Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Halina    28/05/2020    1 recensioni
Nymphadora Tonks viene convocata al Ministero della Magia in piena notte, dove le viene rivelato che suo cugino, Sirius Black, è evaso da Azkaban. Anche se il suo addestramento da Auror non è ancora completato, viene inserita nel gruppo di ricerca guidato da Kingsley Shacklebolt con un compito specifico, indagare su Remus Lupin. Così, due anni prima di trovarsi insieme nell'Ordine della Fenice, le strade di Dora e Remus si incrociano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 20 – Aprile 1995
 
Dora aveva sempre amato la primavera, quella fase dell’anno in cui, dopo il lungo buio dell’inverno, le giornate sembravano durare all’infinito e le nuvole si rincorrevano nel cielo finalmente blu spinte da un vento che portava il profumo di cose nuove. Era la fase dell’anno in cui tutto sembrava più facile, in cui un nuovo ottimismo le saliva nel cuore e portava il suo passo a farsi baldanzoso e il suo sorriso più grande.

Non quell’anno. Quella primavera aveva portato una nuova cappa di inquietudine che sembrava presagire un’estate nera. Non era successo nulla di davvero eclatante, ma la tensione diffusa era quasi palpabile. Scrimgeour era inavvicinabile, perennemente preso d’assalto dai giornalisti o dal Ministro, e perennemente di pessimo umore. Tutti si affrettavano a scansarlo quando lo incrociavano nei corridoi e a cercare di non dare nell’occhio per non finire vittima di uno dei suoi frequenti scoppi d’ira.

La squadra ministeriale mandata in Albania era tornata a mani vuote e Bertha Jorkins era stata ufficialmente dichiarata dispersa, Barty Crouch rimaneva apparentemente trincerato in casa e strani articoli sulla sua malattia avevano invaso la stampa. Iniziava a serpeggiare la paura di altre sparizioni misteriose e l’intero Ufficio Auror era in allerta al punto da sobbalzare ogni volta che qualcuno tossiva o una porta si chiudeva con un po’ troppa convinzione.

Da parte sua, Tonks era riuscita a defilarsi dal dipartimento facendosi assegnare un incarico di ricerca: le era stato dato il compito di condurre un’analisi dei fascicoli di tutti i processi condotti alla fine della Guerra Magica con lo scopo di rintracciare qualcuno che potesse stare nascondendo Sirius Black. Già sapendo che avrebbe fatto un buco nell’acqua, Dora stava in realtà compilando una lista di tutte le persone accusate di essere Mangiamorte e, tra queste, chi fosse ad Azkaban e chi no.

Il lavoro era di per sé abbastanza noioso ma aveva di buono che Amelia Bones le aveva offerto una scrivania nel suo grande ufficio, togliendola dal raggio di azione delle frustrazioni degli Auror e del loro capo. Come Direttore del Dipartimento per l’Applicazione della Legge Magica, Madam Bones occupava uno dei ruoli più prestigiosi e rilevanti dell’intero Ministero e Tonks non aveva mai avuto a che fare direttamente con lei.

Aveva scoperto di apprezzare la donna, una persona di poche parole ma gentile e con un senso dell’umorismo acuto e sapientemente nascosto. Era una gran lavoratrice, determinata e incorruttibile, e Dora non si era stupita nello scoprire che era stata a sua volta una Hufflepuff. L’aveva stimata ancora di più quando Remus le aveva raccontato del suo passato.

Era distesa a pancia in giù tra le coperte, ormai ad un passo dallo scivolare nel sonno con le dita di Remus che scorrevano leggere sulla sua schiena, quando lui aveva chiesto: “Cosa ne pensi di Amelia?”

Dora aveva mugugnato una risposta intellegibile sulle righe di è una tipa a posto prima che il suo cervello annebbiato facesse la connessione, spingendola a sollevarsi su un gomito, curiosa: “Amelia? La conosci?”

