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Autore: kamy    18/06/2020    0 recensioni
Un caso per il commissario Dupré.
Giovanni Duprè è il nome di un pittore realmente esistito che ho deciso di usare in questa storia.
Il commissario non è esattamente una figura positiva. La sua leggera misoginia è voluta.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un caso per il commissario Dupré.

Giovanni Duprè è il nome di un pittore realmente esistito che ho deciso di usare in questa storia.

Il commissario non è esattamente una figura positiva. La sua leggera misoginia è voluta.

Questa storia partecipa alla challenge di Punto & Virgola.

Link pagina: https://www.facebook.com/ValerieEFP90/posts/126835449046790?notif_id=1592424863140412¬if_t=mention&ref=notif

I pacchetti:

Inizio- Cobalto - ‘Se la sua vita fosse stata un libro, Frankie l'avrebbe intitolato DELUSIONE, definendo così degnamente il disastro che erano la sua carriera, la sua famiglia e, naturalmente, la sua vita sentimentale.’ - La vita inizia quando trovi il libro giusto, Ali Berg, Michelle Kalus.

Parte centrale -  Platino - ‘In quel villino è nascosto un segreto che non avrebbe proiettato su di noi ancora a lungo la sua ombra cupa. non ho bussato nemmeno alla porta, ho girato la maniglia e mi sono precipitato dentro.’ – L’avventura della faccia spettrale, Arthur Conan Doyle.

Conclusione - Arsenico ‘Ma nonostante quelle manchevolezze, gli auguri, le speranze, l'affetto, gli auspici del piccolo gruppo di veri amici presenti alla cerimonia furono interamente confermati dalla perfetta felicità di quell’unione’ - Emma, Jane Austen.

 

Matrimoni e veleni

 

L’investigatore Giovanni Dupré era sdraiato sul letto. Il suo corpo era abbandonato indolente, ma i suoi occhi vagavano irrequieti.

L’uomo si passò la mano tra la barba spessa e il suo sguardo si focalizzò sul soffitto. I suoi occhi, dalle iridi grigio chiaro, avevano un taglio aguzzo e il suo viso era severo, squadrato.

< Avrei potuto dirle che mi andavano bene tutte le modifiche che voleva fare alla mia abitazione. Avrei dovuto dirle quanto fossi felice della sua scelta di trasferirsi con me.

Avrei…

Non ho fatto niente di tutto questo. Non volevo perdere la mia libertà. Sono il solito scontroso che vive solo per risolvere i suoi casi.

Occuparmi di quei delitti non è questione di giustizia, ma di perverso orgoglio. Miro a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle fino a farli quadrare >.

Recuperò la tabacchiera e la pipa dal comodino, aprì il cassetto e ne prese dei fiammiferi.

< Se la mia vita fosse un libro, la intitolerei: Delusione.

Nina se n’è andata. Non ritornerà, non varcherà più quella porta.

Sono anni che rimando la nostra convivenza. Non l’ho mai trattata male, ma… Ho lasciato che il nostro rapporto divenisse languido, stanco e annoiato, abbandonato in un angolo a fare la polvere.

Sì, delusione è la parola esatta per definire degnamente il disastro che sono la mia carriera, la mia famiglia, e, ovviamente, la mia vita sentimentale >.

Mise il tabacco nella pipa e l’accese. < Molti potrebbero pensare che sono ben sistemato come commissario. Minchiate.

Sono anni che devono darmi una dannata promozione. Raggiungerò la pensione e sarà già tanto se non mi avranno fatto retrocedere >. Si deterse le labbra con la lingua., espirando il fumo dalle narici. La pipa era di legno chiaro, cesellato.

Il telefono di Dupré squillò. Una volta recuperato, l’uomo rispose alla chiamata dicendo: “Sì?”.

“Commissario, scusi se la disturbo a quest’ora. Però c’è stato un suicidio”. Riconobbe la voce di un suo collaboratore.

“Non potevate chiamare Leon?” domandò, riferendosi al suo Vice.

