Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Sakkaku    25/05/2020    3 recensioni
Matt Rollins esce di prigione dopo vent'anni. Ricominciare non è facile, ma un'analista gentile pare volerlo aiutare.
«Storia partecipante al contest “Non ci resta che sognare” indetto da Soul_Shine e Sabriel_Little Storm sul forum di EFP»
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spring Rain


 

Matt Rollins ispirò a fondo una boccata d'aria fresca. Dopo vent'anni poteva respirare senza essere circondato da sbarre o da una recinzione. Finalmente non era più in prigione, era tornato ad essere un uomo libero. L'aria era fredda, dopotutto era una mattina di marzo.
La giuria era stata crudele con lui: condannato a vent'anni per aver ucciso un ragazzino di soli dieci anni. Nonostante avesse agito per legittima difesa e il volto del bambino fosse coperto da un passamontagna, non c'era stata clemenza per lui.
Il mondo in prigione era sempre uguale, la monotonia regnava sovrana. All'esterno invece, continuava a girare, a cambiare ed evolversi.
Per Matt quello che vedeva pareva tutto nuovo, gli sembrava che si trovasse in pianeta differente. Le persone stesse gli sembravano degli alieni. Il solo fatto di indossare abiti civili, gli dava una strana sensazione.
La sua nuova vita da uomo libero si annunciava difficile, sotto ogni punto di vista. Doveva trovare un impiego, un appartamento, possibilmente, lontano dai quartieri malfamati, altrimenti correva il rischio di rimanere invischiato in qualche affare losco, senza volerlo realmente. Tutta quella situazione lo faceva diventare ansioso.
Fin da quando era in carcere, aveva iniziato ad essere paranoico, aveva il terrore di essere accoltellato mentre mangiava nella mensa, nelle docce, addirittura che qualcuno si infilasse nella sua cella per sgozzarlo nel sonno.
Ora che camminava sul marciapiede, l'uomo si teneva a debita distanza, sfiorando con un braccio i muri delle strutture, che fossero case o negozi poco importava, tutto per evitare di essere circondato completamente da possibili nemici. Gli spazi ampi lo mettevano a disagio, era abituato da troppi anni a restare in un'area ristretta. Adesso era come se soffrisse di claustrofobia al contrario, ma nello stesso tempo necessitasse di spazio.
Per i primi mesi di libertà avrebbe alloggiato in un centro dove offrivano rifugio ai senzatetto, però si trattava di una sistemazione temporanea, almeno finché non avrebbe avuto abbastanza soldi per mantenersi. All'uomo andava più che bene, dopotutto non possedeva nulla, aveva soltanto una cosa: i vestiti che indossava.
Il carcere gli aveva rilasciato un attestato di buona condotta che affermava che ora era un uomo responsabile, degno di fiducia per lavori di falegnameria, in quanto si era specializzato in quel settore negli ultimi quindici anni. Aveva svolto diversi lavori di ogni tipo: aggiustato piedi di tavoli, assemblato sedie e scaffali, utilizzato la sega circolare per tagliare legno di vario tipo e grandezze, limato mobili con pialla, levigatrice a nastro e levigatrice orbitale, riparato ripiani ed ante di armadi danneggiati ed infine aveva imparato a riconoscere quale pittura fosse adatta per rendere nuovamente lucente e nuovo un legno diventato opaco.
A Rollins interessavano gli insetti, ma non esisteva una professione collegata alla loro tutela. Per questo motivo aveva deciso di specializzarsi nella falegnameria, un lavoro non troppo complicato e che sicuramente gli avrebbe fornito un futuro lavoro.
Una volta raggiunto il centro, firmò un documento ed entrò nella sua stanza. L'uomo faticò ad addormentarsi, troppo abituato al materasso rigido e scricchiolante della brandina della sua cella. Il suo stato mentale era condizionato ed abituato ad essere sempre vigile. Infatti dormì poco e niente, ma ormai non conosceva più il significato di un riposo rilassante.
Matt uscì all'alba, perché voleva godersi i primi raggi del sole sulla pelle, beandosi delle strade deserte. Quanto i vari negozi aprirono, cercò di sorridere e apparire affabile, mentre domandava se per caso fossero alla ricerca di personale. L'unico che non si fece intimorire dal suo passato, gli domandò una certificazione da parte di un'analista di sua conoscenza, che confermasse che non fosse un soggetto pericoloso.
“Ho passato l'inferno in carcere, superare questo sarà una passeggiata in confronto” pensò Rollins fiducioso.
Il dottor Joseph Clark era un uomo tracagnotto sulla sessantina, i capelli corti brizzolati così come la sua barba ben curata. Appena vide il quarantenne nella saletta d'attesa, capì che doveva trattarsi dell'ex detenuto di cui gli aveva parlato l'amico. Matt continuava a guardarsi intorno nervoso, senza smettere di far tremolare la gamba destra.
