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Autore: Exentia_dream2    02/07/2020    4 recensioni
Dal primo capitolo:
-Vorrei scappare, ritrovarmi in un posto in cui sono stata felice.
-Non lo sei, vero?
-No, non lo sono da un po'.
-Andiamo, allora.
-Dove?
-Nel tuo posto felice.
-Non so neanche quale sia, Malfoy.
-Sai come funziona, no? Mi prendi la mano, ci smaterializziamo. Dai, il primo posto che ti viene in mente.
Dal secondo capitolo:
E lui, lui ad un soffio dal suo viso. - Non ho mai giocato con te.
Si sentì investire da un brivido violento di fiati senza suono che le scosse le vertebre, pelle d'oca e tramestio di desiderio taciuto.
Cercò di inghiottirlo, buttarlo giù nello stomaco, ma fu come ingoiare se stessa in spire di dolore lungo l'esofago.
Sollevò il mento, il respiro affannato che la notte non riuscì a nascondere. - Non avvicinarti mai più così. - lo intimò.
Draco sorrise. - Così… Come?
Il srcondo capitolo di questa storia partecipa al contest “Immergersi nell’immaginazione” indetto da Artnifa sul forum di EFP (al momento come riserva).
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Nuova generazione
Capitoli:
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Storia partecipante al contest "Cliffhanger, che passione!" indetto da Shellcott sul Forum di EFP.

Bonus utilizzati:

Contesto: durante i 19 anni dopo;

Luogo: Londra babbana;

Genere: Erotico. 



Storia partecipante al "il gioco della sigaretta (Lui e Lei contest)" indetto da GaiaBessie sul forum di EFP"

Pg maschile: Draco Malfoy;

Pg femminile: Hermione Granger;

Dove: Londra babbana

Obblighi:

Quando: Nuova generazione;

Azione: confidare un segreto;

Come: scrivendo un diario. 

Angolo Autrice: questa storia è il secondo capitolo di una mini-fic che partecipa interamente al contest "Cliffhanger, che passione!"

Il primo capitolo partecipa ad un contest in cui viene chiesto che le storie restino inedite fino alla scadenza. 

È comunque una shot che si legge da sola, senza necessariamente sapere cosa succede nel primo capitolo. 

Il titolo è la traduzione in inglese della parola "tradimento".

Betrayal

II

Erano giorni di silenzio in cui Ron teneva la testa tra le mani, le dita a strofinare la nuca come a voler mandare via le ultime parole che erano uscite dalla bocca di Hermione, lame bollenti di verità che non voleva conoscere; lei si era chiusa nella camera di Rose, con il suo diario segreto poggiato sul piccolo comodino rotondo: ogni sera accarezzava la copertina di pelle, impugnava la penna e poi curvava le spalle sotto il peso dei pensieri che le salivano dal cuore al cervello. Guardava quell'insieme di fogli come fosse colpevole della situazione in cui si era infangato il suo matrimonio, accantonando in uno spazio buio i ricordi di quel giorno in cui aveva volontariamente tradito suo marito con il suo rimpianto più grande. 

<< Ron, >> aveva detto una sera in cui aveva apparecchiato per due. << non credo dovremmo più rimandare. >>

<< Lasciami ingoiare l'amaro in santa pace… Non sono pronto. Non ancora. >>

Hermione aveva abbassato lo sguardo, le iridi liquide di sconfitta. << Va bene. >>

La notte era trascorsa lenta, con il respiro del vento d'estate a rovistare le lenzuola, ad annodarle i ricordi di mani pallide che non appartenevano a suo marito, il suono di una risata strimpellata al centro del suo cuore che non era quella di Ron; quel fruscio di sentimenti che le faceva vibrare i muscoli in una compagnia costante di brividi e vergogna, quella voglia sciagurata di tornare nella Stanza delle Necessità e spogliarsi ancora di tutte le responsabilità che cullava tra le braccia. 

Gli occhi ancora aperti ad accogliere l'alba di quel mattino di giugno che avrebbe accompagnato con i suoi raggi il ritorno di Rose tra quelle mura che Hermione vedeva ormai come una gabbia. 

