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Autore: _Trixie_    29/05/2020    5 recensioni
[AU, niente magia]
Prima di tornare a casa dal lavoro – Emma era rimasta appostata per ore fuori da un appartamento in cui credeva che si nascondesse il ricercato che stava inseguendo – aveva controllato l’ora: Regina Mills era una donna abitudinaria e lasciava il palazzo ogni mattina alle sette e mezza precise, dopo aver controllato la posta ed aver lanciato un ultimo sguardo al proprio riflesso nello specchio appeso dietro il bancone della portineria. Come se quel viso non fosse già perfetto.
«Assessore Mills» disse Emma, sorridendo e fermandosi accanto alla sua vicina, che stava leggendo il retro di una busta con aria di profonda disapprovazione.
«Signorina Swan. Buongiorno» ricambiò la donna, un sorriso di circostanza sulle labbra. Emma la considerò una vittoria. «Nottataccia?» aggiunse poi l’assessore.
Emma si strinse nelle spalle, infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans. «Qualcuno deve pur occuparsi della feccia di Boston, no?»
«La città le è grata per i suoi servizi, signorina Swan» rispose la donna, prima di rivolgerle un cenno di saluto con il capo, che Emma ricambiò.
La ragazza trattenne a stento un sorriso mentre osservava l’assessore allontanarsi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

Tre anni dopo
 
 
 
 
Emma si lasciò cadere sul materasso della camera di Regina a pancia in su. «Basta, ti prego, non ne posso più» disse, disperata.
«Non ne puoi più di cosa? Di lamentarti? Perché è tutto quello che hai fatto da questa mattina» rispose Regina.
Emma grugnì e si mise a sedere, sostenendo il busto con le mani piantate sul letto.
«Quando ho detto che avremmo potuto preparare noi le scatole per il trasloco, non credevo che casa tua fosse così… piena» fece Emma. «Voglio dire, è sempre così in ordine. Da dove saltano fuori tutti questi vestiti e questi libri e queste coperte e… tutto questo tutto?!»
«E quando io ho suggerito di chiedere a dei professionisti, credevo che i tuoi armadi straripassero di cose, perché hai sempre i vestiti in giro. E invece no, sei solo vergognosamente disordinata» disse Regina, chiudendo l’ennesima scatola di maglioni, ordinatamente piegati. Avevano vuotato l’appartamento di Emma già lo scorso fine settimana, dal momento che la signorina Swan trascorreva comunque la maggior parte del suo tempo in quello di Regina, e avevano impiegato una sola giornata.
«Blah blah blah» fece Emma, alzandosi dal materasso con una forza di volontà che non credeva di avere. Il fatto era che il camion per il trasloco sarebbe arrivato di lì a poche ore e, anche se potevano sempre sistemare qualche scatola nella Mercedes di Regina e, se fosse stato necessario, anche sul sedile posteriore del suo amato Maggiolino giallo, c’erano ancora troppi scatoloni da preparare perché lei potesse riposare.
Un po’, a Emma dispiaceva lasciare Boston. Beh, non Boston esattamente. Ruby le sarebbe mancata incredibilmente, così come August. In realtà, i due stavano progettando un lungo viaggio intorno al mondo, per assecondare lo spirito di avventura e di libertà di Ruby oltre al desiderio di August di raccogliere materiale per un libro, perciò non sarebbero stati ancora a lungo a Boston, il che alleviava il senso di colpa di Emma nell’ammettere che quello che le sarebbe mancato di più sarebbe stato il suo palazzo, anzi, il loro palazzo, suo e di Regina, nonché i loro appartamenti. Dopo essere tornate dal Kansas, ormai tre anni prima, avevano deciso di affrontare con calma la loro relazione, vedere come andavano le cose tra di loro. E le cose tra di loro erano andate meravigliosamente. Certo, non trascorreva giorno senza che battibeccassero per una sciocchezza o l’altra, ma erano sempre questioni di poco conto e le loro discussioni non andavano mai oltre una battuta sarcastica o due. Così, quando per Regina si era aperta la possibilità di ricoprire il ruolo di sindaco a Storybrooke, e aveva proposto a Emma di trasferirsi con lei nella sua città natale, la signorina Swan non aveva esitato ad accettare. Le uniche esitazioni circa quel trasferimento erano venute da Regina stessa, perché tornare a Storybrooke significava avere a che fare con sua madre con molta più frequenza. E certo, come aveva detto il signor Mills, Cora aveva dovuto farsene una ragione, circa la presenza di Emma nelle loro vite. Non che Cora avesse accettato Emma e, se anche aveva smesso di fingere che non esistesse, suggeriva ancora insistentemente che si tingesse i capelli, nonostante alla signorina Swan non fosse ancora chiaro quale fosse il problema, esattamente. Inoltre, agli occhi di sua madre, Regina sembrava ormai essere caduta irrimediabilmente in disgrazia e, anche se all’inizio la cosa sembrava aver ferito la donna molto più di quanto non volesse dare a vedere, Emma era sicura Regina avesse ormai smesso di dare tanta importanza al giudizio di sua madre. Probabilmente anche perché più Cora Mills aveva da ridire su una figlia, maggiori erano i pregi che aveva per l’altra, il che sembrava aver ben disposto Zelena nei confronti di Regina.
Il Natale successivo al matrimonio di Zelena, Emma e Regina erano state ospiti dei Mills a Stroybrooke, in una magione circondata da un parco immenso nel quale la signorina Swan si era più volte persa. Con l’esclusione della signora Mills, del tutto priva di spirito natalizio, il resto della famiglia aveva scoperto di poter trascorrere piacevolmente il tempo insieme e la gioia del Natale, che era da sempre la festa preferita di Emma, era stata incrementata da Zelena, che aveva annunciato di essere incinta. Così, con la scusa di informarsi sulla salute della sorella, Emma aveva spinto Regina a chiamare Zelena con regolarità e, con il tempo, le chiamate erano diventate sempre più frequenti, fino a diventare quotidiane. Inoltre, Zelena veniva spesso a Boston, con marito e figlia al seguito, soprattutto con l’intento di sfuggire per un po’ a sua madre. I litigi tra le sorelle Mills, insomma, non erano scomparsi, ma Regina e Zelena avevano ritrovato quell’affetto che avevano condiviso da bambine e la beata soddisfazione sul volto di Henry ogni volta che le vedeva insieme era sicuramente una delle prove più tangibili. E Henry Mills era stato, ovviamente, uno dei motivi principali che avevano convinto Regina a tornare a Storybrooke. Anche se lui non voleva mai parlarne, era chiaro come la sua salute andasse deteriorandosi. Lo stesso non si sarebbe potuto dire della forza delle sue pacche sulla spalla, come Emma avrebbe potuto testimoniare.
Il ritrovato legame con Zelena, l’affetto per il padre e per la nipotina si erano uniti alla naturale ambizione lavorativa di Regina e ai progetti di cui lei e Emma aveva già discusso per il futuro – il matrimonio e l’adozione – fecero pendere la bilancia a favore del trasferimento a Storybrooke.
E Emma non si era pentita un solo giorno di aver accettato.
Fino a quel momento.
«Ti scongiuro, dimmi che abbiamo finito con la camera da letto» disse la signorina Swan.
Regina annuì. «Penso io agli ultimi ripiani della cabina armadio. Perché non inizi a svuotare lo studio?»
Per tutta risposta, Emma grugnì.
 
