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Autore: Lady I H V E Byron    01/07/2020    1 recensioni
(Contest del "The XIII Order Forum" - "Through space and time, my heart will reach you)
Un crossover tra Kingdom Hearts e Descendants realizzato per gli amici del "The XIII Order Forum", in onore del decimo anniversario.
Le vicende dei protagonisti di Kingdom Hearts saranno legate a quelle dei Descendants...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Re Topolino, Riku, Sora, Yen Sid
Note: Cross-over, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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Note dell'autrice: eeeeeeeee... CAPITOLO FINALE!!! Scusate se è lungo, ma volevo finire in grande stile.
Alla prossima, ciao!

Fandom: Kingdom Hearts 3
Tema: Non appena la felicità si rompe, si sente l'odore del sangue


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La guerra era finita.
La Luce aveva prevalso sull’Oscurità.
Maestro Xehanort era stato sconfitto da Sora.
I mondi erano in pace.
Yen Sid era tornato al castello Disney insieme a Re Topolino, Paperino e Pippo.
I profughi di Auradon attendevano con impazienza il loro ritorno.
Insieme a Yen Sid tornarono nella Torre Misteriosa, per proseguire i loro allenamenti, soprattutto per i futuri principi e principessa della Luce.
Ma essi avevano tante domande da porre, sulla recente Guerra dei Keyblade.
-Maestro Yen Sid…- iniziò Mal, con una nota di preoccupazione sul suo volto; per una persona, in particolare –Il resto dei Sette Guardiani della Luce stanno bene? Voglio dire… sono ancora vivi?-
Yen Sid sorrise lievemente: sapeva perfettamente per chi davvero la ragazza fosse preoccupata.
-Perché non lo chiedi direttamente al nostro ospite, giovane Mal?-
Con un gesto della mano, aveva indicato il portone alle spalle dei profughi di Auradon: un’altra persona si unì a loro. Un ragazzo alto e dai capelli bianchi.
Nel vedere la figlia di Malefica e di Ade aprì la bocca dallo stupore.
-Non ci posso credere… Mal?!-
Anche Mal si illuminò.
-RIKU!!!- esclamò, prima di saltargli letteralmente addosso, abbracciandolo persino con le gambe. La felicità nel rivedere il suo primo amico era tale da farla lacrimare.
Lui ricambiò l’abbraccio, contento anche lui di rivedere la ragazza.
Ben fu sconvolto da quella scena: Mal non lo aveva mai abbracciato così. Non nascose un po’ di gelosia.
Uma, invece, trattenne a stento una risata.
-Riku, sei ancora vivo…- mormorò lei, affondando il volto sulla spalla di Riku.
Lui rise.
-Sono sopravvissuto ad Ansem. Niente è impossibile, per me.-
Si guardarono un attimo negli occhi e poi Mal toccò di nuovo terra. Ma abbracciò di nuovo Riku. Erano anni che non lo vedeva. Aveva sentito la sua mancanza. Inoltre, era preoccupata per lui, per l’Esame di maestria del Keyblade e per la Guerra dei Keyblade.
-Riku, che bello rivederti…-
-Anche per me. Quando ho sentito di Auradon, pensavo di non vederti più…-
La gelosia era insopportabile: Ben dovette farsi avanti.
-Ehm!- iniziò, separando la ragazza da Riku; esibì un sorriso forzato –Quindi tu sei il famoso Riku…- gli allungò la mano -Piacere, Benjamin, figlio di Belle e Adam. E fidanzato di Mal.-
Alzò il tono della voce a “fidanzato”.
Riku si mostrò sorpreso.
-F-fidanzato…?- commentò; poi gli strinse la mano –P-piacere, Riku… Io… Mal, non mi avevi parlato di lui, l’ultima volta.-
Ben si voltò di scatto verso Mal, sconvolto.
-Non gli hai parlato di me?!- esclamò, geloso.
Mal divenne rossa d’imbarazzo.
-Uh… la cosa si fa interessante…- commentò Uma, ridacchiando. Anche Harry e Gil risero con lei.
Anche Yen Sid si schiarì la voce, per riportare l’attenzione sulla questione principale.
-Dicevo, il maestro Riku qui presente è venuto sin qui per parlarci degli sviluppi relativi alla Guerra dei Keyblade e rispondere a ogni vostra domanda.-
Riku raccontò dettagliatamente quanto avvenuto alla Guerra.
Le persone perdute, quelle ritrovate.
Evie tirò un sospiro di sollievo al ritorno di Terra, come Chad su quello di Ventus, il ragazzo che aveva aiutato i topolini a realizzare un vestito per la madre Cenerentola, e anche Audrey su quello di Aqua, la ragazza che aveva aiutato il padre Filippo contro Malefica.
Ben, ovviamente, volle chiedere di Sora: sperava finalmente di incontrarlo, alla fine della Guerra. Ma Riku scosse la testa, triste.
-Sora… è scomparso, poco dopo la fine della Guerra. Mi dispiace, Ben.-
Ben sospirò, scoraggiato.
-Ma con gli altri ci stiamo organizzando per ritrovarlo.- aggiunse il ragazzo albino, mettendogli le mani sulle spalle –Quindi non tutto è perduto.-
-E mio padre?-
L’unico a preoccuparsi per uno dei Tredici Cercatori dell’Oscurità. Il frutto dei lombi di uno di essi.
Carlos.
Riku lo osservò, sospetto: non aveva la benda. L’occhio giallo era ancora presente.
-Tuo padre…?-
-Il suo nome è Xigbar.-
-Tu sei il figlio di Xigbar?!-
Solo gli abitanti del Castello Disney sapevano delle ascendenze degli ex-abitanti dell’Isola degli Sperduti, comprese quelle di Carlos.
-Sì, sono suo figlio. E per questo ti chiedo, lui dov’è?!- il suo tono era sempre più preoccupato, più rabbioso.
Forse aveva già intuito la risposta; ma nutriva ancora speranza. Che fosse ancora vivo.
Ma lo sguardo di Riku gli stava esprimendo il contrario delle sue aspettative.
-Mi dispiace, ma… Sora e io non abbiamo avuto scelta. Lui non ci ha lasciato scelta. Abbiamo dovuto affrontarlo. Quando lo abbiamo sconfitto, lui… si è gettato in un dirupo.-
Qualcosa, dentro Carlos, si spezzò. Sentì un grande vuoto dentro, dopo un attimo di dolore.
Le gambe gli tremavano; doveva sedersi.
Delle lacrime scendevano dai suoi occhi.
-No… No…! No!- singhiozzò, mettendosi a sedere e coprendosi il volto con le mani.
Jane accorse da lui, per abbracciarlo.
-Oh, Carlos…-
Lui ricambiò l’abbraccio, per un attimo. Gli amici si erano riuniti intorno a lui, cercando un modo per sollevargli il morale.
Ma lui non provava niente. Solo… rabbia. E odio.
-Carlos, mi dispiace.- riprese Riku, cercando di avvicinarsi al ragazzo –Sora e io abbiamo cercato di salvarlo, ma…-
Improvvisamente, un Keyblade a forma di osso con una zampa di dalmata come lama gli sfiorò il naso: un colpo ascendente con il fine di tagliarlo in due. Riku si era schivato appena in tempo, eseguendo una capriola all’indietro.
Carlos lo stava osservando come un cane rabbioso, e con le lacrime che ancora scendevano dai suoi occhi: aveva spinto Jane da una parte ed allontanato gli amici.
-HAI UCCISO MIO PADRE!- esclamò, eseguendo un altro colpo.
Anche Riku evocò il suo Keyblade. Parò il colpo. Ma sentì la sua gamba cedere. Percepiva molta rabbia nel ragazzo che aveva di fronte. Riconobbe lo sguardo di Xigbar in quello di Carlos. Era indubbiamente suo figlio.
-Non ho avuto scelta!- si giustificò Riku -I mondi sarebbero sommersi di Oscurità, adesso! Ho dovuto farlo!-
-Ma era mio padre! Non avevi alcun diritto di decidere sulla sua vita! Vorrà dire che farò io quello che lui avrebbe dovuto fare!-
Yen Sid scattò in piedi, severo.
-Basta così, Carlos!- esclamò.
Lanciò un fulmine, colpendo il Keyblade di Carlos, insieme alle sue mani. L’arma svanì come era comparsa.
L’atmosfera, nella biblioteca, si era fatta pesante.
I profughi di Auradon stavano osservando, spaventati, l’amico: da quando era tornato umano, era cambiato. E non faceva che peggiorare. Specie da quando aveva ottenuto il Keyblade.
-Che cosa hai fatto, stregone?!- esclamò Carlos, tenendosi le mani. La rabbia in lui era ancora tanta.
-Quello che era giusto.- spiegò Yen Sid -Tuo padre era un pericolo, Carlos. Riku, il Re e il resto dei Guardiani della Luce hanno dovuto fare quello che era giusto per salvare i mondi.-
-Carlos, sono d’accordo con il Maestro Yen Sid.- aggiunse Ben, un po’ allarmato per la possibile reazione di Carlos –Sora e Riku hanno fatto solo il loro dovere. Tuo padre aveva preso parte al piano di far invadere tutti i mondi di Oscurità. Anche se fosse sopravvissuto, non avreste comunque avuto un posto in cui stare. E avresti perso noi…-
-Ma era mio padre!- protestò il ragazzo, continuando a singhiozzare -Ora sono solo…-
-Carlos, non sei solo…- cercò di consolarlo Jane –Tu hai noi. Noi siamo una famiglia.-
Carlos non udì le sue parole: era diventato sordo, per la disperazione. Nessuno dei suoi amici stava sostenendo la sua parola: erano d’accordo con Yen Sid e con Riku.
