Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Elisaf8    23/06/2020    2 recensioni
Sapeva di lei, delle sue labbra alla ciliegia troppo zuccherina, una di quelle profumazioni che si usano per i lucidalabbra per bambine con le principesse stampate sopra. || One Shot dedicata ad un addio struggente, partecipa al contest "Un minuscolo assaggio del mio mondo" indetto da Frenzthedreamer sul forum di EFP"
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lucidalabbra alla ciliegia

 

Teneva in mano un biglietto che sapeva di lavanda, limone e caffè, di parole non dette, di scuse e di pentimenti. La scrutava con quei suoi occhi zaffirei come se sperasse che lei potesse leggerli, che dal nero della pupilla lui potesse arrivare fino al suo cuore. Rimase davanti a lei per un attimo di troppo, il viso oscurato da nuvole che avevano spento la brillantezza del suo sguardo. Quel giorno avrebbe piovuto molto nel cuore di Paride, ma l’idea che ci si potesse innamorare nella vita non era contemplabile per lui. Avere una donna diversa ogni weekend era ancora la strada più lontana dal dolore possibile. 

Le voltò le spalle e lei che mai aveva voluto guardarlo per davvero sentì che qualcosa sarebbe mancato per sempre. La consapevolezza che quel momento sarebbe venuto presto o tardi le scese giù per la gola fino alle viscere, e una lacrima le corse lungo la guancia. Avrebbe voluto rimuoverlo dai suoi ricordi come quando sua zia le diceva che avrebbe trovato il pranzo nel frigo e lei faceva finta di dimenticarsene, o come i libri di scuola casualmente lasciati sotto i banchi prima dell’estate. 

Sul biglietto c’era scritto “Ofelia, ti amo”.


Lei era l’eterna ricerca dell’equilibrio e lui era le fondamenta, le certezze inamovibili della vita. Lei era l’astratto e lui una volta le aveva detto che gli piacevano le cose che si potevano prendere a pugni, perchè erano più vere delle altre. Lei aveva portato il terremoto e lui si era sgretolato davanti ai suoi occhi. E ora doveva ricostruirsi da capo. 

La prima volta che l’aveva vista aveva pensato che sembrava uscita da una crisalide la mattina stessa, la pelle diafana come se rifiutasse il sole, il corpo tanto minuto che un bozzolo avrebbe potuto contenerlo davvero. Temeva di scalfirla, se l’avesse toccata. Aveva accolto dinanzi a sè ragazze e donne di ogni sorta, ma mai aveva incontrato un fiore ancora in potenza. E nonostante ora non fosse più solo in potenza, manteneva quella leggerezza intrinseca dei boccioli che rischiano di volare via al primo soffio di brezza che per lui era inspiegabile, come se un miracolo della Natura la rendesse sempre infinitamente delicata come il primo istante, una di quelle sinfonie che inebriano i sensi anche dopo cento volte che le ascolti. 

Accelerò il passo, l’edificio in mattoni rossi con l’ingresso ad arco a tutto sesto si avvicinava sempre più e nello stomaco una voce sempre più invadente lo implorava di fermarsi e tornare a vivere la vita insieme all’unica donna che gliel’aveva stravolta. La sua testa però comandava i muscoli e continuava a fargli mettere un piede davanti all’altro in una fuga disperata dai sentimenti. Arrivò alla stazione con il fiato corto nonostante la strada fosse in discesa, il biglietto di sola andata per la città in una mano e la lettera nell’altra. Sapeva di lei, delle sue labbra alla ciliegia troppo zuccherina, una di quelle profumazioni che si usano per i lucidalabbra per bambine con le principesse stampate sopra. Li aveva sua sorella da piccola, diceva che la facevano sentire bella come quelle principesse. Ne metteva ogni giorno uno diverso, e anche se lui sapeva benissimo che in fondo erano tutti uguali, ogni volta che passava dal negozio vicino a casa gliene portava uno nuovo. Li usava talmente tanto che la carta decorativa si rovinava dopo poco, e allora la confezione finiva sullo scaffale perchè così non si rovina di più. Avevano un sapore quasi stucchevole, sicuramente dissonante con il corpo da donna adulta di Ofelia. Ma forse perchè lei era tutta dissonante, come una musica suonata da un flauto intonato male, di quelli che facevano infuriare il suo direttore d’orchestra quando era ragazzino. Di quelli che se li senti da soli non te ne accorgi, ma che poi saltano subito all’orecchio in mezzo agli altri, ed era questo che la rendeva così speciale. Ed era sempre questo che lo aveva fatto innamorare e andare via.

