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Autore: Smeralda Elesar    09/06/2020    1 recensioni
Questa storia è dedicata a tutti gli amici Pkers che hanno votato per aggiungere Gorthan alla lista ufficiale dei personaggi.
Grazie! Questa storia è per voi!
Gorthan è "ospite" di Paperinik e della Ducklair Tower. Sembra che la cosa gli crei più problemi di quanti gliene abbia risolti, e Paperinik scoprirà che un confronto di idee con un evroniano è molto più difficile che combattere gli alieni viola a colpi di crasher.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gorthan, Paperino aka Paperinik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'La ballata dell'esule e dell'eroe'
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Ringraziamenti: come ho già scritto nella presentazione, voglio dedicare questa storia a chi ha votato per inserire Gorthan nella lista dei personaggi.

Mi avete migliorato la giornata quando l'ho scoperto, e dunque questa storia è per voi, amici Pkers.


Potere e potenza


***


La Pkar rientrò al suo box nel garage sotterraneo con un lieve fruscio di freni ad accelerazione negativa.

Un altro ronzio ed il parabrezza a cupola si sollevò per lasciar uscire Paperinik, difensore prima di Paperopoli e poi dell'intera Terra, di ritorno dal suo giro notturno di ronda.

-Bentornato alla base, socio! Sei in ritardo per lo spuntino di mezzanotte-

-In realtà è così tardi che sono in anticipo per la colazione di domani. Non vedo l'ora di dormire per dei secoli-

Il difensore della terra si stiracchiò e sbadigliò piuttosto platealmente in ascensore, in attesa di arrivare al piano dove c'era il suo alloggio.

Non vedeva l'ora anche di sfilarsi tuta, mantello e mascherina, e di tornare ad essere un assonnatissimo Paperino in camicia e berretto da notte.

-Ehi, UNO! So che tu hai visto tutto del mio giro di perlustrazione di Paperopoli, e invece qui alla torre come è andata? Il nostro ospite ha sentito la mancanza della mia compagnia?-

-Domanda interessante, ma che non dovresti fare a me-

-Perché?-

-Io non ne so molto di emozioni, anzi forse ne so ancora meno del nostro ospite alieno. Per esempio, per voi biologici cosa significa quando qualcuno sale su un tetto e ci resta per delle ore?-

-Uack! Sul tetto? Per delle ore?! Ma che...?! Ci ho ripensato!-

-A cosa?-

-Portami in cima alla torre, UNO! La nanna può aspettare... Prima devo fare due chiacchiere con il nostro ospite-

***

L'evroniano era sulla terrazza, proprio come aveva detto UNO.

Stava con le mani appoggiate al bordo e lo sguardo perso in alto, come teso verso un richiamo a cui non poteva rispondere.

La sua figura era in controluce, una sagoma in penombra delineata dal riverbero dei neon che provenivano dalla città in basso.

L'unica parola che veniva in mente a Paperino per descriverlo era “desolato”, e più lo guardava più gli si stringeva il cuore perché in quel momento il difensore della Terra non stava più guardando il suo nemico, stava guardando un essere che desiderava disperatamente qualcosa di irraggiungibile.

Come se avesse letto nel suo pensiero, Gorthan si voltò lentamente.

-Che cosa succede, eroe? Cosa ti fa provare emozioni così pesanti?-

Lui si riscosse e si avvicinò lentamente e come se nulla fosse.

-Oh, niente di che... sarà il cheeseburger con doppia salsa che ho mangiato. Era abbastanza pesante-

Gorthan però rimase serio.

-Tu usi l'umorismo, ma le tue emozioni dicono altro. Non tentare di mentire a me proprio su questo-

-Adesso sei tu quello pesante-

Gorthan emise un suono che poteva essere un sospiro o uno sbuffo di fastidio.

Tornò a guardare in alto, verso il cielo.

-Voi terrestri avete tante storie a proposito delle stelle. Mi chiedo perché abbiate continuato a raccontarle anche dopo aver capito l'esatta natura dei corpi celesti-

Tipico di Gorthan. Se ne usciva dal nulla con quelle domande fatte a voce bassa, profonda, che soppesava ogni parola come se fosse di valore inestimabile.

E così costringeva anche Paperino a farsi domande su cose che aveva sempre considerato ovvie.

-Non so dirtelo. In realtà non credo che ci sia un motivo preciso-

-Esatto. Questo mi confonde di voi Terrestri. Come potete fare delle cose che non abbiano nessuna utilità pratica?-

Paperino aprì il becco per rispondere, perché la risposta era ovvia, ma al momento di articolarla scoprì che non riusciva a tradurla in parole. Non capiva nemmeno il senso della domanda di Gorthan, a dirla tutta.

