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Autore: paige95    16/06/2020    3 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Il custode dell'anima



 
[ 1 novembre 2017 ore 12 a.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Capanna di Hagrid ]
 
Due mesi di scuola erano stati sufficienti per trasformare la casetta del Guardiacaccia in un rifugio per Rose e Albus. I due novelli studenti erano soliti cercare Hagrid, quando il malumore prendeva il sopravvento; era un’abitudine ereditata dai genitori ed era sorta nel loro cuore con spontaneità. Il Custode offriva sempre a loro la più calorosa accoglienza nella sua umile dimora; per lui era un piacevole tuffo nel passato, avrebbe trascorso ore a conversare con i figli dei suoi amici; i temi che affrontavano erano i più disparati e variavano dalle creature magiche agli aneddoti di famiglia.
Il mezzogigante aveva offerto ai ragazzi thè e biscotti, anche se su questi ultimi i loro palati avevano indugiato; Rose e Albus non avevano esternato il loro disappunto, non desideravano spegnere l’entusiasmo con cui Hagrid offriva loro quello spuntino prima di pranzo. I volti sconsolati degli ospiti erano evidenti e si nascondevano dietro il bordo delle tazze dalla circonferenza troppo larga.
«Allora, ragazzi, qual buon vento vi ha portati qui oggi?»
Hagrid sfoggiò uno dei suoi più grandi e avvolgenti sorrisi, ma non riuscì a contagiare i due ospiti; forse non erano usciti dalle mura del Castello solo per una conversazione amichevole, anche la poca perspicacia del Custode era sufficiente per capirlo.
«Mamma e papà sono a colloquio dalla McGranitt»
Albus affogò ansia e parole in un sorso di thè ormai tiepido; rivolse lo sguardo oltre la finestrella, la cui vista si protendeva verso il Castello. Il ragazzo scorse l’ufficio della Preside, figure indistinte si stavano muovendo al suo interno, ma non riusciva a distinguerne i volti, gli abbaglianti raggi del sole offuscavano la visuale.
«Anche papà è stato convocato»
Rose era intervenuta dopo aver perso lo sguardo anch’essa oltre l’orizzonte; una lieve malinconia l’aveva catturata, la Preside aveva convocato i suoi genitori, ma non vi era nemmeno l’ombra della madre. Hermione non era disponibile nemmeno per rimproverarla, avrebbe gradito la voce squillante del Ministro persino nelle circostanze peggiori per lei.
«Siete preoccupati?»
La domanda del custode risuonò scontata, era evidente che lo fossero. L’apprensione della giovane Granger-Weasley fu palpabile agli occhi di Hagrid; nelle iridi azzurre della ragazza coglieva il rigore della madre ed era una sensazione strana, era la combinazione esatta dei suoi genitori – nel corpo e nell’anima; quasi dimenticava a volte che nelle sue vene scorreva il sangue di due famiglie. Da un lato, nel cuore di Rose era presente la disinvoltura di Ron, che la conduceva a compiere azioni opinabili, e dall’altro, il pudore di Hermione che portava con sé sensi di colpa. Qualunque passo falso la studentessa avesse mosso era dispiaciuta, una nota disciplinare remava contro la sua morale.
«Hagrid, i nostri genitori hanno altro a cui pensare. Stiamo dando loro nuove preoccupazioni»
«Tua madre sta lavorando ancora in America?»
«Sì. E ci resterà per parecchio»
Il tono di Rose era risentito nei confronti di Hermione, non tirava una buona aria tra le due; ad Hagrid dispiacque, non era piacevole assistere a contrasti famigliari, specie all’interno di una famiglia unita.
«E tu, Albus? Anche i tuoi genitori stanno attraversando un periodo buio?»
