Epilogo.
14
febbraio 2023 - Santa Cruz (Moore Creek Preserve)
La villa di Athena ed
Érebos era gremita di persone ormai da giorni e, nel parco
della tenuta di
proprietà della coppia, le tende si sprecavano.
L’intero complesso
rassomigliava molto a un accampamento di stampo militare e Achille, che
di
campi se ne intendeva, aveva seguito la nascita di questo assembramento
già dalle
sue primissime fasi.
Raggiunta la sua dea
alle prime avvisaglie dell’imminente parto, Achille,
Alessandra e il piccolo
Alessandro erano stati i primi, assieme ad Astrea e Demetra, ad aiutare
Alekos
nella gestione dell’arrivo di parenti e amici.
Nel giro di un paio di
giorni, la voce secondo cui Athena fosse prossima al parto era volata
da un
angolo all’altro del Globo, complice anche la lingua lunga di
Hermes. In questo
modo divinità, semidivinità, parenti umani e
pantheon stranieri erano stati
avvisati dell’imminente arrivo di un nuovo pargolo divino.
Alekos era stato
letteralmente subissato di baci, abbracci e auguri mentre i diretti
interessati
– Athena ed Érebos – si erano per lo
più dati alla macchia, preferendo rimanere
entro l’abbraccio sicuro della camera da letto.
Lì, Demetra aveva
istituito una sala parto degna del miglior ospedale umano e, complice
anche la
presenza di Apollo ed Esculapio, il tutto era stato seguito con
scrupolo quasi
religioso.
Solo alla rottura delle
acque, i due dèi erano stati gentilmente invitati a uscire,
in modo tale che,
all’interno della stanza, rimanessero soltanto la
partoriente, il futuro padre,
Demetra e Astrea, che si era offerta di aiutare.
Da diversi giri di
clessidra, infatti, il parto della dea della guerra aveva avuto il suo
inizio
e, senza che Alekos potesse far nulla per aiutare la madre, al giovane
non era
rimasto altro che occuparsi dei suoi ospiti.
La sola cosa che gli
impediva di impazzire, era il sapere Astrea al fianco di sua madre. Si
fidava
di Demetra – come non avrebbe potuto? – ma saperla
lì gli era di conforto.
Dopo aver lanciato per
l’ennesima volta uno sguardo alle scale che portavano al
piano superiore,
Alekos uscì dalla villa per prendere una boccata
d’aria e, ben presto, venne
raggiunto da Eris che, dopo una semplice occhiata, sorrise e disse:
«Sopravvivrai, tranquillo. E riprenderai anche un colore
decente.»
«Ora a che
tonalità sono
arrivato? Due ore fa, Ares mi ha detto che sembravo una melanzana,
mentre
Aiolos mi ha riferito che, poco fa, avevo il colore di un
cetriolo» ironizzò il
giovane, sapendo bene di non avere un bell’aspetto.
«Diciamo che tendi al
verdognolo, quello di un’oliva, ma non stai peggio del tuo
nonnino, che è laggiù
a rigirarsi la barba da più di un’ora, mentre il
buon, vecchio Carlos cerca di
fargli provare uno dei suoi sigari» gli confidò
Eris, mostrandogli come Zeus
stesse gestendo malissimo il parto della figlia.
La visione del possente
padre degli dèi, chino su una sedia da giardino, con il viso
pallido e la barba
resa ispida dai suoi troppi passaggi di mano, lo fece sorridere. In
fondo,
anche il potente dio dei fulmini aveva un cuore, e in quel momento era
tutto
per la figlia.
Dopotutto, non era stato
presente durante la gravidanza che aveva visto la non-nascita di
Alekos, e
perciò ora si sentiva doppiamente in ansia.
«Forse, dovrei imitare
Ares e ubriacarmi» chiosò Alekos, lanciando
un’occhiata al ridente zio che, in
quel momento, stava servendo da bere ad Achille e Hermes.
