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Autore: T612    25/05/2020    1 recensioni
È scientificamente provato che anche l’organismo apparentemente più perfetto al mondo – con tutte le contraddizioni del caso e le implicazioni scomode delle singole parti – può raggiungere il collasso, basta trascurare un singolo tassello infinitesimale per far strada ad un’infezione così ramificata da poter raggiungere ogni singolo centimetro dell’ospite, spingendo l’anima a ribellarsi ad un corpo asmatico, psicotico e tachicardico.
È semplice, è basilare… è Anatomia, per risolvere il problema basta solo sapere dovere incidere ed intervenire. L’unico dilemma è il chi tiene il bisturi dalla parte del manico.
[Avvertenze: cinematograficamente canonico fino a TWS, Civil War (Comic Verse // Fix-it), “Infinity War/Endgame” sono un miraggio lontano lontano che non scriverò mai.]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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EPILOGO





 

«Vieni a giocare, K?» chiede innocente Nathaniel Barton, un guantone da baseball in mano e l'aria di chi non capiva cosa stesse combinando la cugina adottiva, seduta sui gradini del portico in palese attesa di qualcosa. «Mi dici che stai aspettando?» 

«Bucky-bukaroo.» annuncia la bambina sicura di sé, puntando un indice al cielo indicando un puntino nero rumoroso appena apparso all'orizzonte, ignorando le grida di Nate mentre chiamava a rapporto i fratelli, aspettando diligente che lo Zephir-One tocchi terra prima di materializzarsi in un glitch sulla rampa di accesso abbassata. «Bucky-bukaroo!» 

«Pulce!» esulta James in risposta caricandola di corsa, sollevandola da terra con slancio per strappazzarsela meglio in un abbraccio. «Hai fatto la brava mentre non c'ero?» 

«Ovvio. Ho fatto un sacco di disegni, devo farteli vedere!» esclama la piccola gettandogli le braccia al collo per ricambiare l'abbraccio, ritirandosi infastidita quando la propria guancia si scontra con quella ancora ruvida dell'uomo. «Ahia… la tua barba punge.»

«Te l'ho detto io che dovevi tagliarla.» rimarca la voce di una donna alle spalle del suo papà, ignorando l'obiezione di quest'ultimo in merito all'assenza di un rasoio in tutto il velivolo, sporgendosi oltre la sua sagoma individuando una Natasha imbarazzata per via della sua improvvisa attenzione, che si limita a sollevare una mano sfarfallando con le dita in segno di saluto. «Ehi, Kobik…»

«Mamma!» urla la bambina perforando un timpano a James, il quale si ritrova a stringere aria tra le braccia quando lei si dissolve in un glitch e si riassembla a meno di un metro dai piedi della donna, portandosi una mano alla bocca allarmata a distanza di una frazione di secondo quando si rende conto del come l'ha chiamata, contemplando la figura di Natasha ridotta ad una statua di sale. «'Talia…?»

«любовь моя…» mormora la donna sorridendo basita in risposta, cadendo in ginocchio senza preavviso ed obbligando James a riscuotersi dal medesimo stato di trance sentendosi chiamare in causa solamente per rendersi conto di non essere il soggetto della frase, mentre Kobik si ritrova stretta in un abbraccio a tratti soffocante fatto di boccoli rossi e braccia esili, presto raggiunte da un secondo tonfo di ginocchia ed un altro paio di braccia un po' più robuste che circondano entrambe. «È finita davvero…»

«È finita davvero.» conferma James in una vibrazione calda che rimbomba contro la spina dorsale di Kobik, posandole un bacio sulla testa invitandola a sciogliere l'abbraccio, aiutando la moglie a rimettersi in piedi ed indicandole la plancia di comando. «Il pilota vuole salutarti prima di andarsene… io e Natalia scendiamo a terra, tu raggiungici appena vuoi, okay?»

«Okay.» conferma la bambina schizzando euforica fino al parabrezza frontale, individuando la sagoma irsuta di Mikhail ben prima di scorgerne il muso, prendendo la rincorsa e seppellendo il naso contro la sua pelliccia. 