“Signore, è una cosa grave. Il suicida si è buttato sotto un treno e ha bloccato la circolazione del regionale. Ha lasciato una lettera d’addio appesa ad un lampione. A quanto pare ha commesso un omicidio” gli rispose l’altro poliziotto.

Dupré si alzò seduto, con sguardo attento. < Ora sembra interessante > pensò. “Alla stazione centrale?”.

“Sì, signore. Al binario sette” gli venne risposto.

“Arrivo” rispose lui, chiudendo la telefonata.

 

***

 

L’investigatore raggiunse una giovane dai corti capelli castani. La chiamò: “Mrs. Elizabeth si fermi”. Estrasse un taccuino con una penna. “O qualche domanda da farle riguardo al suicidio del giovane signor Charles”.

Elizabeth si voltò verso di lui, con calma studiata, ed annuì, stringendo a sé la borsa colma di libri. “Non mi aspettavo avrebbero chiamato la polizia. Lei è?” domandò.

“Dupré, sono l’investigatore addetto a questo caso” rispose l’uomo.

Lei sussurrò: “Oh, è un piacere”.

L’investigatore socchiuse gli occhi, fino a renderli sottili.

“Piacere mio” rispose con tono sbrigativo.

La giovane donna si ravvivò i capelli con una mano, il suo profumo punse le narici dell’investigatore.

“Questa storia è una tragedia”. Deglutì in modo vistoso. “Non posso credere che un brav’uomo come lui si sia suicidato” disse.

L’investigatore si portò la sigaretta alle labbra e la scrutò, con attenzione.

“A quanto pare la morte del suo capo non fu un incidente. Il signor Charles ha confessato di averlo avvelenato e di essersi ucciso per il rimorso”.

La donna sgranò gli occhi, impallidendo.

“Co-cosa? Charles avrebbe ucciso suo padre?” gemette, tremando. “Certo, non andavano d’accordo, ma… Non posso crederci. Lui era così sensibile…” esalò.

“Mi hanno detto che non andava d’accordo con il padre” disse il commissario.

La giovane annuì. “Piangeva spesso. Sa, era così fragile…”.

< … E completamente incapace con i veleni. La signorina ha dei gioielli molto costosi e anche il suo profumo deve valere molto. Però quella borsa e quei libri sono di seconda mano. La sua dev’essere una ricchezza recente che non proviene dalla famiglia > rifletté l’uomo.

“Lei era una delle studentesse del signor Edward?” domandò.

La giovane annuì, chinando il capo.

“Un vero luminare…” sussurrò.

L’investigatore prese un paio di appunti e si deterse le labbra con la lingua.

“All’università mi hanno detto che lei è qui grazie ad una borsa di studio” disse.

La giovane annuì.

“La devo al signor Edward. Lui ha riconosciuto le mie doti” ammise.

 

***

 

< Io e il mio Vice abbiamo brancolato nel buio anche troppo. Avviluppati da un’ombra cupa che proviene da un segreto nascosto proprio in quel villino. Ora è tempo di mettere fine a tutto questo.

Non busso nemmeno alla porta e non utilizzo la maniglia. Sfondo l’uscio e mi precipito dentro.

Chi era veramente colpevole mi è stato chiaro fin dal primo momento. Però, anche se possedevo il movente, non potevo provarlo. ‘Lei’ aveva un alibi.

Al contrario del mio vice non mi ero fatto ingannare dalle sue graziose forme.

Forse perché il mio cuore è più proiettato verso una come Nina. Lei è sempre stata una donna semplice, per quanto brillante, tutta il contrario della mia assassina. Riesco a riconoscere le donne predatrici, voraci quanto i peggiori degli uomini > pensò.

Elizabeth si voltò verso di lui, lentamente.

“Non avrebbe dovuto seguirmi qui, commissario”. Al suo fianco c’era un’alta pianta tropicale, dotata di lunghi aghi intrisi di veleno. “Un solo movimento e la mia creazione sparerà i suoi dardi ovunque. Saremo morti prima che ci ritrovino”.