Eris rise sommessamente
a quella vista però scosse il capo e replicò:
«Tu e le sbronze non siete grandi
amici. L’ultima volta che ti sei ubriacato hai quasi fatto
esplodere il mondo
perciò, se proprio vuoi svagarti, fai una passeggiata nel
parco o chiacchiera
con Acaste. E’ più salutare, per te.»
«Già…
meglio se non mi
attacco alla bottiglia» ammise Alekos prima di guardarsi
intorno curioso e
domandare: «Scusa, ma… dove hai infilato Dioniso?
Di solito, dove sei tu, lui
non è molto distante.»
Eris sospirò irritata, a
quel commento vagamente ironico e, grattandosi nervosamente una
guancia,
borbottò: «L’ho legato a una pianta con
uno dei lacci di Artemide, che lei mi
ha gentilmente prestato. Era l’unico modo per tenerlo lontano
dal mio sedere.»
Alekos fece tanto
d’occhi, di fronte a quell’uscita imprevista e la
dea, sospirando in modo
ancora più esasperato, aggiunse: «Dice che ho
delle natiche adatte per essere
palpate. Parole sue, non mie.»
«Non confuterò
la cosa,
perché non voglio prendermi uno
schiaffo…» ironizzò Alekos,
guadagnandosi
un’occhiata raggelante in risposta. «…ma
confido che, prima o poi, lo
libererai.»
«Non lo farò
morire di
fame, promesso» si limitò a dire lei con una
scrollatina di spalle. «Quanto
alla tua adorabile biondina, dille che se riprova a chiedermi scusa, la
rispedisco nel buco cosmico in cui si è rintanata per oltre
settant’anni, e
farò in modo di farla rimanere lì.»
Scoppiando a ridere di
gusto di fronte alla minaccia atona e serafica della dea, Alekos si
asciugò una
lacrima di ilarità ed esalò: «Astrea ci
ha riprovato?»
«In questo, ha tendenze
simili a Dioniso, lo ammetto. Ha una perseveranza davvero encomiabile,
e infatti
mi ha già esasperato oltre ogni limite da me
accettabile» chiosò Eris.
«Davvero, …mi fa piacere non avere più
le sue maledizioni dentro le orecchie, e
sono contenta che non mi ritenga più la peste
incarnata… ma deve smetterla di
farmi gli agguati!»
«Gli…
agguati?» esalò
sorpreso Alekos, sbattendo furiosamente le palpebre per lo shock.
Annuendo, Eris proseguì
con
tono vagamente irritato. «E’ normale che io e lei
si sia arrivate spesso allo
scontro, visto ciò che gestiamo, e sono contenta che ora
abbia capito anche il
mio punto di vista, ma allearsi con Dioniso ed
Eros per cogliermi di sorpresa, è davvero un gesto
meschino.»
Ridendo sommessamente di
fronte a quello scenario davvero paradossale, Alekos ammise:
«Beh, ha
settant’anni da recuperare, quanto a divertimenti e relazioni
sociali, perciò
non mi stupisce che ora voglia darsi da fare.»
«E io sono il suo capro
espiatorio?» gracchiò Eris, facendo tanto
d’occhi.
Scrollando le spalle,
Alekos asserì con semplicità: «Da
qualcuno bisogna pur cominciare e, visto che
Eros ci tampina quasi quotidianamente per essere sicuro che non
facciamo
casini, era scontato che lei approfittasse della sua
presenza.»
Eris scosse il capo con
espressione dolente e, nel passarsi una mano sul volto,
borbottò: «Sopporterò
perché ti sta a cuore, ma non ti stupire se una di queste
volte le
sguinzaglierò dietro le mie arpie.»
«La
avviserò» le promise
lui prima di darle a sorpresa un bacio sulla guancia e aggiungere:
«Grazie per
avermi distratto. Sei molto brava nel tuo ruolo di
disturbatrice.»
Scansandosi con aria
irritata, Eris gli diede uno schiaffo sulla spalla, sbottando:
«Non ti ci
mettere anche tu, con questi gesti svenevoli!»
Ciò detto, se ne
andò a
grandi passi ma, prima di svoltare dietro casa per raggiungere Dioniso,
gli
lanciò un sorriso e una strizzatina d’occhio.