«Da quando mamma ha cambiato lavoro, nelle lettere di papà leggo risentimento verso di lei. Senti, Hagrid, che tu sappia, papà potrebbe essere maschilista? Mi sembra quasi che mamma non sia libera di decidere senza urtarlo»
Si aggiudicò subito un’occhiataccia da parte della cugina. Il Guardiacaccia rimase assorto nei suoi pensieri, ma non fece scivolare lo sguardo dal ragazzo; Albus somigliava ad Harry, specie nelle insicurezze che la sua Casa gli infondeva. Le pareti in legno della capanna vennero inondate dal vocione del mezzogigante, il quale cercò di sdrammatizzare con una sonora risata.
«Certo che no, Al. E poi cosa vorrebbe dire maschilista? Per me è solo un po’ orgoglioso. Sai, tuo padre era una stella nascente del Quidditch, tuo madre era diventata una giocatrice professionista ed ha preferito interrompere la sua carriera. Per Harry è solo inconcepibile. Ora mi dite cosa avete combinato per guadagnarvi la convocazione dei vostri genitori?»
«Solo qualche scorribanda notturna, Hagrid, nulla di più»
Rose non aveva sminuito, le conseguenze per la sua carriera nella squadra di Quidditch non erano davvero state gravi; l’unico pensiero era rivolto alla famiglia e in particolar modo a suo padre. Il Guardiacaccia ricordava le scorribande notturne dei loro genitori e non portavano mai qualcosa di buono.
«Cosa state combinando voi due?»
«Nulla. Cosa dovremmo combinare insieme a Malfoy? Siamo solo stati sospesi per un breve periodo dagli allenamenti di Quidditch»
«Il giovane Malfoy era con voi??»
Il Custode si agitò; la promiscuità con Scorpius era pericolosa, Rose e Albus non avevano gli elementi per capire quanto. Hagrid era presente tra le macerie del Castello nel giorno della Battaglia finale, anzi aveva rischiato la vita e ricordava che i Malfoy fossero implicati, ciò era sufficiente per mantenere alta la prudenza.
«Sì, ma, Hagrid, calmati, non è successo nulla»
«Non mi va che giriate con il figlio di un Mangiamorte, potrebbe avere cattive intenzioni»
«Draco Malfoy era un Mangiamorte?»
Rose si voltò complice verso Albus e si rese conto di poter godere già dell’attenzione del cugino; un velo di delusione si dipinse negli occhi dei due giovani, non ne erano al corrente.
«Non dovevo dirvelo, non mi fate più domande. Rose, se tuo padre sa che te l’ho detto mi dà in pasto alle Sirene del Lago Nero»
«Perché dovrebbe? E per quale ragione non è stato lui a dirmelo? Anzi, mi ha sempre raccomandato di tenermi lontana dai Malfoy, immagino sia questo il motivo. Tra i Mangiamorte però non compare il nome di Draco Malfoy, ma solo quello di Lucius Malfoy e di un altro avo di cui ora non ricordo il nome»
«Fu Harry ad impedire che comparisse»
Albus e Rose erano confusi, nessuno li aveva mai informati, nessuno aveva mai parlato loro della guerra e fino a quel momento non avevano nemmeno avvertito la necessità di conoscere il passato dei loro genitori. Bastò un dettaglio per animare in loro la voglia di approfondire, l’unico impedimento era la lontananza dalle persone che avrebbero potuto aiutarli.
«Mio padre? Perché lo avrebbe dovuto fare?»
Fu una domanda che Albus rivolse a se stesso, ma da solo, con le poche e nulle informazioni che possedeva a riguardo, non riuscì a trovare una risposta convincente.
«Non avrei dovuto dirvelo»
Hagrid si alzò mortificato, immaginò le conseguenze del suo errore, i visi dubbiosi e pensierosi dei due studenti erano suggestivi. Albus e Rose non mossero alcun giudizio verso i Malfoy; se Harry aveva compiuto un simile gesto e non lo aveva arrestato, in fin dei conti la bontà in qualche modo aveva sfiorato anche quella famiglia.
 