-Non ci ho mai pensato. Suppongo che facciamo certe cose solo perché ci piace farle-

-Questo è pensiero individuale. Genera caos-

-Il traffico al rientro dalle ferie ne genera molto di più, fidati di me-

Per un attimo Gorthan si irriggidì.

-Cosa stai cercando di fare? Vuoi distogliere la mia attenzione?-

-In un certo senso-

-Da cosa?-

-Da quello che ti da fastidio in questo momento. Io non percepisco le emozioni come te, scienziato, ma posso assicurarti che riesco a sentire le rotelle del tuo cervello evroniano fare tic tac a velocità massima. Fa male. Ti farà fondere come un cioccolatino dimenticato sul cruscotto ad agosto-

-Espressione figurativa. Indica la capacità di pensiero astratto-

-Grazie per la lezione, prof. E allora?-

-E allora... come fate? Come potete essere così? Come riuscite a sopravvivere in questo caos continuo, incontrollato, di pensieri liberi, idee diversissime una dall'altra... COME?!-

Per fortuna erano su una terrazza isolatissima in cima alla città, altrimenti il grido di Gorthan avrebbe preoccupato più di qualche paperopolese.

Quanto a Paperino sarebbe stato spaventato dall'aggressività superficiale dell'evroniano, se ormai non avesse capito bene che quella ferocia nascondeva in realtà spaesamento e frustrazione.

-Non so dirtelo. Forse sopravviviamo proprio perché siamo tutti così diversi-

-Siete troppo diversi. Ed io non dovrei... non dovrei...-

-Non dovresti cosa?-

Gorthan scosse la testa. Dopo il suo sfogo era tornato il solito evroniano concentrato e riflessivo.

-Niente, lascia stare-

-E dai! Di che hai paura? Non ti prenderò in giro, parola di eroe-

Credette che Gorthan non gli avrebbe risposto, immerso come era nei propri pensieri e nel contemplare la città che si stendeva sotto di loro.

Lo faceva spesso. Quando era molto concentrato su qualcosa, l'evroniano si rinchiudeva in un mondo mentale tutto suo, inaccessibile a chiunque.

Paperinik trovava questo atteggiamento allo stesso tempo affascinante e snervante.

-Io non dovrei lasciarmi corrompere da voi- disse infine l'evroniano a voce bassissima.

Le parole di Gortan erano piene di amarezza.

-Non capisco. È così terribile che ti piaccia la cultura terrestre? Non è una cosa positiva che tu produca sentimenti?-

-Terribile dici? Per me è un disastro. Io... non è naturale per un evroniano provare dei sentimenti quanto non è naturale per un terrestre non provarne. E su Evron ciò che non è naturale, una mutazione non controllabile dai nostri scienziati, è pericoloso e deve essere estirpato-

-Non sono tolleranti gli evroniani-

-Facciamo ciò che è giusto. L'unità è ciò che ci permette di vivere. Se ognuno di noi pensasse in modo autonomo perderemmo tempo prezioso per appianare le divergenze. Sarebbe un terribile spreco di energie-

-Il tempo speso a confrontare le idee non è sprecato-

-Sulla Terra. Su Evron le cose sono molto diverse-

Stavolta fu Paperino a restare in silenzio.

Non riusciva a capire cosa succedesse a Gorthan: era stato attaccato dai suoi simili per ben due volte, aveva trovato rifugio sulla Terra ed aveva accesso libero a tutte le emozioni che poteva desiderare, nonché accesso ad un database sterminato di musica, arte e cultura... eppure sembrava che gli mancase qualcosa.

E Paperinik non capiva perché.

Dal suo punto di vista era stato solo un salto di qualità, e invece Gorthan aveva spesso quei momenti di profondo tormento interiore.

Decise che la cosa migliore da fare sarebbe stata chiedere al diretto interessato.

-Tu sai tante cose della Terra, io invece non so niente di Evron-

-Dovresti studiare meglio i tuoi nemici. Io l'ho fatto-

-Preferisco dare precedenza agli amici. Visto che in questa bella nottata non abbiamo sonno vuoi raccontarmi qualcosa del tuo pianeta?-

Gorthan lo guardò.

Era qualcosa che gli dava i brividi. Gli occhi dell'evroniano, privi di pupilla e con un'unica superficie di cristalli iridescenti, lo facevano sentire un esperimento scientifico che aveva la coscienza di essere esaminato e giudicato.

Non una bella sensazione a dirla tutta, neanche per un eroe.

-Tu vuoi farmi parlare per capirmi, non per avere informazioni per sconfiggerci-

-Fino ad ora me la sono cavata piuttosto bene anche senza “informazioni”. Dai, sputa il rospo! In senso figurato...-

Gorthan lo guardò ancora in silenzio, e Paperino lo lasciò fare. Chissà cosa passava per la mente dell'evroniano dietro la sua espressione insondabile? Chissà se sarebbe stato saggio scoprirlo?

