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Autore: Crisan    23/05/2020    4 recensioni
“Sango calmati, andrà tutto benissimo, la festa andrà benissimo, tu sarai bellissima, sarà tutto buonissimo, tutti si divertiranno tantissimo ed io – esitò – starò da favola”
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Koga, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Appuntamento Al Buio_Cap1
Febbraio da qualche parte a Tokyo

“Inuyasha, sei il solito orso, che ti costa venire alla festa?” Il ragazzo dagli occhi azzurri si rivolgeva all’amico che gli stava a fianco guardandolo di sbieco. Erano seduti al solito tavolo del loro locale preferito sorseggiando una birra chiara. Per tutta risposta il giovane dai capelli argento grugnì uno sbuffo non sollevando lo sguardo dall’interessante spettacolo che la schiuma della sua birra gli riservava.

“Lascialo stare Miroku. Il botolo sta ancora leccandosi le ferite!” Ghignò un ragazzo bruno che giocava a biliardo poco lontano. I capelli erano raccolti in una coda alta e i lineamenti marcati lo identificavano come un appartenente al clan dei demoni Lupo.

L’albino strinse il bicchiere non dando segno di voler reagire alle provocazioni, ma il rumore sinistro del vetro che s’incrinava fece sì che Miroku parlasse nuovamente come se nulla fosse successo.

“Dai Inuyasha, sarà pieno di gente, pieno di ragazze, musica, alcol, sarà una festa memorabile!  Dopo tutto compio gli anni una volta l’anno” concluse ammiccando.

Il giovane demone lupo mise in buca l’ultima palla commentò nuovamente ghignando “Giusto cuccioletto, puoi stare lì a far da tappezzeria, o meglio non venire proprio, così non ci rovinerai l’atmosfera, Miroku ed io avremo più donne a disposizione”.    

Il ragazzo al tavolo alzò la testa muovendo impercettibilmente indietro le morbide orecchie bianche, che lo caratterizzavano come mezzo demone, ed appoggiò la schiena alla sedia allontanando da sé il boccale di birra sospirando.

Il lupo si avvicinò agli amici prese una sedia, la girò e si sedette a cavalcioni appoggiando un braccio sulla spalliera, allungando l’altro per prendere la birra che era stata di Inuyasha e prima di portandosela alle labbra, l’alzò leggermente in direzione del cugino e con fare sarcastico disse: “Tu permetti vero?  Tanto sei abituato a condividere…”

Il lampo d’odio che attraversò gli occhi ambrati del mezzo demone fece scattare in piedi Miroku un secondo prima che Inuyasha si alzasse ringhiando per scagliarsi contro il cugino, facendo scattare gli artigli.

“Te la chiudo io quella maledetta bocca lupastro schifoso!”

Anche il giovane lupo, era scattato in piedi sulla difensiva, ma inaspettatamente addolcì lo sguardo e poggiò la mano sulla spalla di un Inuyasha che, ancora fremente, era trattenuto a forza da Miroku.

“Era ora che reagissi, cugino, cominciavo a non riconoscerti più. “La rabbia dell’albino sembrò scemare, ma sbraitò: “Sei il solito idiota Koga, prima o poi ti staccerò quella testa di cavolo che ti ritrovi sul collo!“ Koga fece spallucce e tornò a sedersi sorseggiando la birra.

“Su su, calma ragazzi! Stiamo organizzando una festa e poi, Inuyasha, Koga ha ragione, ci saranno un sacco di ragazze che, ahimè, dovrò lasciar perdere altrimenti la mia bella Sango mi ucciderebbe – disse mentre un brivido gli correva lungo la schiena – ma tu e Koga potrete senz’altro far strage di cuori...” “E non solo di quelli” sorrise furbo il giovane lupo, ingoiando un’altra sorsata di birra.

Inuyasha si buttò stancamente sulla poltrona, appoggiò i piedi sul tavolo incrociando le braccia sul petto e sbuffò: “Va bene cercherò di tenermi libero per questa stupida festa, basta che mi lasciate in pace e non cercate di accasarmi, ora voglio solo pensare a me stesso”.

