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Autore: Mary P_Stark    29/06/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

 

 

14 febbraio 2023 - Santa Cruz (Moore Creek Preserve)

 

La villa di Athena ed Érebos era gremita di persone ormai da giorni e, nel parco della tenuta di proprietà della coppia, le tende si sprecavano. L’intero complesso rassomigliava molto a un accampamento di stampo militare e Achille, che di campi se ne intendeva, aveva seguito la nascita di questo assembramento già dalle sue primissime fasi.

Raggiunta la sua dea alle prime avvisaglie dell’imminente parto, Achille, Alessandra e il piccolo Alessandro erano stati i primi, assieme ad Astrea e Demetra, ad aiutare Alekos nella gestione dell’arrivo di parenti e amici.

Nel giro di un paio di giorni, la voce secondo cui Athena fosse prossima al parto era volata da un angolo all’altro del Globo, complice anche la lingua lunga di Hermes. In questo modo divinità, semidivinità, parenti umani e pantheon stranieri erano stati avvisati dell’imminente arrivo di un nuovo pargolo divino.

Alekos era stato letteralmente subissato di baci, abbracci e auguri mentre i diretti interessati – Athena ed Érebos – si erano per lo più dati alla macchia, preferendo rimanere entro l’abbraccio sicuro della camera da letto.

Lì, Demetra aveva istituito una sala parto degna del miglior ospedale umano e, complice anche la presenza di Apollo ed Esculapio, il tutto era stato seguito con scrupolo quasi religioso.

Solo alla rottura delle acque, i due dèi erano stati gentilmente invitati a uscire, in modo tale che, all’interno della stanza, rimanessero soltanto la partoriente, il futuro padre, Demetra e Astrea, che si era offerta di aiutare.

Da diversi giri di clessidra, infatti, il parto della dea della guerra aveva avuto il suo inizio e, senza che Alekos potesse far nulla per aiutare la madre, al giovane non era rimasto altro che occuparsi dei suoi ospiti.

La sola cosa che gli impediva di impazzire, era il sapere Astrea al fianco di sua madre. Si fidava di Demetra – come non avrebbe potuto? – ma saperla lì gli era di conforto.

Dopo aver lanciato per l’ennesima volta uno sguardo alle scale che portavano al piano superiore, Alekos uscì dalla villa per prendere una boccata d’aria e, ben presto, venne raggiunto da Eris che, dopo una semplice occhiata, sorrise e disse: «Sopravvivrai, tranquillo. E riprenderai anche un colore decente.»

«Ora a che tonalità sono arrivato? Due ore fa, Ares mi ha detto che sembravo una melanzana, mentre Aiolos mi ha riferito che, poco fa, avevo il colore di un cetriolo» ironizzò il giovane, sapendo bene di non avere un bell’aspetto.

«Diciamo che tendi al verdognolo, quello di un’oliva, ma non stai peggio del tuo nonnino, che è laggiù a rigirarsi la barba da più di un’ora, mentre il buon, vecchio Carlos cerca di fargli provare uno dei suoi sigari» gli confidò Eris, mostrandogli come Zeus stesse gestendo malissimo il parto della figlia.

La visione del possente padre degli dèi, chino su una sedia da giardino, con il viso pallido e la barba resa ispida dai suoi troppi passaggi di mano, lo fece sorridere. In fondo, anche il potente dio dei fulmini aveva un cuore, e in quel momento era tutto per la figlia.

Dopotutto, non era stato presente durante la gravidanza che aveva visto la non-nascita di Alekos, e perciò ora si sentiva doppiamente in ansia.

«Forse, dovrei imitare Ares e ubriacarmi» chiosò Alekos, lanciando un’occhiata al ridente zio che, in quel momento, stava servendo da bere ad Achille e Hermes.

Eris rise sommessamente a quella vista però scosse il capo e replicò: «Tu e le sbronze non siete grandi amici. L’ultima volta che ti sei ubriacato hai quasi fatto esplodere il mondo perciò, se proprio vuoi svagarti, fai una passeggiata nel parco o chiacchiera con Acaste. E’ più salutare, per te.»

«Già… meglio se non mi attacco alla bottiglia» ammise Alekos prima di guardarsi intorno curioso e domandare: «Scusa, ma… dove hai infilato Dioniso? Di solito, dove sei tu, lui non è molto distante.»

Eris sospirò irritata, a quel commento vagamente ironico e, grattandosi nervosamente una guancia, borbottò: «L’ho legato a una pianta con uno dei lacci di Artemide, che lei mi ha gentilmente prestato. Era l’unico modo per tenerlo lontano dal mio sedere.»

Alekos fece tanto d’occhi, di fronte a quell’uscita imprevista e la dea, sospirando in modo ancora più esasperato, aggiunse: «Dice che ho delle natiche adatte per essere palpate. Parole sue, non mie.»