Gli avevano voltato le spalle. Lo avevano tradito.
-Voi non siete la mia famiglia!- tuonò, aggressivo -Mio padre era la mia famiglia! Avevo trovato la famiglia di cui avevo bisogno.- riprese ad osservare Riku -Ma lui e quell’incapace di Sora hanno rovinato tutto!-
Un altro sentimento oscuro si era insediato nel cuore del ragazzo: l’odio per Riku.
Yen Sid sospirò e scosse la testa.
-Nemmeno questi mesi di addestramento sono stati sufficienti per farti cancellare l’Oscurità dal tuo cuore, Carlos.- mormorò, dispiaciuto -Hai lasciato che la rabbia, l’odio e la disperazione prendessero il sopravvento su di te. Un Keyblade in mani simili diventa un’arma pericolosa. Non posso permettere che gli errori del passato si ripetano. Carlos, se non imparerai a cacciare questi sentimenti dal tuo cuore, non posso più tenerti come allievo.-
Quella notizia non solo sconvolse l’interessato, ma anche i suoi amici.
Riku, come uno dei sette Guardiani della Luce, era da poco uscito illeso da una guerra contro un uomo che aveva usato il Keyblade per scopi malvagi.
E Yen Sid non voleva diventare Maestro di uno come lui.
Carlos non si sentì in colpa per le sue parole o le sue recenti azioni.
Qualcosa stava crescendo in lui: bruciava e gli faceva male, ma lo faceva sentire sempre più potente.
Rivolse uno sguardo carico di odio verso Yen Sid.
-Io ti odio!- esclamò, senza indugio; poi osservò i suoi amici -Io vi detesto!- strinse una mano a pugno -IO… ODIO… TUTTI…- intorno a lui si stava materializzando qualcosa, una nebbia nera e viola; l’Oscurità; aveva finalmente trovato posto nel suo cuore; aveva cancellato l’amore, l’amicizia, i sentimenti che ancora lo legavano al regno della luce; il filo che lo aveva fatto precipitare era la notizia della morte di suo padre; la coscienza di essere di nuovo da solo -VOOOOOIIII!!!-
Con quell’urlo, un’onda di Oscurità era partita dal suo corpo, espandendosi per tutta la stanza, rendendola buia come fosse notte: sembrava  fosse entrato un uragano, e il vento partiva da Carlos. Erano i suoi sentimenti negativi: rabbia, odio, disperazione, solitudine, rancore.
Ben, con l’aiuto della magia di Yen Sid, aveva fatto il possibile per proteggere gli amici in un suo campo di forza: l’Oscurità di Carlos era potente.
L’uragano, per fortuna, durò poco tempo e la stanza tornò come prima. Ma non senza conseguenze.
Lo sguardo di Carlos era ancora furioso, e gli occhi guardavano con odio verso Riku. Con grande sgomento dei presenti, specialmente dei figli dei cattivi, entrambi i suoi occhi erano diventati gialli. Anche l’occhio destro si era tinto di giallo, durante il rilascio dell’aura oscura.
Era perduto. Aveva ceduto all’Oscurità.
Gli sguardi puntati su di lui esprimevano paura e preoccupazione.
Esattamente come quella volta in cui era quasi vicino ad uccidere Chad.
E come quella volta, diede le spalle a tutti, ma senza versare lacrime o parole di pentimento: aveva preso la sua decisione.
Ben e Jane decisero di corrergli dietro, preoccupati. Avevano anticipato le intenzioni di Mal, Evie e Jay.
-Carlos, mi dispiace. Non sapevo avresti reagito così…- si scusò Ben.
-Ti prego, non andartene, Carlos.- aggiunse Jane, la più preoccupata di tutti –Sistemeremo tutto.-
-Silenzio! Tutti e due!- tuonò Carlos; il suo tono era aggressivo –Non ne posso più della vostra ipocrisia! Di tutti voi abitanti di Auradon! Prima fate il terzo grado a chiunque infranga una regola e poi pretendete di essere perdonati! Proprio tu, Ben, che non ti sei fatto scrupoli a tradire Audrey per Mal, anche dopo che l’incantesimo era svanito! Ricordi a cosa l’ha portata?! A cedere all’Oscurità! E tu…- stava fissando Jane come un leone a digiuno da una settimana di fronte ad una preda inerme –Più di tutti mi hai deluso! Avresti dovuto stare dalla mia parte, adesso!-
-Ma io sto dalla tua parte, Carlos!-
-E allora perché non hai detto nulla?! Tutto quello che sai dire sono solo belle parole, ma cosa mi dici dei fatti? Io lo so che non ti piaccio. Ho visto come guardi me e vedo come guardi Harry. Credi che non me ne sia accorto? Vuoi stare con Harry? Accomodati. Tra noi è finita. L’ho sempre saputo che il mio regalo non ti è mai piaciuto.-
Jane stava facendo di no con la testa alle insinuazioni del ragazzo; ma lui le aveva preso ugualmente la collana con scritto “Jarlos” strappandogliela dal collo e gettarla per terra, per poi pesarla.
-No!- esclamò lei, con le lacrime agli occhi.
Si era gettata per terra, per recuperare la collana. Si era spezzata in due. In “Ja” e “rlos”.
Sembrava che con quell’onda di Oscurità si fossero risvegliati anche i dubbi e le incertezze di Carlos, oltre che ai suoi rancori.
-E tu!- si era di nuovo avvicinato a Riku -Quelli come te si vantano di essere degli eroi, di poter salvare tutto e tutti, ma non pensate mai alle conseguenze delle vostre azioni! Pensate che i vostri nemici siano esseri senza cuore, senza legami! Ma agendo così non siete meglio di loro! Siete degli ipocriti!-
Poi osservò i suoi amici, carico di odio e delusione.
-Mi avete deluso tutti. Pensavo fossimo amici, che ci sostenessimo a vicenda, ma vedo che preferite aggrapparvi a degli stereotipi e seguire il pensiero dei più potenti che aiutare un amico.- tornò ad osservare il portone -Tanto che mi importa? Prima di essere scaricato nell’Isola degli Sperduti, io ero da solo. Non mi cambia nulla tornare ad esserlo.-
Allungò una mano in avanti, chiudendo gli occhi. Di fronte allo sguardo stupito di tutti, Carlos aveva aperto un Portale Oscuro.
E di certo non era per far venire qualcuno o mandarvi qualcuno.
-Carlos!- esclamò Mal, preoccupata -Non hai una protezione! L’Oscurità ti divorerà!-
Lui le rivolse un’occhiata fredda.
-La Luce mi ha fatto questo.- indicò entrambi gli occhi gialli –Credi davvero che l’Oscurità possa farmi di peggio? Come no.-
Aveva cambiato modo di parlare. Definitivamente.
Riku ebbe la prova definitiva che quel ragazzo fosse il figlio di Xigbar: solo lui parlava con quel tono.
Entrò nel portale, senza voltarsi indietro; svanì, come una nuvola di fumo.
Carlos aveva fatto la sua scelta. Aveva ceduto all’Oscurità. Per farlo, aveva abbandonato le ancore che ancora lo tenevano legato alla Luce: la sua ragazza ed i suoi amici.
Nessuno, all’interno di quella sala, nonostante ciò a cui avevano assistito, sembravano sollevati.
Soprattutto Riku.
-Mi dispiace tanto, davvero.- si scusò, provando disagio; Carlos era figlio di un suo nemico, ma lui non aveva le stesse colpe del padre; o così sperava -Mi sento responsabile. Se lo avessi saputo prima, non avrei detto quelle parole…-
Mal gli mise una mano su un braccio, guardandolo teneramente.
-No, Riku, non è colpa tua.- lo rincuorò -Nessuno ti sta biasimando. Hai solo fatto il tuo dovere.-
-Io lo sentivo nel suo cuore, la disperazione, il rancore, la solitudine che Carlos provava dalla perdita di suo padre...- mormorò Yen Sid, scuotendo la testa e sospirando, come per esprimere delusione; ma non per Carlos -Speravo che diminuissero con il tempo e con l’addestramento. Ma non facevano altro che aumentare, riempiendogli il cuore sempre più di Oscurità. Lo immaginavo che non ci fosse niente da fare per lui.-
Jane stava ancora piangendo sulla collana spezzata: si era divisa in “Ja” e “rlos”. L’unione tra Jane e Carlos. Quel regalo era importante per lei. Carlos era stato il primo ragazzo a farla sentire carina e speciale. Non lo avrebbe mai tradito con Harry, nonostante lui avesse cercato di sedurla, chiamandola “anatroccolo affascinante”.
Evie, Audrey e Lonnie si erano riunite intorno a lei, per confortarla.
Persino Jay avrebbe voluto piangere: ma era troppo orgoglioso. Sostituì le lacrime con la rabbia.
Batté con forza una mano sulla scrivania di Yen Sid.
-Ma non è una buona scusa per mandarlo via così!- tuonò, furioso. La rabbia nascondeva la preoccupazione per l’amico, per lui un fratello minore, come Evie e Mal.
La sua reazione fu inaspettata per lo stregone, che sobbalzò, allarmato: per un attimo, aveva intravisto le pupille di serpente, nei suoi occhi.
Tuttavia, le sue parole avevano scosso Jane: si asciugò le lacrime e si alzò in piedi, determinata. Non era il momento per piangere. Anche lei si era allenata sodo con il Keyblade: doveva dimostrare di essere una degna guerriera, oltre che mezza fata.
-Jay ha ragione.- disse, ancora con la collana spezzata tra le mani -Carlos è pur sempre uno di noi. È nostro amico! E dobbiamo cercarlo!-
Mal e gli abitanti di Auradon furono unanimemente d’accordo con la proposta della figlia della Fata Smemorina. Ma non un’abitante dell’Isola degli Sperduti.