Miroku sorrise e rassicurò l’amico posandogli una mano sulla spalla:” Tranquillo, vogliamo solo divertirci un po’, niente d’impegnativo”. In tutta risposta il ragazzo sbuffò nuovamente e Miroku soddisfatto ordinò altre tre birre per suggellare l’accordo.




Aprile, tra Tokyo e NY

“Kagome che bello, quindi tornerai in tempo per la festa!”

“Sango, non cominciare! Ti ho già detto che voglio fare le cose con calma e poi si vedrà…”

“Certo, certo è che sono felicissima che tu abbia finalmente deciso di rientrare in Giappone. Tre anni Kagome, tre anni! Nessuno vale tanto!”

La ragazza dall’altro capo del telefono sospirò: “Dai Sango, è stata solo una coincidenza, l’opportunità di frequentare il master si era presentata già prima di chiudere la faccenda” la sua voce esitò impercettibilmente mentre terminava la frase, ma questo dettaglio non sfuggì alle allenate antenne dell’amica.

“Di mandare a stendere Hojo! – ribatté esasperata – Ancora non riesci a dirlo! Comunque, la mia idea è solo quella di farti conoscere i miei amici e Miroku.  D'altronde hai tagliato tutti i ponti. Se escludi me e Rin, gli altri erano tutti amici comuni che hai chiuso fuori dalla tua vita”.

“Mah sì, Sango – sospirò quasi pentendosi della decisione presa – poi vediamo. Miroku lo conosco già e per gli altri tuoi amici ci sarà tempo, più avanti”.

“Kagome frequentavate le elementari! È notevolmente cambiato fidati.”

“Sì, sì, certamente – tagliò corto l’altra – comunque ora devo andare”.

La webcam che inquadrava la ragazza ebbe uno scossone quando una biondina tutto pepe le si buttò al collo, urlando in direzione dello schermo “Hi Sango! How are you?” La brunetta giapponese sorrise all’amica americana.

“Hi Amy! Where are you going today? University or shopping?”

“No, - rispose la biondina scuotendo i riccioli – we go to the party for Kagome. We are sad that she goes away - poi dando un bacio all’amica – Darling, we wait below - poi voltandosi nuovamente verso il pc – See you later Sango!”

“Bye bye Amy! Enjoy!”

Le due amiche si guardarono ancora un attimo negli occhi e la webcam azzerò in un istante le migliaia di chilometri che le separavano.
“Andrà tutto bene Kagome” sussurrò la ragazza in Giappone rivolgendo all’amica un sorriso timido. “Lo so - rispose l’altra negli States – ora vado. Ti voglio bene Sango!” e con un sorriso triste chiuse repentinamente il portatile concludendo la chiamata.

“Anch’io Kagome” mormorò in risposta la brunetta ad uno schermo ormai vuoto.



Maggio Tokyo 75° Piano K. tower.

Il display dell’ascensore annunciò finalmente l’arrivo dell’ascensore al settantacinquesimo piano. Quando le porte si aprirono ne uscì una bella ragazza bruna, fasciata in un paio di jeans chiari sovrastati da un blazer blu da cui spuntava maglietta bianca, che di banale aveva solo l’apparenza, visti i piccoli ricami che l’impreziosivano.
Completavano il look semplice e ricercato allo stesso tempo, un paio di ballerine e un’ampia borsa da giorno che avrebbe fatto invidia a Mary Poppins.  

Con passo spedito uscì dalla cabina e scese rapida i tre gradini, varcando la porta a vetri smerigliati che dividevano l’ampio atrio d’ingresso a cui si accedeva direttamente dall’ ascensore, dal salotto dell’appartamento privato della Kazaana Corporation.  Il giovane Miroku era riuscito ad ottenere da suo padre il pied-à-terre in cambio di un rapido percorso universitario, che lo stava portato al tavolo della dirigenza dell’azienda di famiglia.

