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Autore: UnGattoNelCappello    14/06/2020    3 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16

Sbocciare



 

 

“Sei sollevato dalla tua posizione di vicecapitano.”

Che cosa?” strilla Yamaguchi.

“Mi hai sentito.”

“Enno – io – stavamo solo – ”

“Nah, scherzavo. Però per favore, non fate tardi un’altra volta.”

 

________

 

“Incredibile,” dice Kei in tono piatto. “Ha del tutto mancato la spalla e gli è andato dritto in braccio.”

Yamaguchi dice, “È piuttosto incredibile, sì.”

“Come fa a dormire così?” domanda Nishinoya.

“Non ne ho idea.”

“Tsukishima,” grida Tanaka, sporgendosi sopra il sedile del bus per colpire la spalla di Kei, “fai una foto, fai una foto!”

“Perché vorrei avere una foto del genere sul mio telefono?”

“Per ricattarli?” suggerisce Nishinoya.

“Non è un ricatto se sono fidanzati.”

Nishinoya fa il broncio. “Non sei divertente.”

Hinata è completamente stravaccato sul suo sedile ed è riuscito a sdraiare l’intera metà superiore del suo corpo sulle gambe di Kageyama, il suo russare soffocato dalla cosca del palleggiatore. È piuttosto notevole, in effetti. Kei immagina che Hinata avrà dei crampi in almeno sette punti diversi quando si sveglierà.

“Sai, Tsukki,” mormora Yamaguchi una volta che tutti sono tornati ai loro posti.

Kei distoglie lo sguardo dal finestrino. “Cosa?”

“Potresti appoggiare la testa sulla mia spalla se ti senti stanco.”

“La tua spalla è più bassa della mia. Mi verrebbe il torcicollo.”

“Oh,” dice Yamaguchi. “Allora immagino che dovrei mettere io la mia testa sulla tua spalla.”

Kei riporta gli occhi al paesaggio che gli sfreccia accanto per nascondere il suo sorriso.

“Immagino di sì.”

E Yamaguchi lo fa.

 

________

 

Quando arrivano a scuola, Tanaka mostra a Kei tutte e sei le foto che ha scattato di lui e Yamaguchi sul bus, quando apparentemente si sono addormentati. L’asso lancia un braccio intorno alle spalle di Kei mentre scorre felicemente sulla sua galleria di foto, alzando lo sguardo ogni pochi secondi per assicurarsi che Kei stia ancora prestando attenzione. Una calda brezza soffia dentro gli spogliatoi attraverso la porta lasciata accostata. Yamaguchi e Hinata sono appena fuori la soglia. I capelli arancione acceso di Hinata contrastano intensamente contro il cielo turchese di metà pomeriggio.

“Perché ne hai fatte così tante?” chiede Kei.

“Più sono, meglio è.”

“Ma sono tutte uguali.”

“No, no,” protesta Nishinoya, saltellando accanto a Kei. “Sono una più carina dell’altra!”

“Cancellale.”

Tanaka lascia la presa da Kei per stringersi il telefono al cuore. “Mai.”

“Va bene. Come ti pare.”

“Tutti quanti, finite di cambiarvi e uscite,” dice Ennoshita infilandosi la giacca nonostante il tempo mite. “Godetevi il resto del weekend e fate i bravi. Ottimo lavoro oggi. Dico veramente.”

“Bel lavoro oggi!” dice in coro la squadra.

“Sei fantastico, Chikara!” lo adula Nishinoya.

“Sì, sì.”

Kei sta per uscire fuori e raggiungere Yamaguchi così possono tornare a casa insieme, ma Ennoshita lo ferma con una mano possente sulla spalla.

“Tsukishima, mi chiami un attimo Yamaguchi, per favore? Devo parlargli.”

Kei sbatte le palpebre. “Se riguarda il ritardo di prima, è stata colpa mia. Mi dispiace.”

“Non riguarda quello,” lo rassicura Ennoshita dando a Kei una pacca sulla spalla. “Onestamente, me l’ero già scordato. Devo solo parlargli degli allenamenti della prossima settimana.”

“Okay.”

“Grazie.”