<< Ti aspetto? >> aveva chiesto a Ron, vestito in giacca e cravatta, i pantaloni beige a spezzare il completo elegante e le sopracciglia sollevate in una domanda muta. << Oggi torna Rose. >>

<< Non arriverò in tempo. >> poi, si era chiuso la porta di casa alle spalle in un tonfo che le riecheggiò nelle viscere.

Fece scivolare il caffè in gola tutto d'un fiato, poi si vestì con un pantalone di stoffa sottile e una canotta nera incrociata sulla schiena leggermente dorata dal sole. 

Alla stazione, la folla di genitori che attendeva i propri figli le fece quasi mancare l'aria nei polmoni e sentì lo stomaco accartocciarsi in pieghe di emozione e pentimento quando i suoi occhi riconobbero i capelli di filigrana di Draco: trovò il suo sguardo a vagare sul suo corpo, come una nave trascinata dalle onde di un oceano sconosciuto. 

<< Sembra un caso. >> disse con un sorriso accennato, indicando i loro corpi con l'indice teso. 

<< Già… >>

<< Come stai? >>

<< Molto bene, grazie e tu? >>

<< Devo ricordarti che non sei brava a mentire? >>

<< Perché vuoi scavarmi dentro per forza, Malfoy? >>

<< Non ho bisogno di scavare e trattarmi da estraneo non cancella quello che c'è stato… >>

<< Beh, no, per… >> fu interrotta da Rose che la strinse tra le braccia sottili: soltanto in quel momento, Hermione si rese conto di quanto le fosse mancata sua figlia e la baciò sulla testa, come faceva quando da bambina le rimboccava le coperte. 

<< Salve, signora Granger. >>

<< Ciao Scorpius, bentornati a tutti e due. >> gli sorrise materna. 

<< Pranziamo insieme? >> chiese Draco e i due ragazzi si guardarono negli occhi, arrossendo e incrociando le dita. 

Hermione accettò l'invito controvoglia, eppure poco dopo si ritrovarono seduti ad un tavolo rotondo coperto da un bellissimo gazebo in ferro battuto. 

<< Signor Malfoy… >> cominciò Rose << abbiamo studiato la storia della seconda Guerra Magica, ma non ho mai creduto molto ai libri: preferisco ascoltare chi ha vissuto quei momenti. >>

<< Chiamami Draco, ti prego. >>

<< Draco, okay. >>

<< Cosa vuoi sapere? >>

<< Tutto quello che non è stato scritto. >>

E fu come urtare con tutto il corpo contro pareti di vetro affilate di macerie e ricordi: portò istintivamente una mano sul braccio, dove c'era ancora la cicatrice delle lettere che Bellatrix le aveva inciso sulla pelle e lo sguardo che rivolse a Draco in quel momento fu lo stesso che gli dedicò quella notte, quando lui decise di proteggerli fingendo di non riconoscere Harry e ascoltava la sua voce, a tratti incrinata dalla delusione e dai sensi di colpa, dal peso degli errori che aveva commesso, gli occhi lastre di ghiaccio impenetrabile. 

Ed invidiò sua figlia perché non conosceva il dolore incancellabile che lui stava raccontando, la paura di fronte ad un destino prepotente , la stanchezza per le notti in cui non si dormiva mai, l'istinto di sopravvivenza. 

Passò il tempo con la testa china, lo stomaco in balia degli spasmi che lo scuotevano di pianti sommessi e singulti trattenuti. 

Ci fu un attimo di silenzio, in cui Hermione raccolse i ricordi di quegli anni e li richiuse nel baule delle memorie, in un angolo sconosciuto della sua anima, anfratto di buio e polvere. 

<< Non raccontano niente di tutto questo nei libri di Storia della magia. >> disse Rose risvegliandosi da quell'espressione assorta che aveva tenuto in viso durante tutto il racconto. 

<< Perché non sono scritti da chi ha vissuto la guerra in prima persona. >> si giustificò lui. 

