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Autore: la luna nera    22/05/2020    3 recensioni
La Duke of Kent Music Academy è una delle più prestigiose scuole di musica dell'intero Regno Unito. Per Charlotte e Sophie, selezionate per un semestre di studi, è un'occasione unica e partono assieme all'insegnante per questa avventura. Ma l'Accademia non è solo musica e melodia, è anche un luogo in cui esistono storie inghiottite dallo scorrere del tempo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sandra Stanford si mise seduta al tavolo dopo aver tirato l’ultima tenda e chiuso la porta a chiave. Assieme a lei c’era solo il direttore. Sfregò il fiammifero sulla parte ruvida della scatola ed accese una dopo l’altra le quattro candele posizionate ai quattro vertici di un quadrato immaginario. Poi mise le mani sulla tovaglia blu con le dita distese ed aperte a mo di ventaglio rivolte verso il centro del tavolo e chiese all’uomo di fare altrettanto. Adesso non restava che portare la concentrazione al massimo e tentare un contatto con Arthur.
La stanza era avvolta dal silenzio e tale situazione doveva necessariamente restare immutata per alcuni minuti affinché la sensitiva potesse evocare il suo spirito guida che a sua volta avrebbe tentato il contatto finale. Dopo  circa cinque minuti dall’inizio percepirono entrambi delle correnti fredde e le fiammelle delle candele presero a muoversi come se vi fossero degli spifferi d’aria.
“Eccolo.”  La donna sentiva distintamente lo spirito in avvicinamento e pareva non avere buonissime intenzioni. “Sir Arthur, il mio umilissimo ringraziamento arrivi a voi che avete risposto alla mia chiamata.” Fissò negli occhi Cowen, non doveva assolutamente perdere la concentrazione qualunque cosa fosse accaduto. “Sir Arthur, vi prego, so che qualcuno vi turba impedendovi di godere della serenità che meritate…. Vi imploro, noi siamo qui per offrirvi il nostro umile aiuto, diteci chi vi turba…. Vi prego.” Il respiro iniziava ad essere più difficoltoso ed opprimente, lo spirito non voleva collaborare. “Vi scongiuro, sir, desideriamo solo aiutarvi, desideriamo accompagnarvi verso la luce assieme alla vostra amat…”  Due delle candele si spensero all’istante, uno dei candelieri cadde sul tavolo e la donna percepì in modo netto e distinto le parole

LEAVE THEM ALONE

“Niente, non collabora.” Sentenziò sospirando. Recitò mentalmente le formule per porre fine alla seduta non appena ebbe la certezza che lo spirito era tornato nella sua dimensione. “Non vuole parlare, anzi, mi ha invitata a lasciarli stare.”
“Chi? Quei ragazzi?”
“Credo di sì. E’ come se volesse proteggerli da noi.” Incrociò le braccia. “Chissà poi perché!”
“Lei conosce meglio di me l’imprevedibilità di Arthur, cose che per noi sono a fin di bene, per lui potrebbero non essere tali.”
“Ha ragione. Suggerisco di andare avanti così e tenere d’occhio i ragazzi, studiamone ogni mossa e interveniamo sottobanco nel caso facciano qualche mossa inopportuna.”
“Ha intenzione di tentare di nuovo un contatto con lui?”
“Per il momento no.”
“E Mathilde?”
La Stsnford si fece pensierosa, l’idea di tentare con lo spirito della ragazza era da considerare. “Tentar non nuoce. Se la sente?”
Cowen si mise di nuovo seduto, attese la riaccensione delle due candele spente e si preparò di nuovo alla seduta. Posizionò le mani come prima seguendo le indicazioni della medium che iniziò immediatamente a contattare Mathilde.
“E’ qui, la percepisco molto bene.” A differenza di prima adesso la sua voce era più rilassata. “Vi ringrazio di aver accolto la mia richiesta. Chiedo umilmente il vostro aiuto affinché possiate intercedere presso…..”
Improvvisamente i quattro candelieri caddero tutti verso il centro del tavolo e la tovaglietta si incendiò, ma fortunatamente le fiamme non divamparono in modo violento, dando modo all’uomo di afferrare il vaso di fiori presente nella stanza e rovesciarvi l’acqua. E di nuovo nella mente della Stanford echeggiarono le parole

