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Autore: MusicDanceRomance    29/06/2020    26 recensioni
Un amore custodito dai fiori. Una drabble per ogni anno ad Hogwarts.
Dal testo:
"Hermione Granger era un fiore d’acacia. Candida, delicata e splendente. E come l’acacia, il loro era un amore da tenere segreto, ma che dava il sapore più dolce alle sfumature dei sentimenti.
Quando si incontravano nella Stanza delle Necessità o nella Torre di Astronomia capivano che la fame dei loro corpi era tale da dimenticare le vergogne del sangue."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Theodore Nott
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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A morgana85
 
 
 
Quando Theodore Nott scorse per la prima volta Hermione Granger, durante la cerimonia dello Smistamento, intuì che la Sanguesporco fosse come l’erica, sola, e come la bocca di leone, presuntuosa.
Nei giorni successivi si divertì ad osservarla di sfuggita, mantenendo il distacco che conveniva ad un giovane del suo rango.
Notò subito che la piccola Grifondoro intendeva divenire il fiore più splendente in quel prato di magia così variopinto, ma sfoggiava una saccenteria fastidiosa e dei modi di fare troppo irritanti perché si potesse desiderare la sua compagnia.
La Granger era una bambina bella da vedere, ma inutile da ammirare, com’era tipico dei fiori privi di importanza.
Lui lo sapeva perfettamente: alcune piante nascevano da terreni aridi, il mondo doveva nutrire anche i dettagli meno interessanti.
Ecco cosa pensò per il resto del suo primo anno ad Hogwarts.
 
 
Quando seppe che era stata pietrificata non riuscì a fare a meno di passare dall’infermeria, cauto e silenzioso tra le ombre della sera.
Draco Malfoy si era compiaciuto nel saperla quasi morta, ma quando Theodore se la ritrovò davanti, persa come una statua congelata tra due istanti, in lei vide un anemone, il fiore del vento che parlava di desolazione. Il più detestabile.
Il suo sangue marcio non avrebbe dovuto far germogliare la magia, l’odore della sua indegnità aveva richiamato un mostro leggendario per annientarla e lei stava appassendo.
Ma Nott ricordò che quel fiore desolato aveva pur sempre dodici anni, troppi pochi per non vivere, e provò un senso di pietà verso una gemma condannata a rimanere senza petali.
Le lasciò sul tavolino accanto al letto un’ortensia, il distacco.
Perché per lui la Nata Babbana non era importante e un gesto di compassione non significava assolutamente nulla.
 
 
Quando a Hogsmeade lo sguardo fulminante della Granger lo trafisse, per una battuta di troppo su Potter, pensò che lei fosse come l’erba ghiaccio.
Avvertì il gelo fino al cuore, e le restituì un’occhiata di disprezzo senza mascherare un’acuta rabbia.
Il giorno successivo, in cortile, volle ricorrere ad un incantesimo per farle piovere addosso foglie di basilico, il simbolo dell’odio, ma non appena estrasse la bacchetta fece sbocciare accanto alla ragazzina solamente fiori di ribes.
Lei, con la sua espressione curiosa e mezza accigliata, riconobbe immediatamente l’incantesimo Florens Germonium che qualcuno aveva evocato, e pensò ad uno scherzo dei gemelli Weasley.
Ma Theodore al contrario si infuriò con sé stesso, e non per il modo in cui la Grifondoro aveva frainteso il dispetto.
Perché il ribes aveva un significato preciso, nel linguaggio dei fiori: il tuo sguardo ostile mi ucciderà.
 
 
Quando al Ballo del Ceppo la vide in lacrime sulla scalinata, le si avvicinò per domandarle se si sentisse bene, immaginando che Krum l’avesse presa in giro o le avesse chiesto ben più di un ballo.
Invece scoprì che lei aveva solo litigato con l’idiota Weasley, così le sorrise, suggerendole di smettere di essere innocente come una margherita, perché la notte poteva divenire più sfrontata di ogni altra fantasia.
Le spiegò che dimenticare un uomo sbagliato era un atto purificatore per la propria dignità, soprattutto nel corso di un ballo della neve. Lei rise per quei consigli e si lasciò avvolgere dalle sue braccia per un giro di valzer.
In quel momento Theodore si sentì in trappola, perché capì che Hermione Granger era un fiore di pesco, irresistibile e casto, e il suo fascino senza pari lo avrebbe fatto perdere.
Fu delicato come un bocciolo il bacio inaspettato che si scambiarono sotto il vischio.
 
 
Quando capì che lei gli stava nascondendo qualcosa volle esigere spiegazioni. E quando lei gli rispose che non era il suo ragazzo, lo ferì.
Non sapevano come definirsi, nel loro quinto anno di scuola. Non erano amici, non erano amanti; stavano insieme per parlare di incantesimi e fiori, stavano insieme per il gusto di lasciarsi andare a baci senza nome, stavano insieme tenendolo nascosto agli altri compagni.
Glielo ripeteva da tempo ormai, che lei era il calore del partenio, la dolcezza che gli infondeva coraggio quando tremava al pensiero di diventare Mangiamorte.
Hermione era sempre pronta ad estrargli spine dal cuore, e lo fu anche il giorno in cui venne scoperta e punita dalla Umbridge a causa di una spia Corvonero.
La ricoprì di giacinti viola quando si rividero. Perdonami, ti prego.
Le chiese scusa per quello che avevano fatto i suoi compagni di Casa, e fu allora che Theodore si sentì addosso gli occhi di una fanciulla già innamorata.
Insieme cominciarono a immaginare quanti colori potessero abbracciare le loro anime, sospendendo i se e i quando.
 