Hinata e Yamaguchi interrompono il loro chiacchiericcio quando Kei esce fuori dagli spogliatoi. La coperta di nuvole che prima riempiva il cielo è sparita, lasciando che il sole brilli luminoso sulla scuola. Kei appoggia il fianco alla ringhiera e si rivolge agli altri due.

“Ennoshita-san ti vuole, Yamaguchi.”

“Sembra sexy!” grida Nishinoya mentre lui e Tanaka scendono le scale.

“Ti ha detto per cosa?” chiede Yamaguchi.

“Orari degli allenamenti.”

“Oh. Okay,” replica lui, con l’aspetto in qualche modo abbattuto, “allora ci vediamo domani, immagino.”

Yamaguchi si morde le labbra e Kei corruga la fronte. Riesce ancora a sentire il peso della sua testa sulla spalla. È quasi infastidito che Tanaka abbia quelle foto. Kei lo vede come un momento intimo, che solo per caso è avvenuto in un bus con altre quattordici persone dentro. Certo che ti aspetto, scemo, pensa.

“Ti aspetto vicino all’albero dove hai trovato quel grillo.”

Yamaguchi fa un sorriso enorme. “Okay, Tsukki! Grazie, Tsukki!”

La primavera è decisamente arrivata, decide Kei sedendosi tra le macchie di fiori che sono spuntate anche sotto l’ombra del grosso albero. Osserva i boccioli di tulipani gialli ai suoi piedi.

Gelosia, pensa Kei, simbolizzano la gelosia. Non gli piace quell’interpretazione moderna e preferisce speranza e allegria. La sua attenzione è catturata dai fiori rosa che gli sfiorano il fianco nella leggera brezza e pensa, sicurezza. Forse dovrebbe raccoglierne qualcuno. Kei si appoggia sulle mani per sbirciare dietro il tronco dell’albero. Trova un nido di tulipani bianchi – scuse – e lì accanto, due rossi. Hanno gli steli intrecciati l’uno intorno all’altro. I boccioli si scontrano leggeri nel vento.

Non cresceranno mai così, pensa Kei avvicinandosi per scioglierli.

I tulipani rossi simbolizzano l’amore; lo sanno tutti. Ma comunque, quel colore è accattivante. I suoi occhi ne sono attratti. Vorrebbe raccoglierli e metterli in un vaso nella sua stanza ma sa che neanche in quel modo crescerebbero. E comunque, Kei non è mai stato un grande appassionato di fiori. Ancora di meno se sono fuori dal loro ambiente naturale. Qualcuno deve avervi piantato così di proposito, pensa Kei spostando l’attenzione da un gruppo colorato all’altro, perché questo arrangiamento è innaturale.

Incrocia le gambe. Si stringe le mani al grembo.

Pianifica come lo dirà a Yamaguchi.

Le parole sono tutte lì, nella sua testa, è solo questione di tirarle fuori. Dovrei farlo sedere e raccontare a Yamaguchi tutto quello che penso? No, troppo formale. Forse dovrei scrivergli una lettera. No. Decisamene troppo da sfigati – e da codardi. Usa le tue parole, Kei, si rimprovera, le parole fanno bene. Le parole sono utili.

Il suo cuore lo tradisce, pompando veloce e tendendo i suoi nervi. Si alza e inizia a camminare su e giù. Sta attento a non calpestare nessuno dei fiori mentre gira intorno al grosso tronco una, due, tre volte. Kei scuote le mani lungo i fianchi come se avesse appena scritto un lungo tema e avesse dei crampi. Si allontana dal perimetro d’ombra che gli fornisce l’albero. Il sole pomeridiano splende su di lui.

Digli che lo ami, no, che sei innamorato di lui e il resto seguirà, pensa Kei mentre simultaneamente si deride ad alta voce, “Troppo facile.”

Tsukki!” strilla Yamaguchi.

Kei salta quasi in aria a quel grido. Socchiude gli occhi contro il sole per vedere Yamaguchi precipitarsi attraverso il giardino della scuola come se lo stessero inseguendo i mastini dell’inferno.