«Non confuterò la cosa, perché non voglio prendermi uno schiaffo…» ironizzò Alekos, guadagnandosi un’occhiata raggelante in risposta. «…ma confido che, prima o poi, lo libererai.»

«Non lo farò morire di fame, promesso» si limitò a dire lei con una scrollatina di spalle. «Quanto alla tua adorabile biondina, dille che se riprova a chiedermi scusa, la rispedisco nel buco cosmico in cui si è rintanata per oltre settant’anni, e farò in modo di farla rimanere lì.»

Scoppiando a ridere di gusto di fronte alla minaccia atona e serafica della dea, Alekos si asciugò una lacrima di ilarità ed esalò: «Astrea ci ha riprovato?»

«In questo, ha tendenze simili a Dioniso, lo ammetto. Ha una perseveranza davvero encomiabile, e infatti mi ha già esasperato oltre ogni limite da me accettabile» chiosò Eris. «Davvero, …mi fa piacere non avere più le sue maledizioni dentro le orecchie, e sono contenta che non mi ritenga più la peste incarnata… ma deve smetterla di farmi gli agguati

«Gli… agguati?» esalò sorpreso Alekos, sbattendo furiosamente le palpebre per lo shock.

Annuendo, Eris proseguì con tono vagamente irritato. «E’ normale che io e lei si sia arrivate spesso allo scontro, visto ciò che gestiamo, e sono contenta che ora abbia capito anche il mio punto di vista, ma allearsi con Dioniso ed Eros per cogliermi di sorpresa, è davvero un gesto meschino.»

Ridendo sommessamente di fronte a quello scenario davvero paradossale, Alekos ammise: «Beh, ha settant’anni da recuperare, quanto a divertimenti e relazioni sociali, perciò non mi stupisce che ora voglia darsi da fare.»

«E io sono il suo capro espiatorio?» gracchiò Eris, facendo tanto d’occhi.

Scrollando le spalle, Alekos asserì con semplicità: «Da qualcuno bisogna pur cominciare e, visto che Eros ci tampina quasi quotidianamente per essere sicuro che non facciamo casini, era scontato che lei approfittasse della sua presenza.»

Eris scosse il capo con espressione dolente e, nel passarsi una mano sul volto, borbottò: «Sopporterò perché ti sta a cuore, ma non ti stupire se una di queste volte le sguinzaglierò dietro le mie arpie.»

«La avviserò» le promise lui prima di darle a sorpresa un bacio sulla guancia e aggiungere: «Grazie per avermi distratto. Sei molto brava nel tuo ruolo di disturbatrice.»

Scansandosi con aria irritata, Eris gli diede uno schiaffo sulla spalla, sbottando: «Non ti ci mettere anche tu, con questi gesti svenevoli!»

Ciò detto, se ne andò a grandi passi ma, prima di svoltare dietro casa per raggiungere Dioniso, gli lanciò un sorriso e una strizzatina d’occhio.

Alekos sorrise divertito nello scuotere il capo. Con lei, sarebbe sempre stato così, ma almeno sapeva che ora anche il suo equilibrio era tornato, e che non soffriva più a causa degli squilibri cosmici che lui stesso aveva creato con il suo alter-ego assolutista.

Alessandra gli si avvicinò in quel mentre – lo sguardo che ogni tanto correva a Buffy e Xena che, diligenti, tenevano in braccio il piccolo Alessandro – e, nel sorridergli, disse: «Vedrai che, tra poco, sarà tutto finito. Demetra mi aveva mostrato le ultime ecografie di Athena, nei giorni scorsi, e la bimba non le creerà troppi problemi, a uscire.»

Annuendo, il giovane si passò una mano tra i riccioli scuri e asserì: «Sarà anche tutto vero, ma starò tranquillo solo quando ogni cosa sarà finita.»

La donna gli diede una pacca sulla spalla a mo’ di incoraggiamento e, nel guardarsi attorno, mormorò: «Con un tale concentrato di amore, non potrà che andare tutto bene. Guarda quante persone sono qui per attendere l’arrivo della tua sorellina, e quante pregano perché vada per il meglio! Non credo che, con così tante energie positive, qualcuno possa riuscire a far andare male questo parto.»

Alekos assentì meccanicamente, e lo sguardo corse all’autentica folla che assiepava il cortile della villa, oltre l’interno della casa.

Il Pantheon tutto si trovava lì per loro, oltre alla numerosa famiglia Rodriguez e ai venti di Aiolos che, per quell’occasione, avevano ricevuto il permesso di Zeus a presenziare.

Oceano e Teti erano presenti con una delegazione di oceanine e potamoi, mentre le iadi della Tracia erano venute in massa e si davano il cambio per servire libagioni ai presenti.