Finalmente il capobranca distolse lo sguardo da lui e tornò al cielo.

-Evron è ciò che ci permette di vivere. Evron è un popolo di guerrieri. Evron è ciò che ci protegge, ciò a cui apparteniamo, ed ognuno deve fare il proprio dovere. Singolarmente possiamo sopravvivere, ma a che scopo? Saremmo sperduti, soli nella vastità di un universo che non possiamo sperare di sottomettere da soli-

-Perché avete questa mania di sottomettere? Non potreste convivere in pace con i popoli di altri pianeti?-

-Pace? Temo che non si apresente nel vocabolario degli evroniani, e nemmeno nella nostra natura. La pace è una noiosa pausa tra una conquista ed un'altra. Mettitelo bene in testa, eroe: conquistare è nella nostra natura. Evron è potere e potenza non per uno solo, ma per tutti i suoi membri. L'espansione di Evron è il fine per cui viviamo e che ci da un'identità.-

-Mi stai facendo venire mal di testa! Non hai detto che il pensiero autonomo non è ben visto?-

-Io ho detto che ci da un'identità, non un'individualità. Sono conceti diversi. Individualità è una cosa che conosciamo e che attribuiamo ad altro popoli, ma è totalmente assente per Evron. Prima della mia mutazione, ovviamente-

-Mi sembra un primato di cui non vai fiero-

-No-

-Capisco-

-Io osservo il caos di voi terrestri e non posso fare a meno di paragonarlo all'ordine di Evron. Se metteste da parte le vostre divergenze, se riusciste ad organizzarvi sotto un capo comune, se le vostre energie fossero incanalate con ordine e disciplina, sareste un popolo temibile almeno quanto gli evroniani, lo sai?-

-Cercherò di prenderlo come un complimento, ma no, grazie. Noi non vogliamo essere temibili-

-Esatto! Voi fate quello che volete! Siete disorganizzati perché ognuno ha un obbiettivo personale e persegue quello. Non avete idea di cosa voglia dire tendere tutti ad un unico scopo, essere uniti più che come popolo, come parte di un unico organismo! Per questo è inaccettabile ciò che io ho fatto lasciandomi corrompere da voi terrestri! Io ho anteposto un interesse personale a quello dell'impero-

Era raro che Gorthan si lasciasse andare tanto, e quando se ne rendeva conto era lui il primo ad esserne sorpreso.

Scosse di nuovo la testa, un gesto che stava diventando abituale.

-Non capisco cosa mi succede. E quando sono insieme a te è ancora peggio, perché vengono fuori cose che nemmeno io sapevo di pensare-

-Dovresti considertati fortunato. A te faccio questo effetto gratis, sai invece quante persone pagano per un bravo psicanalista?-

-Che cos'è uno psicanalista?-

-Un medico speciale. Cura le ferite che non si vedono, quelle dell'anima-

-Non so cosa sia un'anima, ma devono essere molto bravi per curare ferite che neanche si vedono-

-Oh, puoi dirlo forte!-

Con lo scienziato evroniano si finiva sempre a fare discorsi surreali. Se non avessero toccato spesso temi delicati Paperino avrebbe potuto dire che era divertente discutere con il suo ospite.

-E dunque, se tu fai lo stesso effetto di uno di questi medici speciali, vuol dire che stai cercando di curare la mia anima?-

-Oh, bé... diciamo che provo a dare una mano dove posso-

-Risposta molto diplomatica-

Rimasero in silenzio. Gorthan sembrava di nuovo interessato al traffico delle strade di Paperopoli, ma Paperino sapeva che stava rimuginando chissà quale pensiero tra sé e sé.

Decise di chiedere direttamente. Aveva sonno e voleva andare a dormire, ma se non avesse chiesto gli sarebbe mancato qualcosa.

-Gorthan? Tu ti senti in colpa per la tua mutazione?-

-Cosa vuol dire sentirsi in colpa?-

-Ecco... ehm... diciamo che è quando stai male perché sai che una cosa che hai fatto è sbagliata-

-Ah. Capisco. Sì, allora suppongo di sentirmi in colpa-

-E ti manca Evron. Per i miei standard è un posto terribile che non vorrei visitare, ma capisco che tu voglia tornare lì. Per te è casa-

-È ciò a cui appartengo-

-C'è qualcosa che ti manca in particolare?-

-Noi evroniani siamo fatti per essere inseriti in una gerarchia. Abbiamo bisogno di superiori e sottoposti per sentirci completi. La cosa che mi manca di più è essere inserito nel tessuto sociale di Evron-

Quella era una risposta che Paperino non si era aspettato. Sapeva che gli evroniani erano organizzati in caste, ma non aveva mai pensato che potesse essere qualcosa scritto così a fondo nel loro essere da farli stare male se ne erano separati.