<< E… Mamma, potremmo andare a fare una passeggiata, io e Scorpius? Non ha mai visto Londra dall'alto e volevo portarlo al London Eye. >>

<< Sì, certo. Andate pure. >> e guardò i ragazzi allontanarsi con il sorriso stampato sulla bocca. << Ah, quei due… >>

<< Sembra una storia che si ripete. >>

<< Smettila, Malfoy. >>

<< Sei sparita. >>

<< Sono sposata. >> e, a quelle parole, seguí un subbuglio d'anima e di radici d'amore sradicate dalle vene. 

<< Lo so. >>

<< È stato tanto tempo fa. >>

<< Lo hai già detto, ma tra te e me non è cambiato niente. >>

<< Lo è, invece. >>

<< Vuoi che ti rinfreschi la memoria? >>

<< No. >>

<< Mi dispiace davvero per com'è andata tra noi… >>

Hermione restò in silenzio, gli occhi incollati alle briciole di dolce sparpagliato nel piatto allo stesso modo in cui sentiva sparse le sue schegge di cuore: di fronte agli occhi di Draco, lei continuava a sentirsi fragile, colpevole. << È tardi. >> aggiunse guardando l'orologio sul polso e non riuscì a capire se parlasse davvero dell'ora o del loro tempo insieme. 

<< Vuoi un caffè? >>

<< Volentieri: mi scoppia la testa. >>

Lui alzò la mano richiamando l'attenzione del cameriere e poi annuì appena, certo che la sua richiesta fosse stata chiara e lei si meravigliò quando, qualche minuto più tardi, stava immergendo un cucchiaino d'argento in una tazza fumante. 

<< Hai sempre il cervello in movimento. Come è finita la storia per cui sei tornata a Hogwarts? >>

Tacque a lungo prima di rispondere, indecisa sul significato di quella domanda: si chiedeva se Draco si riferisse all'anno dopo la ricerca degli Horcrux, durante il quale si era sentita più sola che mai senza Harry e Ron, lontana da lui e dalla delusione che ancora le serpeggiava dentro, o se parlasse di quella volta in cui Minerva McGranitt aveva chiesto il suo aiuto per salvare l'Erumpent che Hagrid aveva sottratto ad un trafficante di creature magiche. << Bene. >>

Si salutarono in fretta, senza sfiorarsi. 

Spense l'auto, le mani ancora sul volante e lo sguardo sulla strada. << Rose… >> cominciò con voce docile. << puoi non dire a papà del pranzo? >>

<< C'è qualcosa che non va, vero? >>

<< No, no, va tutto bene. >>

<< Non sei brava a dire bugie, mamma, lo sai? >>

Hermione avvertì un sorriso sfiorargli il volto. << Lo so. >>

La casa era avvolta nell'oscurità, tranne nel punto in l'applique a forma di cilindro apriva l'ingresso sulla cucina. 

<< Papà? >> chiese Rose al buio che aveva di fronte. 

<< Bentornata, piccola. >> disse Ron sollevando un braccio dal divano ed aveva aspettato che Rose si avvicinasse a lui per abbracciarla e baciarle i capelli: le aveva sfiorato il viso con una carezza delicata, quasi avesse paura di romperla. << Vai in camera tua, Rose. >> 

Si era alzato come se la stoffa del divano gli avesse ustionato la pelle, poi aveva lisciato le pieghe sui pantaloni con una lentezza snervante che permise a Hermione di capire che era il giunto il momento di parlare, di dirsi la verità e ricordare tutto ciò che nella vita l'aveva ferita. << Andiamo in cucina. >>

Ron la seguì cadenzando piano i passi, poi si sistemò di fronte a lei e le allungò dei documenti. << Vorrei che prima li firmassi. >>

<< Cos'è? >>

<< Una richiesta di divorzio: senza la tua firma mi sentirei troppo legato a te. >> 

Fu come ricevere uno schiaffo a mano aperta in pieno viso. << È una lunga storia, Ron. >>

<< Abbiamo una notte intera davanti. >>

<< Ne sei sicuro? >> lo vide annuire e impugnò la penna che lui le aveva dato insieme ai documenti: guardò quei fogli come fossero la fotografia di una sconfitta, il suo fallimento più grande, una sorta di promemoria che metteva in evidenza il suo essere imperfetta. Firmò con le mani in preda al tremolio. 