Vola oltre le scale principali in una folle corsa dritto verso di lui, e Kei pensa che rallenterà una volta più vicino. Kei pensa male. I piedi di Yamaguchi colpiscono l’erba e lui non accenna a rallentare. Attraversa il cortile in un secondo netto e Kei fa un sorpreso, imbarazzante strillo quando Yamaguchi lo placca buttandolo a terra.

“Che cosa–” inizia.

Deve fermarsi per prendere fiato, il placcaggio di Yamaguchi gli ha mozzato il respiro. Lui siede senza rimorsi sullo stomaco di Kei di tutto peso e lo fissa. Il suo volto freme sotto l’ombra dell’albero – ha spinto Kei molto indietro – come se volesse assumere una certa espressione ma non vuole ancora rivelarla.

Kei si prende solo un secondo per apprezzare la calda sensazione al petto e all’addome che gli provoca la posizione di Yamaguchi, le cosce premute contro i suoi fianchi e le ginocchia lentigginose a cavalcioni di Kei. Prega sé stesso di mantenere una mente lucida anche se i suoi pensieri vogliono dirigersi verso sud. Kei si divincola. Yamaguchi non si muove.

Colpisce il terreno con le mani ai lati della testa di Kei, ma il suo tono è leggero, emozionato.

“Non vuoi metterti con me perché pensi che rovinerebbe la nostra amicizia?!”

Quelle parole lo colpiscono più forte di quanto potrebbe mai fare Yamaguchi. Il suo battito sale a duemila e se Yamaguchi non lo stesse tenendo fermo, sente che potrebbe fluttuare via.

M-mettermi con te?” tossisce Kei.

“Sì! Metterti con me! Con me, con me, con me!”

Ogni ripetizione è accompagnata da un piccolo salto di Yamaguchi, su è giù sullo stomaco di Kei. È adorabile, è un sacco adorabile (tutto quello che Kei ha sempre voluto, in realtà) ma è anche estremamente distraente. Kei si schiarisce la gola come se stesse per parlare.

Mettermi con te? Si domanda. Quel termine è così trito, superficiale. Kei non pensa che descriva al meglio lui e Yamaguchi. Pensa, dopo tutto quello che è successo e tutto questo tempo, che si meritino qualcosa del tutto nuovo; inviolato da milioni di altri prima di loro.

“Cristo, Tsukki,” gorgheggia Yamaguchi con occhi lucidi, ed è in quel momento che Kei realizza di aver parlato ad alta voce. “Tsukki, io – veramente? – è solo…”

Yamaguchi si appoggia sulle ginocchia lentigginose per sospendere la sua faccia proprio sopra quella di Kei. Anche nell’ombra, Kei si sente come se avesse preso fuoco. Un uragano di anticipazione gli vortica nella pancia. Inarrestabili bolle di gioia e ansia gli scoppiano nel petto come petardi. È un tipo di festeggiamento sfibrante per i suoi nervi.

“Chi te lo ha detto–”

“Hinata,” risponde Yamaguchi.

“Maledetto.”

Benedetto,” lo corregge lui velocemente e inizia riempire il viso di Kei di rapidi baci.

Yamaguchi lo bacia sul mento, sugli zigomi, sulla punta del naso, sulla fronte. E per tutto il tempo, Kei sorride e sorride e sorride, gli occhi chiusi stretti come se avesse paura che Yamaguchi scompaia se li riaprisse. Lo bacia ovunque tranne che sulle labbra, anche se Kei è pronto. Ritorna in sé e alza un braccio per prendere il viso abbronzato di Yamaguchi nella mano. Yamaguchi si tira indietro abbandonandosi al tocco, ma solo per un momento. È ancora in missione. Sfila velocemente gli occhiali di Kei dal suo viso, gli dà un casto bacio proprio in mezzo agli occhi, poi glieli rimette.

Kei si scioglie.

“Sei piuttosto scemo,” lo prende in giro Yamaguchi con voce cantilenante.

Kei concorda, “Sono molto scemo.”

“Tuo amico – voglio dire, Tsukki – sarò sempre tuo amico.”

“Lo so.”

“Te l’ho giurato quando avevamo, tipo, undici anni.”

“Lo so.”