Kobik gli aveva confessato quanto gli fosse mancato e quanto fosse felice di vederlo, chiedendogli notizie di Alexei non vedendolo da nessuna parte… riuscendo ad identificare la natura della punta di rimpianto che aveva percepito sotto tutti gli strati di sollievo provati da James e Natasha, avvertendo il proprio sguardo riempirsi di lacrime quando Mikhail le aveva nascosto la verità dietro l'ultima favola dal finale ingiusto, spiegandole il perché dopo ciò che era successo non volesse rimanere con le zampe ancorate al suolo, accettando il posto vacante allo SWORD lasciato da James. Mikhail aveva sottolineato come quella fosse la soluzione migliore per tutti loro, garantendole di lasciarla in buone mani, ricordandole che Alexei si era sacrificato per permettere un futuro più roseo a tutti loro. 

Quando Kobik era rientrata alla Fattoria aveva cercato Natasha, attirata dai suoi sentimenti in subbuglio come una calamita poteva sentirsi attratta da un campo magnetico, trovandola fresca di doccia intenta a cambiare le lenzuola nella camera degli ospiti mentre James terminava di radersi la barba nel bagno privato… scontrandosi con un muro insondabile di tristezza, preoccupazione e rabbia appena varcata la soglia, percependo nettamente il calo di tensione in entrambi appena Kobik si era ancorata alla gamba di Natasha infondendole pace, sentendo i livelli ansiogeni di James colare a picco nella stanza a fianco come se il suo stato d'animo fosse direttamente proporzionale a quello della moglie e fossero collegati per via di un qualche strano meccanismo. 

«Finisci di darmi una mano?» propone Natasha chinandosi a posarle un bacio sulla sommità del capo, celando nella richiesta d'aiuto un muto ringraziamento mentre si scostava da lei ed afferrava le lenzuola, porgendole un lembo per distenderle sul materasso spoglio. 

Per il resto della giornata Kobik si era divertita a sedare la propria curiosità gravitando intorno a Natasha, scoprendosi un ottimo deterrente per tutti quei sentimenti negativi che nuotavano nell'abisso dell'animo della donna… accettando riluttante l'invito pacato di James di lasciarle respiro, venendo presto distratta quando verso l'ora della merenda Nate era tornato a cercarla per giocare, registrando con la coda dell'occhio l'istantanea sfuggevole degli occhi lucidi della sua mamma nel momento in cui pensava di non essere vista, chiudendosi la porta alle spalle correndo in giardino nel mentre che il suo papà se la stringeva al petto ed aspettava paziente che Natasha finisse di accartocciarsi contro la sua spalla e si esaurisse in un pianto liberatorio. 

La donna aveva ancora gli occhi rossi quando si erano seduti a tavola per la cena, Kobik si era tenuta in disparte per l'intera sua durata, confusa se considerarsi o meno una parte del problema… poco importava se lei e Nate avevano ottenuto il permesso di restare alzati fino a tardi "perché bisognava festeggiare", Kobik si era limitata a spazzolare la sua fetta del dolce preparato da Laura per l'occasione comodamente seduta sulle ginocchia di James, fingendo di non notare come tutti gli adulti avessero continuato a perdersi in chiacchiere goliardiche quando Steve e Natasha erano scomparsi sul portico, dimenandosi infastidita quando l'uomo si era alzato in piedi caricandosela in spalla annunciando che fosse ormai giunta l'ora della nanna, lottando con gli occhi a mezz'asta per scorgere il flebile lumicino della sigaretta della sua mamma che fendeva il buio esterno, preoccupata nel percepire le ombre delle colpe di Steve che avanzavano ad ondate soffocati e sembravano volessero inghiottire in un sol boccone il ritrovato equilibrio emotivo della donna scandito dall'accensione ritmica del mozzicone che le pendeva dalle labbra. 

«`Talia…» brontola assonnata agitando i pugni contro la schiena di James quando la donna sparisce dalla sua visuale mentre svoltano insieme all'angolo del pianerottolo, sopportando il passo cadenzato del suo papà mentre risale i gradini fino alla camera che continuava a dividere con Lila. «Papi… la mamma è okay?» 

«È stata una giornata molto, molto lunga.» la liquida l'uomo risparmiandosi la correzione sul nomignolo affettivo, puntando un ginocchio contro il materasso e scostando le coperte con la mano libera prima di lasciarla cadere incontro al giaciglio. «È ora della nanna Pulce, vedi di dormire, domani mattina partiamo presto.»

