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Autore: inzaghina    26/06/2020    8 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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In questo capitolo è presente una scena erotica, nulla di eccessivo, ma volendo la potete saltare senza perdere il senso della storia.


 
Capitolo 15 – You only live once
 
 
 
“You only live once,
but if you do it right,
once is enough.”
Mae West
 
 
Anni fa Percy non avrebbe mai immaginato di improvvisare una vacanza con una ragazza che conosceva da pochi mesi e della quale si stava innamorando perdutamente — nonostante non avesse ancora trovato il momento giusto per confessarglielo. Il vecchio Percy lasciava poco spazio alla spontaneità e alle decisioni prese nella foga del momento, ci aveva sempre tenuto a specificare che quelli erano atteggiamenti tipici delle persone non organizzate e lui era decisamente una persona molto meticolosa. Eppure eccolo lì, preso a infilare gli ultimi indumenti in uno zaino ingrandito e alleggerito magicamente, prima di raggiungere casa di Audrey e smaterializzarsi a Dover per prendere il traghetto per la Francia. Un sacchetto di carta pieno di biscotti fatti in casa e muffin fu l’ultima cosa che Percy infilò nello zaino, sopra a tutto il resto, in modo da poterne offrire in abbondanza ad Audrey non appena si fossero visti — sempre memore del suo smisurato amore per i dolci appena sfornati. Sua madre lo aveva invitato a colazione quella mattina, per avere occasione di consegnargli tutte quelle leccornie, aurandogli buon viaggio e aggiungendo quanto fosse bello vederlo così felice e spensierato, nonostante tutto.
 
“Ho sentito Audrey raccontare a Fleur quanto le fossero piaciuto i miei dolci, tesoro. E che vacanza sarebbe senza biscotti e muffin per il viaggio?”
Percy ricambiò il sorriso genuino di sua madre, convinto di non riuscire a esprimere a parole quanto stesse provando.
“Quella ragazza è un vero toccasana,” continuò Molly, accettando una tazza di caffè dal marito. “È proprio vero che le cose belle della vita arrivano quando meno te lo aspetti…”
Percy annuì pensierosamente, trovandosi a riflettere su quella frase e rendendosi conto di quanto fosse decisamente vera: aveva incontrato Audrey per caso, o per fortuna, in un momento in cui il suo disgusto per sé e per il comportamento tenuto nei confronti della sua famiglia era ai massimi livelli. La spontaneità di Audrey era stata una boccata d’aria fresca in un periodo buio e la loro amicizia era nata proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno; il fatto che dall’amicizia fosse sbocciato un sentimento ancora più profondo riempiva Percy di una felicità che non sentiva di meritare.
“Hai ragione, mamma,” sussurrò infine, sospirando.
“Che succede, figliolo?” chiese il padre, sedendosi alla sua destra.
“È solo che mi chiedo se sia giusto essere così felice… quando, beh, quando Fred non ha nemmeno potuto festeggiare la fine di questa guerra, ecco…”
“Oh, tesoro,” la mano di Molly gli accarezzò dolcemente la guancia, proprio come era solita fare quando era piccolo ed era stato preso dallo sconforto. “Sono sicura che Fred stia facendo il tifo per la felicità di tutti noi,” mormorò Molly con voce tremante.
“Ci eravamo appena riappacificati e…” la sua voce s’affievolì.
“È ingiusto, lo sappiamo, ma purtroppo non possiamo cambiare quanto è successo,” gli disse il padre. “Ciò che possiamo fare è vivere le nostre vite al meglio, proprio come Fred ha sempre fatto.”
“Sai, fratellone, Audrey gli sarebbe piaciuta davvero tanto,” disse una voce dalle scale che portò i tre a voltarsi e trovarsi faccia a faccia con George.
 “Dici?”
George annuì, prendendo posto di fronte a Percy. “E ti suggerirebbe anche di confessarle ciò che provi, prima che qualcun altro si possa render conto di quanto sia meravigliosa…”
Percy spalancò la bocca in un’espressione meravigliata. “Come sai, quello che…”
“E dai, fratellone! Te lo si legge in faccia che sei innamorato perso…”
 