 
***
 
 
«Regina Mills, lo sapevo che eri stata tu, lo sapevo!» urlò Emma, precipitandosi nella cucina di Regina, dove la donna stava finendo di imballare le pentole.
«Cosa?»
«Lo sapevo!» urlò di nuovo Emma, brandendo una matita senza punta e avvicinandola al viso di Regina. «Ora non puoi più negare!»
«Emma, di cosa stai parlando?»
«Di questa matita, ecco di cosa sto parlando!»
«E cosa ha di speciale, questa matita?» domandò Regina.
«Questa matita, Regina, è stata rubata!» esclamò la signorina Swan, teatralmente. «Guardala bene. Da quanto tempo questa matita è nel tuo cassetto, Regina Mills? Da quanto tempo?»
«Non lo so» rispose la donna, stringendosi nelle spalle.
«Sì che lo sai, guardala bene!» insistette Emma, spingendo di nuovo la matita contro il volto di Regina. La donna, spazientita, la strappò dalla mano della signorina Swan per osservarla meglio e cercare di capire di cosa stesse parlando Emma. La sua espressione, confusa e scettica al tempo stesso, non mutò per alcuni secondi sotto lo sguardo indagatore di Emma, ma alla fine qualcosa dovette riaffiorare nella sua memoria, perché un barlume di consapevolezza si fece strada sul suo volto.
«Ora ricordo! È la matita che ti è caduta nel pianerottolo anni fa» disse infine, così un sorriso malinconico. «Sembra passato così tanto tempo…»
«Esatto! Sei una ladra! Sai quanto ero disperata, quella sera?»
«Eri disperata perché mi avevi vista con un altro, Emma».
«Non tutti i dettagli sono rilevanti, Regina».
Regina alzò gli occhi al cielo, restituendo la matita a Emma. «Come vuoi».
«Non hai niente da dire a tua discolpa?»
«Per aver raccolto una matita?»
«Per aver rubato la mia matita!»
Regina sospirò e si avvicinò a Emma, che la guardò con sospetto. «Non puoi ammaliarmi con i tuoi baci, questa volta, Regina Mills. Io lo so chi sei davvero. E lo posso accettare, ma solo se ammetti la tua colpa».
«Ma davvero?» domandò Regina, prendendo di nuovo la matita dalle mani della ragazza e sistemandola dietro l’orecchio di Emma, come l’aveva vista fare tante volte. «Quindi avrei dovuto… lasciarla lì? A terra? Come hai fatto tu con l’invito al matrimonio di mia sorella?»
Emma aprì la bocca, poi la richiuse.
Regina sorrise e si alzò sulla punta dei piedi nudi per poter gettare le braccia intorno al collo di Emma e baciarla.
«Come pensavo» sussurrò.
 