LEAVE THEM ALONE

“Niente da fare, Arthur non vuol permettere a Mathilde di collaborare con noi. E’ stato lui ad intervenire e a far cadere i candelieri. Dobbiamo percorrere altre strade, per stasera è meglio fermarsi qui.”
 
 
 
 
 


Arrivò il tanto atteso sabato. Nel primo pomeriggio gli studenti raggiunsero il centro di Southampton a bordo di un bus. Gary era più silenzioso del normale, Charlotte invece era elettrizzata all’idea della loro prima esibizione pubblica da quando aveva intrapreso l’avventura all’accademia. Era altrettanto piacevole poter uscire finalmente da quelle quattro mura, respirare aria diversa, vedere facce diverse e poter gironzolare un po’ senza percepire la presenza asfissiante di certi insegnanti o presunti tali. Non molto lontano dal Mayflower Theatre c’era il porto della città, con quella lingua di mare che si insinua nella terra, ti porta verso il Canale della Manica e poi via, verso l’Oceano Atlantico. Da lì era salpato il Titanic più di un secolo fa con il suo carico di speranze per una vita migliore, con i sogni racchiusi in una valigia di cartone, sogni che purtroppo giacciono addormentati giù negli abissi da quella notte dell’aprile 1912. Inutile dire che il brano My heart will go on, colonna sonora del celebre e pluripremiato film, era uno di quelli che Charlotte aveva suonato piuttosto spesso nei suoi momenti di romanticismo acuto, specie negli anni passati quando doveva esercitarsi per ore ed ore al flauto traverso. Mare e musica: non le sarebbe affatto dispiaciuto fare una passeggiata con Gary ed ascoltare con lui il piacevole sciabordio delle onde mischiato alle loro musiche preferite.
“Sai, uno di questi giorni mi piacerebbe chiedere il permesso di uscire e fare una passeggiata sulla spiaggia, magari prendiamo il traghetto per l’Isola di Wight e ce ne stiamo un po’ per fatti nostri.”  Guardava il suo ragazzo seduto di fianco in attesa di una risposta che invece non arrivava. “Ehi, mi stai ascoltando?”
Lui parve destarsi dal sonno. “Scusa…. Che… Che stavi dicendo?”
“Va tutto bene?” Lo guardava negli occhi ma restava in silenzio. “Gary, hai già dimenticato quello che ti ho detto quando ci siamo conosciuti?  Se hai un problema, puoi contare su di me. Anche se non te lo posso risolvere, sono sempre disponibile ad ascoltarti …. naturalmente se hai voglia di parlarne.”
Era in momenti come quello che si sentiva fortunato ad aver trovato una ragazza come lei, comprensiva, affettuosa, mai troppo insistente o invasiva. “Scusa.”  Le prese la mano e iniziò a massaggiarla dolcemente. “E’ solo che…” Sospirò. “Stasera ci sarà anche mio padre, anzi, probabilmente già si trova qui in città e….”
“Un attimo di attenzione per cortesia.” La voce del direttore interruppe il loro dialogo così come il brusio presente nel bus. “Prima di scendere e raggiungere il teatro vi espongo il programma al quale dovete attenervi scrupolosamente.” Fece una breve pausa per verificare che tutti fossero attenti. “Gli strumenti sono già stati portati all’interno del teatro e disposti nell’area destinata all’orchestra. Non appena scesi, vi recherete immediatamente all’interno per prendere visione delle vostre postazioni e provare alcuni di brani che eseguirete tutti assieme. Ci è stato chiesto anche di accompagnare le esibizioni della Southampton Dancing, si tratta di tre brani tratti dalla Giselle, Il Lago dei Cigni e Lo Schiaccianoci. Sono arie che sicuramente conoscete, ad ogni modo troverete gli spartiti presso le vostre postazioni ed avrete la possibilità di suonarli durante le prove. Non appena queste saranno terminate, avrete del tempo libero e vi aspettiamo in teatro per le 7:00 in punto per una cena veloce e per lo spettacolo che inizierà alle 9:00. Vi comunico anche che avremo il piacere di ospitare Mr Bernard Ascott che ci farà l’onore di esibirsi con il figlio a fine serata. E’ tutto, potete andare.”