“Ciao amore, scusa il ritardo” rispose la brunetta sfiorando con le sue le labbra del ragazzo che sentendola entrare aveva buttato la testa indietro appoggiandola mollemente sullo schienale del divano e l’aveva salutata “Sango, luce dei miei occhi, ben arrivata!”

La ragazza si sedette accanto a lui e tirò fuori dalla borsa un’agenda gonfia di appunti e contemporaneamente, gettò un’occhiata alla planimetria, raffigurante il grande terrazzo dell’attico, poggiata sul tavolino basso, posto davanti al grande divano ad angolo bianco. Sul foglio si potevano ben distinguere delle annotazioni in diversi colori in base alla tipologia d’indicazioni. In verde gli addobbi floreali, in blu e azzurro le luci e le casse, in arancio i punti buffet.

D’un tratto si girò verso la porta della cucina dalla quale stavano uscendo Koga e una deliziosa ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdissimi che rideva allegra a qualche stramba battuta dell’amico. Anche lei era un demone, si vedeva chiaramente. I suoi lineamenti ricordavano vagamente quelli di Koga, ma erano più dolci. Il demone lupo voltò lo sguardo verso il divano e salutò la nuova arrivata: “Eccoti Sango, tu conosci Ayame? La mia amica super esperta in feste e bagordi”

“Solo di fama” rispose la brunetta allungando la mano verso la ragazza, che le rivolse un caloroso sorriso, schernendosi “Koga esagera sempre, collaboro con un’agenzia d’eventi, ma non partecipo mai a tutte le feste che organizzo”

Il ragazzo ammiccando allungò un braccio e posò la mano aperta sul fianco destro della ragazza, attirandola contro il suo petto e le soffiò sulle labbra: “Ah ma questa sarà la migliore festa della tua vita perché ci sarò io!” Lei, in tutta risposta, emise una risata cristallina buttando la testa indietro scuotendo i suoi meravigliosi riccioli rossi, e gli assestò una leggera gomitata nelle costole liberandosi e depositando finalmente le birre che teneva in mano sul tavolo.

Cominciarono quindi, a smarcate i punti fondamentali per l’organizzazione, constatando che erano perfettamente nei tempi. Quando arrivarono alla musica dal vivo
Sango alzò la testa e chiese: “Quindi Inuyasha si è deciso? Suonerà? – poi, come folgorata, si guardò attorno sbatté le ciglia alcune volte ed esclamò - A proposito, dov’è? Non l’ho visto.”

Miroku sospirò e Koga commentò tra il sarcastico e l’amareggiato: “Niente, è ancora nella fase di clausura. Ha accettato di venire alla festa, ma non ne vuole sapere di organizzazioni e tanto meno di suonare. “

“Ma Ban ha detto che la band si è riorganizzata – aggiunse Miroku – e quando se la sentirà, potrà rientrare. D’altra parte, è stato un duro colpo.”

“Beh certo, quando la tua fidanzata si fa tutto il campus è difficile restare indifferenti.” Ghignò Koga. La ragazza in questione non gli era mai andata a genio.  

Sango fece una smorfia, ma lo apostrofò scocciata: “Non esagerare, non si è fatta tutto il campus…” neanche lei aveva mai amato molto la fidanzata di Inuyasha, ma non tollerava che qualcuno fosse calunniato.


“No, certo! – aggiunse Miroku – Soltanto il suo bassista nel giorno del suo compleanno! “


“Il migliore regalo che potesse fargli, ossia mostrargli chi era veramente – sbuffò Koga, e aggiunse – ma ormai è passato quasi un anno ed è ora di smetterla di struggersi “.


Miroku fece un mugugno d’assenso e aggiunse con voce grave: “Capisco lo shock, Inuyasha credeva molto in questa relazione, ma undici mesi sono più che abbastanza per elaborare il lutto e tornare ad una vita normale e conoscere gente”.  