Percy scosse la testa, chiudendo lo zaino e chiedendosi se quanto George gli aveva detto fosse, davvero, evidente per tutti: da una parte poteva significare che anche Audrey l’avesse capito, ma dall’altra significava anche che era il momento di essere sinceri e utilizzare il poco coraggio da Grifondoro che, da sempre, l’aveva contraddistinto. Un’ultima occhiata per assicurarsi che non avesse dimenticato nulla fu sufficiente, prima di smaterializzarsi nelle vicinanze di casa sua e raggiungere la porta d’ingresso con una camminata di un paio di minuti. Non ebbe bisogno di bussare, perché Audrey spalancò la porta non appena ebbe salito l’ultimo scalino: indossava un paio di short di jeans e una maglietta verde acqua che faceva risaltare i suoi occhi chiari, i capelli erano spettinati e le guance arrossate.
“Sono un pochino in ritardo, Perce, la sveglia non è suonata… entra e bevi pure un caffè, arrivo in due minuti,” una volta detto questo era sparita su per le scale e Percy si era diretto in cucina dove ad attenderlo trovò una ridacchiante Sally Davies.
“Ciao, Sally.”
“Ciao, Percy, caffè?”
Solitamente non amava abusare di caffeina e quella sarebbe stata la sua terza tazza del giorno, ma si trattava pur sempre la vigilia di un viaggio e un po’ di insonnia non sarebbe stata di certo un problema durante la vacanza che lo aspettava.
“Grazie,” sorrise alla coinquilina e migliore amica di Audrey.
“Muffin o biscotto?” le propose di rimando, aprendo il sacchetto e lasciando che il profumo di burro e cioccolato pervadesse la cucina.
“Mhmm, e se ti dicessi entrambi?” ridacchiò la bionda, sbirciando nel sacchetto.
“Ti direi che faresti bene…”
“A far cosa?” domandò Audrey, riapparendo con i capelli raccolti in una coda, una piccola borsa di pelle rossa e uno zaino da trekking blu.
“Ad assaggiare sia i muffin che i biscotti di mia madre,” le rispose prontamente Percy, allungandole il sacchetto.
Le pupille di Audrey si dilatarono all’interno delle sue iridi acquamarina e la ragazza rivolse un sorriso deliziato a Percy, stampandogli un bacio sulle labbra, prima di pescare un enorme muffin ai mirtilli dal sacchetto e portarlo alla bocca. “Mhmm, morivo di fame…” aggiunse dopo aver deglutito.
“Mamma ti ha sentito dire a Fleur quanto ti fossero piaciuti i suoi dolci,” confessò Percy, strizzandole l’occhio.
“Li ha fatti per noi? Per la nostra vacanza?”
Percy annui. “Credo più che altro per te…”
Audrey lo baciò di nuovo: un bacio che aveva il sapore di zucchero e di nuove possibilità, di mirtilli e di prospettive inaspettate, un bacio che fece render conto Percy di quanto le parole di George fossero vere.
“Andiamo?” propose poi l’ex Corvonero, vedendo che Percy aveva terminato il suo caffè.
Il giovane annuì, occhieggiando l’orologio. “Il traghetto parte alle 10:30, quindi abbiamo tutto il tempo di raggiungere Dover con calma.”
“Divertitevi”, li salutò Sally, mentre i due si smaterializzavano con un pop.
 
La locanda Le bleu Papillon si ergeva al centro di un esteso appezzamento di terra situato a una manciata di kilometri di distanza dall’isolotto tidale di Mont Saint-Michel: si trattava di un’abitazione a graticcio, tipica della Normandia e di altre regioni del nord della Francia, le cui persiane blu fiordaliso con intagli a forma di cuore risaltavano sulla facciata bianca, era circondata da un giardino rigoglioso e colorato, che si affacciava sulla lunga spiaggia che conduceva al santuario costruito in onore di San Michele Arcangelo che dava il nome alla famosa isola. Era stata Fleur a consigliare a Percy e Audrey di prenotare una stanza nel delizioso bed & breakfast con vista sull’Oceano Atlantico in cui la ragazza aveva trascorso numerose vacanze con la sua famiglia crescendo. La locanda era gestita da una coppia di maghi sulla sessantina, aiutati dai loro quattro figli e dalle famiglie di questi, che vivevano tutti nel pittoresco paesino abitato da una comunità magica abbastanza numerosa.
“Che posto meraviglioso!” esclamò Audrey, dopo aver aperto il cancello di legno e imboccato il sentiero che conduceva all’edificio principale.
“Dovremo ringraziare Fleur,” commentò Percy, intrecciando le dita della sua mano destra con quelle della sinistra della ragazza.
“Decisamente…” ribattè Audrey, osservando gli alberi da frutto che li circondavano e inspirando a pieni polmoni il profumo emanato da essi.
Dopo aver ottenuto la chiave della loro stanza con bagno privato, il cui balcone aveva una vista mozzafiato sull’oceano, i due decisero di uscire a esplorare i dintorni pronti a godersi lo spettacolo che le maree creano intorno al ben noto isolotto.
 