«Signor Rollins, prego, da questa parte» disse il terapista, facendolo sobbalzare.
L'uomo cercò di calmarsi, annuì e seguì l'analista. La stanza in cui entrò era tappezzata da quadri che raffiguravano laghi, montagne e pontili che conducevano al mare.
«Prima di farla parlare, vorrei che sapesse una cosa» disse Clark «Mi sono informato sulla sua condanna e sono sorpreso che lei non abbia mai tentato di fare ricorso. La pena era decisamente eccessiva.»
Matt lo fissò sbalordito. Aveva pensato a cosa dire per convincere il suo interlocutore a credere che adesso era un uomo migliore ed invece gli stava sbattendo in faccia il suo passato.
“Calmati. Deve essere una prova” si disse respirando lentamente, come gli aveva insegnato il parroco del carcere.
«Forse» ammise l'uomo «Questo non cambia il fatto che ho agito d'impulso e ho tolto la vita ad un bambino.»
«Le dispiace raccontarmi di quel giorno?» domandò l'analista «I dossier sono sempre pieni di aggiunte per ingigantire i fatti. Voglio la sua versione. Mi dica cos'è successo esattamente quel giorno, signor Rollins.»
L'ex detenuto fu preso alla sprovvista da quella richiesta. A parte il parroco del carcere, nessuno gli aveva posto quella domanda. Nemmeno i poliziotti durante l'interrogatorio, loro erano solo interessati alla confessione dell'omicidio, non ai fatti avvenuti precedentemente.
«Se vuole prendersi del tempo, signor Rollins, faccia pure» lo tranquillizzò Clark «Abbiamo tutto il tempo.»
«Veramente» disse titubante Matt «Non so nemmeno quando sarò in grado di pagare la seduta.»
Joseph fissò quell'uomo quarantenne che aveva passato metà della sua vita in carcere. Gli sembrava ingenuo come un ragazzino ventenne.
«Al mio compenso non devi preoccuparti. Quando sarai assunto dal mio amico, svolgerai dei lavori di manutenzione a casa mia. Ecco come mi risarcirai. Per cui non preoccuparti, potremo vederci tutte le volte che sentirai la necessità di parlare.»
Matt annuì. Quel terapista era davvero una brava persona. Alcuni detenuti erano seguiti da psicologi o analisti, ma sembravano solo renderli più pazzi di prima e ottenevano solo farmaci su farmaci. Invece questo dottor Clark, voleva che lui raccontasse la storia dal suo punto di vista. Era sincero e paziente. Lo faceva sentire a suo agio.
«Era il mese di aprile» iniziò a raccontare l'uomo, con voce leggermente tremante. «Era una giornata di sole. Quel giorno non avevo scuola, così ero andato ad aiutare i miei genitori, avevano un piccolo negozio di alimentari. Nel tardo pomeriggio iniziò a piovere. La classica pioggia primaverile. I miei genitori si assentarono per andare a prendere della merce da un fornitore che era rimasto senza furgone. Rimasi da solo, non che fosse un problema, avevamo pochi clienti durante quella fascia oraria. Ero sovrappensiero ed osservavo la pioggia scivolare sul vetro della finestra.»
Matt chiuse gli occhi. Ricordava perfettamente lo scrosciare della pioggia, il campanello del negozio che avvisava l'entrata di un cliente, la figura incappucciata, il luccichio del coltello e poi il rumore assordante dello sparo. Il fischio acuto alle orecchie, il dolore alla spalla per il rinculo. Il sangue. Il corpo immobile sul pavimento. Le piastrelle che da bianche diventavano rosse. La pozza che si espandeva. Il ritorno dei suoi genitori. Le grida isteriche della madre e la voce furiosa del padre che inveiva contro di lui.
«Dalla porta del negozio è entrato qualcuno, era incappucciato ed aveva in mano un coltello» continuò a raccontare l'uomo, dopo aver riaperto gli occhi «Era abbastanza alto, per cui non ho pensato che potesse essere un bambino. Ho agito d'istinto, nemmeno ho ascoltato quello che stava dicendo. Ho perso la pistola nascosta sotto la cassa ed ho sparato. Neanche ho preso la mira, ho solo premuto il grilletto. L'ho centrato in pieno petto. Il ladro è caduto all'indietro, emettendo dei rantoli, credo, non so descriverli. Sono rimasto immobile, non so quanto tempo, a fissare la pozza di sangue sul pavimento che diventava sempre più grande. Le grida dei miei genitori mi hanno riscosso da quello stato di trance in cui ero finito. Se devo essere onesto, il tragitto dal negozio alla centrale, non me la ricordo, non so dirle dottor Clark se mi hanno ammanettato o altro. Ricordo di essere stato messo in una sala interrogatori e di aver aspettato ed aspettato. Mi hanno chiesto se avevo ucciso io quel bambino ed ho detto sì, perché sapevo di aver ucciso qualcuno. Sono stato sciocco. Ho pensato che ammettere subito la mia colpa e definirla legittima difesa mi avrebbe tenuto lontano dal carcere.»