-Ehm, pronto?- chiamò Uma, cinica, con un gesto della mano come per salutare -Non avete sentito quello che ha detto? Cosa vi fa pensare che voglia essere ritrovato?-
-Non è tanto questione di riportarlo da noi.- fece notare Ben -Si tratta di salvarlo. Là fuori, da solo, senza Keyblade, potrebbe essere in pericolo.-
-O potrebbe essere lui il pericolo…-
Si voltarono tutti verso Chad.
Aveva pronunciato quella frase con un tono che non era da lui: sembrava serio, riflessivo, sospettoso. L’addestramento con il Keyblade aveva cambiato anche lui, rendendolo più responsabile. Aveva preso l’impegno di ricostruire Auradon seriamente, questo aveva anche forgiato il suo carattere.
Ben era confuso.
-Che vuoi dire, Chad?-
Il figlio di Cenerentola si rivolse al figlio di Belle ed alla figlia di Aurora, sempre con lo sguardo serio e sospettoso.
-L’avete percepita anche voi, vero? La sua Oscurità. Era davvero potente.- fece notare –Mi sono sentito schiacciare, quasi espellere la Luce dentro di me.-
Allora non era un’impressione, pensarono Ben ed Audrey. Avevano percepito anche loro qualcosa, come un artiglio nel loro cuore, che dava l’impressione di volerlo strappare dal petto. Loro in particolare, poiché i loro cuori erano puri, come quelli delle loro madri.
-Chad ha ragione.- approvò Yen Sid; l’attenzione fu rivolta a lui -Non serve un Keyblade per rappresentare un pericolo per i mondi.- si rivolse agli ex-abitanti dell’Isola degli Sperduti -I vostri genitori non avevano un Keyblade, ma la loro Oscurità era molto potente e sono stati un pericolo per i vostri mondi.-
Non aveva torto: Mal, Evie e Jay ricordavano come le proprie madri e padre avessero esercitato terrore sui propri mondi, senza Keyblade. E Ursula, la madre di Uma, non era un’eccezione. Uncino e Gaston non erano al loro pari, ma anche la loro Oscurità rischiava di compromettere l’equilibrio dei loro mondi.
Carlos era sempre stato un ragazzo buono. Non sembrava figlio di Crudelia De Mon, tantomeno di Xigbar. Ma i recenti eventi lo avevano avvicinato sempre più all’Oscurità. Lo avevano costretto ad avvicinarsi all’Oscurità. Per amore aveva ceduto ad essa. Era stata la Luce la causa della sua caduta.
E quella Luce doveva aiutarlo ad elevarsi di nuovo ad essa.
Mal aveva preso la sua decisione: avrebbe fatto di tutto per salvare un suo amico. Come Riku con Sora.
-Suggerisco, allora, di cercare nei posti in cui andiamo spesso.- propose -Come Crepuscopoli e la Città di Mezzo. Dovremo dividerci in due gruppi.-
Era un buon piano. Ma Audrey non sembrava convinta.
-Lui saprà che quelli sarebbero i primi luoghi in cui potremo trovarlo.- fece notare, anche lei preoccupata.
-Ma dovremo comunque tentare.-
Anche Ben disse la sua.
-Ci potrebbe essere una possibilità che sia tornato nel suo mondo d’origine.-
-Ma lui ha detto di odiare il suo mondo d’origine.- ricordò Evie, sospetta.
-Appunto per questo dobbiamo tentare anche lì. Come ha detto Audrey, Carlos si aspetterà che lo cerchiamo nei mondi in cui andiamo spesso. Il posto migliore per nascondersi è l’ultimo posto in cui ci aspetteremo di trovarlo. E questo potrebbe essere il suo mondo d’origine.-
-Se posso permettermi…- aggiunse Riku, intromettendosi nel discorso; voleva aiutare l’amica a ritrovare Carlos -Se mi venisse detto della scomparsa di una persona cara, io tornerei in quel luogo, per cercarla.-
Mal approvò l’idea: non aveva tutti i torti al riguardo.
-Ma non avevi detto che suo padre si era suicidato?- domandò, confuso, Gil.
-Con i Nessuno non si tratta di una vera e propria morte.- spiegò il ragazzo albino -Yen Sid vi avrà spiegato la differenza tra Heartless e Nessuno, vero? Eliminando entrambi, possiamo far tornare i Nessuno un… qualcuno, se così si può dire.-
Rifletterono tutti sulle sue parole. Yen Sid aveva già spiegato ai profughi di Auradon la nascita degli Heartless e dei Nessuno e cosa aveva provocato l’eliminazione di Ansem e Xemnas da parte di Sora, ovvero il ritorno di Xehanort. Ansem era un Heartless e Xemnas un Nessuno. La loro eliminazione aveva ricreato un “qualcuno”.
Ripensando a quel discorso, avevano già ottenuto la risposta.
­-Quindi questo potrebbe voler dire…- disse Ben, spezzando la frase; lo sguardo freddo di Riku ed il modo in cui aveva annuito la testa significava che entrambi stavano pensando la medesima cosa.
-Che Xigbar è ancora vivo.- dedusse, infatti; era quello che stava pensando il figlio di Belle -E che Carlos stia andando a cercarlo proprio nel luogo in cui Sora e io lo abbiamo visto per l’ultima volta. Il Cimitero dei Keyblade.-
Il Cimitero dei Keyblade. Il luogo in cui si era svolta la recente Guerra dei Keyblade.
I Sette Guardiani della Luce, contro i Tredici Cercatori dell’Oscurità.
Luce contro Oscurità. Per Kingdom Hearts.
I profughi si sentivano più sollevati: almeno non avrebbero cercato Carlos alla cieca.
Uma, infatti, sorrise, soddisfatta.
-Quindi abbiamo i nostri luoghi di ricerca…- disse, sicura di sé.
Ma Yen Sid era ancora preoccupato: scattò in piedi, battendo entrambe le mani sulla scrivania.
-Non c’è altro tempo da perdere!- esclamò -Trovate Carlos, prima che semini il caos nei mondi!-
Annuirono tutti.
-Bene.- iniziò Ben -Chad, Audrey ed io andremo nella Città di Mezzo.-
I tre pirati si scambiarono un’occhiata d’intesa: avevano preso la loro decisione.
-Noi tre andremo nel suo mondo d’origine.- propose la figlia di Ursula.
-E noi nel cimitero dei Keyblade.- disse Mal, indicando anche Evie e Jay.
Restava un ultimo mondo, per Lonnie, Doug e Jane.
-Allora a noi tocca Crepuscopoli.- concluse la figlia di Mulan, seria.
-Chiederemo ai ragazzi di Crepuscopoli di darci una mano.- aggiunse Doug -Sicuramente accetteranno.-
Ma la figlia della Fata Smemorina non era d’accordo. Fece un passo verso Mal.
-No, voglio andare con voi!- disse, decisa e determinata.
Nessuno obiettò.
-D’accordo, Jane, ma perché?- domandò Evie, premurosa.
Jane non era forte, e non aveva talento nei combattimenti. Era la guaritrice del gruppo. Temeva che il Cimitero dei Keyblade fosse un mondo pericoloso per lei. Ma lo sguardo della ragazza le stava esprimendo il contrario.
-Se davvero Carlos è andato a cercare suo padre, allora deve essere per forza al Cimitero dei Keyblade.- si mise una mano sul cuore, tenendo ancora stretta la collana spezzata -Io… non so perché, ma… lo sento. Lo sento che è laggiù.-
 
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Il Cimitero dei Keyblade.
Un deserto spoglio con tanti Keyblade logorati dal tempo conficcati nel terreno.
Segni di una guerra combattuta secoli prima, per la luce. Una guerra che vide cadere molti giovani guerrieri del Keyblade, e cinque dei Veggenti di cui si narra nella leggenda della Guerra dei Keyblade.
Solo uno, il più giovane, era riuscito a sopravvivere, lasciando Auropoli poco dopo la scomparsa del Maestro dei Maestri.
Di Auropoli non era rimasto più niente: solo rovina, desolazione, e segni di guerra ben palesi, creando il Cimitero dei Keyblade.
I Keyblade erano disposti in modo da creare dei sentieri, come un vero cimitero con le tombe.
In mezzo ad uno di questi sentieri si materializzò un Portale Oscuro: Carlos vi uscì cadendo piegato su se stesso. Ansimava. E tremava. Come se avesse corso una maratona.
-Cielo!- imprecò, osservandosi le mani sul terreno -Non immaginavo che l’Oscurità fosse così… schiacciante…-
Aveva sottovalutato l’Oscurità. Era davvero potente. Ma vi era sopravvissuto. La Luce lo aveva ferito di più. Perché lo aveva ferito dentro. Con la delusione. La perdita. E la solitudine.
Riuscì ad alzarsi.
-Ma almeno sono arrivato tutto intero.- fece un sospiro; l’Oscurità che aveva “assorbito” nel Portale Oscuro era entrata nelle sue vene; l’aveva accettata, non respinta; ben presto divenne “sua”. Essendo per metà un essere oscuro, l’Oscurità gli aveva impedito di trasformarsi in un Heartless.
Era un pensiero fisso nella sua testa ad avergli dato la forza di proseguire e resistere al dolore cui l’Oscurità lo stava sottoponendo: suo padre. E la speranza.
E la rabbia nata dalla rivelazione di Riku.
-No… mi rifiuto di credere che mio padre sia morto.- mormorò, scuotendo la testa. -Lo sento che è ancora vivo! E che è ancora qui!-
Non sapeva dove andare: i sentieri creati con i Keyblade avevano creato un labirinto senza muri, e sembravano non finire mai. Aveva persino perso il suo Keyblade, per colpa di Yen Sid. Lo avrebbe aiutato a trovare suo padre.