Ore dopo, i due raggiunsero Mont Saint-Michel, approfittando della bassa marea e camminando nelle viuzze del minuscolo paese arroccato sulla collina che durante l’alta marea è circondata dal mare.
“Sapevi che secondo un’antica leggenda babbana la spada di San Michele lasciò, durante la lotta contro Satana, una fenditura invisibile ancora presente nelle viscere della terra e che, a partire da questo solco, si possono unire in un’unica linea immaginaria sette luoghi facenti parte del cosiddetto Itinerario di Gerusalemme dedicato al culto dell’arcangelo Michele?”
Audrey si fermò a osservare il panorama che li circondava, inspirando a pieni polmoni l’aria salmastra, per poi voltarsi verso Percy con i capelli scuri che le incorniciavano il viso svolazzando nella brezza e rivolgergli un sorriso contagioso. “Come fai a ricordarti tutte queste cose, Perce?”
“Mi piace informarmi sui luoghi che visito, forse perché finora nella vita ho avuto poche occasioni per viaggiare e le ho sfruttate al massimo…” ammise, scrollando le spalle, “e poi, probabilmente ancora non l’hai notato, ma mio padre è un vero fanatico dei babbani e di tutto quello che li riguarda, quindi tanti aneddoti ce li ha raccontati lui stesso.”
“Non avrai viaggiato molto, ma hai avuto una famiglia che ti ha amato incondizionatamente e questo vale molto di più, non trovi?”
Anni prima Percy avrebbe rabbiosamente scosso la testa, ritrovandosi a provare invidia nei confronti delle famiglie che potevano permettersi vestiti e materiale scolastico nuovo, libri e accessori ultimo modello, ma in quel momento osservando le iridi illuminate dal sole della ragazza davanti a lui non poté che annuire e trovarsi d’accordo con lei.
“Nulla vale più di quello,” confermò in un sussurro, battendo furiosamente le palpebre per cercare di non lasciar sfuggire le lacrime.
“Va tutto bene, Perce?”
Si limitò ad annuire, sostenendo lo sguardo colmo di preoccupazione di Audrey, prima di prendere un respiro profondo e seguire, forse per la prima volta nella sua vita, l’istinto che gli diceva di lasciarsi andare completamente con lei e cercare di farle capire quanto fosse diventata importante. La ragazza gli accarezzò con delicatezza una guancia, avvicinandosi, e Percy prese l’altra mano di Audrey tra le proprie, per poi incontrare le sue iridi impensierite e dedicarle un sorriso appena accennato. Aveva pensato di portarla fuori a cena in qualche posto romantico, ma in tutta franchezza non credeva di poter aspettare così tanto, e il luogo in cui si trovavano era abbastanza idilliaco da prestarsi comunque a fare da sfondo a quello che si augurava potesse essere un momento cruciale della loro relazione.
“Devo preoccuparmi?” chiese ancora Audrey, sfiorandogli nuovamente la guancia.
“No, scusami, non devi,” la rassicurò lui, lasciandosi andare al suo tocco e sospirando. “Stanotte non riuscivo a dormire e mi ero preparato un discorso che convogliasse tutti i miei sentimenti per te, ma adesso non ricordo assolutamente nulla e non credo nemmeno che sia importante, perché in realtà quello che conta è che tu mi hai ridato la vita, Audrey… dopo aver abbandonato la mia famiglia ho lasciato che anche il mio rapporto con Penelope naufragasse, proprio come quello con i miei genitori e i miei fratelli, troppo arrogante per ammettere quanto lei avesse ragione nel dirmi che avevo sbagliato ad abbandonarli. Lei è stata la mia prima, e unica prima di te, ragazza e dopo che anche Penny è sparita dalla mia vita ho creduto davvero che sarei rimasto da solo per il resto dei miei giorni, perché non meritavo la felicità…”
Audrey fece per interromperlo, ma lui le posò l’indice sulle labbra, “fammi continuare, ti prego…”
La ragazza annuì, ritrovando il contatto con le dita di Percy e incatenando le proprie iridi a quelle di lui.
“Credevo che il rimpianto mi avrebbe mangiato vivo, non sapevo se avrei mai avuto occasione di redimermi ai loro occhi e, dopo averli riabbracciati durante la battaglia, ho pensato che se fossi morto almeno lo avrei fatto da uomo finalmente orgoglioso di quello che era diventato. La morte di Fred ha sconvolto tutti noi, eppure in qualche modo è stata proprio quella a spingermi a proseguire in questa sorta di redenzione, perché la vita è troppo breve per covare risentimento e per rimpiangere quanto non hai fatto… insomma, mi rendo conto che questo monologo sembra davvero essere privo di senso logico, ma una conversazione con George mi ha ricordato che devo cogliere l’attimo e, beh, quello che sto cercando di dirti è che mi sono innamorato di te, Audrey Lavall, e che spero solo di poter essere in grado di renderti felice come meriti di esserlo, perché la tua sola presenza è un balsamo per le mie ferite e mi fa auspicare di diventare la versione migliore di me stesso, per poterti meritare…”
“Non devi affatto meritarmi, Percy,” lo contraddisse lei. “Ti ho già detto che tutti quanti fanno errori e che l’importante è imparare da essi… tu non hai la minima idea di quanto io sia felice di averti incontrato al carrello della colazione lo scorso autunno e, giusto per chiarire, anche io sono innamorata di te e credo proprio che sia il caso che tu mi baci adesso…”
Percy non se lo fece ripetere due volte, attinse ancora al suo coraggio Girfondoro e s’avvicinò ad Audrey, inspirando il profumo vanigliato dei suoi capelli, prima di sollevarle delicatamente il mento e posare le labbra su quelle di lei, che sapevano di acqua salmastra e burrocacao alla ciliegia. Audrey si mise in punta di piedi per riuscire ad allacciare le braccia dietro al collo di Percy e mordicchiargli con leggerezza il labbro inferiore.
“Sarebbe stato più romantico al tramonto,” mormorò lui contro il sorriso di Audrey dopo che si furono separati.
“È stato assolutamente perfetto così, perché sei stato spontaneo… qualcosa che non eri molto abituato a essere in passato, o mi sbaglio?” lo prese in giro Audrey, strizzandogli l’occhio ammiccante.
“Mhmm, no… in effetti non proprio…”
“Per fortuna adesso ci sono io nella tua vita!” lo rassicurò la mora, sfiorandogli nuovamente le labbra con un bacio. “Allora, che altro mi puoi dire su questa abbazia?” domandò, trascinandolo verso la loro destinazione.
Percy la seguì, tornando a chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi una ragazza simile nella sua vita.
 