Joseph aveva preso alcuni appunti mentre il paziente raccontava la sua storia. Annotava solo alcune parole chiavi, che gli sarebbero potute tornare utili più avanti.
«Deduco che abbia avuto un avvocato d'ufficio.»
«Cosa glielo fa credere?»
«Se avesse avuto i soldi per pagarsi un avvocato, sono certo che avrebbe lottato per ridurre la pena o perlomeno avrebbe fatto ricorso» spiegò il dottor Clark «Ho visto tanta brava gente come lei, essere giustiziata con una pena troppo alta, a causa degli avvocati d'ufficio, solo perché sono troppo oberati e hanno poco tempo da dedicare ai solo clienti.»
Il cuore di Matt prese il volo, come una mongolfiera dopo che ha gettato la zavorra.
«Quindi lei non mi ritiene colpevole?» chiese balbettando l'ex detenuto.
«L'unica cosa di cui ha colpa, signor Rollins, è che era troppo giovane e spesso a quell'età si è impulsivi. Sono sicuro che lei sia una brava persona, lo dimostra l'impegno con cui sta cercando di ricominciare da capo.»
L'ex detenuto si sentì commosso, gli occhi si riempirono di lacrime, senza che se ne rendesse conto.
«Le firmerò la dichiarazione che le permetterà di lavorare nel negozio di mobili artigianali del mio amico, ad una condizione: una volta a settimana tornerà nel mio studio per aggiornarmi» disse il terapista «Voglio esserle amico, quindi non dovrà rimborsarmi le successive sedute e saranno sempre vincolate dal segreto professionale.»
«La ringrazio molto, davvero. Io» Matt si fermò per deglutire «Io le sono riconoscente, con tutto il mio corpo e la mia anima, dottor Clark.»
«Suvvia, non esageri» sorrise l'analista imbarazzato «Da oggi sarò il suo amico Joseph.»
I due uomini si salutarono con una stretta di mano.
Quando Rollins tornò al centro, si diresse alla mensa, giusto per mettere qualcosa nello stomaco. Un pasto al giorno gli bastava. Terminato di mangiare, andò nella sua stanza, sdraiandosi sul letto. Si mise a fissare il soffitto, ripensando al terapista che aveva incontrato quel giorno.
“Sono stato fortunato” pensò Matt “Per la prima volta sembra che le cose stiano andando per il verso giusto.”
Con quei pensieri si addormentò, dimenticandosi di stare all'erta nel caso qualcuno fosse entrato nella sua stanza.
L'ex detenuto dopo anni, fece un sogno. Al suo risveglio aveva il battito accelerato e il respiro affannato. Le immagini non erano chiare, tutto appariva sfuocato, frammentato, senza un senso.
“Chissà di cosa si trattava” pensò mentre si recava nel bagno comune per lavarsi “Ho sempre dimenticato tutto quello che sognavo.”
Rollins iniziò a lavorare nel negozio Woods Safe. Il suo datore di lavoro era contendo dell'impegno, la precisione e la passione con cui svolgeva i compiti che gli assegnava. Per il momento lo avrebbe fatto lavorare solo nel laboratorio.
«Più avanti potrai stare nel negozio per consigliare i clienti» gli disse il capo.
«Per me va benissimo stare in laboratorio. Sinceramente non saprei dove cominciare per consigliare i clienti» disse Matt, ed era vero.
Nel laboratorio a parte lui, c'erano altri due falegnami, il posto era sempre tranquillo. Il silenzio era interrotto solo dal rumore dei vari attrezzi elettrici, che Rollins trovava rilassante. Ognuno pensava al proprio lavoro, senza iniziare discorsi con gli altri due colleghi. Matt era grato di quell'ambiente. In qualche modo gli ricordava la prigione ed era qualcosa di rassicurante, anche se evitava di dare le spalle ai due colleghi o ad attrezzi potenzialmente mortali.
L'ex detenuto continuava a fare sempre il medesimo sogno, ogni volta non ricordava quale fosse il messaggio nascosto, ma era certo che volesse significare qualcosa.
Le settimane passarono tranquille, finché una mattina di aprile, un incidente stravolse la giornata.
Uno dei due uomini urtò accidentalmente l'altro mentre lavorava con la sega circolare, a causa di ciò, il legno venne tagliato malamente, rendendolo inutilizzabile.