Ma a Carlos non importava. Si sarebbe affidato al suo cuore, per ritrovare il padre.
Si mise la mano sul cuore, recitando: -Possa il mio cuore essere la mia chiave guida.-
Realizzò che non gli serviva il Keyblade, per il suo scopo: bastava il suo cuore.
Quella frase gli diede forza. Camminò in avanti.
-Papà!- chiamava, a ritmi di cinque passi -Papà! Papà!-
Sentiva la sua presenza.
Ma stava camminando da troppo tempo in mezzo a quei Keyblade logori ed arrugginiti senza risultati: avevano quasi tutti la stessa forma, con una stella come lama.
L’unico rumore che sentiva erano le sue scarpe sul terreno arido.
Era un luogo quasi spoglio, come un deserto o un canyon, ma non sentiva caldo. Tantomeno freddo.
Avvertiva solo un senso di vuoto. E di angoscia. Forse era dovuta all’Oscurità che si era ormai impossessata del suo cuore. O, da un certo punto di vista, percepiva i cuori spenti dei custodi scomparsi nei Keyblade che lo stavano circondando.
Ricordava ancora le visioni di settimane prima, quando con Mal aveva sfogliato quel libro sui Veggenti e sul Maestro dei Maestri.
Aveva visto una piccola parte della Guerra dei Keyblade. Come se lui stesso vi avesse fatto parte. Camminare in mezzo al campo di battaglia gli riportò alla mente le sensazioni provate allora: angoscia, solitudine.
E una scatola nera.
Con un cuore sopra.
La stava vedendo ancora. Ma in lontananza.
E una figura la stava trascinando con sé. Una figura che vestiva un cappotto nero.
Il cappuccio era calato, mostrando un lungo codino grigio e nero.
Carlos, finalmente, sorrise.
-Papà!- esclamò, correndo in avanti.
La figura si voltò: un occhio giallo fu puntato contro il ragazzo.
-Carlos?!-
Xigbar dovette abbandonare la scatola nera e voltarsi: Carlos lo aveva raggiunto. Ansimava, ma sorrideva.
E delle lacrime di gioia stavano per scendere dai suoi occhi.
-Papà…- mormorò, senza smettere di sorridere piangendo -Sei vivo… lo sapevo… lo sapevo!-
Xigbar era sorpreso di rivedere il figlio. Non si aspettava di rivederlo proprio nel Cimitero dei Keyblade. O era quello che voleva far credere. Ma sorrise anche lui.
-Davvero credi che bastino due pivellini con il Keyblade per fermare il tuo vecchio? Come no!- aveva parlato con il suo solito tono sicuro e lievemente strafottente; ma si inquietò nel osservare il figlio negli occhi, notando il loro colore; da marroni erano diventati gialli; proprio come era accaduto a lui -A proposito, che ti è successo agli occhi?-
Aveva fatto un passo in avanti, per avvicinarsi al figlio ed osservarlo bene. O per elemosinare un abbraccio da lui. Ma Carlos aveva cambiato espressione e fatto un passo indietro: la felicità di poco prima era svanita.
-Beh, che ti succede, figliolo? Non vuoi dare un abbraccio al tuo vecchio?-
-Prima rispondi tu a una domanda, papà.- sembrava preoccupato -Notti fa, la mia amica Mal mi ha mostrato un libro sull’antica Guerra dei Keyblade, o meglio, sui Veggenti, allievi di un uomo chiamato il Maestro dei Maestri. Poi ho avuto delle visioni, di vite non appartenute a me. E in queste visioni, io ho visto te, papà. O meglio, io ero te.- Xigbar si fece serio e sospetto; gli occhi gialli del ragazzo erano puntati verso quello dell’uomo –Papà… il tuo vero nome è Luxu, non è vero?- domandò, ancora con sguardo preoccupato -Il sesto Veggente, l’allievo più giovane del Maestro dei Maestri, l’allievo che è riuscito a sopravvivere nei secoli.-
Vi fu un piccolo momento di silenzio tra padre e figlio. Silenzio improvvisamente rotto con la risata del primo. Una risata divertita, non malefica.
-Ah, figliolo, sei sempre stato una mente acuta. Motivo di orgoglio per me.- adulò, con un sorriso rassegnato; dovette ammettere la verità -Ebbene sì, mi hai beccato. Non mi chiamo Xigbar, tantomeno Braig, ma Luxu.- rivelò, con un sospiro -Il mio caro Maestro mi ha affidato un compito, anni e anni fa, ma non potevo completarlo in una sola vita, quindi ho dovuto cambiare più volte carcassa. Ma poi è arrivato quel vecchiardo…-
-Non mi importa.-
Carlos aveva interrotto la sua spiegazione. Teneva lo sguardo basso. Xigbar inclinò la testa, quasi confuso.
-Luxu, Braig, Xigbar… sono solo tre nomi.- disse il ragazzo, alzando la testa; si avvicinò al padre, guardandolo teneramente, come un cucciolo in cerca di attenzioni -Ma appartengono tutti alla stessa persona. Tu sei mio padre. È questo ciò che conta, per me, non come ti chiami. I miei amici si sbagliano su di te. Non ti conoscono come ti conosco io. Anzi, ora che ci penso, non mi importa più niente di loro o quello che pensano. Io voglio solo stare con te, papà. Non voglio altro.-
Senza indugio, aveva abbracciato il padre, provando affetto e amore, nel suo cuore. Sentimenti collegati alla Luce. Gli stessi per cui aveva ceduto all’Oscurità: per l’amore che provava per il padre.
Leggermente preso di sprovvista, Xigbar ricambiò l’abbraccio. Percepiva il proprio battito cardiaco; stava accelerando, per l’emozione. Il suo sguardo era fisso sul vuoto.
Trascinò una mano sopra la schiena del figlio, affondandola tra i capelli bianchi, e facendo premere la sua testa contro la sua spalla: gli era sempre piaciuto toccargli i capelli. Da Nessuno e anche da “qualcuno”.
-Sì, figliolo.- disse, con tono atono -Tu e io resteremo insieme… per sempre.-
Con una mano gli stava toccando i capelli, ma l’altra non era aderente al corpo del figlio.
Carlos, infatti, sentì qualcosa toccargli il petto. Qualcosa di freddo e tagliente.
Guardò in basso: un Keyblade.
Nero, con un occhio incastonato sulla lama. Come quello del primo Luxu, che aveva affrontato notti prima.
Non lo aveva semplicemente toccato, ma proprio perforato.
Osservò in alto, incrociando lo sguardo vuoto del padre. No, forse stava notando una lieve nota di pentimento.
-Pa…pà…?!- balbettò, sorpreso ed incredulo. Sentì le proprie forze mancare. Chiuse gli occhi.
Xigbar lo prese tra le sue braccia. Indifferente.
Udì un urlo. Di quattro persone.
-CARLOS!!!-
Dalla polvere, uscirono quattro sagome, una maschile e tre femminili: Jay, Mal, Evie e Jane. Impugnavano ognuno il proprio Keyblade.
Le ragazze osservavano lo spettacolo con terrore; Jay con rabbia. Videro il loro amico Carlos tra le braccia dell’uomo che lui chiamava padre. La stessa persona per cui Carlos ambiva a divenire custode del Keyblade. Lo aveva letteralmente pugnalato.
Jane era scoppiata a piangere, urlando dalla disperazione di aver perduto la persona che amava di più; Evie cercava inutilmente di consolarla con un abbraccio. Ma anche lei provava la stessa sensazione dell’amica.
Mal e Jay, invece, si osservarono, scambiandosi uno sguardo di intesa: gli occhi di Mal si illuminarono di verde, mentre quelli di Jay di giallo e con le pupille strette.
Corsero verso Xigbar, con i cuori colmi di rabbia: delle nubi si formarono intorno a loro, circondandoli.
Le loro sagome divenivano sempre più grandi: sulle scapole di Mal erano comparse delle ali, mentre le spalle di Jay divennero tutt’uno con la testa ed i capelli.
Mal si era trasformata in un drago e Jay in un cobra gigante.
Avevano avuto modo di esercitarsi e controllare le loro trasformazioni durante i loro allenamenti nella realtà virtuale creata da Carlos e Doug. Sempre con la supervisione ed i consigli di Yen Sid.
Erano finalmente in grado di controllare le loro trasformazioni.
Xigbar non sembrava spaventato, anzi. Rise, addirittura. Si permise di ridere.
-Oh! Ma guarda un po’ qua!- esclamò, sorridendo soddisfatto, come un padre orgoglioso dei propri figli -Siete proprio i degni figli dei vostri genitori!-
Mal e Jay avanzavano
Il sorriso derisorio svanì, lasciando posto ad uno sguardo freddo e minatorio. Afferrò la testa di Carlos, stringendo i capelli. Il suo volto, ancora privo di conoscenza, era rivolto verso gli amici.
La lama del Keyblade nero premette sulla sua gola.
-Fate un’altra mossa e io sarò costretto ad uccidere il mio figlioletto.-
Evie e Jane impallidirono: Yen Sid aveva parlato loro dell’OrganizzazioneXIII, quindi anche di Xigbar. Era incredibile, pensarono, che un uomo come lui fosse il padre di un ragazzo come Carlos.
Mal e Jay, seppur nelle forme animali, erano ancora umani dentro: il fumo li avvolse di nuovo. Ritornarono umani.
Di conseguenza, l’uomo aveva allontanato il Keyblade dalla gola del figlio. Ma ancora teneva la mano stretta sui suoi capelli.
-Bravi, così mi piacete.- commentò, sorridendo malignamente.
Non erano stati in grado di salvare Carlos. Tutti e quattro i ragazzi provarono impotenza, nonostante i loro poteri.