 
***
 
 
Emma parcheggiò il Maggiolino dietro la Mercedes di Regina, sul vialetto della loro nuova casa. Si avvicinò alla donna, che stava dicendo ai traslocatori di fare attenzione con le scatole che stavano scaricando dal camion. Emma si stiracchiò, le giunture doloranti dopo ore di guida, e diede una pacca affettuosa al tetto del suo Maggiolino prima di raggiungere Regina e cingerle le spalle.
«Signor sindaco» la salutò Emma, dandole un bacio a fior di labbra.
«Signorina Swan» rispose Regina, sorridendole. «Vedo che il tuo catorcio non ti ha lasciato a piedi nemmeno questa volta».
«Smettila di insultare il mio Maggiolino!» fece la ragazza, indignata. «Potrebbe sentirti!»
Regina sospirò. «Ad ogni modo, Zelena ci ha invitate a cena questa sera. Cosa dici?»
«Perché no? Ci sono anche i tuoi?»
Regina annuì. «Mio padre ha detto che ti deve parlare».
Emma storse il naso. «Con me?»
«Penso voglia chiederti di candidarti come sceriffo di Storybrooke. Sai, con la tua esperienza come cacciatrice di taglie…»
«Cosa? Anche se sto con il sindaco? Non c’è un conflitto d’interessi o qualcosa del genere?»
Regina si strinse nelle spalle. «Sono i cittadini a scegliere lo sceriffo, votando. Io dovrei solo accettare. Sceriffo Swan» aggiunse poi.
«Non suona male, in effetti» considerò Emma, attirando Regina più vicina a sé per baciarla. Poi, all’improvviso, la prese in braccio, caricandola su una spalla come se fosse un sacco di patate.
«Emma!» protestò Regina quando la sorpresa, che l’aveva momentaneamente zittita, passò. «Mettimi giù! Gentilmente! Che cosa dannazione fai?»
«Ti porto a casa, sindaco Mills» rispose Emma, senza dare retta a Regina e facendo un cenno divertito ai trasportatori. «Al numero 108 di Mifflin Street, Storybrooke, Maine» aggiunse, scavalcando la soglia.
Non sapeva come, ma Emma era sicura che lei e Regina sarebbero state felici, lì, per molti anni a venire.
Insieme.
 
 
 
How often were you aware, while it happened,
that you were living an hour that would change the course of your life for ever?
Robert Galbraith, Lethal White
 
 
 
FINE


 
 
NdA
Buon venerdì!
Prima di tutto, la traduzione della citazione finale: «Quanto spesso eri consapevole, mentre accadeva, di star vivendo un’ora che avrebbe cambiato il corso della tua vita per sempre?».
Grazie per aver letto questa piccola long e spero che vi sia piaciuta <3
 
C’è ancora qualcosina di SwanQueen che bolle in pentola, ma vorrei prima scriverla tutta (o quasi), quindi temo passerà tutta l’estate ^^” Nel frattempo vorrei riscoprire la gioia delle OS (quelle vere, non quelle che si trasformano accidentalmente in minilong) anche se non saranno tutte SQ.
 
Grazie ancora,
a presto,
T. <3

 

   
 
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