«Ehi! L'hai fatto apposta, vero?»
«No, mi dispiace» si scusò Ned.
Rollins continuò il suo lavoro, ignorandoli. Preferiva farsi i fatti suoi, piuttosto che immischiarsi in un litigio fra colleghi.
«Questa me la paghi, bastardo!» sbraitò l'uomo afferrando la pistola sparachiodi a batteria.
«Cosa pensi di fare con quella, Jimmy? Abbassala! Mi prenderò la colpa se pensi che il capo ti detrarrà qualcosa dallo stipendio.» disse Ned cercando di calmarlo «Diglielo anche tu, Matt.»
Sentendosi preso in causa, l'ex detenuto alzò lo sguardo e ciò che vide lo paralizzò.
Jimmy accesa la pistola sparachiodi e colpì l'occhio destro e la gola di Ned. L'uomo cadde a terra gridando in preda al dolore e all'agonia, allungò una mano in cerca di aiuto da parte di Matt, ma l'ex detenuto fissava con occhi sbarrati il sangue che gli colava dal collo, spostando di tanto in tanto lo sguardo all'occhio ferito del collega che si era gonfiato e sia iride che sclera si erano tinti di rosso.
Nella sua mente riapparve il bambino a cui aveva sparato. Rimase immobile sotto shock.
Il supervisore entrò nel laboratorio, le grida avevano attirato la sua attenzione. Immediatamente chiamò i soccorsi, disarmando Jimmy, che sogghignava compiaciuto del suo gesto.
Rollins si affacciò all'uscio del laboratorio, quando sia Jimmy sia Ned furono portati via, uno in centrale e l'altro all'ospedale. La pioggia scendeva a dirotto, esattamente come quel giorno di venti anni prima.
“La pioggia primaverile” pensò con un senso di disagio “È la seconda volta che fai compiere una pazzia alla gente. Chissà cosa nascondi.”
Matt chiese al suo capo il permesso di utilizzare il telefono del negozio per chiamare il dottor Clark. Quando l'analista gli rispose, senza troppi giri di parole gli disse che aveva bisogno di parlargli quel giorno stesso e se aveva del tempo per una seduta d'emergenza. Joseph gli rispose di presentarsi una mezz'ora dopo, perché in quel momento era in seduta con un paziente.
Appena vide il volto pallido di Rollins e il modo in cui si torturava le mani, il dottor Clark capì che doveva essere successo qualcosa che l'aveva turbato nel profondo. Nelle ultime settimane gli era sembrato sereno e stava facendo dei progressi in merito alla sua paranoia di essere ucciso da ogni sconosciuto che camminava per strada.
«Raccontami cos'è successo» lo esortò Joseph, dopo averlo fatto accomodare sul divano.
Matt gli disse tutto: dai sogni strani e senza senso che ricordava a frammenti, che nelle ultime notti lo tormentavano, fino ad arrivare all'incidente avvenuto un'ora prima.
«A volte il nostro subconscio ci manda dei messaggi mentre dormiamo che potrebbero rivelarsi utili» spiegò il dottor Clark «Se vuoi posso aiutarti a comprenderlo. Devi solo avere una mentalità aperta, perché quello che ti proporrò per avere successo come trattamento, lo richiede.»
«Facciamolo» disse senza esitazioni Matt.
Si fidava di Joseph e non gli servivano altre informazioni. Voleva scoprire cosa significava quel sogno, forse, se avesse scoperto il messaggio nascosto, avrebbe smesso di tormentarlo la notte.
«Molto bene» annuì il terapista «Sdraiati, mettiti un cuscino sulla pancia e chiudi gli occhi.»
Clark si alzò, si avvicinò alla scrivanie ed estrasse un pendolo dal cassetto. Mentre accendeva il bollitore sorrideva soddisfatto, con calma prese una tazza e le bustine di infuso, che preparava personalmente. Quando il bollitore finì di riscaldare l'acqua, la versò all'interno della tazza, dopodiché si avvicinò a Rollins e tornando serio riprese a spiegare.
«Adesso apri gli occhi, mettiti seduto e bevi questo.»
«Ha un gusto tremendo» si lamentò Matt.
«Hai ragione! Mi sono dimenticato di metterti il miele, aiuta a coprire il gusto amaro» il terapista si alzò per prenderlo e versarlo nella tazza.
«Che cosa sto bevendo?»
«È un infuso di peyote. Ti aiuterà a rilassarti e liberare la mente» spiegò il dottor Clark.
Quando Rollins finì di bere la tisana offerta da Joseph, si sdraiò di nuovo.
«Adesso fissa attentamente il pendolo. Amplia la mente, svuotala, pensa solo a seguire il movimento» lo istruì il dottor Clark.