[ 1 novembre 2017 ore 12:00 a.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Ufficio del Preside ]
 
«Malfoy, se tuo figlio si avvicina ancora a Rose, lo strozzo con le mie mani. Te lo giuro!»
Ron aveva esordito scegliendo fin da subito un atteggiamento offensivo, senza che la controparte avesse ancora mostrato ostilità. Harry e Ginny si prodigavano per bloccare fisicamente l’uomo; non era difficile intuire che stesse sfogando sul malcapitato – che fosse una vittima però era tutto da costatare – mesi di frustrazione che stava subendo in famiglia. La sorella in particolare cercava di stimolare in lui un pensiero razionale, l’impulsività di Ron non aveva mai giocato a suo favore.
«Ron, calmati, sei nell’ufficio della Preside e non puoi di certo iniziare una rissa qui»
L’aspirante Auror non aveva affatto escluso di prendere a ceffoni la faccia di bronzo di quell’uomo; Rose – la sua adorata bambina – si era lasciata fuorviare dal figlio di un Mangiamorte, non poteva accettarlo. Ginny lo stava forse legittimando a picchiarlo fuori dal Castello? Di sicuro sarebbe stata cosa gradita anche alla sorella fargli saltare qualche dente.
«Datti una calmata, Weasley. Cerca almeno di non ostentare la tua cafonaggine davanti alla McGranitt»
Minerva, nonostante venisse più volte invocata, non si scomodò dalla sua poltrona; rimase in silenzio, ammutolita dalla scena a cui stava assistendo; non era però sorpresa, iniziò perciò a pentirsi di aver organizzato un colloquio di gruppo, sarebbe stato molto più proficuo convocarli singolarmente e magari omettere l’amicizia nascente tra i tre giovani. I genitori di Rose, Albus e Scorpius non erano più da anni suoi studenti, non poteva quindi sgridarli o punirli per la rabbia che stavano manifestando davanti a lei; solo Merlino sapeva quanto avrebbe voluto chiedere un consulto ai quadri dei presidi suoi predecessori, specie a Silente e a Piton, i quali seguivano l’increscioso battibecco mortificati.
Harry tolse la McGranitt dall’impiccio; l’uomo non riusciva più a contenere la furia del cognato e nemmeno a sopportare l’espressione compiaciuta di Draco, mentre Ron dava di matto, stuzzicato da parole pacate ma cariche di cattiveria. L’Auror aveva afferrato l’amico per un braccio e lo aveva trascinato fuori dalla porta della stanza, era il caso di affrontare un discorso a quattr’occhi.
«Usa questa intraprendenza quando ti chiedo di duellare con me, non contro Malfoy nell’Ufficio della Preside. Mi spieghi cosa ti prende?»
«Harry, non ti devi intromettere. Stiamo parlando di mia figlia»
«No, non stiamo parlando solo di tua figlia, che peraltro è mia nipote, ma anche di mio figlio»
Aveva alzato leggermente la voce per farsi ascoltare e contrastare l’impulsività, un marchio di fabbrica Weasley. Ron accostò la schiena alla parete lì accanto e si coprì il volto con una mano; stava per proferire pesanti accuse all’amico, ma con un tono pacato e arrendevole.
«Hai lasciato che quel Mangiamorte procreasse»
«E cosa avrei dovuto fare, secondo te? Ucciderlo?»
«Ora capisco il motivo per il quale non sono mai diventato un Auror. Essendo privo della tua clemenza, ogni giorno sarebbe una carneficina ad Azkaban»
Harry non avvertì malvagità, anzi comprese ciò che aveva scatenato nell’amico quel profondo stato di disagio.
«Non hai davvero sentito Hermione negli ultimi giorni?»
«Perché, tu sì?»
«Ron, sei tu a non risponderle. Io la sento regolarmente per lavoro e forse farebbe bene anche a te ricevere qualche suo consiglio, visto che la stai sostituendo. Ginny ha ragione, lei sente la tua mancanza. E se Hermione fosse qui, non sarebbe affatto lieta del comportamento di oggi»
Si accorgeva sempre troppo tardi di essere duro con sua moglie, solo quando lei stessa o qualcun altro a loro vicino glielo faceva notare.
«Non voglio che Rose sia amica di un Malfoy, quella famiglia porta solo guai»
«Rose è abbastanza intelligente da saper discernere il buono dal cattivo, così come Albus. Chi siamo noi per mettere in discussione le loro scelte? Ci fidiamo di loro e questo è sufficiente, o no?»
 
