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Autore: Ayumu Ena    19/06/2020    6 recensioni
{ generale, angst, slice of life, introspettivo, missing moments, what if?, PTSD | Bucky!centric | La OS #01 partecipa alla Mistery Box Challenge indetta da La Torre di Carta }
#O1. › In quello spazio che sembra infinito, dove non vi è risposta alle sue domande, dove nessuno dei presenti sa dare un nome a quel luogo, Bucky avverte una strana pace interiore – proprio lì, all'altezza dell'anima.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Genere: introspettivo, generale
Contesto: Avengers: Endgame
Prompt: 9. Tema libero

Partecipa alla Mistery Box Challenge indetta da La Torre di Carta

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Perdona ciò che non sei mai stato






C A P. U N O » Andiamo a casa
[ afferra la mia mano, la guerra è finita e io – lo prometto – non ti lascerò mai più ]

  «Steve...?»
  Un sussurro, una domanda, forse anche una richiesta d'aiuto. Nemmeno Bucky sa come definire quel nome soffiato fuori quasi d'impulso. Quando ha avvertito un anomalo formicolio alle dita, ha detto la prima cosa che gli è passata per la testa.
  Sotto la pelle, Bucky avverte tanti spilli che lo divorano incessantemente e ad una velocità che di normale non ha niente; si irradiano nelle braccia, poi nelle gambe e infine nel resto del corpo. Quando alza la mano sinistra per controllare di essere ancora tutto intero, scopre che non c'è niente da guardare – letteralmente niente. L'arto si è dissolto nel nulla, come fumo nell'aria, come foglie in balia del vento.
  Vorrebbe davvero dirglielo, a Steve, quello che sta provando ma, ormai, di lui non è rimasto altro che un uomo a metà. Cade al suolo senza nemmeno raggiungere terra, sbriciolandosi davanti ai suoi occhi.

  Quando Bucky torna in possesso del suo corpo, ad accoglierlo non vi è altro che una tiepida luce. Immerso in quello che sembra un tramonto eterno, Bucky ha tutto il tempo di fare mente locale e se anche solo per un attimo ha creduto di essere morto, al vedere Sam a pochi metri da lui, sdraiato al suolo, nell'esatta posizione in cui si era dissolto qualche istante prima nel Wakanda, si ricrede. Perché nessuna delle persone a lui care potrebbe mai trovarsi con lui una volta che il suo cuore avrà cessato di battere. Bucky lo sa, all'inferno ci andrà da solo.
  Inspira pesantemente e tronca sul nascere altri pensieri inutili. Negli ultimi mesi passati nel Wakanda, ha imparato e mettere un freno a tutto lo schifo che ha nel cervello, ma è ancora lontano dall'essere perfetto. Si concentra quindi sulla voce di Sam, ora di nuovo in piedi e con un'espressione turbata sul viso.
  «Cosa diamine è successo?», sbotta, raggiungendo Bucky in due falcate. «Dove sono gli altri? Non è che siamo...» morti?
  La frase rimane in sospeso e Bucky non ha davvero bisogno che l'altro la completi per capire. Negli occhi di Sam legge paura e rifiuto. Conosce bene quella sensazione: anche solo l'idea di essere passati a miglior vita è difficile da processare, se non impossibile.
  Così Bucky decide di intervenire, prima che la situazione degeneri. «No», risponde con una sicurezza che non è da lui. «Non credo».
  «Perché, tu hai esperienze in merito?», dice canzonatorio con l'accenno di un sorriso sulle labbra, anche se subito dopo si pente di essere stato così indelicato, ricordando quante volte Bucky abbia sfiorato – se non toccato, addirittura – il freddo bacio della morte. Per questo motivo lascia perdere e decide di non infierire oltre, incamminandosi verso quelli che sembrano Wanda, T'Challa e Shuri.