“Non direttamente, - aveva risposto lui, puntellato contro i cuscini e con il lenzuolo che gli lambiva la vita dove faceva capolino una cicatrice ancora rossastra, eredità del plenilunio da poco trascorso - ha finito Hogwarts poco prima che entrassi io, ma suo fratello Algernon era un anno avanti a noi e sua figlia Susan è stata mia allieva e …”

Un guizzo di dolore gli aveva attraversato lo sguardo e Dora era rotolata nel suo abbraccio, stringendolo piano: “E cosa, Remus?”

“Edgar, il fratello maggiore, era nell’Ordine con noi. La sua intera famiglia è stata massacrata: i suoi genitori, sua moglie, i suoi tre bambini … un grande mago e un grande uomo. E un buon amico.” 

Per un istante, Dora non aveva saputo cosa dire. Aveva sprofondato il viso nella sua spalla, ancora in parte incredula di poter trarre conforto dalla sua pelle calda e sfregiata, mormorando: “Mi dispiace così tanto, per tutto ciò che hai perso – quindi aveva aggiunto, esitante – Quando dici l’Ordine intendi…”

“L’Ordine della Fenice – aveva risposto lui – Dumbledore l’ha creato all’indomani del ritorno di Voldemort in Inghilterra, nel 1970, e io e gli altri ci siamo uniti appena diplomati. Era un gruppo segreto, i suoi membri selezionati uno ad uno dal Preside, assolutamente convinti e assolutamente fedeli. Così credevamo.”

“Mad-Eye mi ha mostrato una foto.”

Remus aveva posato la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi: “Già. Non siamo rimasti in molti.”

Era stato un momento malinconico, e Dora si era svegliata la mattina in un letto freddo e vuoto. Aveva trovato Remus sul bagnasciuga, con le spalle curve e gli occhi tristi mentre guardava le onde grigie infrangersi sulla sabbia. Avevano camminato a lungo in un silenzio rotto solo dal gridare solitario dei gabbiani e Tonks se n’era andata con il cuore pesante, ma aveva iniziato a guardare Amelia Bones con occhi diversi.

Un venerdì mattina di inizio aprile era seduta nell’ufficio di Amelia, leggendo pigramente l’edizione in anteprima del Profeta, quando la donna fece il suo ingresso a passo deciso e scaricò sul pianale davanti a lei una pila di fascicoli. In cima spiccava una colorata ma sgualcita copia di Witch Weekly che riportava in copertina la faccia perplessa di Harry Potter contornata da cuoricini pulsanti di un rosa acceso: “Che cosa sarebbe questa cosa?”

“Mia nipote Susan, che a quanto pare mi ritiene troppo vecchia per essere al passo con i pettegolezzi – rispose Amelia prendendo posto alla grande scrivania sul lato opposto della stanza con un sospiro – Come se quel povero ragazzo non avesse già abbastanza guai.”

Tonks sfogliò le pagine del settimanale scuotendo piano il capo e chiese, cercando di tenere un tono casual: “Credi che il suo nome nel Calice sia qualcosa di peggio di uno scherzo o un incidente?”

La donna alzò un sopracciglio, squadrandola: “Perché, tu no? Bada bene a quello che sto per dire, Nymphadora: il nome di Harry Potter è stato inserito nel Calice per un motivo, e il fatto che fin qui non gli sia ancora successo nulla non lascia presagire niente di buono per la Terza Prova. L’intera faccenda è stata affidata a Crouch e Bagman, e io non ho alcuna voce in capitolo, ma ho un gran brutto presentimento e tirerò un sospiro di sollievo quando sarà tutto finito.”

Tonks accantonò Witch Weekly e annuì: “Io pure, e non saremo le sole, credo.”

Ma alla terza prova mancavano ancora due mesi, due lunghissimi mesi, e ora come ora Tonks aveva per le mani un problema forse non così pregnante, ma molto più urgente. Mancava poco più di una settimana a Pasqua e ancora non aveva detto a Remus dell’invito a pranzo che le era capitato tra capo e collo. 