<< Sono pronto. >>

<< Io… io non so quando è iniziato tutto: è successo senza che me ne accorgessi. I miei occhi non lo vedevano più come il bambino che mi umiliava, anche se lui continuava a farlo e il mio cuore… Ron, ti ho amato tanto, davvero. >>

<< Continua, ti prego: non indorare la pillola. >>

<< Erano mesi di confusione totale e la guerra, Voldemort che minacciava il suo ritorno… e lui… un giorno mi ha bloccata nel corridoio, mi ha detto che dovevo smetterla di fare quello che stavo facendo e, non so il perché, ma quella frase mi ha ferita più di tutti gli insulti che mi ha sempre rivolto. >>

<< Più di lurida sanguesporco? >>

Hermione chinò il capo sui documento, l'espressione sofferente al contatto con quel ricordo.<< Sì. >> ammise in un sussurro. << Mi ha seguita fino al Lago Nero e… >>

<< Ti ha fatto del male? >>

<< No, mi ha abbracciata: si è inginocchiato dietro di me e mi ha abbracciata. Forse è stato quello il momento in cui gli ho concesso tutto quello che di vivo c'era in me. >>

<< Quando? >>

<< A metà del quinto anno. >>

<< E poi? >>

<< È andata avanti, ma lui era cambiato: era distante, sfuggente, si nascondeva. >>

<< Facile capire il perché. >>

<< Già. >>

<< Quindi, tu sapevi che Harry aveva ragione sul suo conto. >>

<< Sì, dopo sì. >>

<< Per questo hai voluto salvarlo dall'Ardemonio… lo amavi ancora? >> 

<< Sì. >>

Ron piegò le spalle in avanti sotto la valanga di verità che correva dalla bocca di Hermione, sorrise mesto al suono di quella parola. << Io… >>

<< Non sei stato un ripiego: ti ho amato tanto, siamo cresciuti insieme, abbiamo due figli meravigliosi. >>

<< E adesso? Adesso lo ami? >>

Gli occhi di Hermione si riempirono di una consapevolezza che soltanto in quel momento sembrò spogliarsi da ogni abito, liberandosi in una lacrima d'alabastro che si depositò all'angolo della bocca.

Ron sospirò sconfitto e vuoto. << Dormirò sul divano stanotte, poi cercherò un… >>

<< No. No, andrò nella vecchia casa a Londra. >>

<< Qui hai tutte le tue cose. >>

<< Anche tu. >>

<< Grazie. >>

<< Sono stata una pessima moglie. >>

<< No: sei stata la persona più importante della mia vita, l'unica donna che io abbia mai realmente amato. È vero, mi hai distrutto, ma mi hai anche regalato le gioie più grandi. I-io… buonanotte. >>

<< Buonanotte. >>

Il Ministero, quella mattina, era in subbuglio: il Primo Ministro, infatti, si sarebbe recato sul luogo per controllare personalmente il lavoro svolto all'interno dei vari dipartimenti. 

Hermione si pentì di non aver pettinato i capelli e di non aver indossato il suo tailleur migliore, quello con i bottoni in madreperla, mentre gli altri sembravano perfetti nei loro abiti. 

Draco rideva qualche passo più in là a qualche battuta di un collega che le dava le spalle e che non riuscì a riconoscere, poi, tra la folla, Hermione riconobbe i capelli disordinati di Harry. << E quindi oggi il grande capo ci farà visita… >>

<< Già, ma io sono tranquillo: abbiamo  svolto un ottimo lavoro ultimamente. Lo hai fatto anche tu, perciò rilassati, Herm. >>

<< Sì, beh, sai com'è… >> in realtà, a causa della sua ambizione di ricoprire la carica di Primo Ministro non riusciva mai a sentirsi all'altezza dei compiti che portava a termine. 

Quando Kingsley Shacklebolt mise piede nell'atrio del Ministero, però, Hermione era intenta a redigere un rapporto sul proprietario di una dozzina di Snaso che aveva provato a svuotare le casse della Gringott. 