*
 
Il molo di Brighton brulicava di vita nella torrida serata estiva: il vociare dei bambini che si rincorrevano inseguiti dai genitori esausti, si mischiava allo stridere dei gabbiani che volteggiavano speranzosi sopra alle famiglie che mangiavano delizioso fish and chips, il cui odore invitante impregnava l’aria opprimente. Seduti in un angolino appartato, Ginny e Harry avevano appena finito di ammirare il sole tuffarsi nell’acqua, inondandone la superficie di infinite sfumature, un silenzio piacevole avvolgeva i due ragazzi ancora intenti a fissare l’oceano che si stagliava davanti a loro.
“Sembra incredibile che la vita sia andata avanti e che loro non abbiano idea di cosa sia successo, non credi?”
La domanda di Ginny riscosse Harry dalle sue fantasticherie e il ragazzo annuì. “Già, da una parte sono contento per loro eppure dall’altra vorrei quasi che sapessero…”
“Mhmm, credo che sarebbe abbastanza arduo da comprendere per loro, non trovi?”
“Probabilmente sì,” si mostrò d’accordo Harry. “Allora, ora che abbiamo visto un tramonto mozzafiato…”
“Il primo di tanti,” lo interruppe Ginny.
“Il primo di tanti, certo,” la rassicurò Harry, “quali sono i tuoi piani per la serata?”
“Potremmo prendere un po’ di questo delizioso fish and chips, portarlo a casa e mangiarlo sul terrazzo prima che io scarti, finalmente, il mio regalo di compleanno,” ribattè la ragazza, mordicchiandosi maliziosamente il labbro inferiore.
“Mi sembra un ottimo piano, sì,” mormorò Harry, la cui gola si era improvvisamente fatta secca.
“Che succede?” si preoccupò Ginny.
“Nulla, spero solo di non deluderti, ecco… insomma, sai…” balbettò Harry, passandosi una mano tra i capelli già estremamente arruffati.
“Non potresti mai deludermi, Harry,” chiarì Ginny, posandogli un bacio sulle labbra. “Hai forse dimenticato che sarà la prima volta anche per me?”
“Beh, ma sicuramente tu hai più esperienza di me, insomma con Dean, mentre io… beh, a parte qualche bacio desolante con Cho non ho davvero nulla da offrire e…”
“Harry,” ancora una volta Ginny lo interruppe, costringendolo a ricambiare il suo sguardo, “impareremo insieme, forse le prime volte non saranno perfette, ma in qualche modo saranno comunque memorabili perché si tratta di noi e tu sei speciale per me.”
“Anche tu sei molto speciale per me, Ginny,” sussurrò il ragazzo, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
“E allora non c’è niente di cui preoccuparsi,” dichiarò la ragazza alzandosi con risolutezza e trascinando il ragazzo con sé al chiosco di fish and chips. “Abbiamo tutta la vita per diventare esperti, non trovi?” domandò, dedicandogli un sorriso impudente.
Harry annuì. Tutta la vita sembrava un periodo davvero infinito — soprattutto per qualcuno che aveva seriamente rischiato di non arrivare a goderselo il resto della sua vita.
 
