tenere nascosto il mare di insicurezza e paura che c’è sotto.
E mi accorgo che tu sei ancora qui, tra le mie braccia, sulle mie labbra, che non tenti di fuggire, che non mi respingi, leggerissima farfalla che ti lasci travolgere dal vento della passione. Sei la mia unica  ancora, l’unico anfratto dove celare le mie debolezze, così mi abbandono con te all’uragano, ma aggrappandomi alle tue ali per controllarle e imporre loro la direzione.
Riprendo a baciarti, mentre le mie mani raggiungono la tua sciarpa e la lasciano scivolare a  terra. Ma il suo fruscio non è l’unico suono che percepisco.
“Aspettate…”
La tua voce si infrange sulla mia  bocca, interrompendo il contatto un istante dopo.  I tuoi occhi fuggono pensierosi verso il pavimento, mentre di nuovo la tua richiesta echeggia nella stanza, stavolta in un sussurro.
Io, appena cosciente dell’improvviso nulla sulle mie labbra, le serro per trattenere il bruciore che ancora sento, per continuare ad assaporare quella dolce e acerba rosa di fuoco ancora per un po’.
Intanto, ti affretti ad allargare lo spazio tra me e te.
Il mio petto si gonfia di un sospiro di rabbia, mentre gli occhi vagano intorno smarriti e impazienti.
Ma tu, Bella, non sei fuggita, hai solo sospeso l’attimo nel tempo: saresti potuta scappare dalla porta alle tue spalle, e invece hai compiuto pochi, leggeri passi nella direzione opposta, verso il letto al centro della stanza.
Prima che sia troppo tardi, è il mio abile istinto a scuotermi.
Afferro di nuovo il tuo braccio; un artiglio di piume che ti costringe a voltarti, mentre ti convince ad ascoltarmi docilmente.
“Ho aspettato abbastanza”.
La voce fuoriesce profonda, decisa, per persuadere la tua mente della verità di queste parole. Il loro suono si spegne in fretta, ma il canto ipnotico ed ammaliatore prontamente si serve di un altro strumento, il più infallibile. I miei occhi, abilissimi cacciatori, si posano sulla loro preda. Il raggio di sole che li accarezza, li fa scintillare, rendendoli intensi cristalli di ghiaccio. E allora non hai più scampo…
Senti il mio sguardo penetrante impadronirsi della tua mente e continuare a sussurrargli quel canto, mentre scivola lentamente sul tuo viso di porcellana.
Il rumoroso silenzio di attimi sospesi.
Poi il leggero fruscio del tuo abito mi sorprende… In un istante percepisco il tocco delicato delle tue mani al mio collo, e quello ancor più delicato delle tue labbra sulle mie.
Ed esplodiamo…
Esplodono i nostri cuori, trascinando con loro mente e anima, ragione e morale, nel turbinio di emozioni.
Esplodono i nostri corpi, alimentando l’uno il fuoco dell’altro, innescando con l’istinto l’incendio di passione.
Esplodono le nostre bocche, finalmente travolte entrambe nella magica danza del bacio, sulle note del più struggente dei valzer.
Riapro gli occhi qualche istante dopo. Mi costringo a ritrovare anche sono un briciolo di lucidità, per poi potermi perdere nel piacere di perderla; di nuovo, ancora di più.
E vedo noi due ormai giunti a ridosso del tuo letto; vedo il tuo mantello e la tua giacca color cipria a terra; vedo le tue spalle, le tue braccia flessuose e delicate ormai esposte alla mia vista. Opera mia? Opera tua? Opera di questa danza irresistibile.
Durante la piccola sospensione, il lieve sospiro che segue, sento le tue labbra che, impercettibili e rapide, cercano le mie, in un dolce rimprovero per quell’abbandono momentaneo; poi si ritirano timide al primo calore dello sfioramento. Ma non le accontento, voglio fare di più, voglio sorprenderle.
Prima che tu possa accorgertene, le mie mani hanno raggiunto la tua esile vita, una lieve pressione e una spinta verso l’alto. Sei leggera come una bambina, più eterea di una farfalla, e basta un attimo per portare il tuo volto all’altezza del mio.
Tu, avvertendo l’improvvisa assenza del duro pavimento sotto di te, stringi con le tue mani le mie spalle possenti, ti stringi a me; cerchi rifugio in quel petto a cui, al contempo, trasmetti tutta la tua fiducia.
Ti poso delicatamente su quel piccolo, umile giaciglio ancora in attesa, e mentre il cuscino accoglie la tua testolina in balia di sensazioni nuove, mi concedo un istante per contemplarti, con occhi ormai sopraffatti e fuori controllo. Mi inginocchio ai tuoi piedi, portando con me quelle mani così piccole e candide, sciogliendo con i miei baci quegli ultimi timori che le fanno impercettibilmente tremare.
