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Autore: flatwhat    24/06/2020    2 recensioni
Tanto tempo fa, quando ancora la magia permeava il mondo e ogni creatura vivente, c'era una principessa.
Suo padre, un uomo crudele, l'aveva rinchiusa in una torre. La fanciulla desiderava ardentemente di sentire la luce del sole sul suo viso, ma poteva solo aspettare nell'ombra che un salvatore arrivasse.
Un giorno, alla torre giunse un eroe.

[Seguito della fanfiction "Nel freddo"]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Oscar Pine, Ozpin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tanto tempo fa, quando ancora la magia permeava il mondo e ogni creatura vivente, c'era una principessa.
 
Suo padre, un uomo crudele, l'aveva rinchiusa in una torre. La fanciulla desiderava ardentemente di sentire la luce del sole sul suo viso, ma poteva solo aspettare nell'ombra che un salvatore arrivasse.
 
Un giorno, alla torre giunse un eroe.
 
Il suo nome era -

 
 
Ozean si lasciò andare a un sospiro, mentre posava per terra il sacco contenente il mangime per le galline.
 
Gli animali gli passeggiavano intorno, chiocciando curiosi. Aveva passato con loro talmente tanto tempo ormai, che forse persino loro si erano resi conto del suo stato d'animo.
 
Di contro, sua sorella non se n'era esattamente accorta, ma era comprensibile: crescere ben sette bambini era un impegno non da poco, e si era fatto ancora più complicato da quando le era morto il marito, l'inverno precedente.
 
Ozean non riusciva a dimenticare quell'inverno, il corpo che gli tremava senza sosta e il freddo, impossibile da evadere, che entrava in casa dalla più piccola fessura.
 
"Qualcosa non va?"
 
Ah, eccola di nuovo qui.
 
La voce. Ancora una volta.
 
Suo malgrado, ma non senza un certo fastidio, Ozean le rispose. La voce proprio non lo voleva lasciare in pace!
 
"Va tutto bene, stavo solo pensando a una vecchia storia".
 
"Le storie mi piacciono" disse la voce. Aspetta... Com'è che si chiamava?
 
"E - te l'ho già detto - il mio nome è Ozma, non Voce" disse Ozma, che poteva leggergli il pensiero.
 
Ozean ringhiò. Dare un nome alla voce significava ammettere che fosse un'entità reale e non solo uno scherzo della sua mente.
 
Cedette: "È solo una vecchia storia". Gli era certamente preferibile, avere una conversazione normale - far finta che fosse normale - che sprofondare di nuovo nella noia e nella malinconia del suo quotidiano. "I miei genitori me la leggevano quando ero piccolo".
 
Si allontanò dalle galline. Alcune lo seguirono per un po' e poi ripresero ad andarsene a zonzo felicemente. Il loro mondo era privo di qualsivoglia preoccupazione. Ozean non poté non ridere a quella vista: si occupava di loro da così tanto tempo che ormai non poteva non considerarle di famiglia.
 
E lo stesso, voleva abbandonarle. Voleva abbandonare Jeanne e i bambini, e il signore gentile che gli aveva consegnato gli animali, che aveva salvato la sua famiglia dalla miseria e dalla morte dell'inverno passato, e che aveva salvato Ozean dal commettere un peccato.
 
E tuttora, settimane dopo quella terribile invasione di Grimm, la voce - Ozma - consolidava la sua idea incessantemente. Partiamo. C'è una persona che dobbiamo incontrare.
 
E - questo non lo diceva, ma Ozean lo immaginava veramente - diventiamo eroi.
 
Un eroe.
 
"Era la mia favola preferita". Si lasciò andare ai ricordi, mentre Ozma lo ascoltava felicemente in rispettoso silenzio, quasi fosse un vero amico.
 
Dannazione, non doveva affezionarsi alla voce nella sua testa! Era forse desideroso a tal punto di avere un amico, o voleva soltanto sentirsi speciale?
 
"Immagino che questa storia sia collegata ai ricordi affettuosi che porti nel cuore, amico mio"
 
Ozean si irrigidì improvvisamente.
 
"Non parliamone" disse bruscamente. Non voleva... No, non poteva...!
 
Immagini dei suoi genitori che gli facevano scudo contro i Grimm, di suo fratello maggiore morto in un incidente, suo cognato che cadeva preda della malattia, i suoi nipoti che piangevano per il freddo, affamati...
 
"Mi dispiace" disse la voce.
 
Ozean, che un momento prima aveva patito di nuovo l'inverno della sua miseria, ora bruciava di rabbia.
 
"Se riesci a leggere i miei pensieri fino a questo punto, allora non mi chiedere più domande di cui sai già la risposta!"
 