La casa che avevano affittato per la settimana era la stessa in cui, vent’anni prima, i genitori di Harry e i loro amici avevano fatto le vacanze estive insieme alla conclusione del loro settimo anno a Hogwarts. Lexie era stata ben felice di condividere quei ricordi con loro e, dopo aver scoperto che la casa era ancora in piedi e che, anzi, era stata ristrutturata un paio di anni prima e aveva accesso diretto a una spiaggia piuttosto isolata, a Harry era sembrato il posto perfetto per portare Ginny per la loro prima vacanza insieme.
Quando avevano finito di mangiare, diedero una pulita veloce, facendo evanescere i rifiuti e portando piatti e bicchieri nel lavandino.
“Direi che le pulizie possono attendere,” sussurrò Ginny all’orecchio di Harry, prendendolo per mano e conducendolo al piano superiore nella stanza in cui avevano deciso di dormire. Il ragazzo osservò ammaliato Ginny avvicinarsi al letto in ferro battuto per poi voltarsi verso di lui, facendo fare la ruota alla gonna del suo vestito a righe bianche e blu.
“Non vieni?” gli domandò impaziente.
Harry la raggiunse in un paio di falcate, imponendosi di mostrarsi calmo, quando invece il suo cuore batteva all’impazzata e il pensiero che di lì a poco avrebbe fatto l’amore con lei lo rendeva estremamente nervoso. Ginny lo prese per mano, sedendosi con lui sul letto e sorridendogli, prima di posare le labbra su quelle di Harry in un bacio che iniziò dolce, lieve come una carezza, e che pervase Harry di una miriade di sensazioni mai provate prima. Lasciò che la propria mano s’insinuasse tra i lunghi capelli di Ginny, accarezzandole la schiena lasciata nuda dalla scollatura posteriore del vestito, mentre le mani di Ginny finirono con l’arruffare ancor di più i capelli di Harry. La ragazza liberò le labbra di Harry con una certa riluttanza, posando la fronte contro quella di lui e spalancando gli occhi per cercare d’intercettare il suo sguardo, dietro alle lenti appannate degli occhiali.
“Meglio toglierli,” mormorò lui, impacciato.
“Mhmm, meglio di sì, anche perché quello che dovrai vedere stasera lo avrai, davvero, molto vicino…” gli promise.
“Tu mi vuoi morto…”
“È il momento giusto per dirti che non porto il reggiseno,” svelò con una punta di malizia Ginny, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Harry sentì i jeans farsi ancora più stretti attorno alla sua erezione sempre più prorompente e deglutì rumorosamente, osservando Ginny lasciar scivolare la spallina del vestito prima lungo la spalla destra e poi lungo la sinistra esponendo il torso costellato di lentiggini. Il ragazzo allungò la mano, sfiorando con riverenza la pelle chiara, unendo con le dita le sue efelidi come in quei giochi per bambini all’interno dei giornali di enigmistica babbani. Il suo pollice destro raggiunse il seno sinistro di Ginny toccandolo con lentezza, raggiungendone il capezzolo già leggermente inturgidito e stringendolo tra pollice e indice; dopo pochi attimi la sua bocca si sostituì alle dita che presero a massaggiare con la stessa attenzione l’altro seno, mentre le mani di Ginny tenevano premuta la testa del ragazzo contro al suo petto. Harry la spinse fino a farla sdraiare, calandosi con attenzione su di lei, tornando a lambire la sua pelle con le labbra, leccando e baciando ogni centimetro esposto del suo corpo e provocandole una serie di lievi gemiti che servirono solo ad aumentare il suo livello di eccitazione. Ginny armeggiò con l’abito facendoselo scivolare lungo le gambe e rimanendo con indosso solo con delle mutandine blu semi-trasparenti che Harry non aveva idea potesse possedere.