Persino Latona aveva deciso di presenziare e, strano a dirsi, Era non aveva mosso obiezioni in tal senso. Il tutto senza che Alekos avesse alzato un dito per convincere la nonna a intercedere per un tale evento.

Memnone e i suoi ibis stazionavano al limitare del bosco, anch’essi in attesa di un responso, mentre Orione, Eos e Astreo parlottavano tra di loro nei pressi dell’entrata della villa.

Il loro era davvero uno strano triangolo e, da quando aveva iniziato la sua relazione con Astrea, aveva avuto maggiori occasioni per avere a che fare con Eos e i suoi amanti.

Come l’aurora in cielo, di cui era personificazione, anche Eos era impermanente e volubile, e questo si rifletteva anche sui suoi rapporti interpersonali. Poteva passare dalla gioia al pianto in un batter di ciglio, e desiderare la compagnia di Orione o di Astreo in base a ragionamenti tutti suoi.

Non era una cattiva persona, ma ammetteva senza alcuna fatica quanto fosse difficile relazionarsi con lei, con tali e tanti cambi di umore.

“Alekos… vieni” mormorò all’improvviso Astrea nella sua mente, il tono tranquillo ma fermo.

Senza darsi pena di chiedere nulla, Alekos si scusò con Alessandra e corse in tutta fretta all’interno della casa, scatenando così la curiosità e l’ansia in tutti i presenti.

Scansando persone e scavalcando oggetti – facendo anche cadere un paio di lampade da tavolo, nel frattempo – Alekos si catapultò quindi al piano superiore e lì, trovando la porta della stanza già aperta, vi si riversò dentro per poi esalare: «Mamma! Va tutto bene?!»

Athena gli sorrise dal letto mentre, con gesti teneri, si portava la neonata al seno e Alekos, poggiandosi contro il muro per non crollare a terra, esalò: «E’ nata…»

Astrea lo raggiunge in fretta, prendendolo sottobraccio per accompagnarlo accanto alla madre mentre Érebos, carezzando il capo di rossi capelli della piccola neonata, mormorava emozionato: «Pensavamo volessi salutare Chlóe.»

Annuendo, Alekos si lasciò cadere sul bordo del letto e, con occhi pieni di lacrime gioiose, reclinò il capo per baciare quello della sorellina, mormorando: «Ben arrivata. Io sono Alekos, tuo fratello, e ti proteggerò sempre.»

La bimba gorgogliò nello scostare il capo dal seno della madre e, allungata una manina paffuta, picchiettò le dita sul viso del fratello, portandolo a piangere senza ritegno.

Athena ed Érebos si sorrisero orgogliosi mentre Alekos carezzava delicatamente la sorellina, impegnata a conoscere per la prima volta il fratello maggiore.

Nell’osservare quella scena, Astrea sospirò e disse a Demetra: «E’ valsa la pena di perdonare me stessa, visto quello a cui sto assistendo.»

La dea annuì nell’avvolgerle le spalle e, sorridendo di fronte alla famiglia riunita, chiosò: «Vale sempre la pena concedersi un’altra occasione.»

***

Seduto su una poltrona nel silenzio del salotto con la piccola Chóe tra le braccia mentre, all’esterno della villa, i festeggiamenti andavano avanti da ore, Alekos sorrise nel veder giungere Astrea con un paio di bibite.

I neo genitori erano ancora impegnati a ricevere le congratulazioni da parte di parenti e amici e, nel cielo, Pallade volava in cerchio insieme a tutti gli uccelli sacri appartenenti agli dèi presenti quella notte. Uno spettacolo a dir poco curioso, oltre che vagamente inquietante, ma a nessuno parve strano, tanto le persone erano perse nei festeggiamenti.

«Ehi! Sei riuscito a farla dormire! La tua prima conquista» sussurrò la dea, accucciandosi contro la poltrona su cui era seduto Alekos per poter osservare la piccola.

Lui annuì debolmente e, carezzando ammirato una guancia rosea della sorellina, mormorò: «Ancora fatico a credere che sia qui. Se penso che avrei potuto rovinare ogni cosa e…»

Astrea lo azzittì poggiando un dito sulle sue labbra e, nel sorridergli comprensiva, disse: «Non farti soffocare dai se e dai ma. Non è successo, e ora la tua sorellina avrà sempre al fianco un fratello amorevole che la proteggerà. Solo questo conta.»

Alekos annuì, ma le domandò: «E tu? Nessun rimpianto?»

La dea scosse il capo e replicò: «No, nessuno. La mia prigionia era solo uno sciocco e inutile tentativo di non vedere la verità, non la soluzione a ciò che tanto mi aveva sconvolto. Avrei dovuto agire fin da subito, prodigarmi perché le popolazioni coinvolte ricevessero le cure migliori, invece mi sono arenata nel dolore e non ho combinato niente di buono. Per questo ho parlato con Demetra, e ho scoperto del suo impegno costante all’interno dell’OMS. Pensavo perciò di rendermi utile anch’io, stavolta, e di apportare dei cambiamenti nella mia vita.»