La rabbia che Mal e Jay provavano per l’uomo era grande, ma erano bloccati: in condizioni normali, non si sarebbero fatti scrupoli ad incenerirlo, nelle loro forme animali. Ma Xigbar aveva usato Carlos come scudo. E lui sapeva che non avrebbero fatto del male al loro amico.
-Come hai potuto?!- esclamò Evie, quasi in lacrime, staccandosi da Jane e avanzando di qualche passo, superando Mal e Jay -Lui è tuo figlio!-
Xigbar non abbandonò il suo sorriso: convinto che nessuno si sarebbe fatto avanti, riprese il figlio tra le braccia e, con un piede, aprì la scatola nera che stava trascinando poco prima.
Nessuno dei quattro profughi riuscì a vederne l’interno.
-Già.- ammise l’uomo, lasciando scivolare Carlos dentro la scatola nera, per poi chiuderla -E Radiant Garden è il luogo in cui sono nato e cresciuto. Eppure, ne ho causato la distruzione, figlia di Grimilde.-
Lo aveva detto senza provare alcun rimpianto o pentimento: anzi, ne sembrava orgoglioso. Della distruzione della sua casa e dell’apparente omicidio del figlio.
Aveva ancora quel sorriso malefico e sicuro sul volto. Lo stesso sorriso che avevano notato sul volto di Carlos il giorno in cui aveva tentato di uccidere Chad ed era comparso il primo occhio giallo.
Non era la prima volta che Jane provava un sentimento negativo, ma la rabbia si era insidiata anche nel suo cuore. Strinse la mano a pugno e raggiunse Evie, agguerrita; il suo Keyblade era apparso, con un fiocco come elsa, ed una “J” decorata con un piccolo fiocco come lama.
-Sei un uomo senza cuore!- tuonò, con un tono misto tra il pianto e la rabbia -Come può un uomo come te essere il padre di uno come Carlos?!-
Lui assunse uno sguardo curioso, come se stesse fingendo di essere spaventato od offeso.
-Oh. Avete davvero creduto alle storie del mio figlioletto sulle nostre avventure insieme?!- notò -E credete che passassi a trovarlo e che mi fossi preoccupato per lui alla distruzione di Auradon per amore?! Come no!- accennò una risata; camminò avanti ed indietro, restando di fronte alla scatola nera, come per proteggerla -Vedete, miei cari, il mio vero nome non è Xigbar, ma Luxu, e sono uno dei Veggenti di cui si narra nelle leggende. Quello che non ha combattuto nella Guerra dei Keyblade ed è scomparso al suo inizio, ma che è riuscito a sopravvivere nei secoli.-
Mal ebbe come un sussulto: di fronte a sé aveva il sesto Veggente, Luxu, il più giovane degli allievi del Maestro dei Maestri. Lo stesso Luxu di cui aveva letto nel libro della biblioteca del Castello Disney, che aveva i tratti del volto simili a Carlos. I suoi timori erano fondati: Luxu e Carlos erano collegati.
-Come ho fatto?- riprese Xigbar, facendo spallucce -Semplice, per anni ho trasferito il mio cuore in un corpo che fosse compatibile al mio, come il vegliardo ha fatto con Terra dieci anni fa.-
Evie provò una nota di rabbia: odiava il pensiero di Terra posseduto da Maestro Xehanort, divenire Maestro Xehanort. Si era pentita di non essere stata in grado di salvarlo.
-Ragazzi miei, non sapete che faticaccia. A volte temevo che la mia ora fosse davvero finita, ma all’ultimo minuto riuscivo a trovare qualcuno alla mia altezza in cui reincarnarmi. Ma poi ho avuto una brillante idea: quale miglior corpo compatibile di uno che è sangue del tuo sangue, in cui reincarnarti? Per questo ho voluto generare il mio figlioletto.-
Esattamente come Malefica aveva intenzione di fare con Mal, se Ansem non l’avesse rapita.
-Ma dovevo trovare una donna che avesse un’Oscurità compatibile alla mia.- il suo occhio era fisso su Mal ed Evie -Avevo pensato alle vostre madri e anche ad Ursula, belle fanciulle, ma Malefica e Ursula erano troppo potenti per me e Grimilde troppo debole.-
Entrambe le ragazze rabbrividirono al pensiero di avere uno come Xigbar come patrigno.
-Crudelia era idonea per me, quindi l’ho sedotta. Dalla nostra unione è nato questo bel faccino di mio figlio.- aveva messo una mano sulla scatola nera, strofinandoci sopra -Non dite che mi somiglia? Ha esattamente lo stesso volto che avevo quando avevo il mio vero corpo. Ma per reincarnarmi in lui dovevo instaurare un legame. E un legame tra padre e figlio è indissolubile di natura. E ora il suo livello di Oscurità è quasi pari al mio e detiene persino un Keyblade. Direi che è più che pronto per divenire il mio prossimo recipiente. Confesso che alla distruzione di Auradon temevo di dover trovare una nuova donna con cui procreare, ma vedendo come lui è venuto da me, direi che le cose stanno andando nel verso giusto.-
Di nuovo esibì il suo sorriso malefico.
Ma quel sorriso fomentò la rabbia dei quattro ragazzi.
Specialmente di Jane. Strinse con più forza sull’impugnatura del suo Keyblade.
-Carlos non merita un padre come te!- ringhiò; non aveva mai provato tanta ira in tutta la sua vita -Fallo uscire subito da lì!-
I suoi amici tentarono invano di fermarla, ma lei aveva già caricato contro l’uomo.
Ma lei era una guaritrice, non una guerriera: i suoi colpi si erano rivelati lenti e prevedibili. Xigbar ne aveva schivati un paio senza problemi. Il terzo lo parò con il suo Keyblade.
L’occhio giallo era fisso, freddo, su quelli azzurri della figlia della Fata Smemorina. Resisteva, senza sforzo, nonostante la corporatura esile.
-Io non sono degno di essere suo padre?- ripeté, indisponente -Mio figlio è venuto qui da solo e mi ha detto specificatamente che non gli importa più di voi! A giudicare dai suoi occhi, voi lo avete allontanato perché è troppo “oscuro” per voi altri.- spostò lo sguardo verso Mal, Evie e Jay, anche loro in procinto di attaccare -Voi, che siete figli di cattivi! Come no! E tu…- riprese a fissare Jane; la rabbia che vide nei suoi occhi lo divertì, ma non sorrise -Hai davvero un bel visino… ora capisco la luce che ho percepito nel cuore di Carlos… E francamente, non posso biasimarlo. Ma per quello che voglio fare con lui, questa luce è troppo accecante. Meglio spegnerla.-
Respinse il Keyblade della ragazza da un lato e, rapido, eseguì un fendente su Jane.
Lei rimase immobile, fissando Xigbar. Poi il punto in cui era stata colpita. Poi si voltò verso gli amici.
Questi la osservarono impietriti e pallidi. Specie quando tossì: sputò sangue.
Lasciò cadere il Keyblade. Svanì, appena toccò terra.
Anche la sua portatrice cadde per terra, con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Mal ed Evie corsero da lei, abbassandosi.
-NO, JANE!- esclamarono, spaventate.
Aveva un taglio, sul completo cobalto da allenamento, che partiva dal ventre e finiva al petto. Da questo stava fuoriuscendo del sangue, che macchiò una buona parte del completo.
E quello che stava uscendo dalla bocca di Jane non finiva. Fu colta da spasmi e colpi di tosse, che allarmarono gli amici. Si bloccò all’improvviso; il suo sguardo era ormai vitreo.
Xigbar non fissò lo spettacolo: qualcosa era caduto dalla tasca della ragazza, quando l’aveva colpita. La raccolse: era la catenina “Jarlos” ancora spezzata.
-Guarda guarda…- commentò, affascinato –Davvero interessante. Credo che la terrò, non si sa mai…-
La mise in tasca.
Jane non si muoveva più. Mal ed Evie stavano piangendo. Le iridi gialle con le pupille strette stavano già comparendo negli occhi di Jay.
-Mostro!- esclamò, aggredendo l’uomo.
Esattamente come con Jane, Xigbar parò il colpo con il Keyblade.
Nemmeno le ragazze rimasero con le mani in mano: evocarono anche i loro Keyblade. Mal si unì all’amico.
Evie, invece, trasformò il suo Keyblade in due grandi specchi. Li fece rivolgere verso se stessa, facendoli, inoltre, girare intorno a lei. Poi li allontanò da sé: da essi uscirono delle illusioni di lei. Come riflessi di uno specchio. Tutte armate di Keyblade.
Le diresse verso l’uomo, intento ad affrontare Mal e Jay.
Teneva testa ad entrambi, senza problemi: quando parava il colpo di uno, con un calcio respingeva l’altra.
Riuscì persino a parare i loro incantesimi di fuoco e fulmine insieme.
Li allontanò da sé dopo aver respinto un loro attacco congiunto, spingendo in avanti e facendoli cadere.
-È incredibile!- esclamò Jay, sorpreso –I cecchini non dovrebbero nemmeno essere bravi nei combattimenti ravvicinati!-
-Hai dimenticato che è un Maestro del Keyblade, Jay.- fece notare Mal.
Fu lì che intervennero le copie di Evie. Tra di esse doveva esserci quella vera.
-Oh… questo sì che è interessante…- commentò, sorridendo.
Cercavano tutte quante di attaccarlo nello stesso momento. Ma fu uno sbaglio. Un fendente le fece svanire tutte. Colpì anche quella vera, al ventre.
Fu scaraventata verso i due amici, quasi travolgendoli.
-Evie!- esclamò Mal, preoccupata. Per fortuna, la ferita dell’amica non era grave quanto quella di Jane.