“E queste da dove arrivano?”
“Beh, fanno parte del mio regalo di compleanno per te,” gli rispose la ragazza, afferrando una delle sue mani e posandola sopra al tessuto impalpabile che la copriva, Harry poteva sentire il suo calore attraverso l’indumento e soffocò un gemito.
“Non sei un po’ troppo vestito?” insistette Ginny, inarcando un sopracciglio.
Lui ridacchiò, prima di togliersi la camicia e i jeans, diventati ormai una vera e propria prigione, e stendersi nuovamente accanto a lei, ammirando il suo corpo semi nudo, “sei così bella…”
“Anche tu,” gli rispose, sfiorando il suo petto e scendendo poi fino all’elastico dei suoi boxer, infiammando la pelle che aveva toccato e attirandolo a sé per un nuovo bacio. L’erezione di Harry premeva contro la coscia sinistra di Ginny e la ragazza emise un suono gutturale che rimase incastrato tra le labbra di lui, dando a Harry la spinta per sfilarle le mutandine e sfiorare la pelle che era stata coperta da esse.
“Sei così bagnata,” mormorò a metà tra lo stupito e l’eccitato, inserendo con delicatezza prima un dito e poi un altro e provocandole una nuova serie di gemiti.
“Mhmm,” Ginny gli spinse la testa verso il petto, invitandolo a baciarle nuovamente i seni e Harry obbedì leccando ogni centimetro di pelle con ardore.
La ragazza nel frattempo trovò l’elastico dei suoi boxer spingendoli fino alle caviglie e stringendo la mano destra attorno all’erezione pulsante di lui.
“Vacci piano,” la pregò lui, prima di tornare a baciarle il collo, le spalle e il seno, per poi scendere lungo l’addome, solleticare il suo ombelico e lasciare che la lingua scendesse ancora, aggiungendosi alle dita impegnate a darle piacere. Il respiro di Ginny le si mozzò in gola quando percepì il fiato di Harry stuzzicare la sua pelle sensibile, gemette nuovamente perdendo il controllo del proprio respiro.
“Harry, ti prego, non farmi aspettare oltre…” sussurrò.
Le diede un ultimo bacio, estraendo lentamente le dita e incrociando il suo sguardo, “come facciamo per la protezione?” le domandò.
“Non preoccuparti, prendo la pozione,” lo rassicurò lei.
Harry le baciò le labbra, posizionandosi tra le sue gambe e affondando lentamente in lei, tentando di comprendere se le stesse facendo male; gli occhi di Ginny erano chiusi, ma la sua espressione sembrava serena, quindi il ragazzo si spinse un po’ più in fondo tornando a toccare i suoi seni.
“Mhmm… più in fondo, Harry,” il tono di Ginny era una supplica inaspettata e Harry obbedì, sforzandosi per non esagerare, la ragazza guidò una delle sue mani lì dove i loro corpi erano uniti e lui sfiorò la pelle sensibile con tocco delicato, spingendola oltre il limite e sentendola contrarsi intorno a lui.
“Mhmm sì,” gli sussurrò all’orecchio, mordicchiandogli il lobo e facendo raggiungere l’orgasmo anche a lui.
 