Matt stava per affermare che non credeva a quelle scemenze, ma si trattenne. Joseph voleva solo aiutarlo e come minimo doveva seguire le sue istruzioni. Nonostante tutto, si ritrovò a sentire veramente le palpebre pesanti e stanche. Prima che lo realizzasse, si addormentò. La sua mente era come una tempesta. Varie ondate di ricordi lo investirono: quando era in carcere, del corpo esanime del bambino, del sangue, dello scrosciare della pioggia che aumentava come la pozza di liquido rosso sul pavimento.
Matt iniziò a respirare affannosamente.
«Calmati. Sei in un posto sicuro» lo tranquillizzò il dottor Clark «Ora concentrati.»
La voce calma di Joseph lo raggiunse, seguendo il suo consiglio, l'ex detenuto ripresa a respirare regolarmente.
«Molto bene. Ora ripensa al tuo sogno ricorrente. Concentrati. Dimmi quello che vedi, senti o percepisci» Clark teneva in grembo il suo quaderno, mentre teneva la penna a pochi millimetri dal foglio, pronto a scrivere i dettagli importanti.
“Forse è la volta buona che riesco a trovare lo spunto per scrivere sulla psiche dei criminali” pensò “Ho preso la decisione giusta, quando ho detto a Jimmy di agire in maniera violenta appena ne avrebbe avuto l'occasione.”
Rollins corrugò la fronte, per concentrarsi e seguire le indicazioni del terapista. Un'onda nera lo travolse, subito dopo, una luce abbagliante lo colpì. Ed ecco apparire il sogno.
Era lui seduto a un tavolo. Titubante si avvicinò.
«Cosa vedi?»
La voce di Joseph pareva uscire da un altoparlante e rimbombava intorno a lui. L'ex detenuto rispose alla domanda, sebbene dubitasse che l'altro potesse udire le sue parole.
«Sono seduto a un tavolo.»
«Avvicinati. Tranquillo non succederà nulla.»
«Sto scrivendo» esclamò sorpreso Matt.
«Cosa? Cerca di capire. Leggi» il tono di Clark pareva impaziente.
«Una lettera. A me stesso» lo stupore lo lasciò senza parole.
Voleva sapere di più, ma il rumore di un battito di mani, lo riportò sul divano.
«Abbiamo scoperto che il tuo subconscio voleva avvisarti del trauma che avresti vissuto oggi» iniziò a spiegargli Joseph, prima che l'uomo potesse rivolgergli alcuna domanda. «Hai acquisito come un sesto senso durante questi anni che hai passato in carcere.»
«Come lo sai? Non mi hai lasciato il tempo di leggere quello che stavo scrivendo.»
Il dottor Clark lo guardò come se fosse sul punto di riprenderlo, come fa un insegnante con un alunno rumoroso.
«Ho letto vari libri sui messaggi nascosti dietro i sogni.»
«Di preciso cosa significa?»
«Generalmente il scrivere una lettera, rappresenta che il soggetto debba mantenere la calma e la lucidità, perché dovrà affrontare degli imprevisti» gli spiegò il terapista.
«Ho fallito» balbettò Matt «Sapevo che sarebbe successo qualcosa e non l'ho impedito. Avevo l'opportunità di redimermi.»
“Cielo, quanto sei ingenuo” pensò Joseph scuotendo la testa “Forse non dovrei lamentarmi, questo gioca a mio favore, dopotutto.”
«Questo evento deve averti turbato. Domani passa di nuovo nel mio studio, così potrai raccontarmi come hai passato la notte e se hai avuto altri sogni. Ma» fece una pausa «Ricordati di mantenere la calma e non dubitare di te. Il tuo collega starà bene.»
Rollins annuì, credeva che difficilmente sarebbe riuscito a redimersi, ecco quello che pensava. Una cosa non l'aveva rivelata. Era riuscito a leggere una frase: non essere stupido come prima di finire in prigione. Voleva riflettere sul suo significato prima di parlarne con il dottor Clark. In fondo era un messaggio del suo subconscio, quindi sarebbe riuscito a capirlo da solo, no?
