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Autore: Jeck86    27/05/2020    3 recensioni
Dante è quasi un Hikikomori.
Quando esce di casa, Dante sente una sensazione di disagio e di agorafobia.
Vive una vita da recluso, ma ha un lavoro e delle relazioni.
Ha ancora dei sentimenti per la sua ex, che non vede da mesi.
Un giorno, all'improvviso, cominciano a capitargli cose strane.
Comincia a vedere cose impossibili.
A volte spaventose, a volte comiche.
Che gli sta capitando? Il suo cervello gli fa brutti scherzi o l'universo ce l'ha con lui?
Alla fine, Dante otterrà ciò che cerca?
E se lo otterrà, ne sarà soddisfatto o se ne pentirà?
Un racconto surreale che vi spiazzerà più e più volte.
Genere: Angst, Comico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo terzo:
Martedì

 
Il dottor Mentone era un uomo brizzolato, portava gli occhiali sulla punta del naso e indossava un camice bianchissimo, stava illuminando gli occhi di Dante con una torcetta elettrica.
Il giovane se ne stava immobile con la luce della torcia in faccia e attendeva il responso con il cuore in gola.
Tutte e quattro le pareti dell'ambulatorio erano coperte da scafalature piene di riviste mediche a cui il dottore aveva collaborato e la stanza aveva un leggero odore di disinfettante.
Dopo un esasperante silenzio, Dante si azarrdò a chiedere. - Allora, dottore. Qual è la diagnosi? -
- È troppo presto per dirlo. - Il dottor Mentone sembrava meditabondo. - Lei lamenta una distorsione delle immagini poste al centro del suo campo visivo. Dall'esame oculistico non sembrano esserci disfunzioni patologiche. In pratica sembra che lei abbia una vista perfetta. - Il dottore si era messo a scartabellare tra alcuni suoi pesanti tomi. - Ma abbiamo appena iniziato a scalfire la superficie. -
- Se lei fosse astigmatico, potrebbe trattarsi di un fastidio temporaneo che si manifesta dopo aver cambiato la gradazione delle lenti. - Il dottore si tolse gli occhiali, estrasse un fazzoletto dal taschino ed iniziò a pulirli, mentre continuava il suo discorso. - La scomparsa del disturbo si ha quando l'occhio si abitua alla nuova gradazione. Ma lei mi garantisce che non ha mai fatto uso di lenti. -
- Esattamente, ho sempre avuto una vista ottima. In gioventù ero leggermente ipermetrope all'occhio sinistro ma è passato con la crescita. -
- Se il problema peggiora, può trattarsi di Cheratocono, in cui nel tempo c'è anche un calo dell'acuità visiva. Una distorsione delle immagini poste al centro del nostro campo visivo è quasi sempre collegata ad un imperfetto funzionamento della parte centrale della retina chiamata "macula". Nel caso peggiore potrebbe trattarsi di maculopatia. Mi diceva che lo schermo del computer si è gonfiato? -
Dante batteva ritmicamente il piede per terra. - Sì, esattamente, e poi ha come inghiottito il mio dito. Anche lo schermo del cellulare sembrava gonfiarsi. Come se lo guardassi attraverso una lente d'ingrandimento. -
- Senta, facciamo così: provi a stare lontano dal computer per qualche giorno e controlli se simili episodi si ripresentano, poi mi chiami e fissiamo un nuovo appuntamento. -
- Ma devo stare lontano anche dal telefonino? -
- Da qualunque schermo digitale. Anche la televisione. -
- Cazzo! - Pensò il ragazzo. - Come faccio adesso? Io, col computer, ci campo. -

Dante uscì dall'ospedale e si diresse verso la fermata del bus.
Accidenti! Certo che senza smartphone anche trovare la fermata era un problema.
E stava pure facendo buio. Voleva accendere il cellulare. Che male poteva fargli? Giusto per andare su google maps.
E mentre camminava sovrappensiero andò a sbattere contro un'altra persona.
I due caddero uno sopra l'altro. Non stavano correndo, quindì Dante non sentì dolore, sembrava pure essere caduto sopra.
- Dante, sei tu? - Disse una voce familiare. - Certo che è uno strano modo di riincontrarsi. -
- Ciao Caterina. Che sorpresa! - Il ragazzo voleva solo sprofondare. Il sangue gli era arrivato fino alle orecchie dall'imbarazzo. - Che ci fai tu qui? -Tra se e se pensava. - Stupido. Stupido. Stupido. Dieci volte stupido. -
Caterina era specializzanda in medicina. Era ovvio che l'avrebbe trovata nei pressi dell'ospedale. Non doveva andare in questo ospedale. Magari in un altro...
- Non succede mai nulla di buono quando esco di casa. - Pensava Dante.
Caterina si rialzò e si scosse la prolvere dal vestito. - Vorrei restare a parlare, ma devo correre al Bus, prima che parta. Vai anche tu nella mia stessa direzione? - Si aggiustò gli occhiali.
- No. - Mentì Dante - Ho un appuntamento... - Si guardò intorno - di quà. - disse indicando un vicolo, la prima via d'uscita che era riuscito a trovare.
- Allora in bocca al lupo per tutto. - E senza attendere risposta, la ragazza corse via.

