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Autore: Aliasor    26/05/2020    0 recensioni
Dal capitolo 7: "Ogni tanto non è male farsi alzare l’autostima da un amico. Tempo però, all'improvviso, smise di sorridere allegro per mostrare qualcosa di simile a un’aria di nostalgia ed amarezza.
Come a ricordare qualcosa che non voleva rivangare, come a riaprire una porta che voleva tenere chiusa con centinaia di lucchetti e catene.
- L’amore se dovessi trovarlo… scappa lontano. Ti pugnala al cuore e le cicatrici continuano a sanguinare… no, lascia perdere. Se trovi l’amore seguilo.-"
Breve comprensione della vita, della morte e dell'amore di alcuni individui che non possono essere definiti "esseri umani normali". Angeli, Divinità, Coboldi, Homo Sapiens, "l'Uomo Nero e la sua allegra famiglia non tanto allegra" e qualunque cosa presentino i Mondi. Il lieto fine non è sempre contemplato. Per noi è storia, per loro realtà.
Originariamente pubblicati sul mio blog.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ogni sua giornata iniziava sempre allo stesso modo.
Aspettava che il sole illuminasse la finestra della sua stanza che lasciava sempre, anche durante le tempeste, con la persiana aperta.
Scendeva dal letto, faceva una leggera colazione a base di pane e marmellata, indossava il suo piccolo abito più elegante e iniziava  cantare con gli uccelli e i cagnolini… e tutta quella merda che si trovava nei film.
Sì, certo. Come no.
La sua giornata iniziava sempre allo stesso modo, con l’infermiere, bardato di tutto punto, che lo aiutava a salire sulla sedia a rotelle.
Aiutarlo forse era una parola forte, lo costringeva era più corretto.
Da quando era stato ricoverato (leggasi rinchiuso) in manicomio sotto richiesta (leggasi ordine e minacce) di suo cugino Cedric non poteva camminare o parlare senza l’ausilio di un macchinario elettrico.
Causa di forza maggiore dicevano.
La sua colazione consisteva in una bella flebo in vena con tutti i nutrimenti necessari: vitamine A, B, C, D e anche X, Y e Z. insieme a una bella dose di medicine che dovevano renderlo un bravo bimbo.
Se avesse avuto la bocca libera avrebbe strappato una o due dita al medico e le avrebbe ingoiateNon gli piaceva il sapore, era per la pura soddisfazione.
Per lui quelle pilloline magiche erano semplicemente caramelle dal dubbio sapore, non esistevano medicine.
Lui non era pazzo, lui era sano. Sano a modo suo.
Le sue giornate prima di finire nella casa dei matti continuavano sempre in modo diverso. Alle volte si fermava in un’allegra fattoria dove poteva sventrare gli animaletti e i fattori, altre in una taverna dove spaccava e accoltellava con una bottiglia rotta qualcuno.
Sapete era certo di aver inventato il tormentone “spacco bottilia, ecc.” e che qualche sopravvissuto lo avesse fatto suo. Sopravvissuto, quella parola gli faceva sempre strano. Non ne lasciava mai.
Adesso invece passava le giornate ad osservare gli idioti sotto farmaci giocare a carte. Oddio, più che giocare buttavano carte a caso.
Si annoiò a vedere il vecchio Phil, come lui lo chiamava, sbattere la testa contro il muro già al terzo giorno. Se non aveva uno “scopo” per lui non aveva senso che qualcuno soffrisse. Lo “scopo”, per amor di cronaca, era il divertimento.
Non c’è nulla di divertente in uno che non si accorge di tale sofferenza.
Era solo triste e patetico.
Roteò l’unico occhio violaceo libero.
Uno dei pochi passatempi che gli erano rimasti era isolare sé stesso nella sua Doll’s House, la sua casa dei giochi immaginaria.
Più di una volta aveva pensato di portarsi dietro un paio di medici ed infermieri per giocare con loro. Tipo mettendone qualcuno in una Vergine di Norimberga, strappargli una dopo l’altra le unghie, cose da nulla.
E invece doveva restare lì ad attendere ad aspettare.
Una volta al mese riceveva le visite di Cedric.
L’ultima volta si erano messi a discutere, spesso gli rivelava dei segretucci sulla loro famiglia. L’ultimo è stata la sua teoria genetica dei geni dominati auto-preservativi e la loro discendenza da Mordred, cavaliere di Re Artù.
Certe volte se le inventava, passava molto tempo a pensare come ingannare il cugino.
E passava molto tempo della sua giornata a pensare come torturarlo. Con lui avrebbe fatto un capolavoro,  faceva un sacco di progetti.
Poteva impiccarlo, bruciarlo, decapitarlo, avvelenarlo, fare dei mobili con le sue ossa e giocare a calcio con il suo cranio.
Ah, quanto amava suo cugino.
Voleva farlo con tutti i membri del Gran Galà. Co quel muscoloso biondo a cui aveva strappato l’intestino e quell’angelo che usava i fiori. Ma non con quel tipo argenteo.
Quello non voleva trovarselo come nemico. Era uno di quelli peggiori anche di lui.
Lui passava le sue giornata a mostrare ciò che era la sua natura, la sua verità sull’umanità.
Argento invece passava le sue giornate a mentire, a contenersi. Non mostrava nemmeno un briciolo del male degli uomini, era noioso.
Noioso per l’uomo che torturò un dio.
Verso sera usciva dalla sua “scatola” commentando, tra sé e sé, che preferiva non sapere quando svuotavano la busta con i suoi escrementi, si faceva l’ultima dose di flebo e con un sorriso pensava alla divertente giornata che sarebbe venuta l’indomani.









Questo è solo un extra da non considerare realmente canonico e scritto per gioco, non mi ci sono impegnato troppo.
Vi lascio un paio di link se volete approfondire la storia.

 

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