Minuti dopo la stanza si era ormai fatta completamente buia, i due erano sdraiati fianco a fianco, i respiri ancora affannati e i cuori che battevano a ritmo forsennato.
“Sai, dicono che la pratica renda perfetti…” mormorò Ginny, sfiorando il petto magro di Harry.
“Mhmm, mi pare che tu me l’abbia già detto, sì…”
“Che ne dici di riprovarci?”
Harry non rispose, scegliendo invece di baciarla prima sulla fronte, poi sulle guance e infine con lentezza sulle labbra. “Dico che mi sembra un’ottima idea…” dichiarò, sfiorandole il collo con una scia di baci, “passerò tutta la vita a far pratica con te.”
“Bene, perché quello è anche il mio piano,” lo rassicurò lei, reclamando nuovamente le sue labbra per un languido bacio.
 
*
 
La porta del negozio scampanellò segnalando l’ingresso di una persona e George corse fuori dal retro per vedere chi dei suoi familiari fosse arrivato a controllarlo, rimanendo sorpreso di ritrovarsi faccia a faccia con una impressionata Angelina Johnson.
“Hai fatto un gran lavoro dall’ultima volta che sono stata qui,” si complimentò la Cacciatrice.
“Ho ricevuto molto aiuto,” si schermì lui.
“Hai già deciso quando riaprirai?”
“Forse prima dell’inizio della scuola, ma ancora non ne sono sicuro…”
“Beh, fammelo sapere così ti faccio pubblicità con le compagne di squadra e il resto di quelli che lavorano con me.”
“Grazie,” mormorò lui, sentendosi quasi a disagio sotto lo sguardo inquisitore della ragazza.
“A che servono gli amici sennò?”
“Non ti ho ancora ringraziato adeguatamente per il regalo di Ginny, non so se te ne sei resa conto, ma mi hai trasformato nel suo fratello preferito nel giro di in un attimo.”
“Tua sorella è stata piuttosto chiara al riguardo,” lo rassicurò Angelina. “E poi credevo che millantassi da sempre di essere il suo preferito, no?”
George sollevò gli angoli della bocca in un lieve sorriso. “Temo che, a turno, faccia credere a ognuno di noi di essere il suo preferito…”
“Direi che mi sembra un’ottima tattica,” celiò Angelina.
“Mi fa davvero piacere vederti, ma non sei impegnata con gli allenamenti?”
Lei scosse la testa. “Ci hanno dato la settimana libera, visto che poi dalla prossima saremo in ritiro prima dell’inizio del campionato e mi sono resa conto che sono in debito di un pasto con te.”
“Ah sì?” le domandò, grattandosi la testa.
“Certo, mi hai offerto quella meravigliosa cena in cui mi hai chiesto se ti potevo procurare il regalo di Ginny ed eravamo rimasti d’accordo che io in cambio ti avrei portato a mangiare qui in città la prima volta che fossi stata libera… e così ho pensato di passare, ma forse avrei dovuto avvertirti, perché magari sei impegnato e…”
George l’interruppe, scuotendo la testa, “sei stata una piacevole sorpresa, anche perché mi hai interrotto durante la catalogazione per l’inventario, cosa che odio con tutto me stesso…”
“Se vuoi potrei darti una mano dopo pranzo, i miei nonni avevano un negozio e io e mio fratello gli abbiamo spesso dato una mano…”
“Lo faresti davvero?”
“Certamente,” gli sorrise Angelina.
“Ma domani saresti occupata?”
La ragazza scosse la testa. “No, perché?”
“Perché se tornassi anche domani mi salveresti la vita…”
“Non c’è problema,” lo rassicurò, “però ti suggerisco solo di trovare qualcuno disposto a farlo per il futuro…”
“Dovrò assumere del personale, quindi sicuramente individuerò qualcuno che se ne occupi… ora che ne dici di quel pranzo?”
“Certo, muoio di fame…”
“Ah, quasi mi scordavo…” aggiunse George, chiudendosi la porta del negozio alle spalle, “sei impegnata nel weekend?”
“No…”
“Che ne pensi di una gita a Brighton? Sai, mia sorella e Harry organizzano quel bonefire di cui abbiamo parlato al suo compleanno…”
“Ah sì, Ginny me lo aveva detto!”
“Quindi?”
“Mi piacerebbe molto…”
“Allora le dico che ci saremo,” dichiarò George con naturalezza, incamminandosi al suo fianco per raggiungere Il Paiolo Magico — non si fermò a riflettere su cosa l’avesse spinto a chiederle di andare con lui, sapeva solo che con Angelina stava bene, perché con lei poteva essere se stesso e che lei non aveva paura di nominare Fred, senza dedicargli sorrisi tristi e di circostanza.
Quando le chiese come fosse andata la preparazione alla stagione il suo volto si illuminò e George tornò agli anni condivisi nella squadra di Quidditch a scuola, ricordando la sua bravura e la sua determinazione. Ovunque Fred fosse, era sicuro che avrebbe approvato.
 
