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Autore: Angels4ever    21/05/2020    4 recensioni
Storia partecipante al contest “Sincero (non mi odi più)” indetto da GiuniaPalma/LadyPalma sul forum di EFP”.
Dal testo:
«Adesso non posso giocare. Devo fare i compiti.»
Petunia si sedette alla scrivania ancora troppo alta per lei, le gambe che ciondolavano nel vuoto.
Era così felice di aver iniziato la scuola! Si sentiva grande ed importante.
«Mi dispiace Tunia. Mi dispiace se non riesci a fare quelle cose che faccio io. Magari non puoi, magari posso solo io.»
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Petunia Dursley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Anger and  resentment

Petunia Evans, un anno e tre mesi.

La piccola Petunia aggrottò la fronte, inclinando la testa di lato. La sua mamma era sempre la sua mamma, eppure c’era qualcosa di diverso in lei.
Rosalie Evans aveva le guance arrossate, un sorriso più luminoso… ma ciò che sconvolse incredibilmente la figlioletta fu nello scorgere la protuberanza del suo ventre.
Una protuberanza non enorme, tuttavia accentuata e assolutamente ben visibile.
Che sciocchina la sua mamma! Aveva forse mangiato troppo gelato?
«Sai Tunia, lì dentro c’è la tua sorellina o il tuo fratellino.» spiegò papà Harry, sollevandola tra le braccia e avvicinandola verso la sedia a dondolo dove sua madre era rilassata.
Rosalie si scostò la maglia di lana per dar modo alla figlia maggiore di avere un contatto più approfondito con la creatura che stava crescendo all’interno del suo corpo.
Petunia poggiò la testa sul ventre di sua madre, i capelli biondi infantili che le circondavano il capo come un’aureola ed il dito in bocca.
Delle vibrazioni la fecero sussultare.
Era lui o lei, che faceva sentire la sua presenza alla sua famiglia.
 

Petunia Evans, un anno e sei mesi; Lily Evans, tre giorni di vita.

Non era molto convinta che la sorellina le piacesse, e probabilmente la cosa era reciproca.
I nonni e gli zii chiamavano per sapere se Lily aveva sorriso, se aveva mangiato, se dormiva bene.
Tutti erano ammaliati dai suoi profondi e penetranti occhi verdi e dalla piccola peluria rossa che si intravedeva sul suo capo.
Harry, quel giorno, mise la neonata tra le braccia della sorellina, sorreggendole il capo e restando lì a fianco ad aiutare le braccine esili e delicate di Petunia.
Le bambine si guardarono per un lungo ed interminabile attimo, sotto lo sguardo speranzoso dei due genitori. Forse tra le due si stava creando quel legame fraterno a cui tutti auspicavano.
Lily piantò gli occhi verdi e grandi in quelli castani e piccoli, stretti, della sorella.
Quest’ultima incrinò le labbra in un sorriso titubante. Ma non bastò a conquistare la fiducia e l’amore della sorella, perché per chissà quale motivo la neonata scoppiò a piangere.
 

Petunia Evans, cinque anni; Lily Evans, quattro anni.
 
«Guarda Tunia! Non è bellissimo?!»
La piccola Lily fece una giravolta nella camera che condivideva con la sorella, facendo fare una ruota al suo vestitino, come se fosse una principessa.
Petunia aveva gli occhi strabuzzati, fissando inorridita la scena dalla soglia della porta.
Tutti i loro peluche volteggiavano a mezz’aria, e al centro di quel marasma di giocattoli vi era una bambina di quattro anni che rideva divertita, volteggiando come se sentisse una musica sconosciuta, le braccia in alto e i capelli legati in due lunghe trecce rosse.
«Sei stata tu?» mormorò la maggiore.
Lily si fermò di colpo e tutto tornò alla normalità, come se nulla fosse accaduto.
Sorrise birichina. Era stata lei? Pensava di sì, lo aveva dato per scontato.
«Insegnami.» ordinò la sorella.
 

Petunia Evans, sei anni; Lily Evans cinque anni.
 
«Adesso non posso giocare. Devo fare i compiti.»
Petunia si sedette alla scrivania ancora troppo alta per lei, le gambe che ciondolavano nel vuoto.
Era così felice di aver iniziato la scuola! Si sentiva grande ed importante.
«Mi dispiace Tunia. Mi dispiace se non riesci a fare quelle cose che faccio io. Magari non puoi, magari posso solo io.»
La bambina dai lunghi boccoli biondi, gli occhi scuri e fiammeggianti, strinse forte la matita che aveva in mano e si mordicchiò un labbro per non scoppiare a piangere.
I suoi genitori dicevano che talvolta può capitare un po’ di gelosia tra fratelli o sorelle, ma la sensazione che Petunia stava provando in quel momento era molto diversa di quella che provava quando sua madre abbracciava prima Lily e poi lei.
Era una sensazione ancora più sgradevole, che partiva da dentro la sua piccola pancia, lì dove tutta la merenda appena fatta minacciava di risalire.
Non sapeva ancora dare un nome a quell’orribile sentimento, era troppo piccola.
Ma con la scuola, con nuove parole, nuove conoscenze, imparò in men che non si dica a chiamarlo: invidia.
 

Petunia Evans, nove anni; Lily Evans, otto anni.
 