«Sarebbe bello… ma intendi studiare tra gli umani come ha fatto lei, o pensi di creare ad hoc la documentazione necessaria per passare inosservata?» sottolineò lui, scostando leggermente un braccio per sistemare meglio la sorellina.

Ammiccando, Astrea allora disse: «Un uccellino mi ha detto che una certa persona voleva iscriversi all’università per studiare medicina, perciò mi sono detta… perché non farlo a mia volta

Sorridendo pieno di divertimento – evidentemente, sua madre aveva spifferato tutto ad Astrea – Alekos annuì e disse: «Ho ammirato molto il lavoro di Esculapio alla sua clinica, e così ho pensato che un indirizzo di Psicologia potrebbe andar bene, per me.»

«Con me, sei stato bravissimo» ammiccò Astrea prima di volgersi a mezzo quando udì la porta-finestra aprirsi.

Alekos sorrise al padre quando lo vide rientrare in casa, evidentemente stanco di bere ogni volta che qualcuno si complimentava con loro. Dioniso era stato perentorio, su questo, e Ares gli aveva dato man forte.

Avvicinatosi alla coppia e alla figlia, il dio Ctonio li osservò compiaciuto e mormorò: «Ti affitterò come baby sitter, questo è sicuro.»

«Lo farò volentieri» ammiccò il giovane prima di domandargli: «Sai già chi diventerà?»

Érebos annuì nello sfiorare il visino della piccina e, con un dolce sorriso, disse: «Sarà una oneiroi, e si occuperà delle creature mistiche che appaiono nei sogni. Sarà la guardiana dei folletti, delle fate e degli unicorni, per intenderci.»

«Avrà un bellissimo ruolo» mormorò Astrea. «E avrà anche un nome d’arte come i suoi fratelli?»

«Lei sarà kósmios, l’Avvenente» annuì la divinità Ctonia mentre Chlóe, con uno sbadiglio, si svegliava tra le braccia del fratello. «Ciao, piccolina! Hai dormito bene?»

La neonata si stiracchiò per bene prima di richiedere le braccia del padre che, teneramente, la prese a sé per poi iniziare a cullarla.

«Senti, papà…» iniziò col dire Alekos, attirandone l’attenzione. «… Astrea vorrebbe iniziare l’università, ma ci sarebbe il problema dei libretti scolastici. Non è che…»

«Ci ho già pensato, non temere. Domani studieremo con calma le scuole migliori, e lì la inseriremo. Dopodiché, mi direte dove intendete intraprendere i vostri studi» sorrise loro il dio, cullando nel frattempo la neonata.

«Grazie, papà» mormorò grato il giovane.

Érebos gli tributò un grande sorriso, limitandosi a dire: «Sei mio figlio, e ora lo è anche Astrea, perciò non pensare mai che non smuoverei il mondo, per voi due.»

«Per me, lo hai già fatto» ammise Alekos, levandosi in piedi per poi prendere la mano di Astrea e aggiungere: «Raggiungiamo gli altri?»

«Sì. Presentiamo al mondo la nuova arrivata, e salviamo tua madre da ulteriori bevute» dichiarò lei, ed Érebos assentì con un risolino.

Insieme, quindi, si incamminarono verso l’esterno, verso la loro grande famiglia, verso il loro nuovo futuro.

 

 

N.d.A.: Con questo capitolo, chiudo qui le vicende degli dèi Olimpici. Siamo partiti con Thanatos (la morte di Miguel e il dolore di Athena) e abbiamo terminato con Eros (la nascita di Chloé e la gioia di Athena), rispettando una delle regole freudiane più conosciute (anche se letta al contrario, visto che si parla di "Eros e Thanatos") e dando voce agli impulsi più classici dell'animo umano, le pulsioni di vita e morte. In questi racconti abbiamo toccato in vari modi questi due estremi e, spero, anche ciò che sta nel mezzo, e cioè il divertimento, la risata, le lacrime, la rabbia, il perdono e mille altre emozioni, che sono state - spero, credibilmente - interpretate dagli dèi che qui vi ho presentato.

Grazie per avermi seguita in questa folle avventura! Per ora, mi prenderò una pausa e, per chi mi seguisse nei miei racconti di licantropi, la prossima storia che posterò sarà il seguito di "Claire de Lune", lo spin-off americano della Trilogia della Luna. Vi avviso fin da subito che sarà un crossover con le storie di Rohnyn, Stheta, Krilash e Litha mac Lir, narrate nella Saga dei Fomoriani. Se volete seguire la prossima storia senza perdervi nulla, urge forse un ripassino delle avventure dei fomoriani, prima.

A presto!

  
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