~
 
Draco non si era sentito affatto in colpa per aver alimentato l’ira di Ron; anzi, si era levato di torno troppo presto, facendogli perdere l’occasione di dirgli in faccia ciò che pensava di lui e della sua famiglia, ma proprio tutto, senza censure. Lo avrebbe riferito alla sorella di quel fallito, se la moglie non avesse provveduto a fulminarlo e a scuotere il capo delusa.
«Astoria, si può sapere cosa vuoi? Ha iniziato lui, eri presente»
«Quando ti comporti così, ti tirerei una sberla. Non hai fatto nulla per favorire un dialogo pacifico»
L’unico pentimento nella stanza proveniva da Ginny; la donna si vergognava per colpe non sue, era sinceramente costernata per il comportamento indecente del fratello.
«Preside, domando scusa a nome di Ron. Non sta attraversando un buon periodo»
«E quindi ha deciso di prendersela con me e mio figlio? Tenetelo in gabbia se non conosce le buone maniere»
Stavolta Astoria tirò un manrovescio sullo stomaco del marito; non si era posta il problema che ci fosse un pubblico, era solo stufa di sentirlo parlare a sproposito. Ginny trattenne un risolino soddisfatto, non era elegante impicciarsi in questioni che riguardavano due coniugi, così preferì rivolgersi alla McGranitt.
«Professoressa, spero che i ragazzi non abbiano subìto ripercussioni troppo severe»
«Per il momento no, Ginevra, comprendo le difficoltà dei vostri figli e delle vostre famiglie. In realtà quei tre giovani hanno capito molto più di voi, cercate di imparare da loro»

 
[ 1 novembre 2017 ore 13:00 a.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Aula di Difesa Contro le Arti Oscure ]
 
Teddy era tornato tra le mura del Catello di Hogwarts in altre vesti, decisamente più scomode. La McGranitt aveva riposto grande fiducia in lui, affidandogli una cattedra che per fortuna da diversi anni non era più maledetta, ma restava comunque tra gli insegnamenti più astrusi per studenti e docenti. Persino Victoire, la sua fidanzata, aveva mostrato sincero orgoglio nei suoi confronti. L’unico ad essere poco convinto delle poche capacità sembrava essere solo lui.
All’ex Tassorosso era stata affidata la direzione della sua Casa, succedendo all’amata professoressa Sprite, ormai stanca e prossima alla pensione. La Preside lo aveva informato della trasgressione dei ragazzi, ma lui non aveva visto nulla di sbagliato nella loro amicizia; per il compito che gli era stato affidato a Scuola – uno dei tanti – poteva solo essere lieto dell’armonia che si era instaurata tra loro. Harry aveva scelto il candidato perfetto, era un giovane di buon cuore, avrebbe favorito la pace tra due mondi contrapposti, senza lasciare che le perdite subìte in passato incidessero sulla sua prospettiva. Attualmente però il suo intervento non si era ancora reso necessario, soprattutto negli ultimi avvenimenti; spettava solo alla Preside punire le loro semplici scorribande, in fondo non appartenevano alla sua Casa.
Teddy venne interrotto, mentre svolgeva i suoi compiti accademici e preparava la sua prossima lezione di Difesa Contro le Arti Oscure; era concentrato e l’indelicatezza con cui la porta dell’aula venne spalancata lo fece sobbalzare. Era il Custode delle Chiavi e dei Luoghi ad Hogwarts e puntava dritto verso la cattedra; aveva raggiunto il giovane con grandi falcate e aveva fatto tremare il bancone a cui si era appoggiato.
«Teddy. Devi fermare la McGranitt, lei li espellerà!»
«Hagrid»
«Mi devi ascoltare, riceveranno una punizione e non la meritano»
«Lo so e non riceveranno alcuna ripercussione pesante»
«Teddy …»
Si bloccò nell’esatto istante in cui comprese le parole del ragazzo; gli aveva riferito quella spiegazione con dolcezza. Hagrid ebbe la percezione di essere rincuorato dalla stessa affabilità che caratterizzava ai suoi tempi il buon professor Remus Lupin.
«Ah, ok. Allora posso stare tranquillo? Mi dispiacerebbe se venissero espulsi»
«Certo che no, Hagrid. Nessuno ha intenzione di espellere Rose e Albus»
Il Custode si sentì quasi in colpa per averlo disturbato; si accorse tardi che era occupato e davanti a lui aveva un marasma di libri, fogli e penne.
«Allora torno nella Foresta Proibita, devo terminare un lavoro»
Teddy gli sorrise, ma il suo sguardo cadde su una busta posata sulla scrivania.
«D’accordo. Hagrid, un’ultima cosa. Riusciresti a passare in Guferia per spedire una lettera a Villa Conchiglia? Ho una lezione tra poco e non riesco»
«Ma sicuro! Ci penso io»
 