“Lei aveva un movente più che evidente, il signor Edward aveva deciso di non pagare più per farle vivere la sua vita mondana, ben al di sopra delle sue possibilità.

Il signor. Charles questo lo sapeva. Era pronto a prendersi la sua colpa e si è suicidato per questo” le disse Dupré, guardandosi intorno.

“Sì, quel viscido vecchio di suo padre non voleva più mantenermi, aveva trovato un’altra amante.

Quel idiota di Charles doveva lasciare tutto come stava. Sembrava che quel matusalemme maledetto fosse morto per cause naturali.

Invece no, Charles doveva mescolare le carte! In fondo lei è qui proprio per quel dannato suicidio!”. La voce di Elizabeth era strozzata, mentre gridava.

< La devo lasciare parlare. Finché è distratta posso agire > pensò Duprè. Con un movimento nascosto della mano afferrò un pezzo di legno. < Ho un’unica possibilità > si disse.

 

***

 

“Pronto?” biascicò Dupré con la voce impastata, avvicinandosi l’apparecchio al viso.

“Sono Nina” rispose una voce femminile dall’altra parte.

< Basta così poco per raggelarmi, soltanto un nome... il suo nome.

Una spiacevole sensazione mi colpisce al cuore, mentre i peggiori scenari apocalittici mi scorrono davanti.

Dopo dieci anni insieme, avrà deciso che le braccia di qualcun altro possono accoglierla meglio delle mie?

In fondo ho incrinato io per sempre il nostro rapporto. Anche se lei mi ha sempre aspettato pazientemente, fin troppo rispetto a quanto si meriti una testa di minchia come me > pensò l’uomo.

“Ho saputo che sei finito in ospedale”. Proseguì lei.

Il commissario fece un pesante sospirò.

“Lavanda gastrica d’urgenza. Dovrò mangiare orribili pappette e brodaglie dietetiche per un po’. Penso che questa sia la vera tragedia” rispose. < In fondo non puoi giocare una partita a scacchi contro una vedova nera e pensare di non rischiarne il morso. Soltanto che lei avrebbe dovuto sapere che uno come me fa sempre scacco matto > pensò. “Però non preoccuparti, mi hanno già dimesso. Non potevano sopportarmi a lungo”.

Udì Nina sospirare dall’altro lato dell’apparecchio.

“Se venissi da te per un po’, a preparartele quelle pappine, ti darebbe fastidio?” gli domandò.

Dupré serrò gli occhi e, con decisione, cercando di rendere più calda la sua voce roca, disse: “Non mi dispiacerebbe se tu rimanessi per sempre”.

Nina mormorò: “Mi sa che la cosa è più grave del previsto. Non è da te parlare in questo modo”.

“Vedere la morte in faccia ti fa capire quali grossi sbagli hai commesso nella vita” rispose Dupré. “Lasciarti andare è stato il più grande di tutti”.

La sentì ridacchiare.

“Vengo domani sera. Ci sentiamo di mattina per metterci d’accordo” gli disse.

“A domani” biascicò Giovanni. La sentì chiudere la telefonata e posò l’apparecchio sul comodino, passandosi la mano sul viso.

< Ora chi riuscirà a chiudere nuovamente occhio? > s’interrogò l’uomo.

 

***

 

“Allora, cosa è successo di preciso?” domandò Nina, mentre gli rifaceva il letto con movimenti diligenti.

Lui era seduto in veranda e guardava il mare in lontananza, che s’intravedeva tra gli edifici. Il vento freddo della sera gli sferzava il volto, arrossandogli il naso.

“Un nuovo innesto di pianta mi teneva sotto tiro. Qualsiasi movimento l’avrebbe indispettito. Quindi mi sono nascosto dietro un pezzo di legno abbastanza grosso da proteggermi tutto, rannicchiandomici dietro con un gesto solo. Sono riuscito a non farmi colpire da nessuno degli aculei di quel vegetale.