Qualche giorno prima, davanti a un tea da Rosa Lee in Diagon Alley, Andromeda aveva chiesto alla figlia se avesse preferenze per il menù pasquale e Dora aveva esitato, lasciando intendere suo malgrado che avrebbe potuto passare la festività con qualcun altro quell’anno, nonostante non avesse ancora alcun impegno sicuro. Andromeda aveva posato elegantemente il bricco del latte accanto alla sua tazza e aveva risposto, serafica: “Non essere ridicola, Nymphadora, Remus è più che benvenuto.”

Tre quarti del tea bollente di Tonks si era riversato sulla sua coscia destra a quella affermazione, il dolore lancinante che l’aveva distratta dal negare o trovare qualcosa da ribattere.    

Dopo quel primo, glorioso, sabato di marzo e il malinconico weekend nello Yorkshire dopo il plenilunio, Dora aveva visto Remus un’altra volta: il primo del mese aveva sentito bussare alla sua porta di casa ed era andata ad aprire ancora in pigiama trovando sul pianerottolo un mazzo di fiori corollati da un bigliettino che recava la scritta From an April’s fool.

Aveva trascinato Remus dall’angolo dietro cui si era nascosto direttamente al letto da cui era appena rotolata fuori e dove erano rimasti per buona parte del pomeriggio, per poi fare una passeggiata al parco al tramonto. Era perfino riuscita a mettergli in tavola una cena commestibile e avevano chiacchierato e riso, parando soprattutto di Hogwarts, l’unico periodo – Dora immaginava – di cui Remus raccontasse davvero volentieri.   

Era una dinamica nuova, un po’ zoppicante a tratti, che Dora non voleva assolutamente mettere a rischio dandogli l’impressione di voler ufficializzare le cose. Avevano appuntamento per quella sera e, finito di lavorare, la ragazza salutò Amelia e si unì al chiacchiericcio dei colleghi più giovani che, come tutti i venerdì, stavano lasciando il Ministero per riversarsi a bere qualcosa in Diagon Alley e dare inizio al weekend.

Nonostante desse le spalle alla sala, individuò facilmente Remus, seduto al tavolo più in disparte del Poppy & Paddy’s Pub, e si fece largo nel locale che iniziava a riempirsi per raggiungerlo. Aveva l’aria nervosa e sobbalzò quando Dora gli posò una mano su una spalla: “Ehi – lo salutò, chinandosi a posargli un bacio su una guancia – grazie di essere venuto.”

Lui sorrise appena, passandosi una mano tra i capelli sottili: “E’ sempre un piacere vederti, Dora, ma sei sicura di volere rimanere qui? È pieno di gente e qualcuno potrebbe vederti con…”

Tonks si lasciò cadere sulla sedia accanto a lui e gli afferrò una mano: “Non osare finire quella frase! Ho avuto una lunga settimana, tutto quello che voglio è sedermene in santa pace a sentire un po’ di musica con una burrobirra, e non c’è nessuno con cui vorrei essere qui se non con te.”

Remus si limitò a sorridere, scuotendo il capo: “Sei assolutamente incredibile, Dora.”

Ciò nonostante, come vide la cameriera dirigersi verso di loro si affrettò a lasciarle la mano e dopo aver ordinato da bere rimasero entrambi in silenzio per qualche tempo, guardando la band accordare gli strumenti poco lontano. Quando infine due pinte furono davanti a loro, Tonks alzò il boccale in un brindisi: “Alla mia scoperta del pomeriggio! – mormorò – Non vedevo l’ora di dirti quale fascicolo è finito sulla mia scrivania oggi … Igor Karkaroff!”

Lo sguardo di Remus si fece attento e, battendo delicatamente il boccale contro il suo, chiese: “Davvero? Hai trovato qualcosa di interessante?”

“Quasi sette mesi di latitanza prima di essere trovato e catturato da Mad-Eye, dopo poco più di un mese ad Azkaban ha chiesto di poter collaborare con il Ministero fornendo nomi di altri mangiamorte. Ha provato a vendere inutilmente Dolohov, Rosier, Travers e Mulciber ma erano già stati tutti individuati; il nome che ha fatto centro e gli è valsa la libertà è stato quello di Augustus Rookwood, un Indicibile. Sono risalita anche al fascicolo di Rookwood e tra i suoi informatori è stato citato Ludo Bagman, completamente scagionato dal Wizengamot.”