E la cosa peggiore era che lui non sapeva come gestire una situazione del genere perché era troppo lontana dal suo modo di pensare.

-Mi dispiace. Posso fare qualcosa per aiutarti?-

Gorthan si girò verso di lui con quella che avrebbe potuto essere sorpresa, e poi scoppiò a ridere. Era una risata strana, profonda ma non di allegria. Somigliava più alla reazione isterica a qualcosa di troppo assurdo per essere reale.

-Ah, eroe, sei incredibile! Tu vuoi... aiutarmi! Ahahah!-

-Non sapevo di avere tutto questo talento comico-

-Oh, se tu sapessi certe cose non rideresti! Ogni giorno penso che dovrei catturarti e portarti davanti al consiglio imperiale, oppure direttamente al Pozzo. Liberare la Terra da te sarebbe un modo perfetto per ottenere il perdono imperiale ed essere reintegrato nella società-

-Che programmino divertente per una vacanza! E com'è che non l'hai ancora fatto?-

-Perché tu... tu a me non lo faresti. Ed io desidero con tutto me stesso che non arrivi mai il giorno in cui durante una battaglia dovrò scegliere se aiutare te o il mio popolo. Non so cosa sceglierei, ma qualsiasi cosa sarà, mi sentirò in colpa per il resto della mia vita-

-Non c'è bisogno di fare tanto dramma! Tu resta in panchina e lascia fare a me. Lo sai che non vi faccio mai troppo male, no?-

-Non dire, eroe. Non dire nulla-

Un brivido corse lungo la schiena del papero terrestre.

Gorthan non sceglieva mai le parole a caso, ed il modo in cui aveva pronunciato proprio quelle gli aveva provocato una stretta di angoscia.

Non tentò nemmeno di mascherarla, tanto sapeva che lo scienziato l'aveva già sentita.

-Quando sarà il momento, fai la cosa che riterrai più giusta. Quanto a me, io farò la cosa giusta adesso, andandomene a dormire. Quando vuoi scendere chiedi ad UNO, lui sa come fare. Buonanotte, nemico-

Paperino lo salutò con un ampio sbadiglio ed agitando la mano.

Adesso più che mai voleva dormire, spegnere il cervello ed allontanarsi da tutte quelle questioni filosofiche.

Una volta nel suo alloggio si buttò sul letto con solo i boxer e la canottiera e piombò in un sonno più pesante del più pesante metallo mai lavorato da Everett Ducklair per le sue armi.

***

Sulla terrazza Gorthan rimase ancora a lungo immobile a scrutare il cielo.

Le stelle compivano il loro cammino sulla volta celeste, e ciò che lui bramava di cogliere era la traccia lontana di un astroincursore evroniano.

Sapeva che non avrebbe potuto avere contatti, sapeva che sarebbe stato trattato come l'ultimo (o il primo) dei criminali e che quindi avrebbe fatto molto meglio a non far notare la propria presenza, eppure era più forte di lui: doveva cercare un segno per sentirsi almeno un po' vicino al suo popolo.

Finalmente una scia sottile come un graffio solcò l'orizzonte.

-Potere e potenza- mormorò a mezza voce -E sempre gloria ad Evron-

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Cantuccio dell'Autore


Scusate. Non so se farvi salire il magone con i complessi di Gorthan sia un buon modo di ringraziare chi mi ha aiutato a dargli lo status di personaggio.

Il fatto è che, quando si parla di nemici che imparano a conoscersi, si tende a prendere quello “cattivo” per farlo diventare “buono”, come se in realtà fosse ovvio che le cose vadano in un certo modo.

Come se il cattivo in realtà sapesse di essere dalla parte del torto e di dover cambiare, e invece non è così semplice.

Per il narratore e per gli spettatori è chiaro cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, ma per i personaggi non lo è.

Un personaggio, per essere realistico, deve essere convinto delle proprie motivazioni.

Il “cattivo” non sa di essere cattivo, a parte rari casi in cui se ne rende conto e non gliene importa nulla, anzi continua con il suo comportamento (Vedi Rattigan di “Basil l'investigatopo”).

Quando due personaggi si scontrano è perché hanno sistemi di valori diversi, ed ognuno dei due è convinto di avere ragione.

Ecco, qui volevo esplorare Evron dal punto di vista di un evroniano. Dal lato oscuro della luna (Sì, è una citazione ad uno degli ultimi albi di PKNA).

Spero che vi sia piaciuta.


Potere e potenza!


Makoto


   
 
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