Accolse il ticchettio sulla porta con un sorriso tirato che le restò sul viso anche quando un uomo alto e scuro di carnagione vestito di una lunga tunica verde smeraldo fece ingresso nel suo ufficio. << Kingsley, che piacere rivederti. Prego, accomodati. >>

<< Hermione, cara: sei cresciuta tanto dai tempi dell'Ordine. >>

<< Sì. Per te, invece, il tempo sembra essersi fermato. >>

<< Volevo congratularmi con te per la questione dell'Erumpent. >>

<< Grazie. >>

<< Raccomanderò il tuo nome quando si parlerà del mio successore. >>

<< Mi pare che il Primo Ministro venga eletto democraticamente. >>

<< So essere ancora molto influente. >>

<< Ti ringrazio: sarebbe un onore. >>

<< Lo sarebbe anche per me: non sono qui per una visita di cortesia. >>

<< Ah, no? >>

<< Ti ricordavo più sveglia, ragazzina. Comunque, no: ricopro questa carica da ventuno anni e sono molto, molto stanco. A breve si terranno le elezioni e ho intenzione di ritirarmi. Ti sentiresti pronta a sostituirmi? >>

Hermione tese i muscoli sullo schienale della sedia, gli occhi grandi di meraviglia e soddisfazione. << I-io… sì, non lo so… È un momento particolare per me, non lo so… >> tentò di ricomporsi con un respiro profondo: aveva di fronte a sé la possibilità di vedere realizzata la sua ambizione più grande. << Sì. >>

<< Ottimo. Ci rivediamo tra qualche mese, allora. Preparati. >>

<< Sì. >>

Kingsley lasciò l'ufficio con un inchino e lei si ritrovò a battere le mani in un moto di nervosismo positivo che le ricordò il suo essere bambina. 

Durante la giornata, con l'entusiasmo che le vibrava nel petto, Hermione accantonò il pensiero del divorzio e le sembrò che i minuti scorressero più veloci del normale, infatti era già ora di tornare a casa: aveva preferito non uscire dalla sua zona sicura, soprattutto dopo il pranzo con Draco e le parole che le aveva rivolto, con quel senso di tradimento che, dopo mesi, ancora si portava addosso. 

Al rientro, trovò il tavolo della cucina apparecchiato per quattro, Rose che mescolava l'insalata e Hugo con gli occhi incollati a guardare un cartone animato; sorrise dolcemente a Ron. << Ciao. >>

<< Questo non è un tentativo di farti restare. >>

<< Lo so. >>

<< Dobbiamo dirlo ai ragazzi. >>

<< Non stasera. >>

<< Ma domani andrai via. >>

<< Sì, ma ho una scusa già pronta. >> e, nonostante ci fosse una scheggia di verità in ciò che avrebbe raccontato ai suoi figli, Hermione si chiese quando sarebbe stata in grado di uscire da quel cerchio storto ed intriso di bugie che stava disegnando attorno a sé. << Ceniamo, dai. >> 

Guardò la sua famiglia e, per la prima volta, avvertì le crepe del suo matrimonio stridere nelle orecchie. 

<< Mmh, papà, questo pollo è buonissimo. Il più buono che abbia mai mangiato. >> Rose con la bocca ancora piena sputacchiò qualche pezzo di carne nel piatto. 

<< Noi dobbiamo dirvi una cosa. >> cominciò Hermione, con la responsabilità di quelle parole ad occludere i polmoni. << Io starò via per un po': oggi il Primo Ministro mi ha consigliata come suo successore e, beh, vorrei portare a termine gli altri compiti che mi sono stati affidati… >>

<< Davvero? >> chiesero tutti in coro. 

Lei arrossì e Ron le sorrise come non faceva da tempo. << Complimenti, allora. Brindiamo a te e al tuo sogno. >> concluse sollevando sulla testa il calice di vino. 

<< Sì, grazie… I-io chiederò a nonna Molly se potrà badare a voi per l'estate. >>

<< Oh, sì, ti prego mamma, portaci alla Tana. >> supplicò Hugo che, finalmente, aveva perso interesse per la televisione. 