I ragazzi iniziarono ad alzarsi in modo composto e regolare, scendendo a terra ordinatamente e dirigendosi verso l’ingresso del teatro riservato agli artisti. Il discorso del direttore era stato molto chiaro e Charlotte aveva compreso subito il motivo del silenzio di Gary, lo prese per mano per fargli capire di essergli vicina sempre e comunque. Non disse nulla, sapeva che in tali circostanze il silenzio era la cosa migliore da dire.
 
 
 
 

 
Le prove durarono più del previsto e nonostante ciò non si rivelarono particolarmente pesanti e noiose, così dopo una Bohemian Rapsody dei Queen e una Never say goodbye dei Bon Jovi, fra una Heroes di David Bowie e la sigla della serie cult Happy Days ripetuti varie volte, più le prove delle arie per accompagnare i balletti, i ragazzi poterono godere di un po’ di libertà, in misura minore rispetto a quanto avevano sperato.
Emily era rimasta indietro a parlare con Jason, nonostante i pregiudizi ed i timori iniziali fra loro era nata una grande empatia musicale. Ethan li guardava, non capiva come la ragazza che aveva un  debole per lui potesse trovare gradevole la compagnia del mezzo vampiro. Provava una sorta di fastidio, era geloso delle sue ammiratrici e mal sopportava quando queste, nonostante lui non dedicasse loro molte attenzioni, si interfacciavano con altri ragazzi.
“Se non conoscessi la tua fama di buongustaio, direi che sei interessato a quella finta giovane.” Iris, acida come sempre, si avvicinò ad Ethan.
“Eh? Io interessato a lei? Ti prego….”
“Vorrei ben dire!” Ridacchiò lei. “Ha uno stile che la mia bisnonna appare un’adolescente in confronto a lei.”
“Potrei dire lo stesso di te.” Charlotte raggiunse i due assieme a Gary e Sophie. “Siamo vestite tutte allo stesso modo.”
“In effetti questa uniforme non mi è mai  piaciuta.” Confermò Sophie sospirando.
“Motivo in più per tuffarci nello shopping più sfrenato! Andiamo?”  Tutti guardavano Iris senza parlare, avevano ben altro da fare e pochissimo tempo a disposizione. “Beh? Ho detto qualcosa di strano? Ragazze, avanti!”
“Ah, non guardate me.” Ethan si tirò subito indietro: uno perché l’idea di vagare per negozi gli dava l’orticaria, due perché moriva dalla voglia di andare in biblioteca a caccia di novità.
“Gary, tu ci accompagni?”
“Beh…. Veramente..” Che diavolo poteva inventarsi? “Ehm, c’è …c’è mio padre laggiù, è da tempo che non lo vedo e… mi capisci, vero?”
“Uh, dov’è? Anche io non lo vedo da tempo e lo saluterei volentieri.”
Ethan colse al volo l’occasione e si avvicinò all’amico. “Portala via, portala da tuo padre, portale dove ti pare, basta che se ne stia lontana da noi.”
La cosa non gli andava affatto a genio, ma era l’unico modo per togliersela di torno alla svelta e iniziare ad indagare sfruttando al meglio quel poco tempo che avevano a disposizione. Aveva pure notato il disappunto di Charlotte, l’abbracciò sussurrandole nell’orecchio e lasciandole un bacio vicino alle labbra .“Tesoro, stai tranquilla. Saprò farmi perdonare”. Poi si rivolse all’altra. “D’accordo Iris, andiamo.” Si allontanò sotto lo sguardo non troppo entusiasta della sua ragazza.
“Non fare la gelosa, zuccherino. Con quella fra i piedi non si può fare nulla, qualcuno deve sacrificarsi per permetterci di andare in biblioteca.”  Cercò di tranquillizzare la ragazza con ben poco successo.
“Tu fai i salti di gioia se la tua dolce metà se ne va in giro con un altro che in passato ci ha provato? Ah, già che stupida, tu non hai la ragazza, certe cose non le capisci.”  Si allontanò incamminandosi verso il complesso culturale dove si trovava la Biblioteca ed i Southampton Archives, presso i quali li stava aspettando Oliver assieme a Brenda, la sua ragazza.
“Beh? Che ho detto di così strano?”
“Tu innamorati sul serio e poi ne riparliamo.” Sophie mal sopportava la superficialità che spesso Ethan mostrava, specie in campo sentimentale. Anche Emily, che nel frattempo li aveva raggiunti, era della medesima opinione e stava facendo di tutto per convincersi di dover fare di tutto per spegnere quella cotta che le avrebbe solo fatto del male.
 
