Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |      
Autore: _Joanna_    08/06/2020    0 recensioni
What If? incentrata su Myrcella Baratheon (Lannister). I fatti riprendono da "Banchetto dei Corvi" che corrisponde all'incirca alla 5° stagione.
-
"Joffrey era morto. No, non era semplicemente morto, era stato ucciso, avvelenato al suo banchetto nuziale"
-
“Maestà” così la principessa le si era rivolta, con quell’appellativo insieme dolce e terribile.
“Io non sono la regina” aveva ribattuto Myrcella “Joffrey era il re e adesso sarà Tommen a succedergli”
“Non secondo le leggi di Dorne”
Genere: Fantasy, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daenerys Targaryen, Myrcella Baratheon, Trystane Martell
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1



Prologo



Myrcella era sempre stata una bambina delicata.
Qu
ando ancora viveva nella capitale, amava trascorrere i lunghi pomeriggi estivi in giardino; sotto lo sguardo vigile e attento della septa, sceglieva con cura i fiori da cogliere - margherite, campanule, begonie, gladioli, geranie - e ne faceva un mazzo colorato che portava alla lady sua madre, la regina Cersei. Lei, ogni volta, la ringraziava per il bellissimo dono, quindi faceva portare un vaso e dell'acqua e sistemava i fiori nel centro esatto del tavolino rotondo, proprio sotto la finestra.
Quando pioveva, invece, Myrcella restava nei suoi appartamenti e la septa le impartiva lezioni di storia, geografia e matematica. Trovava noiosi tutti quegli eventi del passato, le date da ricordare, i numeri degli eserciti che erano scesi in battaglia e poi i nomi dei vecchi re e delle loro nobili regine, gli intrighi, le strategie, la politica. Myrcella si trovava più a suo agio con le cifre. Tutto era definito, stabile, immutabile: due più tre faceva sempre e inequivocabilmente cinque, e questa certezza la faceva sentire bene, al sicuro.
Ma ora non era al sicuro, e forse non lo sarebbe stata mai più.
La notizia della morte di suo fratello era arrivata in un mattino soleggiato e caldo, come tanti altri. Implacabili, le poche righe scritte nella calligrafia minuta e stretta del Gran Maestro Pycelle avevano vomitato il loro terribile significato, oscuro come le ali che lo avevano recapitato, nero come l’inchiostro che ne aveva vergato le lettere.