Eppure, sulle mie labbra si spande un sapore più dolce di quello che mi aspettavo, una sfumatura che le intimidisce. Sembra sussurrarmi che quelle che sto ricoprendo di baci non sono mani di donna: sono due rose, due piccoli miracoli di purezza, armonia e raffinatezza. Che, come tali, non vanno profanati, ma amati.
Sono qui con te, Bella, per la seconda volta, e di nuovo la situazione sfugge al mio controllo: la sorpresa, l’imprevisto, escono furtivi da qualche angolo della stanza, spodestandomi del ruolo di padrone, rubandomi quell’armatura di freddezza, dominio e carnalità che non è mai vacillata con nessun’altra delle donne che ho avuto.
Per colpa tua, non mi riconosco.
Grazie a te, non mi riconosco.
Con te, ora e qui, non mi riconosco… ma posso conoscermi. Posso scegliere.
“Guarda il mio volto! E’ diviso in due come me: una parte Principe, l’altra parte Bestia. Se mi vuoi, le dovrai accettare entrambe”.
Ogni giorno, guardo il mio riflesso allo specchio, e lo sento sibilarmi queste velenose parole.
Ma ora, potrei tramutare il veleno in antidoto. Posso scegliere se continuare ad intossicarmi riconoscendomi nella Bestia; oppure salvarmi conoscendomi, comprendendo finalmente appieno il senso di quelle dure parole: sono Bestia, ma con i ricordi sbiaditi di un Principe che c’è ancora, sul volto e nell’anima.
I baci si interrompono, mentre i miei occhi si alzano su di te: quello sguardo innocente e pieno di meraviglia; quella pelle di porcellana così pura; il delicato corpetto rosa cipria che ora si alza e si abbassa più lentamente, tracciando nell’aria il ritmo di quel respiro poco fa così agitato dalla passione…
E un leggero alito di vento aleggia nella mia mente, partorito dalla luce stessa della tua immagine. Mi sussurra poche, semplici parole:
“Amala se puoi! Amala se osi!”[1]
Tutto crolla: la spavalderia, la misera vittoria che cercavo di ottenere, la scommessa con mia cugina… e resti solo tu, splendi come un piccolo sole e irradi amore puro, l’amore che sento conquistarmi.
“L’amerò… Oserò amarla!”[2]
Lascio piano le tue bianche mani, mi alzo per sedermi accanto a te e, con una tenerezza fino ad  ora a me sconosciuta, con un amore simile a quello di un padre per la sua bambina, sfioro i tuoi morbidi capelli castani. Lo stesso tocco che pochi istanti fa voleva piegarti, ora vuole cullarti, proteggerti.
Chino leggermente il mio viso verso il tuo, mentre le mie dita continuano la loro dolce carezza. La tua mano, timida e titubante, si alza, viene verso il lato sinistro del mio volto, per riportare alla luce la maschera, che un’indomita ciocca di capelli aveva nascosto.
Prima che tu possa portare a termine quel gesto, blocco delicatamente la tua mano e la allontano da me. Sono io che mi avvicino, il mio viso si china ancora di più verso il tuo… Nel primo tratto, bocca verso bocca; poi, a metà strada, inerme, mi lascio ormai trasportare da quelle sensazioni nuove, sconosciute e indecifrabili, seguendo un cambio di rotta che porta le mie labbra sopra la tua fronte. Vi depositano qualcosa che io, fino ad oggi, non avrei neanche definito “bacio”, ma che ora riconosco invece essere la manifestazione più adatta ad una parola così bella.
Con il viso contratto dal dubbio, spaesato, ti sussurro: “Ora cerca di dormire… Domani parleremo”. Ancor prima di terminare la frase, distolgo lo sguardo da te e faccio per alzarmi. E’ uno stupido senso di vergogna, di imbarazzo verso me stesso a muovermi.
Ero entrato qui per una scommessa con mia cugina; esco per una scommessa con me stesso.
Ero entrato qui per possederti; esco per amarti.
Ero entrato qui con una maschera d’argento sul viso; esco con il profumo delle rose nel cuore.
Quella stessa porta varcata da una Bestia solo pochi minuti fa, ora incornicia il volto libero di un Principe.
 
 
 
 
Nota dell’autrice:
Ringrazio tutti per aver dedicato un po’ di tempo alla lettura di questa storia! Sono graditissimi commenti, pareri, consigli e recensioni.
Arisky

 
 
[1]Citazione da Jane Eyre
 
[2] Come sopra
   
 
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