«Per andare dove?» chiede assonnata, afferrando Baloo dai piedi del letto e trascinandosi la coperta fino al mento, seguendo con lo sguardo il suo papà che aveva iniziato ad aprire e chiudere le ante dell'armadio per automatismo inconscio. «Torniamo a New York?» 

«È meglio se restiamo lontani dalla Grande Mela per un po', Fury dice che è più sicuro così.» afferma James chinandosi a spiare la tana dei mostri nascosta sotto il suo letto, annuendo soddisfatto di sé stesso prima di sporgersi a posarle le labbra sulla fronte. «Niente mostri da nessuna parte, ho controllato.»

«Ho notato…» ridacchia Kobik portandosi una mano alla bocca per coprire lo sbadiglio, socchiudendo un occhio per spiare la reazione di James alla sua affermazione successiva. «Mikhail mi ha raccontato cosa è successo…» 

«Quindi sai perché la mamma è triste… starà meglio, dalle un paio di giorni.» la rassicura l'uomo sedendosi sul bordo del letto, allungando due dita a pettinare la frangetta bianca, scostandole un paio di ciuffi ribelli lontano dalle ciglia. «Io continuo a volerti bene anche se è tornata Natalia, lo sai vero?» 

«Io ti leggo Bucky-bukaroo… non ti ho mai sentito più felice di così.» afferma Kobik con un sorriso impresso sulle labbra, stringendo Baloo tra le braccia ed accoccolandosi meglio contro il cuscino. «Io sono okay se tu e 'Talia siete okay

James sorride con sguardo luminoso e si china a posarle un secondo bacio sulla fronte prima di alzarsi, chiudendosi piano la porta alle spalle augurandole la buonanotte… Kobik era ancora nel dormiveglia quando la porta si era socchiusa di nuovo, sprofondando ufficialmente nel mare placido dell'incoscienza quando un paio di labbra al profumo di vaniglia si erano posate leggere contro la sua tempia. 

 

***

 

L'appartamento a Parigi profumava di pane fresco, colori ad olio e rose… quasi ogni mattina Natasha rientrava in casa con un sacchetto di pane appena sfornato e i croissant ancora caldi per colazione, mentre l'odore pungente dei solventi e dei colori filtrava con la brezza attraverso le imposte insieme alle note di un qualche musicista che si esibiva sulla piazzetta di Montmartre, scontrandosi con il profumo inebriante delle rose lasciate in ammollo nel vaso istituito a centrotavola in salotto – facendo sfoggio di fasi più o meno avanzate di decomposizione di settimana in settimana, dato che ogni occasione era buona per James per rientrare in casa con un mazzo di fiori sottobraccio, ignorando il fatto che Natasha non aveva la medesima costanza nel prendersene cura. 

Le prime settimane in Europa erano state insolite, James e Natasha si erano presi entrambi le ferie a tempo indeterminato e Kobik si era ritrovata ad orbitare loro attorno mentre tutti e tre tentavano di prendere le misure con quella nuova situazione – aveva scoperto che chiamarli per nome o per diminutivo li aiutava molto, anche se con il passare dei giorni avevano smesso entrambi di sobbalzare ogni volta che le sfuggiva un "mamma" o un "papà" dalle labbra, vedendosi imposta l'unica regola di non attirare l'attenzione in pubblico quando uscivano di casa e di non sorprenderli alle spalle con un glitch… quindi, in definitiva, non si era rivelato nulla di troppo diverso dalla sua convivenza con James ai tempi dello SWORD. 

C'era voluta circa una settimana prima che il suo papà si stancasse di dormire sul divano pur di cederle un posto comodo durante la notte, liberando la stanza degli ospiti riconvertita a stiva di cianfrusaglie varie, rischiando di soffocare tutti e tre sotto i quintali di polvere che regnavano tra quelle quattro mura. Kobik si era divertita da matti a ridipingere le pareti di azzurro con il rullo da pittore, seduta sulle spalle di James per raggiungere i punti fuori dalla sua portata mentre Natasha li scrutava dall'alto della scala in metallo puntellata alla parete già asciutta, additandoli con il pennello sporco di pittura bianca minacciandoli di non macchiarle il parquet inciampando sulla carta da giornale che ricopriva le assi del pavimento e rovesciando accidentalmente la latta di colore in giro, sospirando a metà tra la rassegnazione e il riso tornando a dipingere le nuvole bianche sulla distesa azzurra, assecondando le richieste della piccola che aveva passato giorni interi a decantare il perché desiderasse che la sua cameretta fosse il più simile possibile a "quella di Andy su Toy Story" [1]

