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Autore: cabin13    28/05/2020    0 recensioni
|Plance||Monsters&Mana!AU|
In realtà, sin dall’inizio c’era un pensiero che aveva cominciato a prendere forma nella sua mente, e quando il suo cervello lo formulò per intero si ritrovò ad avvampare. Voleva invitare la piccola guerriera a ballare con lui. Un ballo solo per loro due. E per quanto la cosa lo imbarazzasse, sentiva una morsa allo stomaco che lo spingeva a chiederglielo per davvero, in quel momento, a voce alta.
Si era estraniato dalla conversazione che gli amici stavano portando avanti e si focalizzò interamente sulla ragazza al suo fianco. Più la osservava, più avvertiva il suo battito cardiaco accelerare, deglutiva a vuoto e aveva l’impulso di attirarla a sé e baciarla.
Era andato, completamente perso per la piccola castana.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allura, Garrison Hunk, Gunderson Pidge/Holt Katie, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di note iniziali: nell'uiverso di Monsters and Mana i personaggi cambiano nome (a parte Shiro) per cui riporto chi corrisponde a chi nel caso - come me - non ve lo ricordaste: Lance/Pike, Pidge/Meklavar, Hunk/Block, Allura/Valayun. Quello di Coran come oste non sono riuscita a trovarlo, quindi come Shiro tiene il suo originale...
Userò i loro "nuovi" nomi solo nei dialoghi, non nella parte narrata

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For the dancing and the dreaming

I only want your hand to hold,
I only want you near me!
To love and kiss, to sweetly hold
for the dancing and the dreaming!

(For the dancing and the dreaming - Dragon Trainer)

Se a quell’ora della sera ci fosse stato qualche viandante di passaggio nella foresta o nella palude che circondavano la locanda, non gli sarebbe stato difficile ascoltare nel silenzio un suono ovattato dal ritmo vivace e coinvolgente. In caso il viaggiatore avesse un udito particolarmente sopraffino, non gli sarebbero sfuggiti neanche i chiacchiericci e le risate che si perdevano nella melodia.

Era una serata di festa, quella. Alla locanda di Coran il gruppo celebrava la riuscita della loro ultima impresa: per conto di un anziano mago avevano dovuto viaggiare attraverso un’impervia catena montuosa che non avevano mai sentito nominare e recuperare un artefatto magico che lui stesso aveva nascosto in quel luogo chissà quanti decenni prima.

Tutto sommato non era andata neanche troppo male, nonostante il tragitto quasi eterno – ci avranno impiegato una settimana solo per percorrere metà della distanza – e le infinite incognite lungo il percorso. Allura aveva dovuto usare la sua freccia rigeneratrice solo una decina volte in totale.

Il pagamento dello stregone era stata da capogiro e adesso i cinque prodi avventurieri si stavano godendo la loro meritata ricompensa alla locanda che ormai era diventata la loro base.

Tavoli e bancone erano parecchio affollati, non si trovava un posto libero neanche a pagarlo: c’erano decine di persone che sghignazzavano, bevevano e danzavano. Il sottofondo musicale era fornito da un piccolo complesso che Coran spesso reclutava per intrattenere le serate: flauti, violini, cembali e mandolini che si univano in un’armonia davvero incalzante.

Shiro, Hunk e Lance si trovavano in piedi vicino al bar, un boccale di birra in mano finché conversavano sulla missione appena portata a termine: il Paladino e il ladruncolo stavano prendendo in giro il corpulento mago ricordando i suoi più ridicoli momenti da “cuor di leone”.

– Ehi, ci stavamo addentrando nell’ignoto! – fece le spallucce il mulatto. – Voi eravate fin troppo coraggiosi, qualcuno doveva pur compensare con un po’ di prudenza.

– Ceeerto, proprio per questo ripetevi ogni due per tre “oddio no, moriremo tutti” – ridacchiò Lance facendogli il verso, mentre giocosamente gli dava un colpetto con il gomito sul braccio. – Inconfondibile prudenza. – annuì ironico.

 – Che ne dite di un altro giro? – intervenne Shiro, bloccando sul nascere qualsiasi replica da pare di Hunk. Il ritmo della musica era così coinvolgente che anche lo stoico guerriero stava distrattamente ondeggiando, un po’ fuori tempo ma era divertente vederlo comunque rilassarsi un po’.

Lance studiò prima il suo boccale ormai quasi finito e poi gettò un’occhiata verso il portone d’ingresso con fare pensieroso. – Non dovremmo aspettare anche le ragazze? – chiese un po’ incerto. – È il secondo giro che facciamo senza di loro, ormai è più di un’ora che sono sparite nella loro stanze…

– Rilassati, amico! – Hunk gli affibbiò un’energica pacca sulla spalla. – Sfido io a toglierti di dosso in cinque minuti tutto il fango che aveva addosso Meklavar! E Valayun adesso la starà convincendo che non può tenersi l’armatura per scendere a festeggiare.