<< Domani. Domani andremo tutti insieme, d'accordo? >> propose Ron e Hermione si sentì immensamente grata a quell'uomo che, nonostante tutto il dolore, la trattava ancora con affetto. 

La notte calò con una coperta di stelle, il corpo stretto in una vestaglia sottile, i capelli raccolti in modo disordinato. << Avanti. >> disse in risposta ai pugni leggeri sulla porta della camera da letto. 

Ron entrò con una tazza di tè, lei china sul suo diario. << Cosa scrivi? >>

<< Del bene che mi vuoi e del male che ti ho fatto. >>

<< Sono davvero contento per te. >>

<< Cosa diremo a tutti, Ron? >>

<< La verità… Non quella su Malfoy, ma sì, gli parleremo del divorzio. >>

<< Mi dispiace… >>

<< Anche a me. Tanto. >> le augurò la buonanotte con un bacio sulla fronte e un soffio di vento al chiudersi della porta. 

Marzo 1996

<< Malfoy? Che ci fai qui fuori? >> gli chiese con le mani sui fianchi, ferma di fronte al quadro della Signora Grassa. 

<< Dovrei parlarti, Granger. >>

<< E di cosa, vostra grazia? >>

<< Di quello che è successo la settimana scorsa. >>

<< Ti riferisci alla minaccia o a quello che hai fatto dopo? >>

<< Potresti evitare di urlare? >>

<< Perché mai? L'intoccabile Draco Malfoy ha paura di essere deriso? Non vuoi far sapere in giro che prima mi hai umiliata e poi sei corso ad abbracciarmi? >>

<< Sta zitta e vieni con me. >> lo seguí con il cuore che martellava contro il petto, la calma apparente a nascondere l'imbarazzo che le provocava la schiena di lui mossa dai respiri. 

Il tramonto illuminava di sfumature le acque del Lago Nero, in quella bellezza che lei non riuscì a commentare: la assaporò con i polmoni aperti e le gambe tremanti. << Allora? >> chiese impaziente. 

<< Non lo so. >>

<< Quindi, mi hai fatto attraversare mezza Hogwarts, mi hai portata qui per dirmi che non lo sai? >>

<< Dimmelo tu, visto che fai tanto la saccente e la presuntuosa. >>

<< Io presuntuosa? Questa è bella… >>

Poi lui rivolse lo sguardo all'orizzonte dove finiva il lago e il cielo si ergeva nel suo immenso spettacolo, i raggi del sole che gli brillavano sul viso e i suoi capelli sottili come baci d'amore promessi. << Non è bellissimo? >>

Hermione si rese conto di essere immobile, gli occhi posati sul suo viso, l'emozione nelle vene che sembrava urlare in tutto il corpo. << Lo è. >> ammise in un fiato di disperazione. 

Soltanto in quel momento, capí cosa significasse il tremito che avvertiva dentro ogni volta che lo vedeva. 

<< Credo che sia iniziato tutto alla stazione, a settembre. >>

<< Beh, è quasi Pasqua… Forse sei un po' tardivo. >>

<< Mi hai messo un filtro d'amore nel baule? >>

<< Per caso ti ha dato di volta il cervello, Malfoy? >>

<< Allora non so spiegarmi come sia successo. >>

<< Successo cosa per la precisione? >>

<< Al binario, mi sei sembrata così diversa… e ti ho osservata tanto, non riuscivo a capire cosa fosse cambiato in te… >> 

Hermione strinse i pugni, ricordò la depressione che aveva inghiottito Harry per le sue presunte bugie sul ritorno del Signore Oscuro e l'odio nei confronti di Dolores Umbridge, lo scontro con i Mangiamorte nell'Ufficio Misteri e la morte di Sirius che li aveva svuotati, l'immagine sempre viva del corpo di Harry sotto il possesso di Voldemort, gli incubi che avevano popolato le notti di entrambi. << È stato un anno difficile. >>

<< I tuoi occhi. >> disse Draco, come se non avesse ascoltato una singola parola di quelle che erano uscite dalla sua bocca. << Dal primo anno avevano quella luce strana che mi dava i nervi, poi… é come se si fossero spenti, hanno cominciato a somigliare ai miei: senza trasparenze, senza entrate. Ti ho guardata cento, mille volte, ma in quel momento ho capito di non averti mai vista davvero. >>