Sango lo guardò storto, gli diede uno scappellotto e sbuffò: “Scommetto che se ti lasciassi ti basterebbe una settimana per riprenderti”

“Anche meno! “ridacchiò sottovoce il lupo, piegandosi verso l’orecchio della rossa che gli sedeva accanto, mentre Miroku cercava di guardare in faccia la ragazza che si era girata dalla parte opposta, pregandola: “Sanguccia mia, ma cosa dici! Se tu mi lasciassi, non potrei più vivere” e così dicendo si piegò verso di lei, stringendola tra le braccia, facendo scorrere una mano fino alla base della schiena. Lei scattò di fianco facendo un salto sul divano e lo respinse urlandogli: “Miroku sei sempre il solito!"

Qualche minuto dopo, tornata la calma, gli amici decretarono che tutto era pronto, indirizzato o comunque sotto controllo.

Girando le pagine dell’agenda a un certo punto Sango alzò la testa ed esclamò: “Ah il 25 devo andare a prendere Kagome all’aeroporto!” “Kagome? - chiese interrogativo il suo ragazzo – Quindi torna dagli States. Era ora!”
Koga che controllava la scaletta alzò la testa e chiese: “Chi Higurashi? Kagome Higurashi? Quella ragazzina di cui eri innamorato in terza elementare?”
Miroku annuì: “Sì, non ci crederai, è la migliore amica di Sango!” Il demone lupo sbuffò una risata rivolgendo un’occhiata all’amica, che alzò gli occhi al cielo: “Si so tutto, lei non ti ha mai considerato, ed era in prima!”
“Cosa ci faceva Higurashi così lontana dal tempio di famiglia?” chiese Koga, sinceramente interessato.

Le labbra di Sango si schiusero in un sorriso tirato, non voleva che i fatti della sua amica fossero trattati come pettegolezzi da salotto, ma dopotutto avrebbe frequentato i suoi amici e preferiva che avessero una spiegazione, seppur minima, piuttosto che farla passare per scontrosa.

Il suo ragazzo le venne incontro e rispose:” Ha avuto una brutta esperienza con un ragazzo e così ha colto l’occasione che si era presentata di frequentare un master alla Columbia. Sono più di tre anni che non torna a casa”.

Il lupo rise: “E che le è successo? Anche il suo fidanzato si è fatto tutto il campus?” Sango gli rivolse un’occhiata furente e Miroku intervenne nuovamente: “Niente di simile, ma la questione fu comunque spiacevole.”

“Kagome Higurashi? Si mi sembra di ricordare di qualcosa legato all’ università si parlava di scambi di favori…particolari?” Ayame aveva ascoltato in silenzio fino a quel momento e la domanda le sorse spontanea, ma addolcì il finale quando vide le labbra di Sango tremare.

“Già, qualcosa del genere – tagliò corto Miroku, poi si rivolse verso Sango che era rimasta in silenzio – Quindi verrà alla festa, vero? In fondo non ha più alcun contatto con la gente che frequentava prima, dovrà farsi nuovi amici” “Sango annuì e il giovane lupo commentò: “Quindi fatemi capire, sarà un raduno di sfigati in amore?”

Un lampo passò negli occhi di Miroku che si batté la mano sulla fronte come se avesse appena avuto una rivelazione:” Come ho fatto a non pensarci! “Gli amici si girarono a guardarlo interrogativi. “Dobbiamo farli conoscere!”
    



16 Giugno Tokyo

Il giovane festeggiato parlava al telefono camminando sul terrazzo “Sango, tesoro ma sicuro! No, non sarà niente di esagerato ci troviamo prima sistemiamo le ultime cose e ci mangiamo qualcosa. Tu e Kagome vi potreste preparare nella stanza degli ospiti”.

“Non so, Miroku. Non vorrei forzare Kagome “

“Tranquilla – la rassicurò il ragazzo dall’altro capo dell’apparecchio– è una cosa informale, di giorno, niente di cui preoccuparsi, altrimenti non si presenterebbe neanche il nostro amico”.





