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Autore: fedcan    24/06/2020    1 recensioni
In una piovosa notte d'inverno incontrai una persona che mi fece aprire gli occhi sul mondo. Di essa ( e dei suoi simili) avevo il terrore. Ma mi fece capire quel terrore era ingiustificato
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INCONTRO CON UN VECCHIO

 

Era una sera di Febbraio (credo il 22 ma non ne sono sicuro) Faceva abbastanza freddo, soprattutto per il fatto che era piovuto praticamente fino a due minuti prima e le mie scarpe erano umide. Tuttavia non era insopportabile e grazie al mio inseparabile cappotto nero e alla mia sciarpa di lana rossa, ero abbastanza caldo. Mi trovavo sulla banchina del binario 4, in attesa del treno verso casa. C’era abbastanza gente e, per questo, mi ero spostato un po’ più in avanti, non lontano dai semafori ferroviari. Lì non c’era quasi nessuno, per cui prendere posto sarebbe stato più semplice. Non mi ero proprio accorto (o meglio, me ne accorsi dopo) che dietro di me, a circa tre metri e un po’ spostato alla mia sinistra, c’era un uomo. Era vecchio, sporco, in condizioni disagiate sotto tutti i punti di vista. Aveva un lungo cappotto marrone molto malandato, ed era anch’esso sudicio. Tutto il vestito era ricoperto di chiazze di unto visibili anche al buio. La sua presenza in realtà inizialmente non mi aveva creato fastidio, anche perché non eravamo soli. Tuttavia quel vecchio, così sporco e così brutto, mi metteva un certo disagio. Per scacciare quel filo di paura che avevo, mi misi i miei auricolari alle orecchie e cominciai ad ascoltare un po’ di musica. Ma niente. Nonostante a livello razionale sapessi che quel vecchio era innocuo, mi giravo dietro ogni 10 secondi per vedere quello che faceva. Non faceva niente. Non mi guardava nemmeno. Al momento dell’annuncio dell’arrivo del treno, mi tolsi le cuffie. Decisi che me le sarei rimesse solo una volta salito sul vagone. Le due luci del treno diventavano sempre più intense. Una paura mi assalì “E se dovessi stare nello stesso vagone del vecchio? No, meglio spostarsi”. Così decisi di tornare verso il centro della banchina. La stessa cosa fece il vecchio. La paura e l’ansia riaffiorarono “Mi sta seguendo: meglio tornare indietro”. Cambiai repentinamente direzione, tornando verso i semafori. Il vecchio mi seguiva ancora e si fermò proprio accanto a me. Mi guardava con occhi torti. Da vicino la sua faccia faceva ancora più paura. Scura, con delle macchie nere sulle guance, e molto secca. Insieme ai suoi capelli grigi molto radi lo faceva sembrare quasi un cadavere:

“Ehi ragazzo, hai qualche problema?” Mi chiese il vecchio con voce cavernosa, doveva avere molto catarro in gola.

Avevo il più puro terrore. Quell’uomo, che io volevo evitare, mi voleva parlare. Doveva aver capito la mia volontà di scansarlo:

“No no grazie” Risposi molto titubante

Il vecchio, non soddisfatto di questa mia risposta, mi si avvicinò ancor di più. Ora potevo sentire il suo terribile odore. Guardai velocemente alla mia sinistra, nella direzione di arrivo del treno (in quel momento davo le spalle ai binari). Era ancora troppo lontano:

“Io, io sono un dentista. Guarda un po’ i miei denti.” La sua voce rauca mi incuteva paura e angoscia. Mi sentivo impotente. Dentro di me pregavo che il treno arrivasse il più velocemente possibile.

Il vecchio aprì la sua bocca. La dentatura era messo peggio perfino della sua faccia. Mancavano molti denti, e quelli che c’erano erano di un giallo oscuro che sapeva proprio di sporcizia e povertà. Doveva avere anche delle carie, a giudicare da dei puntini neri su alcuni denti. Dallo schifo involontariamente feci un passo indietro, toccando la linea gialla. Il treno ormai era già arrivato e a secondi si sarebbe fermato. Il vecchio rimase fermo a toccarsi quei sudici denti, probabilmente li stava rimettendo a posto. Poi richiuse la bocca e fece per andare verso il centro del treno, non prima però di lanciarmi un messaggio:

“Certo che te ragazzo hai dei seri problemi, fatti curare.”

Volevo quasi dirgli che era lui l’unico ad avere problemi, ma ormai era salito sul treno e di sicuro non avevo voglia di cercarlo tra le carrozze. Salii anch’io sul vagone di testa e trovai subito un posto, accanto al finestrino. Il treno partì. Guardando fuori rimuginavo su quello che era successo. Nonostante mi dicessi quanto fosse folle quel vecchio, una vocina nella mia testa mi diceva che forse ero io nel torto. All’inizio la ignoravo, poi divenne talmente forte da non poter più essere evitata. Pensai al fatto che doveva aver notato le mie occhiate curiose e soprattutto il mio continuo scansarlo. Mi chiesi quindi come sarei stato io al suo posto. Di merda sarei stato. Quel vecchio non mi aveva fatto nulla di male. L’unica sua colpa era di aspettare il treno vicino a me. Forse il solo vedere così da vicino una persona dell’età di mio nonno in quelle condizioni indigenti mi aveva fatto soffrire.

Dovrei quindi lodare la mia pietà nei confronti di un uomo messo così male o dovrei odiare la mia vile paura nei confronti di un povero ed innocuo vecchio?

   
 
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