La voce di Ozma si fece più piccola.
 
"Mi dispiace. Davvero, non lo sapevo".
 
Ozean sospirò e si lasciò cadere sul terreno, vicino alla stalla. Dopotutto, forse era colpa sua, se non riusciva a evitare di condividere quei ricordi quando gli tornavano alla mente.
 
Si stringe le ginocchia al petto, tentando di calmare il respiro. Aveva ancora del lavoro da fare, ma poteva permettersi di prendersi una pausa per recuperare. Chiuse gli occhi, tentando di fermare le lacrime pronte a cadere.
 
Facciamo divertire ancora un po' questa maledetta voce.
 
"Ad ogni modo, i miei genitori mi hanno chiamato come l'eroe della fiaba".
 
"Oh?" Ozma sembrava di nuovo contento di ascoltare il racconto. Era proprio un bambino.
 
"Non che, alla fine, io sia diventato chissà che eroe".
 
"Non dire sciocchezze!" disse Ozma. "Fosti tu a salvare quell'uomo dal Grimm quando ci siamo incontrati".
 
Ozean fu sul punto di rispondere: Sì, quando mi hai portato via il mio corpo!
 
Ma Ozean sapeva di non essere un eroe. Nel momento del bisogno, l'inverno prima, non aveva potuto salvare i suoi nipoti come per magia. Invece di mettersi a fare qualcosa di buono per loro e per il mondo, si era dato ai più bassi istinti e aveva rubato il pane a coloro che erano affamati quanto lui.
 
Poi era stato salvato da quel signore gentile...
 
"Raccontami questa fiaba" disse Ozma. Che avesse capito che Ozean era in procinto di abbandonarsi di nuovo a pensieri spiacevoli?
 
Ozean si sforzò di mettersi un po' più composto e di sorridere.
 
"Va bene".
 
Tanto tempo fa, quando ancora la magia permeava il mondo e ogni creatura vivente, c'era una principessa.
 
Suo padre, un uomo crudele, l'aveva rinchiusa in una torre. La fanciulla desiderava ardentemente di sentire la luce del sole sul suo viso, ma poteva solo aspettare nell'ombra che un salvatore arrivasse.
 
Un giorno, alla torre giunse un eroe.
 
Il suo nome era Ooooze m a
 
Fitte di dolore e luce davanti ai suoi occhi.
 
Le sue mani strinsero ciocche di capelli, la sua bocca si aprì a un urlo silenzioso.
 
Quelli
 
non erano
 
i suoi ricordi
 
Successivamente, si ritrovò disteso a terra. Aveva perso conoscenza?
 
La voce era silenziosa, ma Ozean poteva ancora sentire la presenza del suo padrone nella sua mente. Che ascoltava. Che osservava. Che tremava dalla preoccupazione.
 
"Il suo nome" disse Ozean con un filo di voce, non sapendo se questa fosse la realtà o solo un sogno.
 
"Ozma".
 

 
*
 
 
Oscar aprì gli occhi.
 
Nel momento in cui si alzò e si stiracchiò, poté sentire che la sua aura era completamente integra. Sospirò di contentezza. Ma ora era il momento di pensare alle cose serie.
 
"Quanto ho dormito?" chiese.
 
"Soltanto un'ora" disse Ozpin. "Ti sei ripreso in fretta, ragazzo mio. Sono colpito".
 
"Non c'è tempo da perdere" disse Oscar. Fece un timido sorriso. "E poi, dopotutto, tu eri al mio fianco".
 
Ozpin non rispose, ma Oscar poté sentire il suo affetto e il suo orgoglio scivolargli nell'anima.
 
Sistemò le coperte di nuovo sul letto, nel caso in cui il padrone di quella casa tornasse, e si preparò ad affrontare qualunque cosa lo aspettasse lì fuori.
 
Salem. Atlas. I suoi amici.
 
Ce la poteva fare. Ce la potevano fare.
 
Si fermò, proprio mentre era sul punto di uscire fuori. Si era improvvisamente ricordato di quello che aveva sognato.
 
Era una vecchia storia, una fiaba che la sua zietta gli aveva raccontato innumerevoli volte, quando era bambino. E che aveva dimenticato del tutto, fino a quel momento.
 
E ora...
 
Sapeva di cosa parlasse veramente. E conosceva il nome dell'eroe.
 
Oscar sospirò.
 
"Nella versione che mi leggeva la mia zietta, l'eroe si chiamava Oscar".
 
Quando Ozpin gli rispose, solo gli Dèi sapevano che emozione si nascondesse dietro la sua voce.
 
"Sì. Ci sono tante versioni di quella storia".
 
 
  
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