Mentre Tonks riprendeva fiato, accompagnato da un sorso di burrobirra, Remus annuì: “Sì, ricordo vagamente che Bagman fosse stato per breve tempo accusato di qualcosa di più grave della sua proverbiale stupidità.”

“Oh, non è questa la cosa interessante – continuò la ragazza – Karkaroff fece un altro nome in sede di processo, Remus, quello di Snape!”

“Severus? È stato processato come mangiamorte?”

Tonks si strinse nelle spalle: “Non ne sono certa, sembra esserci stata una qualche anomalia di archiviazione. C’è effettivamente un fascicolo a suo nome ma dice solo che è comparso davanti alla corte insieme al suo garante, Dumbledore, e risale a prima della caduta di Voldemort.”

“Se si è consegnato al Wizengamot possiamo solo dedurre che sia effettivamente stato un mangiamorte, almeno per qualche tempo – sospirò Remus – È probabile che qualcosa lo abbia fatto pentire della scelta, ma che cosa è un segreto che credo solo il preside conosca. Di qualsiasi cosa si tratti, deve essere il motivo per cui Dumbledore ha così fiducia in lui.”

“Mi sembra di continuare a girare in tondo, – borbottò Tonks – ogni volta che penso di aver trovato un elemento nuovo finisce per portare solo ad un vicolo cieco.”

“Non essere troppo severa con te stessa, stai facendo molto più di quanto credi – quindi, Remus sorrise – non abbiamo un argomento più leggero di cui parlare?”
Dora prese un gran respiro e si decise a sganciare la seconda notizia della serata: “In effetti stavo pensando … - Remus sorseggiò la sua burrobirra, adocchiandola da sopra il bordo del boccale – che è pasqua domenica prossima e mia mamma avrebbe piacere ad averci a pranzo.”

Lanciò fuori tutte le parole, una dietro l’altra, e guardò Remus posare il boccale ed esalare: “Dora…”

“No, aspetta – lo interruppe lei – Non le ho detto nulla, Remus, non è come se … è solo un pranzo, mia mamma è estremamente perspicace e mi sono lasciata scappare che forse avrei passato la pasqua con qualcun altro e lei ha immediatamente capito…”

“Dora…”

“… che intendevo te, non so come, davvero, non ho detto a nessuno… e non è nulla di che, mia mamma cucina molto bene, ci sarà solo un sacco di cibo, e nulla da spiegare, e mio papà è la persona più tranquilla del mondo e…”

“Dora…” tentò lui di nuovo, solo per essere interrotto una terza volta.

“… no, capisco se non ti va, davvero, Remus, non c’è nulla da dire. Anzi non avrei neanche dovuto chiedertelo. È sciocco ed è solo che io…”

“Dora!”

Questa volta il suo tono fu secco abbastanza da farla zittire di colpo: “Dora, - ripeté, più pacato - ti ringrazio per l’invito, e mi farebbe molto piacere trascorrere la pasqua con i tuoi genitori, ma non è possibile.”

Tonks chiuse la bocca di scatto, che era rimasta aperta in un’espressione allibita, non era certa se per il suo tono o per il fatto che avesse accettato l’invito: “Non… possibile?”

Remus annuì: “Sabato sera è plenilunio.”

“Oh” fu l’unica cosa che lei riuscì a produrre.  

“Mi dispiace, davvero, ringrazia tanto i tuoi.”

Tonks prese un altro sorso di burrobirra, selezionando con cura le sue prossime parole: “Beh, motivo in più per non passare la giornata da solo, Remus, posso venire da te la mattina e aiutarti con la materializzazione e non c’è nulla che ti rimette in piedi come la shepherd’s pie di mia madre.”

Remus abbassò gli occhi e quando parlò fu con un filo di voce, tanto che la ragazza dovette sporgersi sul tavolo per sentirlo: “Per quanto bene possa essere andata la trasformazione, il giorno dopo non sono mai in condizioni adatte a stare in compagnia.”