      Non vedeva Joffrey da anni, da quando, ancora bambina, in lacrime aveva lasciato le familiari sponde di Approdo del Re. Era stata promessa in sposa al principe Trystane Martell di Dorne, un’unione stabilita da suo zio Tyrion, contro la quale sua madre si era battuta senza requie, inutilmente.
Aveva guardato la città che l’aveva vista nascere farsi sempre più piccola, fino a ridursi a una macchia scura sull’orizzonte, la Fortezza Rossa, la sua casa, nulla più di un pennacchio, come un faro buio in un porto remoto e abbandonato.
Il viaggio si era subito rivelato monotono, privo di qualsivoglia distrazione, il paesaggio nient’altro che immense distese d’acqua blu. Dopo una rapida navigazione verso est, erano approdati a Braavos, e da lì, sotto l’attenta scorta dorniana, avevano proseguito verso sud, con le coste di Essos sempre ben in vista. Quindi avevano aggirato le Stepstones, il pericoloso arcipelago territorio di pirati, ma venti rabbiosi e piogge sferzanti li avevano spinti fuori rotta, pericolosamente vicini alle sponde delle Terre della Tempesta.
Myrcella si era ritrovata a sperare che venissero catturati. Suo zio Stannis non le avrebbe fatto del male, si sarebbe limitato a tenerla in ostaggio fino a quando, dietro cospicuo riscatto, non fosse stata ricondotta a casa, tra le sicure braccia di sua madre.
Ma Capo Furore e le sue burrascose acque erano sfilate davanti ai suoi occhi e nessuno era venuto a reclamarla.
Infine, un mattino aveva udito l’uomo sulla coffa annunciare che la terra era in vista. E infatti, volgendo lo sguardo verso l’orizzonte occidentale, Myrcella aveva visto per la prima volta quella che sarebbe stata per lei, da quel momento e forse per sempre, casa sua. Tuttavia, ci era voluto più del previsto per raggiungere quella lunga, sottile linea costiera distesa sulle onde azzurrine del Mare dell’Estate e quando finalmente erano approdati, mancava poco più di un’ora al tramonto.
Ad attenderla al molo c’erano alcuni dignitari locali e, in rappresentanza della famiglia Martell, il principe Oberyn, insieme a quella che aveva immaginato fosse la sua sposa, una dama oltremodo singolare, dai lineamenti duri, decisi, esotici, non propriamente bella, ma dotata di un fascino che Myrcella aveva visto di rado nelle cortigiane di Approdo del Re.
Quindi era stata scortata a Lancia del Sole, residenza della Casa Martell, solo per scoprire che né il principe Doran né il suo promesso sposo erano presenti. Il rinvio di quell’incontro, tanto atteso e temuto, non le aveva permesso di chiudere occhio quella notte e quando, all’alba seguente, si erano messi in marcia per i Giardini dell’Acqua, residenza non ufficiale dei lord di Dorne, per Myrcella era stato come muoversi all’interno di un sogno. Presto, terribilmente presto, avrebbe incontrato il suo futuro sposo e a quel punto sarebbe stata costretta ad accettare quella realtà.
Anche in quel caso, nonostante i due palazzi fossero distanti non più di qualche lega, il viaggio era durato un’eternità e quando venne fatta smontare dalla carrozza era già sceso il crepuscolo.
Sebbene l’incandescente sole dorniano fosse ormai tramontato e le prime deboli stelle avevano già cominciato a punteggiare il cielo a oriente, Myrcella era rimasta folgorata dalla bellezza di quel luogo, così diverso dalla Fortezza Rossa e dai castelli che aveva visitato in passato.
I Giardini dell’Acqua erano un’oasi in mezzo all’arido paesaggio dorniano: fontane e cascatelle si celavano in mezzo alla ricca vegetazione, attraverso la quale sentieri lastricati si facevano strada fino al palazzo, affiancati di quando in quando da bellissime statue e sormontati da eleganti pergolati. Al loro passaggio, quasi come gesto di benvenuto, i fiori notturni erano sbocciati, inebriandoli del loro profumo.
Infine, dopo aver salito alcune rampe di scale, erano giunti a una terrazza vastissima, circondata da edere e altre piante rampicanti che la rendevano riservata tanto quanto una sala racchiusa tra solide mura.
Il principe Doran non era un uomo anziano, eppure sedeva su una specie di scranno su ruote. Aveva una leggera coperta in grembo, che scendeva fino a toccare terra, celando completamente gli arti inferiori. Il principe l’aveva salutata calorosamente, scusandosi per non essere venuto ad accoglierla al suo arrivo, quindi aveva presentato due dei suoi tre figli: la sua primogenita, Arianne, erede di Lancia del Sole, e l'ultimo genito, Trystane, il suo promesso. Questi si era inchinato, dicendosi onorato del privilegio di sposare la sorella del re.
Aveva modi gentili e, a differenza dei molti nobili dorniani che aveva già avuto modo di vedere, aveva dei lineamenti dolci, grandi e profondi occhi scuri e morbidi riccioli castani.
Myrcella aveva sperato, ovviamente, che il suo principe fosse bello, valoroso e giusto come quelli delle famose ballate, ma non si era concessa troppe illusioni. E invece, in quel momento, davanti al suo principe che aveva ben poco a che vedere con il ritratto dei dorniani che aveva sentito fare da tante, troppe persone a corte, si era sentita stranamente felice per la prima volta da quando aveva lasciato la capitale.