“E allora…”

“Yamaguchi,” dice Kei con voce ferma. Yamaguchi lo osserva attento. “Avevo torto a dire che potevamo essere solo amici. Avevo solo paura.”

“Paura,” ripete Yamaguchi.

Kei annuisce, la sua testa strofina contro l’erba sotto di lui.

“Una paura fottuta. Ma si tratta di te, e tu sei… beh, te, e, cazzo. Mi ero preparato qualcosa.”

“Tsukki, non devi dire niente.”

“Sì, invece. Devo,” insiste Kei, e la voce gli si spezza.

Si contorce ancora una volta sotto il peso di Yamaguchi cercando di non sussultare a quella sensazione.

“Sei scomodo,” nota Yamaguchi corrugando la fronte, “scusa, Tsukki.”

“No, no – è solo – uh, mi distrae.”

Yamaguchi arrossisce violentemente, un profondo cresimi che gli scurisce il volto abbronzato. Gattona attentamente all’indietro fino a inginocchiarsi in mezzo alle gambe di Kei. Kei deglutisce e si appoggia sulle mane per tirarsi su anche lui, i capelli biondi ancora arruffati dietro la testa. Il suo corpo è spiacevolmente leggero senza il peso aggiunto di Yamaguchi sopra di lui. Kei fa un respiro profondo nel tentativo di riacquistare qualche sembianza di sicurezza.

“Non potrei mai essere solo tuo amico,” esala tremante. “Voglio che tu lo sappia, okay?”

Yamaguchi annuisce vigorosamente, mordendosi il labbro inferiore come se non si fidasse di quello che potrebbe uscire dalla sua bocca. Kei osserva le mani di Yamaguchi, strette in pugni nel suo grembo. Si trascina in avanti sull’erba per afferrarle. Come se Kei avesse pronunciato la parola d’ordine, le mani di Yamaguchi si rilassano e il loro palmi scivolano facilmente l’uno sull’altro; caldi e leggermente sudati stavolta, invece che freddi e scivolosi dalla pioggia. Il loro respiro si fa affannato all’unisono finché Yamaguchi non si schiarisce la gola.

“Questo – ah,” sospira.

Kei rimane in silenzio perché se aprisse la bocca, il suo cuore potrebbe saltarne fuori.

“È per questo che mi sono lasciato,” espira Yamaguchi, “con, ehm – con Mamiko.”

“Le sue mani non erano sudate come le mie?” scherza fiaccamente Kei. È nervoso.

“Tsukki, ho preso la tua mano quando tornavamo a casa durante quell’acquazzone e, non ci stavamo neanche veramente tenendo per mano, ma comunque – comunque ho provato di più in quel momento che in ogni altra volta con lei.”

Il respiro di Kei si fa corto, affannato. “L’hai lasciata proprio la mattina dopo, vero?”

Yamaguchi lascia una delle mani di Kei per premersi il palmo contro gli occhi. Devono bruciargli; Kei vede che sono lucidi. Yamaguchi annuisce e lascia la mano ricadergli in grembo. Immediatamente ritrova quella di Kei. Gliela stringe, intrecciando le dita, e il cuore di Kei fa una capovolta.

“Le ho detto la verità. Ero così spaventato che lei te l’avrebbe detto prima che mi venisse il coraggio di farlo io, Tsukki, perché era così arrabbiata con me. E con te, immagino, ma non era colpa tua. Continuavi a chiedermi e a chiedermi perché l’avevo lasciata e non sapevo cosa fare perché,” Yamaguchi fa una pausa per riprendere il respiro, “perché quanto sarei stato patetico a rompere con una ragazza così fantastica per qualcuno con cui non potevo stare? Ma poi ho pensato a quando mi hai abbracciato nella mia stanza quella mattina, il tuo cuore batteva così veloce, cazzo, e mi hai lasciato prenderti per mano nella pioggia e poi hai fatto quella cosa stamattina nella palestra e merda, Tadashi, smettila di parlare.”

Yamaguchi vorrebbe nascondersi il viso arrossato tra le mani ma Kei non ha intenzione di lasciarle. Prende un paio di profondi respiri e Kei guarda il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto la maglietta. Yamaguchi riporta saldi i suoi nervi e continua, stavolta meno agitato.