Kobik aveva accompagnato Natasha da Ikea per scegliersi i mobili con cui arredare la propria stanza – a dire il vero si era anche persa in mezzo ai corridoi, la donna aveva sventato di poco l'attacco di panico ed in seguito Kobik aveva affermato di sentirsi infinitamente dispiaciuta quando non aveva trovato altra soluzione se non quella di dissolversi in un glitch per ritrovare la sua mamma tra la bolgia –, trascorrendo i due giorni seguenti a contare le viti e i bulloni sdraiata sul pavimento mentre James imprecava contro la cassettiera, lamentandosi in toni coloriti in tutte e otto le lingue del libretto delle istruzioni, decifrando a salti intere pagine di inglese, spagnolo e tedesco nella speranza di capire perché mancasse sempre una vite sul più bello che gli sembrava di aver finito… alla fine la cassettiera era stata eretta in piedi da Natasha, che armata di cacciavite e le istruzioni scritte in svedese era riuscita a raggiungere la luce alla fine del tunnel, ponendo un punto definitivo alla ristrutturazione collettiva quando James si era messo d'impegno ed aveva ricreato con le stelline adesive la costellazione dell'Orsa Maggiore sul soffitto tinto di blu scuro – un modo come un altro per farle sentire meno la mancanza di Mikhail e ricordarle che il mutante vegliava silenzioso su di lei dall'alto della stazione spaziale –, riscontrando allo stesso tempo un netto calo di incursioni dei mostri che non potevano più strisciare fuori dall'armadio durante la notte a causa della debolissima luminescenza che rischiarava la stanza. 

C'erano volute tre settimane prima che giungesse la chiamata da parte dello SHIELD che confermava il ritrovamento delle ossa di Alexei a Madripoor, dicevano di averle trasferite a Mosca, mentre in America il Capitano Rogers aveva preso l'iniziativa facendo apparire sulla scrivania di Ross la documentazione necessaria per far incidere una targa commemorativa, allegandoci la proposta di sostituirla a quella di Natasha sul Muro degli Eroi nella sede amministrativa dell'agenzia a Manhattan [2]

Nel giro di un altro paio di settimane il mondo intero aveva scoperto che l'Agente Romanoff era tornata al mondo dei vivi, paparazzata in ogni tabloid al fianco del Sergente Barnes – di nuovo sulla piazza dopo il suo ritiro precipitoso dalle scene spionistiche mondiali –… voci di corridoio nelle redazioni delle testate giornalistiche di mezzo mondo dicevano che nelle fotografie originali la Vedova Nera tenesse per mano una bambina sui cinque anni dai capelli castani, ma il fotoritocco era stato impeccabile al punto da lasciar cadere le vaghe insinuazioni in merito all'esistenza della presunta figlia dei due, proteggendo Kobik al meglio delle loro possibilità nascondendola ai sicari che erano tornati a puntare un bersaglio alle loro schiene. 

Era stata una mera questione di tempo prima che Yelena iniziasse a far squillare il cercapersone ad orari improbabili del giorno e della notte, istituita a braccio esecutore del Capitano Rogers che pretendeva il consulto sul campo di uno dei due fornendo pane per i loro denti… Kobik lo scopriva alla mattina quando uno dei genitori mancava all'appello, sapeva che James se ne era andato quando Liho iniziava a miagolare contro la porta e la sua mamma la svegliava prima delle nove del mattino accendendo l'impianto stereo in salotto, mentre dava per scontato che quella a partire in missione fosse Natasha quando metteva giù i piedi dal letto verso l'ora di pranzo e beccava il suo papà intento a non bruciare l'impasto dei pancake nella padella mentre il gatto nero si leccava i baffi in attesa degli avanzi. 