Intorno alle 16 Inuyasha entrò nella hall della K. Tower e si diresse spedito verso la postazione della sicurezza nel lato sinistro dell’atrio dietro la quale, semi nascosto da una rigogliosa parete di giardino verticale, si trovava l’ascensore privato che portava direttamente al settantacinquesimo piano.

“Ciao Jinenji, vado su!” disse mentre faceva cenno con una mano alla guardia. Si conoscevano bene poiché frequentava Miroku ormai da diversi anni.

“Aspetti un attimo signor Taisho. Il signor Kazaana mi ha ordinato di avvisare prima di far salire chiunque”. Il ragazzo dalla figura imponente si precipitò a bloccarlo, marcando la parola chiunque senza però poter nascondere un certo imbarazzo. Contemporaneamente gli indicò dei divanetti arancio posti in un angolo riparato della sala.
Inuyasha lo guardò perplesso, sbattendo più volte le palpebre come se quel gesto lo potesse aiutare a mettere a fuoco la situazione. Poi, vedendo lo sguardo risoluto della guardia, balbettò: “Va – va bene” e si accomodò su una poltrona, posando sul tavolino antistante la busta di carta colorata contenente il vino pregiato che Miroku si era raccomandato portasse con sé.

Il mezzo demone sospirò e si abbandonò contro lo schienale della poltrona accavallando le gambe. Il braccio sinistro cadde mollemente sul bracciolo, mentre piegò l’altro in modo da sostenere la testa ciondolante sulla mano aperta.

Dopo qualche minuto, la gamba che poggiava sul pavimento iniziò ad agitarsi alzando ed abbassando ritmicamente il tallone, segno che la pazienza del ragazzo fosse messa alla prova. Così questi allungò una mano e tirò su la prima rivista che incontrò.

Intanto in un taxi poco lontano due ragazze chiacchieravano preparandosi mentalmente alla serata che stava per iniziare. O meglio una chiacchierava animatamente, l’altra si limitava a rispondere a monosillabi, ad annuire o a rivolgere all’amica sorrisi tirati, finché non sbottò: “Sango calmati, andrà tutto benissimo, la festa andrà benissimo, tu sarai bellissima, sarà tutto buonissimo, tutti si divertiranno tantissimo ed io – esitò – starò da favola”

Proprio in quel momento l’auto si fermò davanti alla K. Tower e le due ragazze scesero dal taxi, recuperando una serie di pacchetti e un paio di piccoli trolley.


“Non credi che abbiamo esagerato? “Chiese Kagome lanciando un’occhiata sconsolata alla quantità di cose che avrebbero dovuto portarsi fino all’attico.

“Sciocchezze, sono solo due cosine!” ribatté l’amica mentre faceva cenno al portiere di aiutarla con i pacchi.

Si erano appena incamminate verso la postazione di guardia quando il telefono di Sango squillò.

“Miroku?” disse interrogativa guardando il display un secondo prima di rispondere.

“Miroku ciao, siamo appena arrivate.” La voce cristallina rimbombò leggermente nell’alta ed elegante hall. Nonostante ora ospitasse anche l’appartamento di un giovane scapolo, non aveva perso la formalità e l’eleganza di un edificio di rappresentanza. La torre in verità ospitava paio di loft a disposizione della società, gli uffici direzionali e le sale stampa ai piani più alti. Poi via via, scendendo, l’ufficio legale quello commerciale fino all’amministrazione. Tutti, dall’amministratore delegato all’ultimo fattorino, transitavano da quegli ingressi.

Mentre l’amica parlava al telefono, Kagome alzò lo sguardo rivolgendolo ammirata verso l’alto, in direzione dei lampadari in cristallo dalle forme geometriche, che pendevano dal soffitto del decimo piano. Tutt’intorno si aprivano una serie di camminamenti che si affacciavano con delle balconate trasparenti direttamente sulle pareti del giardino verticale del piano terra, cosa che donava all’ambiente l’aspetto di una serra tropicale.  