Lo stesso non si può dire della mia sospettata che non si aspettava un gesto così avventato da parte mia” rispose.

“Perché non ti conosce quanto me, Giovanni. Tu sembri sempre molto riflessivo, ma sei solo pigro” ribatté Nina.

Dupré ridacchiò, una risata arrocchita da fumatore.

“Mi ameresti se non fossi così sorprendente alle volte?” domandò.

Lei lo raggiunse, appoggiandosi allo schienale della sua sedia e gli accarezzò la spalla.

“Questo non mi spiega come mai sei finito comunque avvelenato. Lei era già morta” disse.

Il commissario annuì, assumendo un’espressione meditabonda.

“Ammetto di aver commesso un’ingenuità. Desideravo ardentemente riavere la tua benevolenza. Sapevo che, ancor più della convivenza, tu desideravi il matrimonio”.

Nina trattenne il fiato, portandosi una mano alla bocca, mentre il suo battito cardiaco accelerava.

“Nonostante quella donna fosse una chimica eccezionale, avendo visto l’espediente della pianta più orientato verso il mondo botanico, pensavo che mi avrebbe attaccato utilizzando dei serpenti. Ne erano spariti alcuni al rettilario.

Non avrei mai creduto che si sarebbe introdotta in casa mia per avvelenare la torta nuziale che avevo comperato.

Lei era già morta, ma la torta avvelenata erano ancora là.

 Mi ero lasciato convincere da Leon a comprarla, ad accelerare le tappe per la tua riconquista, saltandone alcune. Volevo mostrartela, ma poi non resistito. Ho voluto assaggiarlo per sapere se era alla tua altezza, ne avrei fatta portare una identica.

Se i miei amici non fossero stati con me quel giorno per consigliarmi, il veleno avrebbe messo fine ai miei gironi troppo in fretta” spiegò Dupré.

Nina si chinò.

“Questo è terribile” esalò.

“La torta?” domandò Giovanni, piegando le labbra in un sorriso tra il serafico e l’ironico.

Nina negò col capo.

“Se davvero vuoi chiedermi in moglie, lo troverò fantastico, ma… Il mio cuore si angoscia al pensiero che saresti potuto morire solo perché non ho voluto ‘io ‘aspettare i tuoi tempi”.

Dupré si alzò dalla sedia e s’inginocchiò davanti a lei, prendendole la mano nella propria.

“Non darti sempre la colpa” sussurrò. La guardò negli occhi. < Lei è luminosa come una stella, o come l’idea che è in grado di far luce su tutto il caso > pensò. “Vuoi sposarmi?” domandò.

“Certo che lo voglio” rispose Nina.

 

***

 

< Il matrimonio non è stato certo come mi aspettavo. Faceva troppo caldo, gl’invitato erano mogi, i parenti insopportabili e c’erano troppe mosche in chiesa.

Io stesso non ero migliorato. Ancora non capivo come Nina potesse sopportarmi.

Lei era nervosa, ma bellissima. Anche se non le avevo mai visto tutto quel trucco in faccia, era quasi strano.

L’organista forse ha sbagliato qualche nota ed io ero in ansia per una possibile chiamata di lavoro. Anche se ero in vacanza, c’è un tacito accordo tra noi poliziotti: “Si è sempre reperibili”.

 … Ma nonostante quelle manchevolezze… Nonostante le ovvietà come gli auguri, le speranze, l'affetto, gli auspici del piccolo gruppo di veri amici presenti alla cerimonia, la giustezza della mia decisione fu confermata dalla perfetta felicità che quell’unione provocava in me e in Nina > pensò Dupré. Mise in moto la macchina.

“Pronta per il viaggio di nozze?” domandò lui secco.

Nina annuì sorridendo.

< Sperando non ci siano morti a disturbare questa luna di miele > pensò. Partì sgommando, mentre gli invitati, riflessi nello specchietto retrovisore, si facevano sempre più piccoli e lontani.

 

  
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