Il ragazzo la guardò che si sbracciava per fare segno all'autista del bus e vide distintamente il bus che si fermava, le porte che si aprivano.
Vide Caterina salire, le porte che si richiudevano ed il bus che ripartiva.
Ora Dante avrebbe dovuto tornare a piedi.
Quello era l'ultimo bus della giornata diretto verso il suo quartiere.
Si stavano accendendo i lampioni.


Camminava da un'ora con passo accelerato, verso casa sua, mentre il cielo si stava facendo progressivamente più scuro. Non era caldo, ma lui sudava copiosamente per il movimento.
Ci mancava soltanto l'incontro con la sua ex.
Caterina sembrava stranamente cordiale, sembrava essere già passata oltre.
Lasciarsi era stata una decisione di lei. - Tu sei troppo passivo. - Gli aveva detto. - Ti accontenti delle cose così come sono. Io voglio crescere. Tra un anno voglio essere una persona migliore di quella che sono adesso. -
Ma non tutti possono migliorare. A volte la vita è un vicolo cieco e bisogna ringraziare quando le cose non peggiorano. E in quel momento, Dante aveva sentito qualcosa che gli si apriva alla bocca dello stomaco, come una voragine, e ci era caduto dentro.

Aveva superato da poco un barbone dall'aspetto inquietante che dormiva all'angolo della strada. Dante sentiva una gran voglia di accendere il telefonino.
La sua ombra proiettata dai lampioni si comportava in modo davvero strano. Non sembrava neppure rispecchiare i suoi movimenti. Restava indietro, poi si avvicinava. Pareva che a momenti si guardasse attorno o indicasse una direzione.
Dante prese in mano il cellulare.
L'ombra cominciò a correre nella sua direzione.
Dante premette il tasto ed accese il videofonino.
L'ombra gli si avvicinò sempre di più.
Dante affrettò il passo. Schiacciò i tasti 113 pronto per la chiamata.
Bam. Il rumore del cellulare che cadeva per terra.
Sentì un forte dolore alla mano.
La sua ombra, una figura scura, indistinta, semitrasparente che scuoteva la testa, lo aveva appena colpito...?
Poi la silhouette nera si allontanò.

Dante si guardò attorno e della sagoma scura, adesso, non c'era più traccia. Spaventato dall'accaduto, si diresse verso l'unica figura umana nei paraggi, quella del barbone. -
- Signore, signore. Si svegli. - Disse con tono supplichevole.
- Mamma, ancora scinque minuti. - Rispose il senza tetto con voce strascicata e poi emise un singhiozzo.
- La prego, mi serve una mano. -
L'uomo puzzolente, uscì da sotto il cartone, si mise a sedere. Sbattè le palpebre lentamente. Fissò lo sguardo sul giovane che gli stava parlando. - E tu che cazzo vuoi? - Poi prese una bottiglia di birra da sotto il cartone e se la scolò in un solo sorso.
- Guardi in quella direzione per favore? - ed indicò un edificio lì vicino. - Lei vede la mia ombra? -
La luce del lampione disegnava l'ombra del barbone sul muro di mattoni, ma non quella di Dante. - La prego, è importante. -
L'uomo con i capelli lunghi, sporchi ed arruffati guardò il muro, poi rivolse lo sguardo verso il ragazzzo con una espressione stupita. Aprì la bocca e cacciò un rutto. Afferrò di nuovo la bottiglia, ma questa volta era vuota. La rivoltò, scosse un po', ma non uscì neppure una goccia.
- Sce vedo la tua ombra? -
- Esatto. - Disse Dante con in faccia una espressione speranzosa.

L'uomo sporco emise un secondo singhiozzo. Mise una mano davanti alla bocca. Per un istante il suo viso si fece verdognolo, poi recuperò il controllo. Dante pregò fortissimo che il Barbone non gli vomitasse addosso. - Forsce la vedo e forsce non la vedo...ma io che sci guadagno dal dirtelo? - Il barbone mise a fuoco i suoi occhi in quelli del giovane, con una espressione indagatrice e strofinò assieme il pollice e l'indice.
Dante tirò fuori dal portafoglio 50 euro.
L'uomo si mise i soldi nelle mutande. - Non vedo la tua ombra, ragascio. Ma se vuoi posso venderti una delle mie due. -
- Quali due? -
- Le mie due ombre. Le vedi? - Alzò un braccio e la silhouette nera proiettata sul muro fece altrettanto.
- Viscte? -
Adesso Dante pensava che, tutto sommato, chiedere ad un barbone ubriaco non era una buona idea.
Dopo un po'di contrattazione, il barbone accettò di scortarlo fino a casa sua, in cambio di 17 euro e 30 centesimi, tutto quello che era rimasto nel portafoglio del ragazzo.

Dante infilò la chiave nella toppa della porta.
- Grazie signor barbone. -
Una scarpa volante colpì la porta ad un passo dal suo orecchio. - Barbone ci sarà quel ricchione di tuo padre. Io sono un clochard. - Sbraitò il barbone con voce roca in lontananza.
Il ragazzo sparì dentro casa sua alla svelta e si richiuse la porta alle spalle.
Girò la chiave, tirò il chiavistello e mise la catena.
Accese le luci e si diresse verso la cucina, dove trovò la sua ombra che stava cucinando una coppia d'uova in padella.
La sua ombra si immobilizzò per un attimo, si voltò verso Dante, poi gli mostrò il dito medio e ricominciò a cucinare.
   
 
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