“E poi quella sera che mi hai detto che ti piacevo di più che per il mio aspetto, te lo ricordi?”

“Certo che mi ricordo.”

“Ti ho gridato contro,” gorgheggia, le parole d’improvviso farfugliate scivolano una sull’altra, “e tu hai pianto e io, io non riesco a credere che ti ho fatto piangere. Kei, non è mai stata quella la mia intenzione. Ero solo frustrato, perché tu sei tutto quello a cui riesco a pensare e tu non mi volevi.”

“Sai che ho pianto?” chiede piano Kei.

“Il tuo viso,” gli dice Yamaguchi, “potevo vederlo dal tuo viso, Tsukki. Sei il mio migliore amico. Ero venuto da te per dirti quello che provavo ma poi – poi te eri lì senza maglietta, oh mio Dio, e non avevo mai visto il tuo viso così, ed eri così bello e calmo e buono, ti sei addormentato a quel modo con me nella tua stanza.”

Kei si sposta in avanti, con le guance infuocate, e tira Yamaguchi verso di lui. Yamaguchi incespica sulle ginocchia ma mantiene l’equilibrio stringendo le braccio intorno al collo di Kei. Kei stringe le sue intorno a Yamaguchi, premendo stretti i loro toraci.

Caldo, così caldo, si meraviglia.

“Ti volevo,” confessa Kei. “Ti volevo tutto il tempo.”

Kei inala bruscamente una boccata d’aria fresca che ha aspettato così fottutamente a lungo di prendere. È magnifico.

“Tanto. Così tanto, Tadashi,” aggiunge con disperazione.

“Tsu-kki,” geme Yamaguchi nel suo orecchio.

“Non è passato un singolo secondo in cui non ti ho voluto. Amo tutto di te.”

Yamaguchi si irrigidisce per un momento, le sue braccia si stringono ancora di più intorno a Kei, e poi si rilassa nuovamente.

“Amo il modo in cui non sei capace di camminare nella pioggia o nella neve. Amo come la tua casa sia fredda, perché mi dà una scusa per sedermi più vicino a te. Amo come non mi lasci mai aspettare troppo prima di rispondere ai miei messaggi,” inizia a elencare senza sforzo, è più facile confessare adesso che Yamaguchi non lo sta guardando fisso negli occhi. “Amo il fatto che ci conosciamo così bene. Amo la tua dedizione alla pallavolo, e la tua dedizione alla mia dedizione alla pallavolo.” Yamaguchi trema contro di lui ridendo e Kei continua, “Amo che hai condiviso con me la birra di Tanaka-senpai al parco. Amo che sei gentile. Sei così gentile. Sei la persona più gentile che conosco. Amo la tua faccia, amo le tue lentiggini, amo quel ciuffo ribelle che hai in cima alla testa.”

Yamaguchi porta una mano al suddetto ciuffo e Kei lo guarda mentre cerca di allisciarlo. Risale subito su e Kei sbuffa una risatina debole. Si sente il fiato corto dopo il suo monologo, e per circa altri miliardi di cose che stanno accadendo in quel momento.

Aggiunge un altro pensiero dopo un profondo respiro, “Amo che quando uso il tuo nome ti ecciti.”

A quello, Yamaguchi sale delicatamente sul grembo di Kei. Le braccia di Kei gli cadono ai fianchi per lasciare spazio a Yamaguchi di mettersi come vuole. Yamaguchi si tiene stretto contro il suo corpo, le braccia intorno al collo e il viso nascosto. I suoi respiri bollenti colpiscono l’orecchio di Kei. Kei ha un brivido e pensa, più vicino, così alza di nuovo le sue mani tremanti. Yamaguchi non è più cavalcioni su di lui come prima, ma piuttosto è seduto su una delle cosce di Kei con le gambe posate sull’altra. Kei poggia una mano sul ginocchio di Yamaguchi, accarezzando con le dite le lentiggini in quel punto, e porta l’altra al suo fianco.

L’intimità e la novità di quella situazione fa emettere a Kei un lungo, basso sospiro. Fa che non finisca.