  In quello spazio che sembra infinito, dove non vi è risposta alle sue domande, dove nessuno dei presenti sa dare un nome a quel luogo, Bucky avverte una strana pace interiore – proprio lì, all'altezza dell'anima. E se non fosse stato per Sam che con un cenno del capo gli intima di spostare lo sguardo sullo stregone dal mantello scarlatto, Bucky non si sarebbe minimamente accorto del suo strano comportamento. Infossa d'istinto le sopracciglia, sentendolo borbottare qualcosa tra sé e sé, mentre Sam, invece, lo guarda senza capire, invidiando i sensi più sviluppati del super-soldato.
  «Manca poco...» sussurra lo stregone e Bucky si chiede a cosa si stia riferendo.
  Avverte le iridi scure di Sam su di sé, che fremono per avere maggiori informazioni e quando non le sente arrivare – perché, infondo, nemmeno Bucky ci ha capito nulla di quelle due parole biascicate a nessuno in particolare – allora lo scorgere dischiudere la bocca, prima di fermasi a metà e richiuderla di scatto.
  Ancora una volta, non c'è bisogno che l'amico dica nulla, perché ancora una volta sono arrivati alla stessa conclusione. Sta succedendo, di nuovo. Il formicolio li tormenta da dentro, ovunque, anche nelle ossa, proprio come cinque minuti fa, e loro tornano ad essere nient'altro che polvere.

*

  Stephen Strange, più conosciuto come Doctor Strange.
  Bucky lo ha scoperto appena prima della battaglia e appena dopo esser tornato a calpestare il suolo terrestre. E – anche se non c'era stato il tempo materiale per altre spiegazioni – quando gli è stato detto che loro avevano (e hanno perché la guerra imperversa ancora sotto i suoi occhi) bisogno d'aiuto, Bucky non se l'è fatto ripetere due volte.
  Ci sarà tempo dopo per parlare, continua a ripetersi, mentre si dimena senza tregua fra un ammasso e l'altro di corpi dalle fattezze animalesche.
  C'è chi giace inerme nel fango sporco di sangue e Bucky rimembra vecchi volti d'una guerra lontana. È stanco di combattere. Lui che non l'ha mai voluto, ma che in passato è sempre stato costretto a farlo. Lui che desiderava – e forse anche adesso, non lo sa di preciso – una vita tranquilla. Lui che voleva essere tutto tranne che una macchina da guerra.
Si guarda intorno, al suo fianco ci sono alleati di cui non sa il nome. Feriti di entrambe le fazioni, ma nessuna traccia di Sam, Steve, T'Challa o volti conosciuti. In mezzo alla marmaglia, li ha persi di vista. Inspira ed espira, non perché sia affaticato o altro, piuttosto perché deve trovare un modo per non pensare al peggio.
  I nemici non gli concedono un secondo di tregua: l'unico modo per proseguire è ucciderli. E più ne abbatte, più sembrano aumentare. La speranza si spegne come un fuoco senza ossigeno e il mondo di Bucky comincia a macchiarsi di buio. L'oscurità lo avvolge e arrendersi diventa un'opzione facile, a portata di mano, ma non sarebbe la scelta giusta.
  Poi, un debole bagliore, inciso su uno scudo a metà, distrutto come chi ne porta il peso da anni.
Steve, constata, osservando Captain America schiacciato da una carcassa di un gigante.
  Corre da lui, per aiutarlo a spostare quel peso morto dal suo corpo e al vederlo così mal ridotto, Bucky non può fare a meno di ricordare i vecchi tempi a Brooklyn, mentre un incredulo Steve lo guarda pensando di star vivendo un'illusione.
  «Sai», osserva Bucky «a volte penso che ti piaccia essere preso a pugni».
  Steve non replica, non dice niente, non riesce ad articolare nessuna frase di senso compiuto, si limita a sorridere e ad afferrare la mano tesa dell'altro. Finalmente è a casa.

{ 1052 p. }




N O T E di A Y U
Ma io non dovrei pensare ad aggiornare la long e l'altra raccolta che ho in corso, invece di iniziarne una nuova? Assolutamente sì, ma siccome mi piace complicarmi la vita, ho pensato: perché non partecipare alla challenge indetta da La Torre di Carta con quella raccolta di os su Bucky e compagnia bella?
Quindi, eccomi qua, ancora una volta a scrivere su di lui.
Sulla storia non ho molto da dire, credo (spero!) che si spieghi da sola. In Endgame non c'è stata una vera e propria riunione tra Bucky e Steve, mentre io, invece, la pretendevo... insomma, Steve non vedeva Bucky da cinque anni, un minimo di entusiasmo avrebbe dovuto averlo. Ahn! E Poi, ho immaginato tutti coloro che non sono sopravvissuti allo schiocco dentro la gemma dell'anima. Ho mantenuto anche la questione dei cinque minuti, anche se ritengo sia un errore nel film, ma questo è un altro discorso.
Spero quindi che la storia vi sia piaciuta e – come sempre – vi ringrazio per essere giunti fin qua a leggere.

ayu
   
 
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