<< Tu… perché hai pensato al filtro d'amore? >>

<< Provo qualcosa per te, credo. Ma non so cosa sia. So soltanto che quello che vedo nei tuoi occhi, lo vedo nei miei quando mi guardo allo specchio. >>

<< Io non provo niente per te. >>

<< Quanto sei ingenua, con queste bugie da bambina… >>

<< Non prendermi in giro. >>

Sollevò davanti al viso una fiala di liquido trasparente. << Veritaserum. >>

<< Come l'hai avuta? >>

<< Non è un caso il mio Eccezionale in Pozioni. >>

<< Draco… >> lo teneva ad un soffio dalla sua bocca, in un abbraccio di vento che teneva tutto fuori, tranne quel bacio che restava sospeso tra le loro paure e la voglia di assaggiarsi. 

Un contatto lieve, quasi inesistente e Hermione sentì esplodere vulcani di sentimenti che da tempo sentiva ribollire sotto la pelle. 

<< Io e te siamo troppo diversi, come la notte e il giorno: non ci incontriamo mai, possiamo fare a meno l'uno dell'altra, eppure nel momento in cui non ci facciamo la guerra, creiamo questo. >> si fermò ad osservare i colori del calar del sole sul suo viso. 

<< Il giorno e la notte si incontrano… >> 

Poi, Draco sorrise e si avvicinò ancora alle sue labbra per poggiare le proprie dove poco prima Hermione teneva le mani, quasi come volesse una prova reale di ciò che era successo. << L'eclissi. >>





La confusione che animava la Tana si rendeva palese prima di tutto con i suoni, infatti all'esterno arrivavano la voce di Ginny che urlava contro James ed Albus per qualcosa che avevano fatto alla piccola Lily, mentre la voce di Arthur li coccolava di tenerezze. 

Il profumo dei biscotti al limone li accolse all'ingresso come un abbraccio materno e Hermione si sentì bloccata dai sensi di colpa nei confronti di ciò che stava perdendo e si chiese se quella che stava percorrendo fosse davvero la strada giusta. 

<< Oh, ragazzi, finalmente, su prendete posto a tavola. >> li salutò Molly, tra le mani un'enorme pentola fumante di cibo buono e profumato. 

Il pranzo trascorse in una tranquillità interrotta di tanto in tanto dai richiami che gli adulti rivolgevano ai bambini. 

<< Su, su, lasciateli giocare in pace. >> disse Arthur con un sorriso beato sul viso. 

<< Chi vuole un po' di dolce? >> urlò Molly, sistemando un paio di vassoi sul tavolo in giardino. << Tutti fuori, su. >>

Dopo quel clima di quotidianità e i bambini a giocare poco distanti, Hermione ebbe modo di ripensare alla piega che stava prendendo la sua vita: un matrimonio distrutto da un passato che, forse, non sarebbe tornato, le mani colme di macerie aperte sulle insicurezze, i piedi a muoversi sul nulla di un futuro in cui sarebbe stata una donna sola. 

Molly versò il caffè nelle tazze azzurre, poi si sedette di fronte a suo figlio. << C'è qualcosa che dovete dirci? >>

<< Molly… >> cominciò Hermione con lo sguardo basso sui disegni del legno massiccio dell'enorme tavolo. << potresti badare ai bambini per quest'estate? >>

<< Tenerli qui? Ma certo, cara… >>

<< Noi stiamo divorziando. >> sputò Ron in un soffio. 

Il silenzio che seguí fu alienante per tutte le persone intorno a loro: Ginny sembrò bloccarsi con un piede a mezz'aria, Harry lasciò cadere la tazza sul pavimento, Arthur smise di battere le ciglia, George sbarrò gli occhi; l'unico rumore a spezzare quella quiete di cristallo fu il corpo di Molly che si afflosciava pesantemente sulla sedia sbilenca. 