Quando tornò al centro, gli riferirono che il giorno successivo non avrebbe lavorato, perché il negozio sarebbe rimasto chiuso. Matt si sentiva accaldato, come se avesse la febbre e avvertiva un senso di vertigini, ma non ci badò. Entrò nella sua stanza, saltando il pasto, si buttò nel letto e si addormentò. Il sogno tornò puntuale a fargli visita. L'ex carcerato tentò di avvicinarsi e scoprire di più su quella lettera, però i suoi piedi erano come inchiodati al pavimento. Il panico prese il controllo. Matt aveva la sensazione di essere di nuovo imprigionato, circondato da pericoli nascosti dietro ogni fessura. Si svegliò a notte fonda, il sudore gli ricopriva la fronte, scendendogli dal naso e dalle tempie, fino a raggiungere il collo. Rollins si sentiva appiccicoso, così decise di darsi una ripulita, alzandosi per raggiungere il bagno comune. Aprì l'acqua fredda e se la gettò in faccia, con lo scopo di allontanare ciò che lo stava opprimendo. Fissò il proprio riflesso nello specchio: gli occhi erano circondati da cerchi scuri, le guance erano scavate e si vedeva chiaramente che era prossimo ad essere un uomo stempiato. Un rumore lo fece sobbalzare. Si guardò intorno nervoso, senza trovare un'arma che potesse aiutarlo a difendersi. Il suo cuore batteva talmente forte nel petto, che Matt temette potesse esplodere. La porta si aprì e lui trattenne il respiro, stringendo il bordo del lavandino, per avere un appiglio e non lasciarsi cadere a terra dal panico. Espirò tutta l'aria che aveva trattenuto quando riconobbe l'orfano dodicenne, il barbone più piccolo che frequentava regolarmente il centro.
“Stavo per compiere un'altra volta lo stesso errore. Devo mantenere la calma e pensare con lucidità, come mi ha detto Joseph. Forse dovrei affidarmi a lui e chiedergli direttamente un aiuto. L'evento che ho vissuto nel laboratorio mi sta rendendo paranoico e se voglio avere una vita normale, devo riuscire a superare tutto questo.”
Rollins si era convinto di ciò, così rimase sveglio a fissare il soffitto per tutto il resto della notte. Quando arrivò la responsabile della mattina, le chiese il permesso di utilizzare il telefono e chiamò il dottor Clark, per fortuna aveva il suo biglietto da visita. Il terapista udendo la sua voce bisognosa, gli disse di presentarsi subito nel suo studio, perché era libero. In realtà, dopo aver appeso la telefonata con Matt, si affrettò a chiamare i suoi appuntamenti della mattina, fortunatamente erano solo due, per spostarli al giorno successivo. Era il momento di agire, altrimenti Rollins avrebbe capito da solo il messaggio del sogno e lui non poteva permetterlo. Doveva anticipare i tempi e testare quanto fosse manipolabile la mente di un ex galeotto. Quando Matt raggiunse lo studio del dottor Clark, aveva il fiatone e la certezza che qualcuno lo avesse seguito.
«Stai tranquillo» lo rassicurò il terapista «Stai alzando le tue barriere di difesa per salvaguardarti, è normale. Questo è un luogo sicuro. Controlla il respiro e stringi sul grembo un cuscino.»
Rollins seguì il consiglio di Joseph e regolò la propria respirazione, finché non ritornò a inspirare ed espirare normalmente.
«Ora, dimmi: sei riuscito a dormire?»
Matt gli raccontò quanto era accaduto nel corso della notte, del sogno che era tornato e di quello che avrebbe fatto nel bagno comune se avesse trovato un'arma.
«Lo avrei ucciso» la voce di Rollins era spezzata.
«Non è successo. Consideralo come un passo avanti, devi essere fiero di te» si complimentò con lui Clark.
«Sai, quando mi sono reso conto che stavo ancora sognando la stessa cosa di nuovo, ho provato ad avvicinarmi, ma senza successo.»
«È complicato avere un sogno lucido. Ieri ci sei riuscito solo grazie all'infuso che ti ho fatto bere prima e alla situazione di calma che ti circondava. Altrimenti ci vogliono molti anni di pratica per riuscirci.»
«Facciamolo di nuovo. Devo scoprire quello che mi sta succedendo!» disse Matt «Quella frase da sola non ha alcun senso!»
«Quale frase?» chiese il terapista con un tono che poteva sembrare preoccupato.
«Mi dispiace di avertelo tenuto nascosto, Joseph. Ero sicuro di riuscire a risolvere l'enigma da solo» l'ex detenuto era mortificato.
Il dottor Clark mantenne uno sguardo impassibile, mentre il paziente gli riferiva quanto aveva letto.
«Sono sicuro che se dovessi provare a leggere di nuovo quello che scrivi nella lettera, leggeresti un'altra frase. Le parole nei sogni continuano a mutare, ad ogni battito di ciglia. Non sono mai le stesse, quindi non sono affidabili» gli spiegò Joseph «Inoltre, purtroppo, non posso darti un ulteriore infuso di peyote, potrebbe rivelarsi pericoloso.»
Il terapista doveva evitare che il subconscio comunicasse con il suo paziente. Si stava pentendo di quanto gli aveva rivelato il giorno precedente. Svelare il significato nascosto dietro il sogno, si era mostrata una mossa sbagliata.
«Posso aiutarti ad alleggerire la tensione» si offrì il dottor Clark.