Ma Jane non era lì per guarire le ferite degli amici.
Questo spinse Jay a guardare di nuovo avanti e tentare un nuovo attacco contro Xigbar e riprendere Carlos.
Ma era sparito.
Si era levato un vento tale da sollevare la terra, come una tempesta di sabbia. Xigbar aveva approfittato della distrazione dei ragazzi e di quella tempesta per svanire dai loro sguardi.
-Non ce l’abbiamo fatta…- mormorò Mal; stava parlando con un tono piatto, senza sentimenti.
Avevano fallito.
I profughi di Auradon non erano ancora all’altezza di un combattimento contro un esperto. Avevano da poco imparato a controllare i loro poteri, ma, escludendo gli Heartless di Crepuscopoli, non avevano mai affrontato un vero avversario.
Questo li aveva portati a perdere Carlos e Jane.
Jay strinse il suo Keyblade in mano, digrignando i denti. Poi batté un piede sul terreno ed urlò di rabbia.
 
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Erano tutti riuniti nella Torre Misteriosa.
Jane era stata sistemata su un letto.
Vederla praticamente coperta di sangue non lasciò Yen Sid impassibile: lesto, aveva chiamato tutti i maghi conosciuti nei mondi, tra cui la madre di lei, la Fata Smemorina.
Fu uno shock vedere la figlia in quello stato.
La ferita era stata rimarginata. Ma la ragazza ancora non si era svegliata.
Era immobile, con le braccia conserte, ma con sguardo sereno. Avevano dovuto toglierle il completo da allenamento e metterle un abito bianco di cotone.
Yen Sid sospirò, appena diede il permesso ai profughi di Auradon ed a Riku di entrare nella stanza: questi erano appena stati aggiornati sugli eventi del Cimitero dei Keyblade, di Carlos, Xigbar e Jane. Di conseguenza, il morale si era abbassato.
Ancora più con la notizia di Yen Sid.
-Abbiamo fatto il possibile.- spiegò, scuotendo la testa, con aria triste -Ma la ferita era troppo grave. Il suo corpo è salvo, ma il suo cuore è spento, come se avesse perduto la voglia di vivere.-
Due persone perdute lo stesso giorno. Le ragazze piansero, anche Doug e Gil. I maschi ed Uma si limitarono ad abbassare lo sguardo.
-Povera Jane…- mormorò Audrey, rivolgendo lo sguardo all’amica.
La Fata Smemorina era seduta accanto al suo capezzale, osservando teneramente la figlia, tenendole la mano, a volte baciandola.
-Oh, Jane, tesoro mio…- mormorò, tra le lacrime. Merlino, accanto a lei, le mise una mano sulla spalla.
Persino le tre fate buone, Flora, Fauna e Serenella, abbassarono lo sguardo.
-È come si dice.- aggiunse Harry, per la prima volta senza sorridere o ridere a mo’ di scherno; sapeva essere giudizioso, quando voleva -Quando la felicità si rompe, si sente l’odore del sangue…-
Un amico era scomparso, un’amica era deceduta. I profughi di Auradon si sentivano perduti.
-E ora che facciamo?- aggiunse Chad, dopo un breve momento di silenzio -Abbiamo perso Sora, abbiamo perso Carlos, abbiamo perso Jane…-
Yen Sid inspirò dal naso, riprendendo il controllo delle proprie emozioni. Diede uno sguardo fugace a Jane, reprimendo le lacrime che volevano scendere dai suoi occhi: varie erano state le visite della Fata Smemorina con la figlia. Si era affezionato a lei. Perderla così era stato un colpo anche per lui.
Ma doveva restare lucido per incoraggiare i suoi allievi; non doveva farsi guidare dalle emozioni.
-Voi tre ragazzi dovete concentrarvi a ricostruire Auradon.- disse, rivolto a Ben, Chad ed Audrey -Insieme al Castello Disney, è il rifugio più sicuro dall’Oscurità. Re Topolino e noi maghi offriamo il nostro aiuto per aiutarvi a velocizzare il processo.-
Anche Ben stava piangendo per la perdita di Jane. Ma anche lui realizzò che aveva un altro dovere da svolgere. E, per quanto tenesse a Jane, non doveva lasciarsi abbattere.
-Grazie.- disse, a nome dei due amici principi. Anche questi annuirono, senza sorridere.
-E riguardo Carlos?- aggiunse Evie, preoccupata -Non possiamo abbandonarlo così.-
-Xigbar lo avrà portato dalla sua parte.- ipotizzò Riku, serio; non conosceva Jane, ma provò ugualmente rabbia per la persona che l’aveva eliminata -Lo conosco, sa essere alquanto convincente. E Carlos non si separerà dal padre.-
-Me nemmeno noi abbandoniamo i nostri amici. Come tu con Sora.- fece notare Jay, puntando il dito contro il ragazzo albino -Noi non ci fermeremo, fino a quando non ritroveremo Carlos.-
-Almeno sapete dove cercarlo?-
La domanda del Maestro spiazzò il figlio di Jafar. Di nuovo si era lasciato guidare dall’irruenza. E dalla vendetta. Per Carlos e Jane.
Mal prese la parola: il suo sguardo era ancora vuoto, come la sua voce.
-L’unico indizio a nostra disposizione è una scatola nera che stava trasportando Xigbar.- rivelò -Se le cose stanno come hai detto tu, Riku, altre due persone sono alla ricerca di quella scatola, ovvero mia madre e Pietro. Da soli non possono farcela.-
Questo presuppose un’unica cosa.
-Stai dicendo dovremo allearci con tua madre per trovare Carlos?!- dedusse Jay, avvicinandosi all’amica con aria sconvolta. Nemmeno ad Uma andava a genio l’idea di collaborare con Malefica.
-Non vedo altre soluzioni.- fu la risposta, sempre atona.
-Conosci la sua posizione?- domandò Riku.
-No. Ma so che l’ultimo ad aver visto mia madre è stato mio padre Ade. Se glielo chiedo io, forse mi aiuterà.-
Un piano azzardato.
Ma furono tutti unanimi nel considerare che fosse l’unica soluzione, attualmente.
-Non credo sarà sufficiente.- aggiunse Doug -E restare qui non è la scelta giusta. Propongo di tornare ognuno nei mondi d’origine e fare domande su Malefica e su questa scatola nera.-
Malefica e Pietro avevano calpestato molti mondi. Quelli dei profughi di Auradon dovevano essere tra questi.
Jay accennò un sorriso.
-Sono anni che non torno ad Agrabah. Ne sentivo la mancanza.- avrebbe rivisto Jasmine, la sua amica d’infanzia, mostrarle che era ancora vivo ed era sopravvissuto.
-Forse farà bene anche al nostro morale tornare a casa.- fece notare Evie, anche lei sorridendo.
Ben sarebbe tornato dai suoi genitori e dai domestici che lo avevano accudito. Chad anche dagli amici topolini, figli dei topolini amici di sua madre. Audrey avrebbe riabbracciato i suoi genitori, in compagnia delle zie fate. Lonnie avrebbe rivisto la madre, “zio” Mushu ed i nonni. Evie si sarebbe ricongiunta con la sua sorellastra Biancaneve. Ed Harry sperò che Peter Pan si ricordasse di lui e di poter volare ancora, una volta tornato all’Isola Che Non C’è.
Riku approvò l’idea: anche a lui era risultata utile una breve permanenza nella sua isola per ripartire all’avventura con più determinazione.
-Vi porterò io personalmente nei vostri mondi.- propose -La gummiship è qui fuori.-
Quel lieve momento di serenità aveva un poco risollevato il morale generale.
Ma Yen Sid era ancora inquieto. Preoccupato per Sora, deluso per Carlos ed amareggiato per la sorte di Jane.
-La lotta contro l’Oscurità non è ancora finita, ragazzi miei.- disse, sospirando -Essa è sempre in agguato per colpirci quando meno ce lo aspettiamo. Dovrete essere tutti pronti per gli eventi futuri e le conseguenze delle vostre azioni.-
Non aveva torto. E da poco ne avevano avuto una prova.
Ben si voltò verso il corpo esanime di Jane: una vittima della crudeltà dell’Oscurità, per mano di un figlio e di un padre. Nel corpo e nel cuore. E si erano spenti entrambi, come conseguenza.
L’improvvisa rottura della felicità di Carlos aveva causato il sangue versato da Jane.
-Maestro, noi siamo pronti per qualsiasi sfida l’Oscurità ci proporrà.- disse, deciso. Come avrebbe fatto Sora, il suo idolo.
Per questo Yen Sid aveva sorriso ed annuito, come per congratularlo per il suo coraggio e la sua determinazione. Pensò, e Riku con lui, che Ben e Sora avrebbero stretto subito amicizia.
E Riku aveva stretto amicizia nientemeno che con la figlia di Malefica.
Si guardò intorno: non era più nella stanza.
Mal era infatti uscita dalla torre. Si era messa a sedere sugli scalini dell’entrata, abbracciandosi le ginocchia e sospirando continuamente.
Aveva le gambe bagnate dalle lacrime versate per i due amici scomparsi.
-Ehi, ti ho trovata.-
Anche Riku era sceso. Principalmente per cercare l’amica. Stava sorridendo lievemente, per cortesia.
Ma lei distolse lo sguardo, tornando a fissare le stelle.
-Scusami, volevo rimanere un po’ da sola.-
-Allora, se vuoi, me ne vado.-
-No, resta, ti prego. Non ti vedo da troppo tempo. Voglio godermi questi attimi, prima di iniziare le nostre missioni.-
-Ok, allora mi siedo qui.-
Si era messo accanto a Mal, anche lui seduto sui gradini.
La presenza del ragazzo le aveva un poco sollevato l’umore.