 
Hermione Granger era un fiore d’acacia. Candida, delicata e splendente. E come l’acacia, il loro era un amore da tenere segreto, ma che dava il sapore più dolce alle sfumature dei sentimenti.
Quando si incontravano nella Stanza delle Necessità o nella Torre di Astronomia capivano che la fame dei loro corpi era tale da dimenticare le vergogne del sangue.
Nuda e pura di fronte a lui, Hermione aveva anche la bellezza raffinata dell’orchidea, amava farsi rimodellare come cera morbida dalle mani di Theodore.
Theodore l’accarezzava con delicatezza, perché lei era preziosa e ogni angolo della sua pelle andava riverito. Nei momenti in cui Hermione lo sentiva in sé aveva la sensazione di volare con lui verso echi d’infinito e sprazzi d’immensità.
Facevano l’amore come se avessero catturato il cielo in una stanza, e soprattutto dialogavano in un alfabeto speciale, adornato con boccioli, petali e profumi.
Il resto del mondo era in guerra, ma loro due si ritagliavano attimi di sole per creare un giardino segreto, fatto di emozioni e sogni.
 
 
Mentre Theodore, senza possibilità di opporsi, torturava vittime di fronte agli altri, fingendo di cercare la Granger per consegnarla al Signore Oscuro, non mancava mai, nella protezione del silenzio, di dedicarsi ai fiori che custodivano la loro storia.
Draco era un amico poco invadente, ma anche curioso: gli domandava spesso perché coltivasse con tanta dedizione l’edera. Se il giovane Malfoy avesse indagato più a fondo avrebbe compreso che l’edera era il simbolo della fedeltà, forte, vitale e inviolabile.
Theodore curò per tutta la durata del suo settimo anno ad Hogwarts anche i fiori di pervinca, perché erano soffi di gioia che simboleggiavano i ricordi. L’edera e la pervinca erano le piantine che descrivevano l’essenza di Hermione e che anche lei, come gli aveva giurato, portava ovunque con sé.
Perché insieme sarebbero stati fedeli al loro amore segreto e ai loro teneri ricordi, e perché, ne era certo, come le piante resistevano agli strappi degli uomini e si moltiplicavano, anche i loro sentimenti sarebbero sopravvissuti ad ogni orrore della guerra.
 
 
All’alba della vittoria di Hogwarts si ritrovò ferito ad un braccio.
Aveva rivisto Hermione dopo lunghi mesi e l’aveva trovata più bella che mai. Aveva lottato con lei e l’aveva protetta dalle Maledizioni del suo stesso zio, un Mangiamorte devoto.
Rise al pensiero che non aveva affatto tradito il suo sangue combattendo contro gli altri Nott, ma era rimasto fedele ai sentimenti e al linguaggio dei fiori che aveva onorato per lunghi anni.
Hermione lo baciò con tenerezza, per la prima volta di fronte ad altri. Avevano mantenuto troppi segreti dialogando in un linguaggio speciale, ma era ormai tempo di rivelare cosa fossero insieme.
Le strinse le mani e le ripeté che lei era la sua rosa più bella, rossa, incandescente, l’amore immortale che avrebbe continuato ad onorare.
E per la prima volta si sentì anche lui un fiore: un tulipano splendente e deciso, pronto per la sua dichiarazione d’amore più sincera.
Avrebbero vissuto, finalmente, alla luce del sole, guardando il cielo senza più filtri, e i messaggi con i quali avevano imparato ad amarsi sarebbero stati indelebili per tutta la vita: c’erano abbastanza colori, speranze e bellezze per tutti.
 
 
 
 









NDA:
Sì, l’idea per questa storia è nata grazie al romanzo di Vanessa Diffenbaugh, “Il linguaggio segreto dei fiori”, infatti mi sono servita del dizionario di Victoria che si trova a fine libro per scrivere le drabble/double drabble e, soprattutto, per seguire i vari significati dei fiori.
Ringrazio Graine per le consulenze floreali (tante consulenze, santa pazienza che ha) e per la pazienza avuta durante certe mie crisi (XD) e ringrazio morgana85 per avermi assegnato come prompt la coppia Theodore/chi-vuoi-tu-se-possibile-Hermione. :P
A proposito, mi sono innamorata della Theodore/Hermione dopo aver letto il lavoro a quattro mani di morgana85 e Chris_88, “Boccioli di bucaneve” (la trovate sul profilo di Chris_88) che pubblicizzo qui, vi assicuro che è una meraviglia!
Sono felicissima di essere tornata ad Hogwarts, e spero vi sia piaciuta.
 
 
 
 
 
   
 
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