In effetti, al ritorno dalla missione la gnoma sembrava più una piccola montagna di fango con i piedi; durante il viaggio era incappata in una disgustosa pozza paludosa che l’aveva coperta di una melma dal tanfo terribile e nemmeno un tuffo in un gelido fiumiciattolo di montagna era riuscito a levare del tutto l’odore. Coran le aveva proibito di mettere piede nel locale fino a che non si sarebbe data una ripulita degna di quel nome – non che fosse servito a molto, visto che appena erano tornati la ragazza si era subito fiondata verso il bagno della sua camera.

Il “ninja” furtivo annuì, ma senza che se ne rendesse davvero conto tenne le orecchie un po’ basse, quasi in un atteggiamento mogio.

– Dai, vedrai che la tua bella arriverà prima che finisca la festa! – ammiccò lo stregone, dopodiché gli strappò di mano il bicchiere e lo passò al Paladino. – Shiro, andiamo di terzo giro prima che Pike si deprima del tutto!

– Meklavar non è la mia bella! – scattò Lance rosso in volto.

– E chi ha parlato di lei? – Shiro lo stava osservando con espressione sorniona. Aveva richiamato con un cenno l’oste, adesso Coran attendeva l’ordine con gli avambracci posati sul piano in legno e per caso aveva origliato parte del loro dialogo.

– Uh-uh, Pike, – ridacchiò il baffuto proprietario puntando un dito verso l’entrata – la tua bella è arrivata. Chiunque delle due sia.

Il ragazzo si irrigidì fino alla punta della coda, gli occhi spalancati e le guance così paonazze che potevano andare a fuoco. Ignorando le risatine dello stregone e del Paladino, Lance si voltò con una lentezza esasperante nella direzione indicata da Coran: sulla soglia c’erano la gnoma e l’arciera, finalmente. Nonostante l’affollamento della locanda e le non poche persone che facevano avanti e indietro, le figure delle due giovano saltavano subito all’occhio, catturando anche l’attenzione di più di un cliente. Era come se catalizzassero lo sguardo di tutti su di loro.

Allura si era cambiata in un semplice abito bianco e rosa, le sottili rifiniture dorate sul bordo inferiore della gonna brillavano alla luce delle lampade a olio che illuminavano l’ambiente. Si era anche sistemata i lunghi capelli albini: non assomigliavano più a un intricato nido di rondine e le ricadevano sulla schiena in morbide onde argentate. Era magnifica come sempre.

Ma il cuore del ladruncolo perse un battito solo quando i suoi occhi si posarono su Pidge. Senza la pesante armatura e lo strato di sudiciume ad aggrovigliarle le ciocche castano chiaro, pareva così esile e minuta, quasi fragile. Il suo fisico sottile era avvolto da una tunica verde bosco dalle maniche un po’ troppo lunghe e intorno alla vita aveva stretta una fascia marrone scuro.

Lance sentì l’irrefrenabile impulso di stringerla tra le braccia e non lasciarla più andare, qualcosa di caldo all’altezza del petto lo invitava a farlo. La piccola guerriera era una perla di bellezza unica; non era regale e aggraziata come Allura, ma in qualche modo riusciva a mettere in ombra persino lei, anche con il suo modo di camminare un po’ impacciato e quel rossore che le colorava le gote.

Le due giovani raggiunsero i loro amici, rivolgendo un cenno di saluto. Finché si avvicinavano, Lance non riuscì a staccare gli occhi di dosso da Pidge, come sotto incantesimo.

– E-ehi, Mek… – provò a salutare quando se la ritrovò accanto, ma ne uscì solo una specie di rantolo incomprensibile.

– Pike… – mormorò la gnoma, anche lei più a se stessa che al vero destinatario.

Sarebbero rimasti lì ad osservarsi di sottecchi a vicenda se Hunk non fosse intervenuto piazzando un altro boccale colmo fino all’orlo tra le mani del ragazzo. Il corpulento stregone stava praticamente ballando sul posto seguendo la melodia di quel momento e quasi rovesciò parte della bevanda sui vestiti del ladruncolo.

– Block, ma che cavolo! – protestò quest’ultimo, salvando per un soffio la sua maglia da una bella macchia di birra.

Il sorriso di scuse che l’altro gli rivolse non sembrava dispiaciuto nemmeno per sbaglio e il castano decise di sorvolare. Il mago pagò e distribuì anche i due bicchieri per le ragazze che Coran aveva pensato bene di preparare, poi sollevò il proprio per dare il via a un brindisi.

– Alla nostra! – esultò. – Siamo riusciti a non morire anche questa volta!