In realtà voleva solo annebbiare la sua percezione e vedere se sarebbe riuscito a renderlo più instabile. Il fattore scatenante sarebbe stata la pioggia, erano ancora nel mese di aprile e, quelle due cose assieme, erano un cocktail perfetto per far scoppiare la sua paranoia. Nonostante l'avvertimento del suo subconscio, non sarebbe mai riuscito a mantenere la calma e superare ciò che aveva in mente per lui. Joseph offrì una bevanda rinfrescante all'ex detenuto, prima di prendere il pendolo.
Il pensiero di imprevisti fuori dal suo controllo, mandava in tilt i suoi neuroni. Doveva capire. Doveva allontanarsi da tutto quel casino che gli sarebbe piombato addosso da un momento all'altro.
«Forse è il lavoro al laboratorio nel negozio di mobili. L'incidente è stato un segnale che quella non è la mia vita. Forse devo andarmene da questa città.»
Matt pensava di riflettere, ma in realtà esponeva tutto ad alta voce. Il dottor Clark aveva messo delle gocce di peyote nella coca cola e Rollins non se n'era accorto.
“I tuoi sensi sviluppati hanno capito che sono un predatore e vuole avvisarti. Peccato per loro che sono bravo a spostare l'attenzione altrove, su cose futili, sarò io a vincere questa battaglia” pensò Joseph.
«Il fatto che ieri è capitato un incidente ed oggi il negozio è chiuso, è un imprevisto. Se ti fai vedere dal titolare calmo, vedrai che l'imprevisto passerà» sussurrò il terapista «Ora concentrati solo sul suono della mia voce. Dimentica tutto il resto. Il passato, il presente e persino il futuro.»
Matt si fidò, zittendo il suo istinto che gli suggeriva di credere in se stesso, doveva farlo se voleva vivere come una persona normale.
Clark capì dalla respirazione che il paziente era pronto. Per essere sicuro, controllò il battito dal collo. Pareva inesistente talmente era flebile, per cui era il momento di agire. A quel punto prese il cellulare e accese la registrazione della pioggia.
«Concentrati su questo suono.»
«No, non voglio. È lo stesso suono del sangue... fallo smettere...» lo supplicò Rollins, nonostante avesse gli occhi chiusi, delle lacrime colarono verso le tempie.
«Se vuoi farlo smettere, devi seguire le mie istruzioni.»
«La ascolto, dottore» il suo tono era succube.
«Durante la prossima pioggia, vedrai un insetto in difficoltà. Devi solo raggiungerlo per prenderlo e salvarlo dalle macchine, prima che lo uccidano. A quel punto vedrai che la pioggia smetterà.»
Quella frase venne assorbita dalla mente di Matt. A quel punto la terapia terminò e quanto l'ex detenuto aprì gli occhi, si sentì leggero.
«Ho la sensazione di essere libero da ogni preoccupazione.»
«Sono felice di sentirtelo dire» sorrise il dottor Clark «Per sicurezza, vorrei vederti una volta alla settimana, nel caso sia necessario ripetere la terapia.»
«Assolutamente» acconsentì Rollins.
Le settimane passarono, il mese di aprile giunse al termine. Il lavoro al laboratorio di falegnameria continuava a gonfie vele e nessun sogno aveva più disturbato le notti di Matt. Un pomeriggio il superiore gli chiese di andare a ritirare delle assi di legno dal loro fornitore.
«Il furgone è già nel loro magazzino, perché vogliono caricare personalmente il materiale sul veicolo, per evitare che si danneggi.»
Queste furono le indicazioni del suo capo. Era un compito facile che aveva già svolto altre volte. A metà strada, Rollins si accorse che il cielo stava iniziando ad essere coperto da nuvoloni grigi.
“Spero di arrivare prima della pioggia, sono senza ombrello e vorrei evitare di guidare con i piedi bagnati” pensò l'ex detenuto, continuando a camminare tranquillamente.
Proprio mentre era fermo al semaforo, in attesa del verde, iniziò a piovere a dirotto. Un bambino gli andò addosso, si scusò e si allontanò correndo. A quel punto, qualcosa nella sua mente si risvegliò. Pioggia. Sangue. Delle parole risuonarono come un eco.
Durante la prossima pioggia, vedrai un insetto in difficoltà. Devi solo raggiungerlo per prenderlo e salvarlo dalle macchine, prima che lo uccidano. A quel punto vedrai che la pioggia smetterà.
In quel momento si accorse di una cavalletta verde, grande quanto il palmo della sua mano, in mezzo alla strada. Senza esitare la raggiunse, si abbassò e la prese in mano, nel tentativo di salvarla. L'insetto parve non gradire e lo morse. Matt lasciò andare la cavalletta, osservando stupito il sangue che usciva dal dito. Gli occhi si sbarrarono e un flash di se stesso che scriveva gli apparve chiaro.