Kobik aveva imparato a convivere con quel rapporto ad intermittenza, diventando il catalizzatore che li teneva uniti a distanza, scoprendo che se bacchettava James per una qualche ragione l'uomo sentiva meno la mancanza della moglie, mentre se lasciava disordine in giro o faceva i capricci Natasha la riprendeva additandola con un "sei proprio figlia di tuo padre" che le faceva riguadagnare il sorriso. 

Spesso capitava che a James venissero assegnate le missioni più lunghe, prendendo l'abitudine di misurarla contro lo stipite della porta ogni volta che rientrava, stupendosi comunque in modo genuino del mezzo centimetro guadagnato in altezza a discapito del paio di chili presi che sentiva appena Kobik gli saltava tra le braccia appena varcava la soglia, dando il cambio a Natasha per una gita adrenalinica fuoriporta, ammazzando il tempo della separazione giocando insieme in giardino o stendendosi al sole sull'amaca mentre Kobik si dondolava dalla cima all'altalena che le aveva costruito. Era sempre un dramma quando era la sua mamma quella a dover partire – principalmente perché le sue coperture avevano tempistiche variabili e non aveva la possibilità di chiamare spesso a casa –, rassegnandosi all'ordine naturale delle cose adattandosi alla realtà dei fatti, facendosi spiegare come funzionasse la lavatrice per evitare che James allagasse il bagno una seconda volta e memorizzando i numeri di telefono delle pizzerie e dei ristoranti che consegnavano a domicilio per non rischiare di morire di fame o dover ingoiare a forza gli esperimenti fallimentari del suo papà ai fornelli… godendosi appieno e facendo tesoro dei momenti in cui la situazione si palesava a parti inverse, quando il suo papà la chiamava su Skype alla sera e Kobik gli raccontava fiera di aver cucinato i biscotti al cioccolato senza far esplodere il forno, facendosi fare le trecce ai capelli dalla sua mamma ed ottenendo il permesso di improvvisare dei pigiama-party che si concludevano sempre sul divano con una ciotola di popcorn in grembo ed una VHS nel videoregistratore che terminava ben oltre l'ora della nanna. 

Capitava anche che, a volte, James tornasse a casa con qualche osso rotto di troppo e Natasha riuscisse a strappare qualche giorno di congedo in più ad Hill… e quelle erano anche le volte in cui i due la trascinavano a Champs de Mars per un pranzo comodamente spaparanzati sull'erba, ridacchiando alle battute del suo papà in merito al fatto che se si fossero mai messi a fare un picnic a Central Park ci sarebbero state frotte di gente ad importunarli senza remora alcuna, mentre la sua mamma rispondeva a tono che quello era esattamente il motivo per cui amava così tanto vivere in Europa [3]

Quelle erano anche le volte in cui le serate di concludevano sul divano… e Kobik poteva giurare che non esistesse sensazione più paradisiaca di addormentarsi tra le braccia del suo papà, un orecchio premuto contro lo sterno che faceva da cassa armonica al suo russare e la testa di quest'ultimo abbandonata in grembo a Natasha, mentre la donna si rilassava districando lenta le ciocche di capelli arruffate del marito, mormorando a mezza voce una qualche favola su case stregate o mele avvelenate per conciliarle il sonno.

James e Natasha non erano e non saranno mai dei genitori modello… ma erano okay, e a Kobik tanto bastava per sentirsi okay a sua volta. 

 

***

 

Kobik, fino a qualche anno prima, non aveva mai avuto motivo di interrogarsi sul concetto di esistenza… né su quello di vita, morte, coscienza, anima, ragionamento, giusto o sbagliato. 

Solo nell'ultimo paio d'anni aveva imparato che la vita e la morte erano massime relative, delicate tanto quanto l'anima con cui aveva promesso di non giocare mai più, imparando a scindere tra giusto e sbagliato, sperimentando sulla propria pelle che per ogni azione attuata ne corrispondeva una uguale o contraria… e ne aveva esempi a bizzeffe con cadenza quotidiana da quando viveva con James e Natasha. 

Aveva imparato a contare tre rimproveri bonari sul disordine prima di veder volare le cose di James fuori dalla finestra, si era allenata a riconoscere l'ironia nella voce di quest'ultimo garantendogli uno schiaffo o un bacio da parte di Natasha, calcolando quante probabilità c'erano di farli impietosire sfoderando il suo miglior sguardo da cucciolo bastonato quando combinava qualche marachella – con la sua mamma le probabilità che ciò si verificasse erano un numero che rasentava lo zero, il suo papà invece recuperava e doppiava tutte le occasioni scartate Natasha, salvo i casi in cui la piccola rischiava effettivamente di ammazzarsi o di demolire la casa. 