Era un po’ strano come cincin, ma gli altri si unirono lo stesso, facendo cozzare i boccali in legno mentre si lasciavano andare a un coro di risate e grida divertite. In fondo avevano vinto, dovevano godersi il momento. Intorno a loro anche qualche altra persona partecipò al brindisi, giusto per fare un po’ di chiasso e rendere il clima generale ancora più festaiolo.

Tra una chiacchiera e un sorso dal suo boccale, senza accorgersene Lance stava ondeggiando a tempo di musica proprio come Hunk poco prima. Era più forte di lui, quel ritmo gli penetrava sotto la pelle e lo invitava a muoversi, a diventare lui stesso parte della melodia, era impossibile rimanere fermi immobili ascoltando quel suono. Anche i suoi amici non erano da meno: aveva già notato in precedenza che persino il rigido Paladino stava seguendo il ritmo, Allura agitava leggermente il capo e non gli era sfuggito che Pidge stesse battendo il tempo con le dita contro il bicchiere.

In realtà, sin dall’inizio c’era un pensiero che aveva cominciato a prendere forma nella sua mente, e quando il suo cervello lo formulò per intero si ritrovò ad avvampare. Voleva invitare la piccola guerriera a ballare con lui. Un ballo solo per loro due. E per quanto la cosa lo imbarazzasse, sentiva una morsa allo stomaco che lo spingeva a chiederglielo per davvero, in quel momento, a voce alta.

Si era estraniato dalla conversazione che gli amici stavano portando avanti e si focalizzò interamente sulla ragazza al suo fianco. Più la osservava, più avvertiva il suo battito cardiaco accelerare, deglutiva a vuoto e aveva l’impulso di attirarla a sé e baciarla.

Era andato, completamente perso per la piccola castana.

– Uh, Pike? Ci sei? – venne riportato alla realtà dalla voce un po’ titubante proprio della gnoma, la quale gli stava muovendo il palmo davanti agli occhi per chiamare la sua attenzione.

– C-certo! – il ladruncolo annuì con fin troppa enfasi, la coda che si muoveva agitata e le orecchie dritte sull’attenti. Solo dopo qualche secondo realizzò che Hunk, Allura e Shiro non erano più lì con loro. – Dove…?

– Block voleva uno snack, Shiro e Valayun si sono aggregati. E hanno lasciato a me l’ingrato compito di farti tornare tra noi – spiegò indicando col pollice un punto imprecisato del bancone adesso alle sue spalle.

E meno male che era di spalle perché dalla sua posizione Lance invece poté benissimo vedere l’espressione furbesca degli altri tre. Avrebbe tanto voluto incenerirli e levare quei sorrisini dalle loro facce, e il sapere che l’avevano piantato lì con Pidge apposta – cosa per cui molto probabilmente dopo avrebbe dovuto ringraziarli – gli faceva venir ancor più voglia di fulminarli. Ecco, prima li avrebbe ringraziati e poi li avrebbe fulminati, semplice.

– Senti, Mek… – cominciò, una mano a grattarsi la nuca con fare impacciato e l’altra protesa verso l’amica. – Ti andrebbe… ti andrebbe un ballo? Un ballo… con me?

La gnoma era stata presa alla sprovvista dalla richiesta e lo stava fissando ad occhi spalancati, le pupille color nocciola colme di curiosità e stupore. Nonostante i marchi rossi sulle sue guance, Lance poteva giurare che le gote le si fossero imporporate.

– Un ballo… con te? – ripeté lentamente lei, come se fosse andata in tilt. Sollevò un dito ad indicare se stessa. – Cioè, lo chiedi a me?

Il più alto fece una risatina. – Chi altri, sennò? Ci sei solo tu qui.

Pidge rimase spiazzata dalla risposta, se le labbra socchiuse e il rossore che ormai le aveva raggiunto la punta delle orecchie. Per alcuni interminabili secondi rimase in silenzio a guardare prima lui e poi il palmo rivolto verso di lei, e Lance temette che potesse scoppiare a ridergli in faccia pensando a chissà quale scherzo o mandarlo al diavolo augurandogli di marcire in una palude.

Alla fine, invece, i lineamenti della guerriera d’ascia si distesero in un radioso sorriso e con le sue dita sottili afferrò la mano del ladruncolo, molto più grande della sua. Era liscia e fresca al contatto con la sua pelle più callosa per via del manico della sua arma.

Lance le fece strada tra la calca di clienti, zigzagando tra un tavolo e l’altro fino a che non raggiunse la postazione dei musicisti. Il complesso si trovava su un palchetto leggermente rialzato e di fronte ad esso c’era uno spazio circolare abbastanza ampio.

La musica era cambiata adesso, si trattava di una canzone popolare vecchia di chissà quanti secoli sulle promesse di oro e poesia da parte di un uomo alla sua amata, alla quale però non interessava niente di diverso dal suo amore per lei.