Alekos sorrise divertito
nello scuotere il capo. Con lei, sarebbe sempre stato così,
ma almeno sapeva
che ora anche il suo equilibrio era tornato, e che non soffriva
più a causa
degli squilibri cosmici che lui stesso aveva creato con il suo
alter-ego
assolutista.
Alessandra gli si
avvicinò in quel mentre – lo sguardo che ogni
tanto correva a Buffy e Xena che,
diligenti, tenevano in braccio il piccolo Alessandro – e, nel
sorridergli,
disse: «Vedrai che, tra poco, sarà tutto finito.
Demetra mi aveva mostrato le
ultime ecografie di Athena, nei giorni scorsi, e la bimba non le
creerà troppi
problemi, a uscire.»
Annuendo, il giovane si
passò una mano tra i riccioli scuri e asserì:
«Sarà anche tutto vero, ma starò
tranquillo solo quando ogni cosa sarà finita.»
La donna gli diede una
pacca sulla spalla a mo’ di incoraggiamento e, nel guardarsi
attorno, mormorò:
«Con un tale concentrato di amore, non potrà che
andare tutto bene. Guarda
quante persone sono qui per attendere l’arrivo della tua
sorellina, e quante
pregano perché vada per il meglio! Non credo che, con
così tante energie
positive, qualcuno possa riuscire a far andare male questo
parto.»
Alekos assentì
meccanicamente, e lo sguardo corse all’autentica folla che
assiepava il cortile
della villa, oltre l’interno della casa.
Il Pantheon tutto si
trovava lì per loro, oltre alla numerosa famiglia Rodriguez
e ai venti di
Aiolos che, per quell’occasione, avevano ricevuto il permesso
di Zeus a
presenziare.
Oceano e Teti erano
presenti con una delegazione di oceanine e potamoi, mentre le iadi
della Tracia
erano venute in massa e si davano il cambio per servire libagioni ai
presenti.
Persino Latona aveva
deciso di presenziare e, strano a dirsi, Era non aveva mosso obiezioni
in tal
senso. Il tutto senza che Alekos avesse alzato un dito per convincere
la nonna
a intercedere per un tale evento.
Memnone e i suoi ibis
stazionavano al limitare del bosco, anch’essi in attesa di un
responso, mentre
Orione, Eos e Astreo parlottavano tra di loro nei pressi
dell’entrata della
villa.
Il loro era davvero uno
strano triangolo e, da quando aveva iniziato la sua relazione con
Astrea, aveva
avuto maggiori occasioni per avere a che fare con Eos e i suoi amanti.
Come l’aurora in cielo,
di cui era personificazione, anche Eos era impermanente e volubile, e
questo si
rifletteva anche sui suoi rapporti interpersonali. Poteva passare dalla
gioia
al pianto in un batter di ciglio, e desiderare la compagnia di Orione o
di
Astreo in base a ragionamenti tutti suoi.
Non era una cattiva
persona, ma ammetteva senza alcuna fatica quanto fosse difficile
relazionarsi
con lei, con tali e tanti cambi di umore.
“Alekos…
vieni”
mormorò all’improvviso Astrea nella sua mente, il
tono tranquillo ma fermo.
Senza darsi pena di
chiedere nulla, Alekos si scusò con Alessandra e corse in
tutta fretta all’interno
della casa, scatenando così la curiosità e
l’ansia in tutti i presenti.
Scansando persone e
scavalcando oggetti – facendo anche cadere un paio di lampade
da tavolo, nel frattempo
– Alekos si catapultò quindi al piano superiore e
lì, trovando la porta della
stanza già aperta, vi si riversò dentro per poi
esalare: «Mamma! Va tutto
bene?!»
Athena gli sorrise dal
letto mentre, con gesti teneri, si portava la neonata al seno e Alekos,
poggiandosi contro il muro per non crollare a terra, esalò:
«E’ nata…»
Astrea lo raggiunge in
fretta, prendendolo sottobraccio per accompagnarlo accanto alla madre
mentre
Érebos, carezzando il capo di rossi capelli della piccola
neonata, mormorava
emozionato: «Pensavamo volessi salutare
Chlóe.»