 
 
 
 
Quell’ambiente era completamente diverso dalla biblioteca dell’Accademia, era moderno, futuristico e disponeva di un archivio digitale di prim’ordine. L’ingresso era ampio e discretamente luminoso e tutte le informazioni venivano fornite da un grande pannello chiaro ed esaustivo appeso alla parete destra. Proprio lì stava Oliver in compagnia di una bellissima ragazza dai lunghissimi capelli raccolti in tantissime treccine.
“Ehilà, ben arrivati!” Oliver andò incontro agli amici. “Lei è Brenda, la mia ragazza. Ci aiuterà nelle nostre ricerche.”
“Brenda… enchanté!”
“Lui è Ethan, guardatene bene.”  Il ragazzo scherzava, sì, ma fino a un certo punto. “Loro sono Charlotte , Sophie ed Emily.”
“Lieta di conoscervi.”
“Gary non c’è?”
“E’  in giro con Iris.” Charlotte era ancora scocciata.
“La signorina invece si è unita a noi dopo aver garbatamente interloquito con il suo nuovo compagno musicale.”
“E quindi? Problemi?”  La ragazza dai capelli rossi iniziava ad essere infastidita dalle battute pungenti di Ethan.
“Quel tipo strano che ha il violoncello nero?” Anche Oliver era rimasto vittima delle voci riguardanti Jason.
“Proprio lui.” Confermò Ethan. “Mi domando cosa possa trovarci di così interessante.”
“Doti nascoste.” Oliver si divertiva a stuzzicarlo. “Ad ogni modo ci penseremo più tardi, abbiamo da fare. Muoviamoci, abbiamo già perso troppo tempo.”
“Sentite….” Charlotte non era dell’umore adatto. “Io torno in teatro. Non ci sto con la testa e voglio vedere se quella cretina sta facendo cose che non dovrebbe fare con Gary.”
“Che c’è? Non ti fidi del tuo amoroso?”
“No Ethan, non mi fido della donzella che lo accompagna.” Si allontanò. “Fatemi sapere se ci sono novità.”
“Ok tesoro.” Sophie strinse l’amica. “Tranquillizzati, Gary non è un idiota.”  
Salutò tutti gli altri ed uscì dall’edificio.
Camminava a passo svelto verso il Mayflower, sapeva che Gary si trovava lì con suo padre e quella , sapeva anche dei rapporti tesi fra il suo ragazzo ed il padre, così come sapeva dell’amicizia esistente fra di loro che già avevano suonato assieme in passato. Era gelosa? Sì, lo era. Non poteva negarlo. Anche se la storia con Gary era appena nata, sentiva quel sentimento crescere giorno dopo giorno con grande forza e non avrebbe mai e poi mai permesso a nessuno di stroncarlo sul nascere. Iris voleva primeggiare sempre e comunque, probabilmente era abituata ad avere tutto con facilità e non tollerava eccezioni. A volte sembrava interessata ad Ethan, uno dei più gettonati dell’accademia ed oggetto del desiderio di gran parte delle studentesse, poi faceva le fusa a Gary, affascinata dalla sua notorietà e con ogni probabilità aveva fatto qualche sceneggiata da “vittima di tutti i compagni di studi che ce l’hanno con me”  per duettare con lui e stargli sempre appiccicata.  E immaginarla lì assieme a lui le faceva andare il sangue al cervello. Attraversò la strada ed entrò in Watts Park, per raggiungere il teatro lontana dagli occhi indiscreti di studenti ed insegnanti in giro e all’improvviso le parve di sentire una vocina interna che le suggeriva di voltarsi verso l’archivio: scorse due figure a lei molto familiari avvicinarsi ed entrare proprio lì da dove era uscita lei. Il direttore Cower e la professoressa Stanford, insomma la sensitiva Stanford, stavano entrando nell’archivio storico di Southampton ed era pronta a scommettere che li avevano tenuti d’occhio. Non ci  pensò su due volte, afferrò il cellulare e chiamò Sophie, sperando che in quel locale ci fosse rete.
 