-Sai, quando ancora abitavo nel castello di mia madre, ogni notte guardavo le stelle.- aveva ripreso a parlare come una persona normale, con le tonalità, e con un accenno di sollievo e serenità -Mamma mi raccontava che ogni stella che vedevo nel cielo era un mondo e che risplendevano così per la luce che brillava nei loro cuori. Sognavo sempre di poter volare via dal castello e andare in uno di quei mondi.-
-Beh, anche io sognavo la stessa cosa.- rivelò Riku -E Xehanort prima di me. È ironico pensare di essere nato nello stesso mondo del mio nemico.-
Risero entrambi. Per scacciare la tensione di poco prima. Ma era rimasta una cicatrice nel cuore di Mal. E questo Riku lo sapeva. Sentiva dei lievi singhiozzi della ragazza.
-Mal, mi spiace per Carlos e Jane.- disse, triste -Dovevate essere molto amici.-
-E a me dispiace per Sora.- si asciugò le lacrime, tirando indietro con il naso; ma continuò a parlare singhiozzando -Sai, Ben desiderava tanto incontrarlo. Era il suo idolo. E non solo perché ha salvato i suoi genitori più di una volta. Questo proprio non ci voleva.-
Riku, per consolarla, le abbracciò le spalle con un braccio. Sentì la sua testa sulla spalla, ed i capelli viola solleticargli il collo.
-Io e gli altri Guardiani della Luce ci stiamo dando da fare per ritrovarlo. Spero anche voi riusciate a trovare Carlos.-
-Lo spero anche io.-
Rimasero un attimo in silenzio. In pace. Il tempo per far passare l’aura di tristezza che aveva colpito la ragazza.
Decise di pensare e rivelare qualcosa di piacevole, per alleviare il suo dolore. O, almeno, tentare di alleviarlo.
-Sai, quando tutto questo inferno sarà finito, troveremo Carlos e Sora, e Auradon sarà finalmente ricostruita, Ben e io ci sposeremo.-
Tutto il corpo di Riku si bloccò a quella rivelazione così improvvisa. Inaspettata.
-D-davvero…?!- balbettò, imbarazzato; da come Ben aveva reagito all’abbraccio di Mal con lui e da come aveva chiaramente specificato “fidanzato”, non ne fu così stupito; ma era comunque stata una rivelazione improvvisa; neppure un’orda di Heartless lo avrebbe colpito così.
Ma Mal sembrava felice. Anche lui doveva mostrarsi felice. Doveva almeno tentare. O fingere.
-Beh, congratulazioni, Mal. Sono orgoglioso di te, davvero.- rispose, sorridendo, ancora imbarazzato; ridacchiò, confuso, e quasi si sdraiò sui gradini -Certo che ne abbiamo fatta di strada, dalla prima volta che ci siamo incontrati. Eravamo entrambi prigionieri, e ora io un Maestro del Keyblade e tu promessa sposa del figlio di una Principessa della Luce. La vita sorride ad entrambi. Ora non ci manca niente.-
Il cambio di tono del ragazzo aveva leggermente insospettito Mal. Una lieve nota di gelosia. O invidia nei confronti di Ben.
Forse, in un altro momento, o se fossero riusciti a scappare insieme, Mal avrebbe potuto dare una possibilità a Riku.
Ma Ben, nonostante i loro alti e bassi, la completava. Sentiva di non poter fare a meno di lui.
Tuttavia, Riku avrebbe avuto per sempre un posto speciale nel suo cuore.
La sua vita era cambiata grazie a due ragazzi. Doveva trovare un modo per ringraziare entrambi.
Per uno l’aveva già trovato il modo. Mancava l’altro. E sapeva come.
-A dire la verità…- iniziò, sorridendo con aria furba, come se stesse pianificando qualcosa -…qualcosa manca, nella mia vita, per essere felice.-
Riku la osservò, confuso. Lei si era alzata e fermata di fronte a lui. Poi si era inchinata e gli aveva preso una mano.
-Maestro Riku.- iniziò, con tono solenne -Vuoi accompagnarmi all’altare, il giorno del mio matrimonio?-
Imbarazzo, euforia, sorpresa, lusinga, tutte nello stesso momento. Riku divenne di tutti i colori.
-S-Stai scherzando spero!?- balbettò, senza fiato. Il suo cuore batteva molto forte.
Mal scosse la testa, con calma e serenità. Era sicura della sua decisione, nonostante lo scetticismo dell’amico.
-No, Riku, sto dicendo sul serio.-
-Non dovrebbe essere tuo padre a farlo?!-
-Davvero ce lo vedresti mio padre Ade a sfilare in una navata in mezzo a tanta gente che ha paura di quelli come lui?-
Ridacchiò a quel pensiero: Ade che la teneva sottobraccio fino all’altare, mentre si pavoneggiava in mezzo agli ospiti, fiero della figlia, mentre Pena teneva il velo di Mal e Panico spargeva petali di fiori sulla navata centrale.
No, non sarebbe spettato ad Ade quel privilegio. Ma ad una persona per Mal più importante.
-Riku, non l’ho chiesto a te perché sei il primo che mi è capitato di fronte.- si era fatta seria ed oggettiva; e stringeva la mano del ragazzo con convinzione delle sue parle -Tu sei stato il mio primo amico, il primo con cui ho parlato e mi sono aperta. Tu mi capivi perché eri come me, un cuore imprigionato nella propria casa e che altro non desiderava che scappare per viaggiare, scoprire i segreti di tutti i mondi. Siamo cresciuti e cambiati, ma i nostri inizi coincidono. Credimi, Riku, non c’è nessuno più degno di te per accompagnarmi all’altare, come mi avresti accompagnato se fossimo riusciti a scappare insieme dalla prigione della Fortezza Oscura.-
Se Riku aveva provato in passato qualcosa per Mal? Forse. Ma qualunque cosa fosse, era sempre sorpassata dal suo tormento interiore, la sua Oscurità ed Ansem. Non avrebbe mai dimenticato le sensazioni provate, al loro incontro ad Auradon. Entrambi erano sollevati nel scoprire di essere sopravvissuti ad Ansem, il loro carceriere comune, di essere risorti dalla sua Oscurità.
Riku ricordava bene quell’incontro: aveva visto lo sguardo perso di Mal, confuso, dubbioso. Se non fosse stato in missione per conto di DiZ o se non fosse ancora in contrasto con la parte di Ansem dentro di lui, l’avrebbe portata via da Auradon.
Poi l’aveva rivista da poco, serena, felice. Anche se nel suo cuore regnava il lutto per la perdita dei due amici, la vedeva comunque risplendere di una luce propria. E doveva ringraziare Ben, per questo.
Non voleva spegnere quella fiamma, così viva, luminosa, accesa.
Tutto quello che voleva, era che Mal fosse felice.
-Sì, Mal.- rispose, sorridendo -Sarò più che lieto di accompagnarti all’altare, il giorno del tuo matrimonio.-
Mal si illuminò di nuovo.
-Davvero?! Accetti?!-
-E perché no? Mi hai dato delle ottime ragioni. Come potrei rifiutare?-
Mal urlò di gioia, scattando in piedi e abbracciando di nuovo il suo primo amico.
Era finalmente felice: entrambi i ragazzi della sua vita, per il giorno più importante della sua vita.
Ma prima, dovevano ritrovare Sora e Carlos.
 
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C’era solo un lume ad illuminare una stanza oscura.
Le finestre erano grandi, ma l’esterno era letteralmente coperto dall’Oscurità.
La stanza era disordinata, in rovina. Sembrava esservi passato un uragano.
Doveva essere, in origine, uno studio. Ma i mobili erano spogli, consumati dal tempo e dalle tarme.
Come l’unica scrivania lì presente. Erano rimaste delle provette, ma rotte, od impolverate.
Quella stanza sembrava essere abbandonata da anni.
Solo tre persone furono gli unici visitatori dopo tutto quel tempo.
Carlos era sdraiato su un letto, proprio sotto la grande finestra. Era ancora privo di coscienza.
Accanto a lui, Xigbar ed un uomo con la maschera di unicorno lo stavano fissando.
-Quel ragazzo è tuo figlio?- disse il secondo, un po’ sospetto, un po’ curioso.
Xigbar rimase in silenzio: fissava il figlio, il suo volto, il suo sguardo sereno. Come un padre premuroso. O come un oggetto prezioso cui non voleva separarsi.
-Esatto.- rispose, sorridendo -Notato come mi somiglia? Ha i miei lineamenti.-
-E vuoi farne il tuo nuovo recipiente?-
-Sì. Se quegli squinternati ritroveranno il ragazzino, io devo pur trovare un modo per reincarnarmi per poi scoprire cosa accadrà.-
-Ma non avevi detto di aver completato la tua missione? Perché vuoi ancora reincarnarti?-
-Ormai ci ho preso gusto a cambiare corpi e vedere come i mondi cambiano nel tempo. La curiosità fa il suo gioco, oltre che il dovere. Ed essendo mio figlio, non sarà complicato reincarnare il mio cuore nel suo corpo… E poi mi manca avere due occhi.-
Quella risposta non convinse l’uomo dalla maschera di unicorno. Il suo sguardo era sospetto, da dietro la maschera. Era come se fosse riuscito a leggergli nella mente e scoprire i suoi veri piani.
Sembrava non essere la prima volta che fossero coinvolti in una conversazione simile. Era come se uno vedesse l’altro come lo ricordava.
-Tuttavia… ha ancora molta Luce nel suo cuore.- aggiunse Xigbar, cupo in volto –Pensavo che eliminare la sua ragazzetta l’avesse spenta. Ma qualcuno lo sta tenendo ancora ancorato al mondo della Luce.-
-Chi?-
-Io.-
Degli strani mugolii interruppero la conversazione. Carlos stava increspando le labbra e strizzando gli occhi.