Si voltò un’ultima volta sperando che lei non ci fosse più, e invece il suo sguardo indagatore era ancora posato su di lui, un centinaio di metri indietro sul rettilineo di sanpietrini che portava alla piazza grande. 

“Lo sai che non posso restare.”

“Puoi, se solo affrontassi le tue paure.”

“Addio.”

“Ciao.”


Le stazioni hanno quell’odore ben preciso di ferro arrugginito misto a carburante, il senso di solitudine dei viaggiatori di paese. Il labirinto di fili della corrente sopra la sua testa e la banchina completamente vuota gli diedero le vertigini. Si sedette su una panchina in pietra senza schienale e chiuse gli occhi. Se ne stava andando per davvero. 

Il treno Regionale Veloce 4207 è in arrivo al binario 1. Allontanarsi dalla linea gialla di sicurezza.  

Quando seduto sugli scomodi sedili blu con i poggiatesta più sporchi della storia guardò fuori dal finestrino e vide i capelli biondi di Ofelia ondeggiare al vento e poi scorrere via mentre il treno si metteva in moto, poggiò una mano sul vetro e le promise dentro di sé che non si sarebbe mai scordato di quei mesi, gli ultimi al paese dopo una vita che ci abitava. In cima alla collina scorgeva la sua villetta, ma le tende in velluto rosso non c’erano più. 

Solo dopo che la campagna gli correva accanto da un po’ ebbe il coraggio di aprire la lettera. 

 

Ciao Paride,

non mi piace iniziare le lettere scrivendo “Caro” perché mi dà quell’idea di formalità inutile che si usa solo quando si odiano le persone. Ma allora perché scrivergli una lettera?

Sto divagando nella scrittura come quando parlo perché non sono brava a spiegare come mi sento. Mi ricordo che ci sei rimasto male quando, mentre giocavi sopra le lenzuola a disegnare cerchi attorno ai nei del mio braccio, mi hai chiesto perché bevessi il caffè così in fretta e io non ti ho risposto. La realtà è che non lo so nemmeno io perché bevo il caffè, non mi piace, ma mi avevano detto che fa passare il senso di fame ed è un’abitudine che ancora non sono riuscita a sradicare. Ci sono stati anni in cui ne bevevo sette al giorno e poi non dormivo la notte, ma è stata la prima cosa che mi hai proposto quando ci siamo conosciuti per farmi restare qualche minuto in più da te e non ho potuto rifiutare. Sarei voluta rimanere per ore in quella cucina dal soffitto bianchissimo che mi sono sempre chiesta come facessi a pulire, sorseggiando dalle tazzine con i fiorellini. 

Non so nemmeno bene perché ti sto scrivendo questa lettera, non ti farà rimanere con me perché codardo come sei la leggerai solo quando sarai lontano. 

Vorrei solo che tu sapessi quanto mi hai tirato fuori dal baratro, e aveva ragione mia cugina che sei il seduttore più gentiluomo della terra. Forse sono solo banalità e forse avrei voluto essere solo una delle tante per te, magari saresti ancora qui, o forse avrei voluto essere capace di trattenerti e insegnarti ad amare qualcun altro come tu hai insegnato a me ad amare me stessa. Non sapevo più da dove cominciare a tirarmi su dopo anni di buio totale riempito solo di medicine ed ospedali, e non mi fidavo di Virginia che mi implorava di provare con te, perché tu avevi risvegliato tanti cuori quanti ne avevi distrutti. Ma il mio era già fragile e un’altra delusione non l’avrebbe mai retta. Ho scoperto che però il tuo è più fragile del mio, ho scoperto un’intimità mai avuta con nessuno, ho scoperto un violinista appassionato dentro il guscio da tombeur des femmes che ti dirò, porti veramente con eleganza. E anche se te ne stai andando e il mio cuore avrà un’altra ferita per un po’, ora è forte e ce la fa da solo. Ti ringrazio.

Buon viaggio, ti amo.

Ofelia

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Elisaf8