 

Nel frattempo gli altri, guidati da Brenda, proseguirono con le ricerche sull’identità e le storie degli spiriti.
“Venite con me.” La ragazza invitò i ragazzi a seguirla. “Conosco molto bene questo archivio, lo frequento spesso con i miei compagni di corso dell’università. Il personale è gentile e disponibile e ti mettono a disposizione tutto quello di cui hai bisogno per le tue ricerche. Oliver mi ha spiegato cosa cercate e credo di potervi accompagnare nella zona giusta.”
Scesero per una scala non particolarmente larga ma ben illuminata, le pareti erano bianche e prive di quadri o decorazioni. Proseguendo per un corridoio relativamente breve, giunsero in prossimità di una porta di legno dal colore scuro. “Ecco.” Brenda si fermò. “Qui sono conservati tutti i registri cittadini riguardanti la popolazione residente e non  a partire dal XII secolo. Gli atti più antichi sono stati digitalizzati e di conseguenza sono consultabili tramite computer, ma da quanto ho capito ciò che cercate è più recente, giusto?”
“Esatto. Noi cerchiamo informazioni su due persone decedute nel 1898 che si trovavano alla Duke of Kent.” Confermò Sophie.
“Venite.” Brenda aprì la porta: davanti a loro apparvero scaffali metallici contenenti scartoffie su scartoffie. “Ecco: qui ci sono gli atti di morte registrati dalle autorità civili dal 1875 al 1900.” Si fermò davanti allo scaffale su cui erano conservati i volumi ricercati.
“Quindi potrebbero esserci anche quelli di Mathilde e Arthur.”
“Suppongo di sì.”
In quel momento il cellulare di Sophie squillò dopo aver notificato vari messaggi di tentativi di chiamate falliti a causa della bassa copertura: era Charlotte. Rispose. La conversazione durò sì e no dieci secondi. “Ragazzi, dobbiamo andare via.”
“Perché? Cosa c’è?”
Sentirono chiudere la porta del locale: qualcuno era appena entrato.
“Era Charlotte al telefono un attimo fa: ha visto il direttore e la Stanford entrare qui dentro.”  Parlò a bassissima voce e vide una lieve preoccupazione scendere nei volti degli amici. “Quelli ci hanno seguiti.”
“Da questa parte.” Brenda, che ben conosceva l’ambiente, li indirizzò verso la parete di fondo. “Dobbiamo sperare che non stiano troppo a ridosso della porta, purtroppo è l’unica via di accesso e di uscita.”
Sbirciando fra uno scaffale e l’altro, riuscirono ad avere la certezza che erano proprio loro le persone entrate in quel luogo. La Stanford si guardava attorno con circospezione, sembrava percepisse qualcosa e quella situazione sospesa non faceva altro che aumentare loro l’ansia.
“Direttore, non si muova.” La donna bloccò immediatamente l’uomo che si stava muovendo assieme a lei. Aprì il palmo della mano destra e tese il braccio verso gli scaffali. Si diresse proprio lì dove erano conservati i documenti riguardanti i decessi e si fermò proprio di fronte a quello individuato dai ragazzi. Piegò l’angolo della bocca, aveva un’aria soddisfatta: il fascicolo era al suo posto e non era stato violato. Sentiva delle presenze in quell’ambiente ed era quasi certa della loro identità, tuttavia il poco tempo a  disposizione non era stato sufficiente per portare a termine le ricerche. Dovette ammettere a se stessa di aver a che fare con un gruppo di ragazzi estremamente determinati e in gamba, in molti si sarebbero arresi di fronte a certi eventi inspiegabili, preda della paura e del pensiero di aver a che fare con dei fantasmi. Sfiorò quel libro pieno di storia e tornò verso il direttore che la stava aspettando di fronte alla porta. “Andiamocene pure, qui è tutto sotto controllo.” Uscirono entrambi e la donna si preoccupò di chiudere a chiave. “Ah, una cosa, direttore: se eventuali studenti non si presentano in teatro per le 7:00 in punto prevede sanzioni disciplinari?”
“Naturalmente. Potrebbero essere passibili di espulsione. Perché me lo chiede?”
“Glielo spiegherò tornando verso il teatro. Andiamo, non vorrà fare tardi proprio lei!”
E mentre uscivano, nella mente della donna risuonò di nuovo quella frase:

LEAVE THEM ALONE
 
 
 
 
“Se ne sono andati?”  Oliver si affacciò titubante per sbirciare e constatare che l’ambiente fosse deserto.
“Bastardi tutti e due!” Sbuffò Ethan. “Credete che si siano accorti di noi?”
“Non lo so e non lo voglio sapere, ad ogni modo sbrighiamoci a frugare in quel vecchio registro.”
“Ehm… ragazzi, c’è un piccolo problema.” Emily li bloccò tutti. “Sono le 6:45, fra un quarto d’ora dobbiamo essere in teatro e credo sia meglio arrivare con un po’ di anticipo per evitare sospetti.”
“Bastardi tutti e due di nuovo! Siamo così vicini alla meta e non possiamo raggiungerla!”
“Lo fanno di proposito, oramai è innegabile. Mi domando solo perché non vogliono che si sappia la storia di questi due spiriti….”
“Beh, ci penseremo dopo. Adesso filiamocela.”  Sophie  era davanti alla porta.
“Ferma!” La bloccò Ethan. “E se fossero lì fuori?”
“Non credo. Siamo in ritardo noi come lo sono loro.” La ragazza fece per aprire e scoprì che la porta era bloccata. “Merda…. Ci hanno chiusi a chiave qui dentro.”
“Porca puttana! E ora che facciamo?”
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Buon venerdì a tutti!
Vi chiedo scusa per il ritardo, ho avuto un blocco di ispirazione ed ho dovuto pazientare perché questa tornasse. Non sono particolarmente convinta del capitolo che vi ho proposto, ma confido nella vostra clemenza!
Qui appare sempre più chiaro che Arthur non gradisce particolarmente le intromissioni di certi personaggi nelle indagini dei ragazzi e questi arrivano vicinissimi a scoprire qualcosa di più, ma guarda caso vengono interrotti. Non solo, restano chiusi nell’archivio mentre il tempo scorre. Che succederà?
Prima di salutarvi e visto che questa storia gira attorno alla musica, permettetemi di ricordare il Maestro Ezio Bosso, recentemente scomparso, che oltre alla sua musica, ci ha lasciato una lezione di vita di raro spessore.
Grazie a tutti per il vostro meraviglioso supporto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 
  
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