     Per le settimane successive non aveva più visto Trystane, se non in rare, fugaci apparizioni.
Aveva passato gran parte del suo tempo con le sue dame di compagnia, tra le quali c’erano anche le cugine della principessa Arianne.
Come aveva appreso in seguito, il principe Oberyn non si era mai sposato, ma in compenso aveva avuto ben otto figlie illegittime da nobili fanciulle e donne del volgo, sue amanti per pochi mesi o addirittura per una sola notte.
Ellaria, l’esotica dama che aveva visto sul molo il pomeriggio del suo arrivo, era la compagna del principe, anch’ella nata bastarda, da cui aveva già avuto quattro figlie, tutte poco più grandi o poco più piccole di Myrcella. Era con queste ultime che lei passava le sue giornate, fino a quando, un pomeriggio, mentre si trovava in una delle innumerevoli fontane dei Giardini dell’Acqua, aveva visto il principe Trystane sbucare da dietro un rigoglioso roseto. Myrcella in quel momento si era maledetta per l’aspetto che doveva avere, fradicia fino al midollo, le vesti leggere zuppe e le guancie rosse a causa del caldo e delle risate. Il principe, imperturbabile, le aveva chiesto di camminare con lui e Myrcella, troppo impegnata nel tentativo di recuperare un aspetto di regale, come sempre sua madre le rammentava, era inciampata in uno dei numerosi veli che arricchivano il suo abito, cadendo ben poco elegantemente nella grande vasca colma d’acqua. Il principe era scoppiato in una sonora risata e, prontamente Myrcella, dimentica dei buoni insegnamenti della septa, lo aveva trascinato nella fontana con lei.
Da quel giorno era stato un susseguirsi continuo di punzecchiature reciproche, di frecciatine durante le loro partite a cyvasse, di battute pressoché ovunque e per qualsiasi cosa.

     E ben presto quell’innocuo infastidirsi a vicenda era diventato amicizia e l’amicizia era sbocciata in qualcosa di più forte.
Amore?
Myrcella non osava crederlo, non si azzardava a sperare che proprio lei fosse tra le poche, fortunate donne che avevano trovato nel loro promesso sposo l’amore della vita.
Quegli ultimi anni erano stati felici, felici come mai Myrcella avrebbe potuto sognare.
I Giardini dell’Acqua erano un paradiso. Ad Approdo del Re non le era nemmeno permesso girare liberamente per la Fortezza Rossa, e ovunque andasse la septa la seguiva come un’ombra. Qui invece era libera di andare dappertutto.
I Giardini dell’Acqua, poi, erano pullulanti di vita. Decine di bambini venivano lì ogni giorno a giocare o a passeggiare per i vialetti ombrosi.
Dorea, una delle cugine di Arianne, un giorno le aveva chiesto se sentisse la mancanza dei suoi amici e in quel momento Myrcella si era resa conto che lei, ad Approdo del Re, non aveva mai avuto amici. Passava le sue giornate insieme a Tommen o alle noiose dame di compagnia che sua madre le aveva affiancato, ma nessuna di loro era mai diventata veramente sua amica.
Lì, invece, figli di lord minori, artigiani, mercanti, cavalieri, fabbri, contadini, si riversavano nei Giardini dalle cento fontane e Myrcella non si era mai sentita sola.   

     Come non era sola in quel momento, anche se sapeva che niente sarebbe mai stato come prima.
Joffrey era morto.
No, non era semplicemente morto, era stato ucciso, avvelenato al suo banchetto nuziale. Re Joffrey era stato assassinato e suo zio Tyrion era stato accusato di averlo fatto.
Niente di tutto questo sembrava avere senso.
E quello non era l’aspetto peggiore.

     «Vostra grazia?»
Myrcella si voltò di scatto. Sulla soglia c’era Tyene Sand, una delle figlie del principe Oberyn. Non l’aveva sentita entrare.
«Ti stanno aspettando»
Myrcella annuì, scacciando dalla mente i ricordi di quei pomeriggi spensierati, dolci come sogni perduti.
Quei giorni erano appartenuti a un bambina delicata; ora lei era una giovane donna, in un mondo crudele che non tollerava la delicatezza.



  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: _Joanna_