Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: Rosiephel    26/05/2020    0 recensioni
Nonostante fosse primavera inoltrata e la neve avesse lasciato il posto al calore tiepido del sole, le nostre rose, che coloravano le pareti del balcone e profumavano le stanze di soavi ricordi, si lasciarono andare in un pianto sordo e melanconico.

[ Girls Love ]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

girls love ; angst ; tematiche delicate ; missing moments ; slice of life









0








Nella solitudine di un’alba, quando ancora le nuvole erano tinte di rossori violacei e da timide pennellate argentate, Mi-Lee alzò lo sguardo oltre la leggera condensa che esalava il prato scrutando la battaglia cromatica del cielo con espressione inspiegabilmente malinconica del tutto estranea alla sua solita freddezza.

Stormi di uccelli bianchi nuotavano tra i batuffoli d'aria come splendidi delfini che cavalcano le onde sotto un cielo sereno, come quello, mentre raggi dorati imperlavano il loro lucido manto opaco di calore. L'odore di rose era intensamente penetrato dentro le membra intorpidite di Mi-Lee, al punto da vibrare sotto la pelle e, in qualche modo, fece rilassare le sue spalle rigide come una carezza sulla gota arrossata.

La giovane sussurrò un sospiro stanco, un piccolo ansito trattenuto tra le labbra mentre fra le dita la cenere della sigaretta le solleticava l'epidermide ed aggrappandosi alle colline delle ginocchia fissò assorta un punto lontano posato leggiadramente sull'orizzonte, appena nascosto tra il bianco del crepuscolo e l’arancio del giorno. Ogni cosa sembrava aver perso la magica sottigliezza che era solita inondare la sua pelle di catarsi mostrando il viso di una rosa completamente atona ed incolore, come se il mondo fosse appassito da un giorno all’altro.

Mi-Lee si accigliò, scosse il capo posato su un asse del roseto e vedendo scomparire anche l’ultimo sussurro della notte decise di tornare a casa. Barcollò dolorante aggrappandosi istintivamente al poroso asse che si piegava in un arco sopra al suo capo come un ponte celeste composto di spine. Accidentalmente sfiorò lo stelo di una Summertime[1] e la scaltrezza di una spina le ferì il dito indice.

Le sue labbra si piegarono in un sorriso nostalgico ripensando alla persona a cui aveva dedicato quel dorato e rigoglioso roveto di tristezza: sussurrò il suo nome debolmente, con un sospiro appena levigato dal bacio di un angelo, e cadendo su un passato lontano il viso contratto dal dolore di Xia-Yu la lasciò, per un istante, ferita come se quella rosa le avesse ricordato il male recatole dalla ragazza.

Rimembrava perfettamente quelle labbra appena inarcate in un sorriso troppo triste per il suo viso infantile, il piccolo ricciolo all'angolo della bocca e quella timida fossetta che si nascondeva dietro ad intensi occhi color ambra, profondi e liquidi in cui Mi-Lee, a volte, si era immersa per perdersi nell'oblio. Ricordava ogni cosa di Xia-Yu come l'aria che respirava ed il sangue che ora gocciolava dal suo indice scarlatto.

Mi-Lee si abbassò per sfiorare con le dita affusolate la corolla ocra ramato del fiore, accarezzò con il pollice il petalo inchinato all'esterno sfumando in un giallo canarino delizioso, si morse il labbro inferiore ed inebriandosi del suo tenue profumo sospirò.





Mi-Lee amava le rose: la varietà di colori intensi, levigati; le corolle danzanti vellutate da petali morbidi come aggraziate ballerine in tulle panna in un arabesque, poi in un'elegante pas de chat per volteggiare in una fouetté en tournant; tessuti profumati e timidamente aggrovigliati alla compagna. Le rose, però, mascherano la propria perversa natura dietro un labirinto di spine velenose che deturpano il candore e violentano la giovinezza come se volessero proteggersi dall'esterno per rimanere pure ed immacolate dalla decadenza del mondo.

Dietro la loro maschera oscura si nasconde un piccolo bocciolo tanto fragile quanto bello di vicissitudini sfumate e di danze rinascimentali troppo labili e mai raccontate davanti ad un fuoco di vita. Mi-Lee amava le rose perché ogni giorno le ricordavano quanto potesse essere maligna e caduca la vita delle persone che sfioravano il suo animo innocente e fragile, per poi andarsene via lasciandole soltanto una pungente, dolorosa e sanguinante memoria.