 
[ 1 novembre 2017 ore 8:45 p.m. – Ottery St. Catchpole – Tana ]
 
Aveva giovato all’anima di Ron rifugiarsi tra le mura della casa della propria infanzia. Era stata una giornata impegnativa tra Hogwarts, il Ministero e tutti i problemi che lo avevano travolto, trasformandosi ogni giorno di più in uno tsunami. Si era ritirato in solitudine nella stanza che aveva occupato da ragazzo; dal piano inferiore giungeva la voce gioiosa e divertita di suo figlio, trascorrere una serata in compagnia dei nonni aveva beneficiato anche all’umore di Hugo.
L’uomo aveva trovato una foto posata sul comodino; la madre non aveva riposto nel cassetto quella vecchia istantanea. La scena immortalata rappresentava un momento felice, uno dei pochi vissuti nel corso dei loro anni da studenti; Ron, Harry ed Hermione erano in posa sorridenti, ma l’attenzione dell’uomo si soffermò solo sulla ragazzina. Dal sorriso di Hermione emergevano i suoi grandi denti da coniglio, la sua espressione beffarda e i lucenti occhi castani che lo avevano sempre ammaliato. La mente di Ron era ferma ai loro undici anni; erano passati venticinque anni, era cambiato tutto da allora, ma i ricordi erano ancora nitidi, per certi versi malinconici; gli mancava vivere il periodo in cui i loro unici battibecchi riguardavano la boriosità di Hermione e la sua negligenza che infastidiva la ragazza. All’uomo sfuggì un sorriso; all’epoca si mal sopportavano, all’inizio del loro primo anno respiravano la stessa aria per obbligo e non per piacere. Venticinque anni dopo non avrebbe mai immaginato – e nemmeno desiderato, lo Specchio delle Brame gli era stato testimone – che avrebbe portato una fede all’anulare infilata proprio da lei. Avrebbe preferito il genere di litigi che affrontavano da ragazzi, erano rimediabili; dopo più di dieci anni di matrimonio e due figli a carico non vi era nulla di semplice, ogni lite pesava come un macigno e la spiccata predisposizione di Hermione al successo alimentava le incomprensioni. Per quanto concerneva il loro rapporto, avrebbe volentieri fatto un salto nel passato, si sarebbe goduto i loro litigi e ancor più le riappacificazioni; era paradossale, il loro attuale coinvolgimento emotivo non era abbastanza potente, anzi non era sufficientemente forte da legare Hermione alla sua famiglia. Ron avrebbe dovuto imporsi, ricordarle che l’abbandono del tetto coniugale senza un valido motivo equivaleva al tradimento del loro vincolo; peccato non sapesse con quali altre parole – diverse da quelle che aveva già impiegato – rammentarle i suoi recenti errori, ma in fondo Rose era già molto brava nell’impresa.
Ron ripose la foto impolverata nel cassetto del comodino, ma non si alzò da letto. Era quasi certo che Molly avesse lasciato il ricordo in bella vista per lui; era difficile che sfuggisse qualcosa a quella donna, aveva intuito da tempo la tensione tra i due coniugi e aveva sperato di stimolare nel figlio una riflessione.
«Ron?»
Aveva appena accostato il cassetto, quando la madre comparve presso la porta aperta per metà. Molly lesse la sconsolazione sul volto del figlio, la interpretò abilmente, ma preferì fosse lui ad esplicitare i suoi turbamenti.
«Tesoro, tutto bene?»
La risposta era scontata per entrambi, essersi chiuso e immerso nella solitudine della sua vecchia stanza era una risposta più che soddisfacente.
«Mamma, il problema sono io, vero? Lei non è qui con noi per causa mia»
«Ma certo che no, Ron, non è colpa tua e nemmeno di Hermione. Non vi state allontanando e ti fa onore consentirle di coltivare le sue doti. Tua moglie è una donna fortunata»
L’uomo liberò un ghigno sarcastico; la madre parlava di una fortuna che lui non scorgeva, la sua famiglia era divisa tra Londra e New York, Rose inoltre soffriva da sola ad Hogwarts. Ron non vedeva spiragli di luce, la serenità girava lontano dai loro cuori.
«Mia moglie si trova a chilometri di distanza e non riesco a far capire a mia figlia che deve stare lontana dai Malfoy. Ti interesserà inoltre sapere che Rose è ai ferri corti con sua madre da quando è partita, lasciando a me l’incombenza del Ministero. La mia famiglia si sta sfasciando ed io sono impotente, non so come evitarlo»
Ron si alzò e iniziò a passeggiare per la stanza. Molly si accomodò al suo posto e seguì i passi frenetici del figlio; aveva l’aria di un uomo in trappola in una situazione che gli stava stretta.