Alla fine Yamaguchi si stacca dal suo petto. Le sue braccia sciolgono la stretta presa intorno al suo collo e osserva Kei con gli occhi ramati semichiusi. Kei finalmente riesce a guardarlo per bene – il viso arrossato con le labbra rosa, perfette, socchiuse, occhi rossi carichi di lacrime che non sono cadute – e non potrebbe esserne più affascinato. Il suo palmo strofina il ginocchio sbucciato di Yamaguchi, senza quasi che ne sia cosciente.

Yamaguchi lo blocca con la sua mano. Kei inizia a scusarsi ma poi Yamaguchi la prende e la porta al suo petto. Preme la mano di Kei proprio sopra il suo cuore. La sua stretta è delicata ma insistente allo stesso tempo.

“Tu mi fai questo,” gli fa sapere Yamaguchi.

Il respiro di Kei lo abbandona. Il battito di Yamaguchi è totalmente caotico. Kei è scioccato di non averlo sentito contro il suo petto solo un minuto fa. Freme e palpita contro il suo palmo e più tempo passa, più il suo stesso cuore inizia a imitarlo. Yamaguchi aspetta che Kei incontri i suoi occhi prima di continuare.

“L’hai sempre fatto. Da quando eravamo piccoli.”

La sua voce è bassa, malinconica, infantile.

Kei alza la mano dal fianco di Yamaguchi e lui la osserva con meraviglia. La passa delicatamente tra i suoi capelli scuri. Gli occhi di Yamaguchi si chiudono. Con esitazione, Kei avvicina il loro volti di più e di più. Oh mio Dio, realizza Kei, tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io.

Kei lascia che Yamaguchi esali un singolo, caldo respiro sulle sue labbra prima di mettere fine all’anticipazione. Porta le loro labbra insieme in un morbido bacio. È delicato ma persistente, tutta la disperazione e la voglia che hanno entrambi sentito in qualche modo si manifesta nella sua estrema fragilità. Le labbra di Yamaguchi sono morbide come Kei le ricorda e sposta la mano dai suoi capelli al lato del suo volto, accarezzando la guancia calda di Yamaguchi con un pollice.

Le loro labbra si muovono le une sulle altre lentamente, così lentamente. Ogni accenno a una pressione più intensa fa fremere le dita di Kei. È così bello, allo stesso tempo familiare ed estraneo, come rileggere il tuo vecchio libro preferito che è rimasto intoccato così a lungo che bisogna soffiare via la polvere dalla copertina prima di aprirlo. Kei legge i movimenti e i segnali di Yamaguchi con la stessa attenzione con la quale legge ogni altra cosa. Leviga con il pollice la collezione di lentiggini sotto i suoi occhi quando Yamaguchi inclina di pochissimo la testa. Yamaguchi fa un leggero suono riverberante contro le labbra di Kei e lui lo imita in tono più basso. Ciò fa sì che Yamaguchi spinga distrattamente il suo ginocchio nello stomaco di Kei. Se ne accorge appena.

Yamaguchi si tira indietro e gli dà un colpetto sulla punta del naso con il suo, in modo giocoso, come a dire, hey, lo stai sentendo? Sta succedendo davvero, eh, Tsukki? Stai registrando tutto?

In risposta, Kei inclina il collo leggermente per aggiustare l’angolo, non per rendere il bacio più profondo, ma piuttosto rinnovandolo. Yamaguchi socchiude le labbra solo per spingere un sospiro soddisfatto nella bocca di Kei. Afferra la mano che sta ancora monitorando il suo rapido battito. Si baciano sorridendo.

Non è affatto come Kei ha visto nei film o letto in alcun libro. Non è neanche come se l’era immaginato (e se l’è immaginato e immaginato e immaginato) negli ultimi mesi. Non è come nei suoi sogni; quelli veloci, lascivi, o quelli tranquilli e piacevoli. Non c’è nessun prevedibile scontro di labbra, nessuna poesia, nessuno spettacolo drammatico di fronte a una folla in delirio.

È lento. È continuo. È giocoso, è delicato. È piacevole. È esaltante. È facile.

Quel bacio è come la relazione di Kei e Yamaguchi.

Ed è appena iniziata a sbocciare ma, allo stesso tempo, è in piena fioritura.

  
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