Le rose erano le memorie di persone che l'avevano abbandonata, che avevano spezzato il suo cuore martoriato in mille pezzi e lo avevano violentato anno dopo anno ma a cui, eppure, Mi-Lee non era mai riuscita dire addio poiché la giovane era, in fondo, come una bambina a cui avevano strappato i genitori e l'avevano abbandonata sul ciglio della strada: le persone l'accoglievano e poi la rigettavano, ma quel piccolo fuoco di felicità era l'unica cosa che ancora riusciva a trattenerla alla vita.





Mi-Lee non ricordava da quanto tempo fosse rimasto tra il gelo estivo ed il calore invernale che arieggiavano in quell’angolo di roseto che si innalzava tra le siepi del suo giardino: aveva la testa annebbiata dalla leggera foschia del mattino e la bocca aveva lo stesso sapore del sonno, della veglia e di nicotina alla fragola.

Mi-Lee si morse il labbro cercando di lenire il pulsare frenetico del cuore mentre arrancava nel rimembrare il motivo di quell’attesa: nulla bussò alla porta del suo cervello e lasciandola basita e tristemente devastata sgusciò dal rigoglioso roseto come fosse una creatura evanescente e fatata, dalle assenti impalpabili ali che sgusciavano dalla sua schiena ossuta.

Salì un gradino alla volta ascoltando il cigolio delle tavole di legno che sorreggevano il suo corpo mentre attraversava il portico di casa, girò la maniglia indietreggiando, chiuse la porta dietro di sé pervasa da un intenso profumo familiare e sfilandosi placidamente le scarpe, le ripose nei piccoli scomparti in legno che fiancheggiavano il lato orientale dell’uscio.

Il suo sguardo si posò distrattamente sui talloni logori e consumati di un paio di sneakers bianche riposte meticolosamente tra le decine di calzature all'ingresso. Una nuvola evanescente appena sospirata scivolò dalla sua bocca e mordendosi il labbro inferiore, si allontanò con passo veloce verso il suo studio.

L’odore di tempera travolse i suoi sensi non appena si formò uno spiraglio tra lo stipite della porta e l’asse che sorreggeva l’architrave dell’uscio: la carta da parati color panna, sontuosamente macchiata di fiori autunnali, si distese lungo le quattro mura dello studio facendo sbocciare qua e là i petali di tele incompiute che Mi-Lee aveva volutamente sparso per la stanza in preda ad un attacco di disorganizzazione.

Tra tutti i quadri che coloravano il lattescente alone delle pareti, lo sguardo di Mi-Lee si posò immediatamente sul pesante velo bianco che respirava al centro dello studio denigrando gli altri capolavori appesi con la stessa aria di sufficienza che lei regalava spudoratamente all'umanità. Chiuse la porta dietro di sé memorizzando i suoni del legno cigolante contro la sua schiena e sedendosi a peso morto sullo sgabello riposto davanti alla stoffa immacolata, rizzò la schiena e con un movimento leggiadro fece scivolare il tessuto svolazzante dietro di sé scoprendo, tra le pennellate rudi e delicate del suo tratto, i lineamenti sinuosi e le morbide indistinte curve di un viso quasi perduto.

Mi-Lee osservò attentamente il volto ansimando inconsciamente su due linee rosse che pulsavano di calore nel rosa antico di un pallore evanescente ed assottigliando gli occhi scavò nel profondo del proprio animo in cerca della sua musa. Allungò una mano scoprendo un lembo di polso niveo precedentemente nascosto da maniche bianco cadavere ed accarezzando con le dita il mazzo di aculei d’istrice contenuti in uno scabro barattolo in legno scuro chiuse gli occhi. Con un movimento studiato ruotò le sue spade acuminate e mugolò sentendo sulla pelle il soffio di un ricordo.

Mi-Lee afferrò prontamente lo stelo di un pennello percependo il legno di esso sfrigolare sul medio ed accarezzare il pollice sottendendo al volere dell’indice: le setole rubarono un bacio alla tempera e strofinandosi pudicamente sul rosa antico di quel volto, Mi-Lee storse il naso.