Kagome si ritrovò a pensare che da un momento all’altro avrebbe potuto assistere al volo di un pappagallo o avrebbe udito l’urlo di qualche scimmia. Quello che invece sentì fu il sospiro della sua amica che le si rivolgeva: “Kagome, Miroku mi ha chiesto di aspettare un momento qui un fornitore che è in ritardo ed accertarmi che abbia portato tutto correttamente prima che scarichi”

“Ok, aspettiamo!”

“Mah, no, guarda è questione di pochi minuti e poi Miroku ha urgenza di avere questi” disse allungandole il sacchetto di deliziosi cibi che Kagome aveva preparato su insistenza dell’amica.

Kagome guardò perplessa il sacchetto poi scoccò un’occhiata diffidente all’amica: “Ha bisogno urgente del cibo? “ “Sì, mi ha detto qualcosa sul cominciare a preparare per mangiare con calma, non so… In ogni caso questi vanno messi in frigo, no!”

Kagome sospirò scocciata. Era venuta alla festa solo per far piacere a Sango e non aveva voglia di presentarsi da sola. D’altra parte, lo sguardo di preghiera dell’amica la convinse. In fondo a casa di Miroku dovevano esserci, al momento, solo tre o quattro persone, i suoi amici più stretti arrivati con anticipo per aiutare a sistemare le ultime cose e godersi l’anteprima della festa.

Così, con un sospiro, rispose: “E va bene, dai qua! Porto su questi, li sistemo e se non sei ancora arrivata torno qui a farti compagnia.” “Affare fatto!” dichiarò l’amica sorridendo, passandole i preziosi sacchetti.

Il chiacchiericcio femminile giunse inaspettato ad Inuyasha perso nei suoi pensieri. Mosse leggermente le orecchie in direzione del suono, ma perse subito il brio che lo aveva spinto quando riconobbe la voce di Sango. Un moto di simpatia risorse, facendogli piegare impercettibilmente le labbra verso l’alto quando un’altra voce, questa volta sconosciuta, rispondere sarcastica: “Ha bisogno urgente del cibo? “

Miroku! Chissà che ha in mente!

In ogni caso lui sarebbe rimasto un’oretta giusto per salvare la faccia e poi, approfittando del casino e col favore delle tenebre, se la sarebbe svignata. Magari sarebbe andato a farsi una birra o al cinema, ovunque pur di togliersi da quella bolgia.

Perso nei suoi pensieri, si accorse solo in quel momento che la proprietaria della voce si era avvicinata alla postazione di Jinenji con in mano un grosso sacchetto di carta colorato.

Da dov’era mollemente seduto, a causa del fogliame che gli occludeva parzialmente la visuale, vedeva solo un angolo del tavolo della reception, a cui la ragazza si era accostata. Di lei poteva intravedere il polpaccio tornito e l’incavo del ginocchio destro, seminascosto dall’orlo della gonna che batteva proprio là dove il ginocchio flette per piegarsi. A salire l’ampio tessuto viola scuro lasciava solo intravedere le forme, stringendosi però all’altezza della vita, rivelandola sinuosa e sottile. Certo, per quel poco che si vedeva, coperto com’era dalla siepe e dai lunghi capelli neri, che rendevano invisibili la schiena e il busto.

La sentì parlare, in lontananza, con voce calda, amichevole, senza esitazioni, incertezza o paura, al mezzo demone addetto alla sicurezza. Anche a lui doveva aver fatto una certa impressione perché Jinenji che, al contrario, vedeva benissimo in viso dalla sua posizione e che sovrastava la sua interlocutrice di almeno mezzo metro, era diventato leggermente rosso e le aveva risposto alquanto imbarazzato che avrebbe avvisato del suo arrivo il signor Miroku.

Lei rimasta perplessa aveva risposto gentilmente: “Va- va bene”, ma aveva poi mormorato a bassa voce “Ma se lo abbiamo sentito un minuto fa, sto scemo!”

Era rimasto a fissarla più del dovuto o forse aveva pronunciato la risposta a voce alta "Non sai quanto" fatto sta che si trovò inchiodato alla sedia da un paio di occhi nocciola, che lo scrutavano seri.