“Ok – ribatté lei – Allora ce ne staremo tranquilli, posso cucinare qualcosa, e possiamo andare dai miei per il lunedì e…”

Si interruppe di colpo, sapendo immediatamente che, ancora una volta, aveva detto qualcosa di sbagliato. Che cosa, non avrebbe saputo dirlo neanche per un milione di galeoni. Le dita di Remus si erano chiuse spasmodicamente attorno al boccale ancora mezzo pieno e un tremore leggero gli scuoteva le spalle. Quando alzò il viso dal tavolo, Dora non poté evitare di ritrarsi contro lo schienale della sedia alla sua espressione martoriata.

La sua voce colava risentimento quando parlò: “Non hai la minima idea di quello che stai dicendo, solo perché sai di quello che sono credi di sapere come sono, pensi di sapere in che stato mi svegli la mattina dopo un plenilunio, pensi che non rimarresti orripilata dal sangue, dalle ossa rotte, dalla distruzione che mi circonda? Dora – si passò una mano sul viso e scosse il capo – non possiamo farlo, non possiamo fare finta di…”

“Remus no, ti prego – Tonks gli prese entrambe le mani e lo tenne stretto – Non può essere un circolo vizioso anche questo, in cui facciamo un passo avanti e tre indietro. Ne abbiamo già parlato, sai come la penso, l’unica cosa che ti chiedo è, se non so, di aiutami a capire. Aiutami ad esserci.”

“No! – Remus si alzò bruscamente, attirandosi qualche sguardo curioso dai tavoli vicini – Mi dispiace, Dora, non posso farlo, non è … giusto. Mi dispiace.”
In una manciata di secondi era riuscito a raggiungere la porta e a dileguarsi fuori e Tonks era rimasta immobile sulla sua sedia, le braccia ancora protese sul tavolo e una lacrima solitaria che le correva lungo una guancia.

Si chiese per un attimo se fosse il caso di corrergli dietro, e già mentre stava formulando il pensiero seppe di non averne la forza. Nascose il viso in entrambi i palmi e prese un gran respiro, tornando con la memoria a quella notte di quasi due anni prima quando Remus Lupin era entrato nella sua vita, senza ancora un viso né un nome, quando, nel letto della sua cameretta a casa dei suoi genitori, si era ritrovata ad immaginare un uomo spezzato, da stringere e consolare.

Avrebbe dovuto saperlo che quell’uomo spezzato era ancora lì, in agguato sotto l’uomo sorridente che camminava con il palmo della mano nel suo, sotto l’uomo che dormiva sereno al suo fianco, sotto l’uomo che aveva osato assaggiare la felicità.

Tonks calcò un pugno sul pianale sgualcito del tavolo e si alzò a sua volta, ogni desiderio di passare una serata fuori in compagnia svanito come la rugiada nel sole: aveva perso quel round, ma non era certo pronta a smettere di lottare per Remus.
 
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

“Mi dispiace che Remus non sia potuto venire – commentò Ted, e Dora alzò gli occhi dal piatto, guardando il padre affondare la forchetta nella shepherd’s pie – Ero piuttosto emozionato all’idea che avessi finalmente deciso di portarci a casa un fidanzato e…”

“Non è un fidanzato” lo stroncò immediatamente Tonks.

“Oh, – replicò lui, adocchiando la moglie dall’altro capo del tavolo – devo essermi perso qualcosa. Che cosa è, allora, esattamente?”

Dora si rimangiò la parola ‘amico’ prima ancora di pronunciarla. Chi voleva prendere in giro? Mark era un amico, Bill e Charlie erano degli amici…

“E’ una persona a cui tengo molto.”

“Questo l’avevo capito – rispose bonario Ted – ma avevo l’impressione che la cosa fosse corrisposta.”

Dora spostò per la quindicesima volta le sue patate da un lato all’altro del piatto e borbottò: “Non è questione di non corrispondere ma di avere la testa più dura di un gargoyle.”

“Questo è solo un buon esempio della persona che è, Dora, – intervenne Andromeda, alzandosi e togliendole il piatto da davanti – nessuno affetto da licantropia dovrebbe avventurarsi con superficialità in una relazione.”