Kobik aveva anche imparato a contare fino a 100 senza perdere cifre per strada… per questo motivo è confusa nel vedere la propria torta di compleanno con ben cinque fiammelle che danzano sugli stoppini delle candeline, gettando ombre scoppiettanti sulla glassa colorata. 

«Sono cinque.» afferma basita sollevando gli occhi cerulei sul fiammifero spento tra le mani di James, contando con le dita ed osservando perplessa il suo mignolo piegato a metà. 

«E quante dovrebbero essere invece?» interviene Natasha seduta al suo fianco con un sorriso furbo che le incurva le labbra, cercando lo sguardo del marito all'altro capo del tavolo. «Dopo il 4 viene il 5, non di nuovo il 4, giusto? Perché se non funziona così voglio degli eterni 36 anni e zero capelli bianchi.»

«Pulce, tutto okay?» chiede James rinunciando allo scherzo gettatogli come esca dalla moglie, abbassando la fotocamera del cellulare preoccupato dalla confusione che le incupisce lo sguardo mentre Kobik raddrizza il mignolo arrivando al cinque, invece di reclinarlo contro il palmo come aveva sempre fatto negli ultimi anni in casa Zemo, aggiustando ufficialmente il proprio orologio biologico fermo che contro ogni previsione le aveva fatto guadagnare in ogni caso qualche centimetro in altezza negli ultimi mesi. 

«Tutto okay.» conferma la piccola aprendosi in un sorriso luminoso, chinandosi in contemplazione delle cinque fiammelle preparandosi a spegnerle gonfiando le guance. 

«Non esprimi un desiderio?» chiede Natasha complice mentre lei nega con un cenno del capo, sporgendosi rapida a posarle un bacio sulla tempia una volta spente le candeline venendo investite entrambe dalla luce del flash, ridendo di gusto al tono fiero di James che afferma di aver appena immortalato il suo nuovo sfondo del cellulare. 

Kobik crede di non aver mai desiderato un finale migliore per la propria favola. 





 

Note:

  1. Trovo sia particolarmente azzeccato fare un riferimento al buon vecchio "Toy Story", soprattutto se partiamo dal presupposto che esso sia la versione Pixar de "il soldatino di stagno" di Andersen. 

  2. Il primo "Muro degli Eroi" é stato inaugurato nel '49 al Triskelion a Washington DC, né è conservata una copia in ogni sede amministrativa dello SHIELD in tutto il Paese. Dato che la sede a Washington è stata demolita (TWS), quella a Manhattan è salita di grado a livello di importanza. A titolo di cronaca il Complesso degli Avengers non è la sede amministrativa, è un distaccamento collaterale, tanto quanto può esserlo il Baxter Building, la X Mansion o il Sanctum Sanctorum a Bleecker Street. 

  3. Spesso si da per scontato il fatto che i supereroi in Terra-616 sono considerabili al pari delle celebrità, ma tale fama – sia positiva che negativa – non è uguale in tutte le zone del mondo. Semplicemente, gli europei si filano di più Capitan Bretagna che Capitan America. 






 

Commento dalla regia:
Se siete arrivati qui presumo intuiate che questo è la fine di un ciclo, ho momentaneamente finito gli argomenti e penso che per un po’ mi prenderò una pausa da progetti così impegnativi (ciò non significa che mi astenga dalla scrittura, infatti al momento sto lavoricchiando a tempo perso su “Cavia n 32557”, nel caso vogliate dare un’occhiata alla mia nuova follia)… in ogni caso, ringrazio chiunque mi ha seguito fino a qui, chi ha aggiunto questa storia alle proprie liste, chi ha lasciato un commento e chi si è limitato a leggere questa storia in silenzio.
Grazie <3

Concludo con una mia illustrazione* (la vera genesi di questo epilogo, nato prima ad inchiostro che a parole).
Un bacio,

_T

 


 

* Potete trovare questo ed altri miei lavori nella mia pagina Instagram (tilde_stuff) e la mia bacheca Pinterest (Tilde_Artwork)

   
 
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