Ma quando si è girata? Trovandosi improvvisamente a disagio si drizzò sulla sedia e sbottò: “Beh, che c’è?” La brunetta aprì la bocca per rispondere, ma nello stesso momento Jinenji annunciò, mentre attaccava la cornetta del telefono: “Potete salire. Prego da questa parte signorina Higurashi. Signor Taisho”. Poi notando l’occhiata della ragazza ai pacchetti, ancora nella hall, aggiunse: “Non si preoccupi. Prenda quello che le serve, gli altri li faccio portare su appena possibile da un fattorino.”

Così dicendo si avvicinò all’ascensore riservato e passò un badge su un lettore. In risposta si accese una luce blu e dopo pochi istanti la porta dell’ascensore si aprì.
Kagome mosse verso l’ascensore e rivolse a Jinenji un ampio sorriso: “Grazie mille!”. Inuyasha allora si alzò pigramente e, passando davanti al mezzo demone, sbuffò:
“Alla buon’ora, ci si vede Jinenji”, entrò in ascensore, attese che la ragazza lo raggiungesse e schiacciò il tasto riportante il numero settantacinque.

Con il suono di un campanello le porte inesorabilmente si chiusero e l’ascensore cominciò lentamente a salire.

Ok forse troppo lentamente.

Kagome era appena tornata da New York, era salita sull’Empire. Salire fino alla terrazza dell’ottantaseiesimo piano richiedeva poco più di un minuto.

Nessuno immagina quanto sia effettivamente lungo un minuto se lo devi trascorrere con altre trenta persone. Era ben a conoscenza del fatto che gli ascensori moderni non producessero particolari suoni e che il grado di confort fosse tale da far sì che i viaggiatori non avvertissero per nulla l’accelerazione, che permetteva di coprire una distanza di circa trecento metri in pochissimi secondi, eccezion fatta per il leggero fastidio alle orecchie che si poteva avvertire a causa del repentino cambio di altitudine, ma questo ascensore sembrava essere decisamente lento. Erano saliti da più di quindici secondi e non si era ancora accesa neanche la lampadina che segnava all’arrivo del decimo piano.


Almeno, pensava, che si sarebbe dovuta accendere. Anche gli express, pur non avendo fermate intermedie, producevano l’accensione delle spie luminose ai piani principali per dare all’ospite in transito l’idea di quanto ancora mancasse alla sua destinazione.

Mentre rifletteva, si accese finalmente la luce che indicava l’arrivo al decimo piano. Restò accesa un paio di secondi e poi si spense, segno che l’ascensore stava continuando la sua corsa.

Passò ancora qualche secondo, poi gli occhi della ragazza lasciarono il display e cominciarono a scivolare lungo le pareti di metallo e legno. Il pavimento riportava un elegante monogramma, con il logo dell’azienda intarsiato in un gioco d’incastri tra legni pregiati, che denotava la ricerca di una sobria eleganza anche nei particolari.

Sinceramente incuriosita dal pavimento, alzò gli occhi al cielo per scoprire il soffitto mentre il display del ventesimo piano si spegneva lentamente. Sulla sua testa una cornice di legno chiaro con intarsi metallici argento incastonavano un elegante specchio.

Mentre rimirava il suo riflesso fu attirata da qualcosa sulla testa del ragazzo che le era accanto. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco e cercò di capire che cosa fossero quei batuffoli bianchi seminascosti da dei lucenti capelli argenti. Di colpo i riflessi argenti furono sostituiti da due pozze oro che la scrutavano irritate e sussultò quando lo sentì sbuffare scocciato: “Beh?”

“Scu-scusa” balbettò arrossendo visibilmente. Abbassò lo sguardo, ma continuò a sbirciarlo di sottecchi.

Mentre la luce del trentesimo piano cominciava ad accendersi il mezzo demone sbuffò: “Quanto ci mette oggi questo dannato ascensore!”