Xigbar si allarmò.
-Si sta svegliando. Meglio se sparisci, Ira. Devo prepararlo gradualmente a quello che accadrà. E poi potrete conoscervi.- avvertì all’altro.
Ira rimase fermo, a fissare Xigbar. Lui lo aveva conosciuto come Luxu, con un altro aspetto, e tutt’altro carattere. Ricordava un ragazzo un po’ incerto, non sicuro delle proprie capacità.
Anni di reincarnazioni lo avevano cambiato. Aveva fatto esperienza con il Keyblade, con le manipolazioni delle menti altrui. Era diventato come il Maestro.
Uscì dalla stanza, come richiesto. Ma non senza sospetti.
Xigbar si era messo a sedere sul letto, accanto al figlio.
Non aveva mai dimenticato il primo incontro con Carlos. Un ragazzo impacciato, insicuro, timido. Come lui tanti anni prima, nei suoi primi tempi di apprendista presso il Maestro dei Maestri.
Fissò il suo volto. Un misto di emozioni si insidiarono nel suo cuore.
Non era la prima volta che incrociava lo sguardo dolce del figlio. Forse, nel profondo, ne aveva sentito la mancanza. Come dei suoi abbracci.
Non si era mai reputato uno dall’istinto paterno. Non prima di incontrare il figlio e passare il tempo con lui. Non poteva negare a se stesso di provare affetto per il figlio. Come non poteva negare di aver trascorso dei momenti piacevoli con lui.
Ma il dovere, per lui, contava più dei sentimenti. Doveva reprimere quei sentimenti e fingere quello che provava davvero. Come aveva sempre fatto.
Ma doveva trovare un modo per estirpare definitivamente la Luce dal suo cuore, per realizzare quel piano.
Lui doveva morire.
Carlos riaprì gli occhi: erano ancora gialli.
La prima sagoma che vide, una volta messo a fuoco, fu quella del padre.
Sentiva la sua mano sulla sua spalla.
-Ben svegliato, figliolo.-
Gli stava sorridendo senza mostrare i denti. Come era solito fare, ogni volta che si incontravano.
Carlos tentò di rialzarsi, mettendosi seduto sul letto. I tre occhi gialli del padre e del figlio brillavano nel buio.
-Papà…?- mormorò, ancora stordito; si guardò intorno, provando una sensazione di disagio ed angoscia alla vista della stanza -Ma cosa…? Dove siamo?-
Forse la vera domanda che doveva porre era “Come ho fatto a venire qui?”
Le ultime cose che ricordava era il suo arrivo al Cimitero dei Keyblade, la riunione con il padre, e…
Sgranò gli occhi e si abbassò la zip della tuta, sollevando, poi, la maglia fino al petto. Lo tastò.
Niente. Nessuna ferita.
Alzò lo sguardo verso il padre.
-Perché mi hai puntato il Keyblade contro?-
Xigbar sospirò, scuotendo la testa.
-Mi dispiace, figliolo. Era l’unico modo per portarti qui sano e salvo.- spiegò, fingendo dispiacere -Ho dovuto addormentarti.-
Aveva completamente perso i sensi. Non si era accorto di essere stato trasportato in una scatola nera. E nemmeno aveva udito le urla dei suoi amici.
Nemmeno quelle per la morte di Jane.
-Dove siamo?- domandò. Aveva cambiato posizione: era sempre seduto sul letto, ma con i piedi sul pavimento.
Anche Xigbar si mise comodo sul letto, alzando lo sguardo anche lui. Si scorgeva una nota di nostalgia nel suo occhio. E nel suo sospiro.
-È un luogo che non calpestavo da troppo tempo. Qui saremo entrambi al sicuro.- prese una mano del figlio, osservandolo negli occhi -Sarà un ottimo luogo per ricominciare.-
Carlos era confuso.
-Ricominciare? Cosa?-
-Il nostro rapporto.- gli accarezzò i capelli -Sei mio figlio, dopotutto. Devo occuparmi di te. E, soprattutto, voglio occuparmi di te. E voglio esserti di supporto per ogni cosa.- mentiva; erano altri i suoi piani; ma doveva sempre stabilire un legame con il figlio -Anche aiutarti a migliorare con il Keyblade.-
-Il mio Keyblade…?- si stupì il ragazzo; si osservò la mano, con sguardo sconsolato ed arrabbiato nello stesso momento -Ma Yen Sid lo ha distrutto mentre cercavo di aggredire Riku.-
-Un Keyblade non è mai distrutto per sempre.- rivelò il padre -I nostri Keyblade sono praticamente manifestazioni del nostro cuore e sono collegati ad esso. Per distruggere un Keyblade, devi distruggere il cuore del suo portatore. Su, prova a evocare il tuo.-
-Papà, non so se ce la faccio…- disse, scoraggiato.
-Non saprai mai, se non provi. Io so che puoi farcela. Mi fido di te.- gli sussurrò all’orecchio -Possa il tuo cuore essere la tua chiave guida.-
Carlos credette al padre. Si fidava di lui. Era sempre stato l’unica persona cui poteva fidarsi.
Allungò una mano, chiudendo gli occhi.
Vedeva solo il buio. E le immagini degli eventi più recenti, la notizia di Riku, i rimproveri di Yen Sid, gli sguardi spaventati di Jane e dei suoi amici…
Tremò, pensando alle sensazioni oscure provate: disperazione, rabbia, delusione.
Secondo Yen Sid, la magia era fatta di emozioni.
Carlos sfruttò quelle emozioni negative, per evocare nuovamente il Keyblade.
Ad esse subentrò una nuova emozione, più lucente ed altrettanto potente: la speranza. La felicità del genitore ritrovato.
La ragione per cui aveva deciso di divenire Custode del Keyblade.
Sentì un formicolio sulla mano: e la sua mano strinse qualcosa di freddo.
Riaprì gli occhi: stava stringendo un Keyblade a forma di osso e con una zampa di dalmata come lama.
-Papà! Avevi ragione!- esultò, saltellando da seduto sul letto -Ho ancora il mio Keyblade!-
Xigbar applaudì, orgoglioso.
-Bravo, ragazzo.-
La speranza dentro di lui si stava riaccendendo. Pensava di aver perduto il suo Keyblade, ma non era così.
Magari suo padre poteva aiutarlo con un’altra questione che gli gravava nel petto.
-Quindi, mi aiuterai anche a espellere l’Oscurità dal mio cuore?-
Sperò che la risposta fosse affermativa. Nonostante il sorriso orgoglioso del padre, ottenne un’altra risposta.
-Ancora meglio, figliolo.- rivelò, sicuro ed orgoglioso -Ti insegnerò a controllarla.-
La risposta inquietò il ragazzo: durante l’addestramento, Yen Sid aveva spiegato le conseguenze di una persona che cede all’Oscurità, parlando degli Heartless, e dei genitori degli ex-abitanti dell’Isola degli Sperduti, deceduti per mano della loro stessa Oscurità. Temeva di fare la loro stessa fine.
-Quelli come Yen Sid temono l’Oscurità perché non sanno niente dei suoi vantaggi e si fermano solo agli svantaggi.- riprese a spiegare Xigbar -Luce e Oscurità devono coesistere insieme, come il giorno e la notte. L’una non può esistere senza l’altra. Per vedere meglio di notte dobbiamo accendere un lume, ma se la luce è troppo intensa, getti ombra sui tuoi occhi per non rimanere cieco.-
Un insegnamento logico. E basilare. Che né Yen Sid, tantomeno la Fata Smemorina avevano esposto ai profughi di Auradon, forse per timore che si avvicinassero ancor più all’Oscurità.
Mal, Evie e Jay avevano avuto le loro opportunità ad Auradon, si erano integrati con i loro abitanti, divenendo parte di quel mondo. Anche Carlos stesso si era integrato. Avevano seguito le regole imposte dalla Luce.
La prima era respingere chiunque avesse un cuore oscuro. Ed era quello che aveva subito Carlos, non appena entrambi gli occhi erano divenuti gialli.
Osservò il suo Keyblade, con rabbia e delusione.
-Anche i miei amici mi hanno abbandonato. E dire che molti di loro sono come me. Perché non mi comprendono?-
Xigbar sorrise, malignamente, senza farsi vedere dal figlio: aveva rinunciato alle sue prime ancore della Luce, Amicizia ed Amore. Gli mancava solo la Famiglia, ovvero Xigbar stesso, e poi sarebbe stato perfettamente compatibile con la sua Oscurità, per reincarnarsi in lui.
Lo abbracciò, mettendogli le mani sulle spalle.
-Si sono lasciati influenzare dalle frivole e superficiali leggi della Luce, figliolo.- disse, con tono confortante -Lasciali stare, non fanno per te.-
Anche Carlos sorrise. Non provò sensi di colpa. Solo appagamento.
-Hai ragione, papà. A cosa mi servono loro, quando ho te?-
Padre e figlio si guardarono di nuovo negli occhi. Stesso sguardo. Stessi occhi.
Xigbar gli accarezzò di nuovo i capelli.
-Ho fatto tante cose cattive nelle mie innumerevoli vite, ma tu sei la più bella che ho realizzato. Ah, figliolo… quasi mi pento di aver lasciato tua madre. Ti avrei visto crescere. Abbiamo troppo tempo da recuperare. Ma ora finalmente possiamo essere una famiglia e io non potrei essere più felice…-
Carlos ricambiò il sorriso. Abbracciò il padre, una volta lasciato il Keyblade sul pavimento.
Xigbar ricambiò, poggiando la testa sulla spalla del figlio.
Il suo sorriso era cambiato: non da padre affettuoso e premuroso, ma maligno.
“…mio recipiente.”
   
 
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