Annuendo, Alekos si
lasciò cadere sul bordo del letto e, con occhi pieni di
lacrime gioiose,
reclinò il capo per baciare quello della sorellina,
mormorando: «Ben arrivata.
Io sono Alekos, tuo fratello, e ti proteggerò
sempre.»
La bimba gorgogliò nello
scostare il capo dal seno della madre e, allungata una manina paffuta,
picchiettò le dita sul viso del fratello, portandolo a
piangere senza ritegno.
Athena ed Érebos si
sorrisero orgogliosi mentre Alekos carezzava delicatamente la
sorellina,
impegnata a conoscere per la prima volta il fratello maggiore.
Nell’osservare quella
scena, Astrea sospirò e disse a Demetra:
«E’ valsa la pena di perdonare me
stessa, visto quello a cui sto assistendo.»
La dea annuì
nell’avvolgerle
le spalle e, sorridendo di fronte alla famiglia riunita,
chiosò: «Vale sempre
la pena concedersi un’altra occasione.»
***
Seduto su una poltrona
nel silenzio del salotto con la piccola Chóe tra le braccia
mentre, all’esterno
della villa, i festeggiamenti andavano avanti da ore, Alekos sorrise
nel veder
giungere Astrea con un paio di bibite.
I neo genitori erano
ancora impegnati a ricevere le congratulazioni da parte di parenti e
amici e,
nel cielo, Pallade volava in cerchio insieme a tutti gli uccelli sacri
appartenenti agli dèi presenti quella notte. Uno spettacolo
a dir poco curioso,
oltre che vagamente inquietante, ma a nessuno parve strano, tanto le
persone
erano perse nei festeggiamenti.
«Ehi! Sei riuscito a
farla dormire! La tua prima conquista» sussurrò la
dea, accucciandosi contro la
poltrona su cui era seduto Alekos per poter osservare la piccola.
Lui annuì debolmente e,
carezzando ammirato una guancia rosea della sorellina,
mormorò: «Ancora fatico
a credere che sia qui. Se penso che avrei potuto rovinare ogni cosa
e…»
Astrea lo azzittì
poggiando un dito sulle sue labbra e, nel sorridergli comprensiva,
disse: «Non
farti soffocare dai se e dai ma. Non è successo, e ora la
tua
sorellina avrà sempre al fianco un fratello amorevole che la
proteggerà. Solo
questo conta.»
Alekos annuì, ma le
domandò: «E tu? Nessun rimpianto?»
La dea scosse il capo e
replicò: «No, nessuno. La mia prigionia era solo
uno sciocco e inutile
tentativo di non vedere la verità, non la soluzione a
ciò che tanto mi aveva
sconvolto. Avrei dovuto agire fin da subito, prodigarmi
perché le popolazioni
coinvolte ricevessero le cure migliori, invece mi sono arenata nel
dolore e non
ho combinato niente di buono. Per questo ho parlato con Demetra, e ho
scoperto
del suo impegno costante all’interno dell’OMS.
Pensavo perciò di rendermi utile
anch’io, stavolta, e di apportare dei cambiamenti nella mia
vita.»
«Sarebbe
bello… ma
intendi studiare tra gli umani come ha fatto lei, o pensi di creare ad hoc la documentazione necessaria per
passare inosservata?» sottolineò lui, scostando
leggermente un braccio per
sistemare meglio la sorellina.
Ammiccando, Astrea
allora disse: «Un uccellino mi ha detto che una certa persona
voleva iscriversi
all’università per studiare medicina,
perciò mi sono detta…
perché non farlo a mia volta?»
Sorridendo pieno di
divertimento – evidentemente, sua madre aveva spifferato
tutto ad Astrea –
Alekos annuì e disse: «Ho ammirato molto il lavoro
di Esculapio alla sua
clinica, e così ho pensato che un indirizzo di Psicologia
potrebbe andar bene,
per me.»