*
 
Il falò era, decisamente, grande ma del resto i presenti alla festa erano forse di più di quelli che Ginny aveva immaginato, la ragazza era felice, perché sapeva quanto tutti i presenti, chi più e chi meno, avessero bisogno di lasciarsi andare e godersi la serata come normali adolescenti — qualcosa che gli era capitato davvero troppo raramente negli anni appena trascorsi.
Sorrise divertita, quando intravide Neville cedere la sua felpa a un’infreddolita Hannah Abbott, sotto gli sguardi orgogliosi di Megan Jones, Susan Bones e Morag MacDougall, si disse che avrebbe dovuto fare un discorsetto con il ragazzo se non si fosse deciso a sfoderare nuovamente il suo coraggio Grifondoro e chiederle di uscire. Poco distanti da loro, Seamus e Dean ridevano di qualcosa insieme ad Anthony Goldstein e Michael Corner, mentre al loro fianco Terry Boot strimpellava una canzone rock alla chitarra, attorniato dalle gemelle Patil, Luna e Demelza. Lee aveva improvvisato un tavolo in cui miscelava cocktail, aiutato da un ilare Cormac MacLaggen e da una riluttante Alicia Spinnet, che non era nuova ai disastri combinati dai due. Suo fratello George era impegnato a parlare con Oliver, Katie e Angelina, quando aveva ricevuto il gufo in cui le confermava che sarebbe venuto con la Cacciatrice Ginny aveva sorriso perché immaginava quanto bene potesse fargli una serata simile.
Due braccia l’avvolsero da dietro, accompagnate da un bacio sulla guancia e Ginny si girò nell’abbraccio di Harry per baciarlo con ardore.
“È proprio una bella festa, non trovi?”
“Mhmm, meravigliosa…” annuì lui, strofinandole il naso sul collo, “anche se mai stupenda come te,” aggiunse baciandola di nuovo; la nuova intimità che condividevano era qualcosa che avevano accolto con naturalezza e Ginny già pensava con tristezza all’idea di separarsi da lui per tornare a scuola.
“Come sopravvivrò senza i tuoi baci?” le chiese melodrammaticamente.
La ragazza scosse la testa, aggrottando le sopracciglia. “Dovrai venire a trovarmi in ogni weekend di Hogsmeade, così non andrai in astinenza…”
“Mi sembra il minimo,” mormorò lui, baciandola di nuovo.
“Hey, che fine hanno fatto Ron e Hermione?” chiese Ginny, quando la necessità di ossigeno divenne pressante.
“Erano laggiù vicino a Neville,” rispose Harry con un gesto vago.
Ginny assottigliò gli occhi, intercettando finalmente la figura allampanata del fratello, stesa su una coperta accanto a quella più minuta di Hermione a qualche metro di distanza dal gruppo in cui era presente Neville; i due li avevano raggiunti il giorno prima e si erano ripromessi di organizzare un’altra vacanza il prima possibile, magari già durante le vacanze di Natale.
“Sai, le lezioni di Astronomia mi sarebbero piaciute molto di più se le avessi tenute tu,” confessò Ron in un sussurro, provocando i brividi lungo la spina dorsale della sua ragazza.
“Mhmm, dubito che Hogwarts voglia trasformare Astronomia in un’occasione per pomiciare sotto le stelle…”
“Hey, se ricordo bene sei tu che hai suggerito di stenderci sulla coperta,” la rimbeccò Ron.
“Certo, non ho detto che eri tu ad aver suggerito di pomiciare,” soffiò in risposta Hermione, stuzzicandogli il labbro inferiore.
Ron sentì l’intero viso andargli a fuoco e ringraziò Merlino, Morgana e tutti quanti che fossero al buio prima di baciare con foga Hermione, lasciando che i loro corpi aderissero l’uno all’altro e dimenticandosi della risposta che le avrebbe voluto dare. C’era decisamente qualcosa di molto più urgente di cui dovevano occuparsi fu il suo ultimo pensiero razionale, prima che Hermione lo tirasse verso di sé, insinuando una mano sotto la sua maglietta e infiammando la sua pelle con il tocco esitante delle sue dita.


 

Nota dell’autrice:
È sempre bello tornare qui da questi personaggi che stanno vivendo grandi cambiamenti. Diciamo che era da un po’ che organizzavo il momento giusto per inserire la dichiarazione di Percy a Audrey e spero che sia stata di vostro gradimento. Come sempre quando scrivo scene lime non sono mai molto convinta, ma insomma visto che per Harry e Ginny si trattava della prima volta non credo che sarebbe stato molto credibile se il nostro Bambino Sopravvissuto si fosse trasformato in una specie id Rocco Siffredi… Non so voi, ma io adoro Angelina e George e mi auguro di star facendo un buon lavoro con loro due, senza correre troppo. Hermione e Ron non hanno avuto molte scene ultimamente, ma nel prossimo capitolo si rifaranno, anche perché alla fine non sarà quello del ritorno a Hogwarts e alla vita normale, quello è rimandato al capitolo successivo.
Vi ringrazio del continuo supporto, sia da parte dei miei lettori storici, che non mi hanno mai abbandonata, che di quelli nuovi che 
ultimamente mi hanno lasciato tante recensioni, spero che questa storia continui a valere il vostro tempo. 

 
 



 
   
 
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