Quindi, con un deciso colpo di bacchetta, levitò posate e stoviglie e le indirizzò in una fila ordinata verso la cucina. Tonks fece per alzarsi a sua volta ma la madre la bloccò con un cenno della mano: “Stai e parla con tuo padre, credo abbia qualcosa da dire sull’argomento. Tonerò tra poco con il dolce.”

Tonks rivolse al padre un’occhiata sconcertata e Ted rise di cuore, come era solito fare, incrociando entrambe le mani sulla pancia prominente che faceva capolino sotto il maglione: “Non preoccuparti, Dora, credo sia un po’ tardi per dirti che non sono davvero le fate a portare i bambini…”

Ignorando il colorito paonazzo della figlia, l’espressione di Ted si fece più seria e affettuosa: “Tanti anni fa, quando capii che tua madre avrebbe perso tutto stando con me, provai a lasciarla, sai? Ovviamente con scarso successo…”

“Davvero? – chiese Tonks, cui l’informazione giungeva nuova – E come ha fatto a farti cambiare idea?”

Ted sorrise, immerso nei ricordi: “Oh, era piuttosto determinata già allora, e ha usato un argomento molto convincente, ha detto che non aveva potuto scegliere in quale famiglia nascere ma che sarebbe stato meglio per me non impedirle di creare la famiglia che voleva far nascere.”

“Forte, peccato che non lo possa riciclare perché sono decisamente felice della famiglia che mi ritrovo – esitò, quindi chiese piano – Papà, davvero non avreste problemi se dovessi stare con un lupo mannaro?”

Ted scosse il capo: “Dora, tua madre ha una sorella che è chiusa ad Azkaban per avere torturato e ucciso decine di persone, ti assicuro che un lupo mannaro la impressiona molto poco, e per quanto riguarda me … quel pover uomo non ha scelto di essere morso più di quanto io abbia deciso di nascere con il dono della magia in una famiglia babbana, credi che non sappia cosa voglia dire essere considerato diverso, inferiore, credi che non abbia imparato nulla dall’essere stato amato nonostante ciò? Un uomo si definisce dalle sue azioni, Dora, non dal sangue che gli scorre nelle vene.”

La ragazza si alzò e girò attorno al tavolo per passare le braccia attorno alle spalle solide e rassicuranti di Ted e posargli un bacio sulla guancia barbuta: “Grazie, papà.”

 
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*



1 April's fool è la traduzione di "pesce d'aprile" ma si perde il gioco di parole dell'auto-commiserazione di Remus in italiano perché fool non significa affatto "pesce" ma traduce sia il senso di "ingannato" che quello di "sciocco/stupido"  

Note

Spero di avere reso giustizia a Ted, personaggio poco sviluppato e che io stessa ho un po' tralasciato fin qui ma a cui tengo molto. So che spesso i genitori di Dora sono dipinti come contrari alla sua relazione con Remus ma J.K. non ha mai specificato la cosa (Remus dice "quali genitori vorrebbero un lupo mannaro come genero?" ma per come la vedo io è il suo solito masochismo a parlare) e semplicemente per chi sono e da che storia vengono non ce li vedo proprio a mettersi a fare i discriminanti.

Per quanto riguarda Remus, ho ripreso quello che dice J.K (questa volta sì) del fatto che oscillava costantemente tra la gioia per avere sposato la donna dei suoi sogni e il terrore e il senso di colpa per il futuro a cui l'aveva condannata e questo elemento mi sembra assolutmente centrale per il loro intero rapporto, compreso in questa versione "alternativa" della storia in cui le loro strade si incrociano prima. Remus è sicuramente gentile, premuroso e affidabile ma è anche l'uomo che abbandona la moglie incinta a se stessa, ed entrambi questi lati vanno raccontati.

Tonks inizia ad essere stanca, con troppe battaglie combattute allo stesso tempo che non la stanno portando da nessuna parte (lavoro, indagini, vita privata), ma ha sempre un serbatoio di scorta a cui attingere per continuare a credere e a lottare e questo è la cosa di lei che amo di più in assoluto.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Halina