«Con me, sei stato
bravissimo» ammiccò Astrea prima di volgersi a
mezzo quando udì la
porta-finestra aprirsi.
Alekos sorrise al padre
quando lo vide rientrare in casa, evidentemente stanco di bere ogni
volta che
qualcuno si complimentava con loro. Dioniso era stato perentorio, su
questo, e
Ares gli aveva dato man forte.
Avvicinatosi alla coppia
e alla figlia, il dio Ctonio li osservò compiaciuto e
mormorò: «Ti affitterò
come baby sitter, questo è sicuro.»
«Lo farò
volentieri» ammiccò
il giovane prima di domandargli: «Sai già chi
diventerà?»
Érebos annuì
nello
sfiorare il visino della piccina e, con un dolce sorriso, disse:
«Sarà una
oneiroi, e si occuperà delle creature mistiche che appaiono
nei sogni. Sarà la
guardiana dei folletti, delle fate e degli unicorni, per
intenderci.»
«Avrà un
bellissimo
ruolo» mormorò Astrea. «E
avrà anche un nome d’arte come i suoi
fratelli?»
«Lei sarà kósmios,
l’Avvenente» annuì la
divinità
Ctonia mentre Chlóe, con uno sbadiglio, si svegliava tra le
braccia del
fratello. «Ciao, piccolina! Hai dormito bene?»
La neonata si stiracchiò
per bene prima di richiedere le braccia del padre che, teneramente, la
prese a
sé per poi iniziare a cullarla.
«Senti,
papà…» iniziò
col dire Alekos, attirandone l’attenzione.
«… Astrea vorrebbe iniziare
l’università, ma ci sarebbe il problema dei
libretti scolastici. Non è che…»
«Ci ho già
pensato, non
temere. Domani studieremo con calma le scuole migliori, e lì
la inseriremo.
Dopodiché, mi direte dove intendete intraprendere i vostri
studi» sorrise loro
il dio, cullando nel frattempo la neonata.
«Grazie,
papà» mormorò
grato il giovane.
Érebos gli
tributò un
grande sorriso, limitandosi a dire: «Sei mio figlio, e ora lo
è anche Astrea,
perciò non pensare mai che non smuoverei il mondo, per voi
due.»
«Per me, lo hai
già
fatto» ammise Alekos, levandosi in piedi per poi prendere la
mano di Astrea e
aggiungere: «Raggiungiamo gli altri?»
«Sì.
Presentiamo al
mondo la nuova arrivata, e salviamo tua madre da ulteriori
bevute» dichiarò
lei, ed Érebos assentì con un risolino.
Insieme, quindi, si incamminarono verso l’esterno, verso la loro grande famiglia, verso il loro nuovo futuro.
N.d.A.: Con questo capitolo, chiudo qui le vicende degli dèi Olimpici. Siamo partiti con Thanatos (la morte di Miguel e il dolore di Athena) e abbiamo terminato con Eros (la nascita di Chloé e la gioia di Athena), rispettando una delle regole freudiane più conosciute (anche se letta al contrario, visto che si parla di "Eros e Thanatos") e dando voce agli impulsi più classici dell'animo umano, le pulsioni di vita e morte. In questi racconti abbiamo toccato in vari modi questi due estremi e, spero, anche ciò che sta nel mezzo, e cioè il divertimento, la risata, le lacrime, la rabbia, il perdono e mille altre emozioni, che sono state - spero, credibilmente - interpretate dagli dèi che qui vi ho presentato.
Grazie per avermi seguita in questa folle avventura! Per ora, mi prenderò una pausa e, per chi mi seguisse nei miei racconti di licantropi, la prossima storia che posterò sarà il seguito di "Claire de Lune", lo spin-off americano della Trilogia della Luna. Vi avviso fin da subito che sarà un crossover con le storie di Rohnyn, Stheta, Krilash e Litha mac Lir, narrate nella Saga dei Fomoriani. Se volete seguire la prossima storia senza perdervi nulla, urge forse un ripassino delle avventure dei fomoriani, prima.
A presto!