I suoi genitori le avevano mentito. Non era vero che i figli sono tutti uguali e che vanno sempre trattati allo stesso modo.
C’è sempre un preferito o una preferita. Forse non è volontario, forse è un meccanismo che si innesca nel momento esatto in cui si hanno più figli e ti ritrovi continuamente a metterli a confronto.
Nel suo caso, però, la preferenza verso Lily si era palesata ancor prima della nascita di entrambe, quando Rosalie e Harry avevano scelto il nome per le due bambine, idealizzandole. L’una l’oscurità, l’altra la luce.
Salì di corsa le scale, per rinchiudersi nella sua stanza, dove sua sorella stava leggendo un libro, rientrata prima da scuola.
Era sempre tra i piedi!
«Tunia, cos’hai?»
La maggiore si diede un contegno: si mise ben diritta, con il suo corpicino magro e affusolato, petto in fuori e capo ben eretto. Cercò di avere un aspetto il più possibile regale, come la Regina Elisabetta, che si vedeva spesso in televisione.
Sua sorella, al contrario, era buttata su una miriade di cuscini, una zazzera rossa disordinata che le incorniciava il viso paffuto pieno di lentiggini. Stringeva ancora tra le mani il suo libro.
Come facevano a preferire quel disastro di bambina?
«Dimmi Lily… tu sai cosa significa il mio nome?»
La bambina ci pensò un attimo, poi scrollò le spalle.
«Significa rabbia… e risentimento.»
Lily spalancò i suoi occhi verdi. Che nome orribile da dare ad una bambina!
«Tunia… cosa vuol dire “Ri-sen-ti-men-to?”» Sapeva molto bene il significato di “rabbia”, ma l’altra parola, così lunga e complessa, non le parve di averla mai udita.
«Significa, Lily, portare un mostro dentro al cuore per tutta la vita.»
Petunia fissò la sorella, la quale non sembrava molto convinta. E finalmente la vide per ciò che era davvero: era lei, il mostro.
Con quel viso angelico e le sue stranezze, le sue capacità a volte inibite a volte iperattive, era lei, Nessie.
Un mostro.
«Tunia… Anche il mio nome significa qualcosa?»
«Sì, Lily. Significa giglio.»
 

Petunia Evans, tredici anni; Lily Evans, undici anni e quattro mesi.
 
Sperava che sua sorella fosse in giro con quel Piton, per evitare che rovinasse uno dei suoi giorni più importanti.
Invece sua madre aveva insistito affinché non bighellonasse e fosse presente al tredicesimo compleanno di Petunia.
Quest’ultima si era impiastricciata il viso troppo per la sua età. Indossava un diadema sui capelli d’oro ed un vestito ampio che nascondesse la sua incredibile magrezza.
Era circondata dalle sue amiche, felice, finalmente radiosa, mentre sua sorella, in un angolo, si mordicchiava le unghie.
Era stata avvisata. Non doveva fare “cose insolite”. Doveva controllarsi.
Non voleva che le sue compagne vedessero la meraviglia di quel potere racchiuso in un esserino tanto minuscolo; non voleva che vedessero quanto Lily fosse…. Speciale.
L’avrebbero amata, più di quanto amassero lei. O l’avrebbero temuta, allontanando tutta la famiglia come se fossero dei lebbrosi.
Ma tutto stava andando per il meglio, e finalmente era giunto il momento di tagliare l’enorme torta al cioccolato a tre strati.
Qualcosa accadde però, nel frangente di un attimo. Qualcosa di insolito e fuori dal comune.
Un gufo entrò dalla finestra aperta del soggiorno, andando a planare in cima alla torta e lasciando cadere una lettera.
Le ragazze persero la calma, terrorizzate dal fatto che un uccello così grande girovagasse per la stanza.
Petunia non ci badò: afferrò la lettera e ridusse gli occhi in due piccole fessure, nel leggere a chi era indirizzata.
Lily.
Scuola di magia.
Hogwarts.
«Sei un mostro!»
 

Petunia Dursley, ventidue anni. Primo novembre 1981.
 
Vernon strepitava come un matto da almeno mezz’ora. Camminava avanti e indietro per la cucina linda e immacolata. I baffetti vibravano ad ogni passo sotto al suo peso eccessivo.
Li aveva sentiti nominare, i Potter, solo la sera prima. E adesso, con buffa coincidenza, la loro prole era tra le braccia di Petunia, ancora beatamente addormentato nella sua coperta.
La signora Dursley sentiva tra le mani di non avere un semplice bambino di un anno, ma una specie di bomba pronta ad esplodere, carica di magia. Esattamente come Lily… e come quel James.
Forse poteva impedirlo.
Forse poteva amarlo, se quel bambino fosse stato simile al suo. Normale.
Fissò la creatura addormentata, per vedere in esso qualcosa di sua sorella, ma vide molto poco. I capelli nerissimi e scompigliati erano di Potter, ed anche le labbra sottili.
Uno squarcio sulla fronte la fece impallidire. Ne sarebbe rimasta un’orrida cicatrice da portare per tutta la vita.
Poteva davvero amare quel bambino nonostante non fosse mai riuscita ad amare del tutto sua madre?
Poi però Harry James Potter aprì gli occhi, gli stessi occhi di Lily.
E scoppiò a piangere.
 



 
Angolo Autrice:
 
Una OS che spieghi l’evoluzione di Petunia da una tenera bambina a diventare invidiosa, non troppo felice di avere Lily per sorella insomma.
Spero vi sia piaciuta! È la prima volta che scrivo su di lei, e probabilmente l’ultima (Scheeeerzo).
Un abbraccio.
Giulia.
 
 
 
 
 
 
  
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