«Hai parlato a Hermione del tuo disagio?»
«Parlare, dici? Difficile che io riesca a scambiare qualche parola con mia moglie. Sa solo imporre e secondo te io riesco a contraddirla? Ma certo che no! Da quando è diventata Ministro della Magia fatico a riconoscerla. Ora lei pensa che un paio di lettere e una chiamata possano colmare le sue mancanze. Ma non è così»
Ron si abbandonò sul materasso, dove affondò sconfitto; lo sguardo rivolto al pavimento trafisse il cuore della madre. Prima che Molly provasse a consolarlo, la voce flebile del figlio espresse sofferenza.
«Le avevo persino proposto … ah, lascia perdere, sono solo uno stupido»
Molly allungò una mano verso quella di Ron e la strinse per incoraggiarlo; la sua anima percepiva la sofferenza dell’uomo, era emotivamente sfinito, succube di una situazione che lo stava schiacciando.
«Cosa le hai proposto?»
Ron fece trascorrere qualche secondo colmo di dolore e chiuse le falangi per rendere più avvolgente la stretta della madre.
«Un figlio. Le avevo proposto un altro figlio»
L’anziana signora Weasley fece fatica a riconoscerlo; non riusciva nemmeno ad immaginare Ron che, nel disperato tentativo di salvare il suo matrimonio, si accollava persino la responsabilità di un’altra creatura. Fino a qualche anno prima non esisteva concetto più distante dalla concezione di Ron; era diventato responsabile grazie ad Hermione, lei si era fidata di lui, gli aveva affidato Rose e Hugo, trasformandolo nell’uomo che Molly aveva davanti. Sua madre e sua moglie erano fiere di lui, la situazione che Ron stava vivendo era faticosa, ma importante per la sua crescita, come uomo e padre.
«Mi ha risposto di non volerlo. Credevo mi amasse. Credevo che la nostra famiglia fosse importante per lei. Per me è molto importante»
«Lo so. Ron, prova a chiamarla, l’orgoglio non aiuterà il vostro matrimonio e nemmeno la vostra famiglia»
«Non voglio perderla, ma lei non si sta sforzando affinché ciò non accada. Non c’era alcuna necessità di partire per New York, è stato un suo capriccio. Il fatto è che Hermione ha bisogno di sentirsi qualcuno, non le basta essere una madre e una moglie. Avrei preferito che seguisse il tuo esempio, persino Ginny alla fine ha capito che la famiglia è più importante di una stupida carriera in una squadra di Quidditch»
Molly lo fissò esterrefatta, Ron stava sminuendo il suo sport preferito, come se fino a poco tempo prima non fosse stato la sua unica ragione di vita; era sufficiente tornare alla sua adolescenza o poco più per ricordare il suo tifo sfegatato, i poster e gli oggetti ancora presenti nella camera ne erano la prova.
«Mamma, ti sei prodigata per i tuoi figli, non avresti mai ricevuto le accuse che Rose sta muovendo a sua madre. A gennaio inizierò l’Accademia, se Merlino vuole diventerò un Auror, ma non sono assolutamente sereno sapendo che saremo entrambi meno presenti»
«Ron, sono nata in un’altra epoca, avevo sette figli e non abbiamo mai navigato nell’oro. Voi avete sofferto di questo»
«Mamma, ciò che ricordo con più piacere della mia infanzia è la tua presenza. Non ero io a soffrire per l’indigenza, ma Rose per l’assenza della madre. Sei così ingenua da credere che Hermione abbia iniziato quella carriera per offrire un futuro più roseo alla sua famiglia? Lo ha fatto solo per se stessa, forse per la Giustizia, ma non per noi. Me ne sono accorto tardi, il tempo passa e la situazione peggiora. Hermione è imprevedibile, non mi ascolta, prende la porta ed esce senza rivolgere un pensiero alle persone che lascia a casa. Temo si stia comportando come Percy»
Il doloroso passato della famiglia Weasley riemerse nella mente di entrambi e procurò a Molly una stilettata in pieno petto.
«M-ma certo che no, Ron. Devi parlarle dei tuoi timori»
«Li conosce»
Molly ringraziò Godric, quando il nipote comparve sulla porta; la conversazione si stava addentrando in argomenti delicati che non era in grado di affrontare senza la giusta preparazione mentale.
«Papà, sono stanco»
«Accompagna a casa Hugo, Ronald, e chiama tua moglie»
Le sue parole suonarono come un ordine, invece era solo un consiglio da parte di chi aveva vissuto buona parte della vita e poteva permettersi di insegnarla ai posteri.
 