I due innamorati si posizionarono l’uno di fronte all’altra, incuranti delle occhiate curiose delle altre persone. Il ragazzo sollevò il braccio destro tenendo il gomito piegato, e la gnoma fece lo stesso ma con l’arto opposto. Incrociarono i rispettivi avambracci all’altezza dei loro volti e cominciarono a danzare, muovendosi in cerchio.

L’introduzione partiva con il dolce suono di un flauto, simile al canto cristallino di un usignolo nella foresta. Il violino seguiva a ruota, l’archetto che scivolava lento sulle corde dello strumento.

Lance fissò gli occhi color del mare in quelli nocciola di Pidge, riducendo tutto il suo universo alla piccola guerriera di fronte a lui. Non gli importava che adesso il ciarlare dei clienti si fosse quietato e l’attenzione fosse focalizzata su di loro, non gli interessava nemmeno che qualcuno –  presumibilmente Hunk – si fosse fatto sfuggire un fischio di incoraggiamento. Esistevano solo loro due e la musica, il suono che pervadeva il corpo, l’anima e li spronava a perdersi tra le note.

Dopo mezzo giro entrambi cambiarono braccio, mentre i sonagli del tamburello e il pizzico delle corde del mandolino si unirono all’armonia, il ritmo che si fece più rapido e incalzante. Era impossibile resistere al suono, troppo coinvolgente; era come se invogliasse Pidge e Lance a diventare loro stessi parte della melodia.

Strisciavano e battevano i piedi in sincrono con il tintinnio del cembalo, vagamente consapevoli delle altre persone dietro di loro che tenevano il tempo applaudendo o tamburellando contro il legno del tavolo.

La canzone procedeva in un crescendo. Il più alto intrecciò le proprie dita affusolate e abbronzate con quelle callose e sottili della castana e la fece piroettare su se stessa. Si ritrovarono mano nella mano, i volti a pochi centimetri di distanza e i nasi che quasi si sfioravano.

Lance non ci pensò neanche troppo, fece scivolare i palmi fino alla vita della ragazza, mentre lei gli allacciava le mani intorno al collo. Era così minuta, sembrava fosse fatta apposta per venire stretta alla perfezione tra le sue braccia.

Il cuore di lei perse un battito non appena avvertì il castano sollevarla da terra e farla volteggiare sulle note finali della melodia. Il sorriso che le illuminò il viso rispecchiava in pieno quello sulle labbra del ladruncolo. Era un’espressione radiosa, di chi sta godendo l’attimo senza pensare a null’altro, di chi avrebbe voluto che quel momento non finisse mai. Era come trovarsi in un sogno diventato realtà.

Quando la musica terminò, gli applausi delle altre persone nemmeno li sentirono; semplicemente si focalizzarono l’uno sull’altra, sugli sguardi ancora incatenati tra loro. Le loro bocche si incontrarono in un bacio scombinato – Pidge si era dovuta alzare in punta di piedi e Lance aveva curvato la schiena in avanti – e forse un po’ impacciato, ma andava bene anche così.

C'erano solo loro due, e non importava niente altro.

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Hola gente
Dopo quasi un anno in cui mi sono allontanata dal fandom di Voltron, rieccomi di nuovo qui a scassare le balle per vostra somma gioia.
L'idea per il Monsters and Mana di questa shot mi è venuta vedendo questa animazione che usa la canzone di Dragon Trainer 2 e con cui io adesso sono praticamente in fissa, la stoa adorando troppo lol
Non scrivevo da una vita sui Plance e farlo mi mancava parecchio, perciò eccomi qui con questa shot (di 2000 parole e passa... mi sono fatta un po' prendere la mano, ops)... La conclusione mmi fa un po' storcere il naso, ma è quattro anni che io non so scrivere conclusioni quindi dettagli.
Vabbè, questa storia non sarà proprio il massimo, ma è stata scritta senza troppe pretese (rip Keith, a cui non ho creato un personaggio da inserire. Rimani comunque il mio preferito). L'ho scritta praticamente solo perché ne avevo bisogno, per me stessa, per sbarazzarmi di un blocco che va avanti da troppi mesi e che mi fa piantare a metà qualsiasi racconto io provi a buttare giù....
Ah, ultima cosa: se c'è qualcuno qui che segue/seguiva "More than what you think" sappiate solo che non l'ho dimenticata quella storia, il capitolo 9, dopo mille bozze/rogne/cose varie, finalmente sta pian piano prendendo forma - non so quando vedrà la luce, ma state certi che quella storia la completo, dovessi arrivare al prossimo millennio
Ringrazio chi recensirà (se ne avrà mai il coraggio qualcuno) e anche chi leggerà e basta
Alla prossima gente
Adios

   
 
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