“Già, è un po’ lento effettivamente” rispose lei, riportando lo sguardo sul display.

Si sentiva in colpa per essere stata sorpresa a fissargli le orecchie. Non lo aveva fatto per metterlo a disagio o per una forma di curiosità morbosa. Kagome aveva sempre pensato che le persone dovessero essere apprezzate o meno in base al loro modo di essere, di comportarsi e non per il loro aspetto.

Non è esatto dire che non vedeva la differenza tra demoni, mezzi demoni e umani, semplicemente la considerava una caratteristica pari all’essere biondi o alti un metro e ottanta, ma questo quel ragazzo un po’ scorbutico che aveva accanto non poteva certo saperlo.

In risposta ricevette un grugnito strozzato che nonostante tutto le fece spuntare il leggero sorriso.

Era già passato quasi un minuto dall’inizio della salita ma erano appena arrivati al quarantesimo piano e il silenzio e l’imbarazzo già tipico dell’ambiente sembrava ancora più palpabile dopo quel breve scambio di battute.

Inuyasha mal sopportava il dover star accanto ad una ragazzina che non nascondeva affatto la sua curiosità per il suo essere meticcio. Questo e la sua decisione di stare più lontano possibile dal genere femminile lo rendevano alquanto irritabile.

Poi in un istante, poco prima di raggiungere il cinquantesimo piano, con uno scossone improvviso l’ascensore si fermò, la luce si spense lasciando la cabina nell’oscurità.

Nello stesso momento in cui le tenebre calavano Inuyasha allertò i sensi e sbottò: “Ma che diavolo…”

Sentì un tonfo accanto a lui assieme ad un urlo soffocato, così voltò lo sguardo verso la ragazza che gli era accanto e la trovò accasciata sul pavimento con gli occhi sgranati. La ignorò e si diresse verso la pulsantiera schiacciando il tasto per l’emergenza con veemenza. Dopo quasi un minuto nessuno aveva ancora risposto.

“Dannazione! Ma che stanno facendo, devo pensarci io?” Imprecò facendo scattare gli artigli.

A quel suono Kagome sussultò e soffocò un nuovo singhiozzo. Alle narici sensibili del mezzo demone arrivò un odore pungente, salato. Un odore di lacrime che lo bloccò all’istante.

“Cosa, cosa stai facendo?”

“Cosa posso fare, è buio pesto! – poi mormorò sottovoce, parlando tra sé e sé – e non è che mi piaccia particolarmente, mica ci vedo io! “
Inuyasha, sentì lo stesso e realizzò solo in quell’istante, che lui vedeva perfettamente grazie alla sua natura di mezzo demone. La sua collera si smorzò
immediatamente.

Posò a terra la busta del vino, le si accucciò accanto e le disse con il tono più rassicurante che poté:

“No, no tranquilla, vedrai che ci risponderanno subito. Queste trappole si fermano a giorni alterni. Se fosse per me salirei su quella dannata terrazza con un paio di balzi.”

Lei annuì e lui si rialzò tornando ad imprecare e a premere insistentemente il tasto dell’assistenza. “Maledizione” sibilò tra i denti.


Intanto al settantacinquesimo piano, nello studio di Miroku l’interfono lampeggiò e il ragazzo rispose: “Sì, Jinenji?” L’addetto alla sicurezza balbettò qualcosa dell’allarme dell’express, ma il ragazzo lo interruppe: “Sì, è tutto sotto controllo. Ho fatto gli spostamenti necessari. Spegni il cicalino e sblocca l’ascensore C affinché gli ospiti possano salire direttamente al settantacinquesimo. Se avrò bisogno, ti chiamerò” e così dicendo attaccò il ricevitore e tornò a concentrarsi sulle immagini che la telecamera ad infrarossi gli rinviava dalla cabina dell’ascensore.





*****
Ciao a tutti!
dopo 10 anni torno a scrivere nel mio fandom preferito!
Un grazie particolare a Lune per i betaggio <3
A presto
Crisan


   
 
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