 
[ 1 novembre 2017 ore 10 p.m. – Casa Granger-Weasley ]
 
I consigli di Molly erano stati influenti; rimasto solo Ron, in compagnia del figlio, accolse i consigli della madre, della sorella e del cognato; era stato sincero, non desiderava perderla e lasciare che si allontanasse per colpa del suo orgoglio. I telefoni babbani non gli erano simpatici, Hermione con pazienza gli aveva insegnato ad alzare la cornetta e a comporre il numero, ma era nervoso e la sua presa non era salda. Non ricordava a memoria nemmeno il numero che Hermione gli aveva fornito, così aprì il cassetto del suo comodino e iniziò a rovistare in cerca delle ultime lettere spedite dalla moglie; era un’impresa ardua in mezzo al marasma di ogni genere di oggetti recuperare qualcosa in particolare, in aggiunta, in preda alla rabbia, aveva incassato i fogli giunti da New York in fondo al cassetto come se fossero carta da riciclo. Riuscì a recuperare una lettera ancora integra, forse un po’ sgualcita, ma distendendola con cura il numero era ancora visibile; lo compose, eseguendo con attenzione la procedura e attese lasciando che la sua mente venisse inondata dai rintocchi degli squilli.
«Pronto»
La voce della moglie comparve al quarto segnale acustico, era assonnata. Non le rispose, non si annunciò, ma si accorse che gli era mancata la voce di quella donna, non era casa senza di lei; la percepiva distante, ovattata dall’apparecchio telefonico, ma sentirla era un refrigerio per il cuore.
«Pronto? Chi parla? Ron, sei tu?»
L’aveva riconosciuto dal respiro affannato o dal battito accelerato? Non sapeva che ore fossero a New York, ma l’aveva svegliata. Il suo solito pessimo tempismo.
«Ciao, Hermione»
Il suo saluto era stato freddo come il ghiaccio; non era sua intenzione risultare troppo severo, ma la sua anima soffriva ed era lei ad interagire al suo posto prendendo il sopravvento sulla volontà.
«Ciao. Amore, come stai?»
Era commossa, la sua voce si era incrinata; era felice di sentirlo, aveva perso le speranze conoscendo il grado di orgoglio e permalosità del marito.
«Sei ancora lì?»
«Sì, ci sono»
«State tutti bene?»
«Alla grande, sì»
«Ron, mi manchi, te l’ho scritto centinaia di volte nelle lettere. Se hai il mio numero, significa che le hai lette»
Era perspicace, ma a lui serviva poco la sua perspicacia, ne godevano più al Macusa ultimamente. Hermione non lo stava rimproverando per il comportamento che aveva tenuto negli ultimi giorni, comprendeva la rabbia del marito, era legittima.
«Sì, le ho lette. Grazie del pensiero»
«Ron, ti sento distante»
«Forse la linea non funziona bene»
«Magari fosse solo una questione di linea, vero?»
«Già»
Una parola fu sufficiente per colpire Hermione dritta nello stomaco, il veleno di Acromantula in confronto sarebbe stato succo di zucca.
«Ron, se mi hai chiamato solo per fare un favore a qualcuno …»
«In effetti avrei potuto evitare. Hermione, mi manchi anche tu, da morire e non so per quanto riuscirò a resistere senza di te. Ma sono anche infuriato con te, avevamo la nostra famiglia, eravamo felici, o almeno io lo ero»
«No, Ron, non lo eravamo. Sappiamo entrambi che non eravamo felici nemmeno prima»
«Ora invece lo siamo, certo»
Tacere davanti al sarcasmo del marito sembrò ad Hermione la scelta più saggia; non si sentivano da diversi giorni ed era da sciocchi trascorrere quel tempo litigando.