Una macchia rossa si propagò sulla gota della figura ritratta e nella mente distorta della giovane quegli occhi, ancora privi di iride e pupilla, si posarono sui suoi scrutando diabolicamente nel suo animo e pretendendo un desiderio che Mi-Lee non era capace di sostenere. L’artista afferrò lo stiletto del pennello e selvaggiamente sfregiò quel volto deturpandone il candore e violentandone la gentilezza con occhi iniettati dalla folle paura che le attanagliava il petto. Con respiro trafelato Mi-Lee inciampò tra le gambe dello sgabello e cadendo rovinosamente sulla tela si sentì, ad un tratto, trafitta al centro del petto: sanguinò dense lacrime, copiose ed inarrestabili, le quali si mescolarono placidamente con il colore glutinoso della tempera.

Mi-Lee gettò l’ennesimo capolavoro decaduto nel mucchio che marciva tra quelle quattro mura e strofinandosi la manica della camicia sul viso ricominciò a costruire le fondamenta di un nuovo mondo aggrappandosi a salde tradizioni che lei non avrebbe mai infranto.

Mi-Lee sciacquò dalla pelle il pungente odore di pittura mugolando al freddo calore del getto d’acqua e, insaponandosi affannosamente per scolorire dal cuore le macchie rosa pallido di quel volto amato, violò la propria pelle deturpando il candore delle proprie membra denutrite e scheletriche. Alzò lo sguardo, osservò placidamente il proprio riflesso mentre asciugava le gocce d’acqua insediate sulle fosse che componevano il suo corpo per rendersi conto di quanto la distanza avesse privato sé stessa del sole, del rossore pallido e della giovinezza dei suoi venticinque anni.

Mi-Lee si sentiva più un vecchio samaritano piuttosto che una fanciulla nel fiore dei suoi anni: l’arte l'aveva privata della propria anima infante e vivace lasciando solamente dentro la sua gabbia toracica le rughe di un passato rosso cremisi.

Strofinò esausta le ciocche dei lunghi capelli che le ricadevano sulle guance con un ruvido asciugamano scrutando il loro biondo platino come fossero code di comete lasciate a marcire nel vuoto del cosmo. Mi-Lee inarcò la schiena infilandosi un’altra camicia bianca, gemella alla precedente, prima il braccio destro e poi il sinistro, ed abbottonandola con inerzia lasciò gli ultimi tre bottoni a penzolare contro il seno.

Il sole grigio che illuminava il paesaggio circostante ricordò a Mi-Lee i gorgoglii affamati della notte passata e mordendosi l’interno della guancia si incamminò in direzione della cucina disadorna, di cui rimaneva soltanto il mobilio ed un lieve odore di cannella.

Mi-Lee sbatté le palpebre afferrando dal frigorifero gli avanzi di un pranzo passato: li riversò su un piatto in ceramica, lo infilò dentro il microonde e, osservando la stoviglia roteare su sé stessa, attese che il suo pasto si riscaldasse.





Toc. Toc.

Mi-Lee si girò di scatto osservando il profilo della porta di casa con occhi truci ridotti a fessure sottili. Il fiato si fece corto, trafelato ed alzando, abbassando le spalle a ritmi frenetici scosse il capo dicendosi che fosse soltanto lo scherzo infame della sua mente.


Toc. Toc.

Mi-Lee, questa volta, non si ritrovò impreparato ed aggirando l’enorme tavolo della cucina piombò in corridoio tormentandosi le labbra con i denti. Il suo cuore batteva all'impazzata, fuori di sé, plasmando oltre l’uscio il viso solare, allegro e vivo di quell'anima pia che errava nei suoi sogni.

Mi-Lee tremò vanificando quel desiderio e sfumandolo in terribili ombre che assassinavano il suo sonno. Eppure, senza attendere un terzo richiamo, aprì la porta ed i suoi occhi si spalancarono lasciando che le sue labbra, gonfie e sanguinanti per i morsi, si piegassero in un vecchio ricordo.





...to be continued.






[1] la Summertime è un genere di rosa ibrida dalla corolla giallo ocra; immagine.



[disclaimer: i personaggi non mi appartengono | Fanfiction pubblicato senza alcuno scopo di lucro]
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Rosiephel