“Cos'è reale? Il sogno o le parole che dicono che con questa pioggia tutto smetterà?” pensò l'ex detenuto confuso “No, è tutto un sogno.”
Il rumore di un clacson lo riportò alla realtà.
“Perché sono in mezzo alla strada? Devo tornare sul marciapiede.”
Mentre si avviava, lo raggiunse di nuovo il suono del clacson, perché si stava muovendo troppo lentamente. Il selciato bagnato fece scivolare le gomme della macchina che, nonostante il guidatore stesse frenando con tutte le sue forze, non impedì l'impatto. Rollins venne investito in pieno, picchiando la testa sulla strada.
“Dovevo fidarmi del mio intuito. Continuare a fare affidamento solo su me stesso. Sono stato uno sciocco, esattamente come diceva la lettera del mio sogno. Ho perso la calma per una sciocchezza e mi sono fidato della persona sbagliata. Ora sono qui, sotto una pioggia primaverile, mentre respiro per l'ultima volta. Sembra quasi uno scherzo del destino.”
Dopo quel pensiero, tutto svanì. I suoni intorno a lui, le grida, il traffico bloccato a causa di un corpo in mezzo alla strada, la pioggia, il sangue che fuoriusciva dalla sua testa e macchiava il cemento.
Il dottor Clark osservò la scena dal bar, mentre sorseggiava un cappuccino. Prese nota di come gli eventi si erano verificati.
Aveva ricevuto la chiamata dall'amico che lo avvisava che Matt avrebbe ritardato la sua seduta settimanale, perché doveva prima ritirare del materiale. Joseph conosceva la strada, inoltre sapeva che presto avrebbe iniziato a piovere, quindi era il momento della verità. Aveva pagato un ragazzino per lasciar cadere una cavalletta in mezzo alla strada, doveva liberarla dal vasetto solo quando avrebbe visto l'uomo raffigurato nella foto che gli aveva mostrato.
“Eccellente” pensò soddisfatto il dottor Clark “Il subconscio non può battere il pendolo, è affascinante. Devo trovare altri soggetti per confermare questa tesi.”







NdA:
Buona sera a tutti, eccomi a pubblicare il testo che partecipa al contest “Non ci resta che sognare” indetto da Soul_Shine e Sabriel_Little Storm sul forum di EFP.
Spero solo di essere riuscita a sviluppare al meglio il prompt, non soltanto in maniera marginale. Dopotutto s
ono brava a incasinarmi da sola, infatti a un certo punto mi sono bloccata, ma sono riuscita a concludere la storia. Sinceramente pensavo che il testo sarebbe stato più corto e invece, una volta iniziato a scrivere non mi sarei più fermata. Quindi ringrazio le creatrice di questo contest per essere state così generose con il numero di parole xD
Ho cercato di rendere gli eventi più reali possibili, quindi mi sono documentata per rendere le descrizioni non esagerate.
Per questo motivo, ecco a voi delle piccole note che potrebbero interessarvi (o forse no):

- Gli attrezzi nominati inizialmente esistono realmente e sono veramente utilizzati per la lavorazione del legno. Ho preferito specificarlo, anche se forse li avete già sentiti nominare o forse li avete addirittura utilizzati.
- La Peyote è una pianta che appartiene alla famiglia dei cactus. Viene usato spesso come per pratiche tipo la meditazione, la psiconautica, onironautica e psicoterapia psichedelica. Può anche essere utilizzato come allucinogeno ricreativo. A parte allucinazioni visive e uditorie, può causare febbre, nausea, vertigini, torpore, brividi, sudore, tensioni muscolari e altro ancora. Lo stato percettivo può manifestare anche panico, ansia e paranoia. Queste sono le informazioni che ho trovato curiosando su google e che ho utilizzato nella storia.
- Per quanto riguarda il sogno lucido, è quando un sognatore è consapevole di essere in un sogno, quindi di stare in realtà dormendo, ed ha la capacità di muoversi con piena coscienza dentro il sogno, esplorando ciò che lo circonda, arrivando addirittura a modificarlo come desidera.
- Oh, un'ultima cosa, forse è irrilevante, ma lo scrivo lo stesso: le cavallette verdi mordono davvero! L'anno scorso ne era entrata una in ufficio e le mie colleghe erano spaventate, così l'ho presa in mano per poterla portare fuori e quella simpatica cavalletta mi ha morso un dito come ringraziamento. Nella storia ho esagerato, in realtà non mordono fino a farti sanguinare, almeno credo xD

D'accordo, mi pare di aver detto tutto, perdonate il papiro, sono sicuramente le note più lunghe che ho scritto finora. Spero che la storia sia stata di vostro gradimento ! ^^

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Sakkaku