«Hermione, hai riattaccato?»
«Non lo farei mai dopo che mi hai richiamata. Tra qualche giorno torno a casa per il fine settimana, mi piacerebbe cercare i regali di Natale. Mi accompagni?»
«Sì, dai, poi vediamo»
«Con lo stesso entusiasmo che hai ora?»
Era sarcastica, ma si mostrò comunque divertita.
«Esatto, proprio con lo stesso entusiasmo, sai che non amo fare compere»
«Sono i regali di Natale, non sono compere qualsiasi, o quest’anno non ti va di festeggiare?»
«Ho poco da festeggiare»
«Ron, per carità, mi manca il tuo umorismo, mi dava la carica giusta per affrontare la giornata»
Ogni discorso che affrontavano era motivo di discussione, cambiare argomento avrebbe consentito alla chiamata di protrarsi qualche minuto in più.
«È notte da te, Hermione?»
«Sono le cinque del mattino e sono ancora sotto le coperte»
«Come sei lontana. Sei da qualche parte del mondo senza di me»
Il Ministro cercò di riscoprire il sorriso per entrambi; desiderava scongiurare che le poche ore di riposo restanti fossero accompagnate dalle lacrime, oltre che dall’assenza del marito.
«Sai, Ron, ogni tanto mi torna in mente una canzoncina, non so se la ricordi: “perché Weasley è il nostro re, ogni due ne para tre; Weasley è il nostro salvatore col suo gioco pieno d’ardore …”»
«“… Vinceremo noi perché, perché Weasley è il nostro re”[1]. Sì, la ricordo, uno dei miei pochi trionfi nella vita»
«No, tesoro, solo uno dei primi. Tu sei un vincitore per me e la tua famiglia, non dubitarne mai»
La voce assonnata di Hermione era sempre più fioca, Ron sentì che a stento la moglie riuscì a contenere uno sbadiglio, eppure la dolce sensazione di sicurezza lo aveva per l’ennesima volta attanagliato, sarebbe stato ore a bearsi di quel dolce suono.
«Hermione, ti stai addormentando?»
«Perdonami, sono solo stanca, non mi stai annoiando, non potresti mai»
«Ti lascio riposare allora»
«No, aspetta! Mi prometti che da oggi in poi risponderai alle mie lettere e alle mie chiamate?»
«Dipende dall’umore che avrò. Non è cambiato niente stasera, tu sei lì ed io sono qui»
«Resti sempre nel mio cuore, Ron»
«In questo momento credo di essere solo nel tuo ufficio. Dormi bene, Hermione»
Suo marito era rancoroso, era impossibile da lontano placare i sentimenti astiosi che provava. Hermione invece provava solo una grande mancanza nei confronti della famiglia; i suoi figli – specie Rose – occupavano buona parte dei suoi pensieri a qualunque ora del giorno e della notte, in qualunque attività fosse impegnata.
«Concedimi ancora qualche minuto, ti prego. Mi passeresti Hugo? Ho una gran voglia di sentire mio figlio»
«Abbiamo cenato dai miei, si sta cambiando. Appena finisce te lo passo»
«Mi mancano le ricette deliziose di tua madre»
«Allora torna presto. Anche tu manchi a lei»
 
 


Ciao ragazzi!
Ritardo colossale ^^”.  Non riuscivo a trovare il tempo di scrivere un paio di scene, scusate!
Mi mancava Hagrid, credo che senza di lui non sia Hogwarts **.
Dopo un anno e mezzo che scrivo questa storia continuate a seguirmi e crescete di numero, siete fantastici, davvero, grazie di cuore <3
Alla prossima!
Un grande abbraccio
-Vale
 

[1] Tratto da Harry Potter e l’ordine della fenice.
   
 
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