Tornare nella casa in cui era cresciuta e in cui aveva deciso di perdere i suoi genitori fu un tuffo da una scogliera che si affacciava su un mare in tempesta: trascinata dalla corrente come fosse un foglio di cartapesta, la testa perennemente coperta dalle onde, il bisogno di tornare a respirare nell'immobilità della terraferma. 

Erano passati dieci giorni da quando aveva chiuso la porta della villetta a schiera che aveva acquistato con Ron, muovendo passi piccoli ed incerti quasi stesse imparando a camminare soltanto in quel momento, tra quegli angoli di casa in cui anni prima si era rannicchiata per piangere la mancanza di Draco, la delusione che le aveva cucito addosso e poi si era alzata, facendo forza sulle gambe, prendendo in mano il coraggio ed aveva cancellato la sua presenza dalla memoria dei suoi genitori per partire alla ricerca degli Horcrux. 

La pioggia di giugno rigava i vetri delle finestre, la notte buia e infinita oltre quelle mura: la accolse con gioia, quasi fosse stata terra arida in un periodo di siccità. 

E, più passava il tempo più si sentiva attecchire, sfiorire e perdere i petali della sua corolla da fiore fragile: si era allontanata da tutti, chiudendosi nella sua bolla di errori e rimpianti, dondolando il corpo in quel susseguirsi di ricordi di passato ed attimi di presente. 

Decise di rileggere ogni pagina del suo diario prima di scriverne di nuove e ricominciare da lì, da quelle righe in cui le frasi non venivano concluse da nessun punto, in sospeso tra i suoi desideri e le sue paure. 

Una in particolare le fece tremare le vertebre e fu naturale toccarsi l'interno coscia e giocare con l'indice soto l'elastico degli slip, senza il coraggio di andare oltre e lasciarsi andare al piacere che da tempo non la accarezzava, l'imbarazzo di quella solitudine a colorare gli zigomi e il desiderio potente di sentirsi piena: le tornò in mente la Stanza delle Necessità, il tavolo su cui si era stesa per donarsi completamente a Draco, in quel sesso frettoloso e brutale che non si era risparmiato di farla gemere e sospirare. 

Quando il salone si illuminò della luce di un lampo, Hermione aprì gli occhi con il respiro corto e la frenesia che sentiva nervosa nelle dita. 

Si stese nel letto, un senso di incompletezza a fare da lenzuolo in cui avvolgere il corpo esile, gli occhi pesanti dalla vergogna. 

Hermione si svegliò umida di sudore e di un piacere che le era nato dal corpo nei suoi sogni e sul pigiama, il profumo di Draco ancora nelle narici: giustificò quella reazione pensando a ciò che aveva letto tra le pagine del suo diario prima di andare a dormire, si lavò in fretta e con forza per mandare via quella sensazione dalla pelle; guardandosi allo specchio negò quanto le fosse piaciuto e quanto ancora si sentisse turbata da quel sentimento e quel desiderio che la legavano a lui. 

Nonostante gli anni, i matrimoni, i figli, nonostante il Marchio Nero. 

Trovarsi con la sua schiena davanti al viso, quella mattina, fu quasi una tortura che le impedì di respirare fino a che lui non uscì dall'ascensore e lei rilassò tutti i muscoli e si sentì pronta per cominciare a scrivere il discorso che avrebbe letto nel caso in cui fosse davvero stata eletta Primo Ministro. 

Avvertì la bocca curvarsi in un sorriso di gratitudine quando ripensò alle congratulazioni e all'affetto che ancora una volta aveva ricevuto da tutti i componenti della famiglia Weasley, un nodo al cuore che pesava tonnellate di sensi di colpa; scosse la testa ed entrò nel suo ufficio, sempre ordinato, sempre pulito: il contrario di ciò che vedeva dentro se stessa. 

Poi, Harry aveva bussato alla sua porta, con il caffè in una mano e la sua fedeltà nell'altra, un sorriso tirato sul viso e il silenzio tutto intorno e, per la prima volta, Hermione si sentì in imbarazzo. 

Tossì un paio di volte. << Ho bisogno di stare per un paio di giorni lontana dal Ministero… >>

Harry la guardava con uno sguardo fraterno, il riflesso della luce artificiale nelle lenti degli occhiali. << Dove andrai? >>

<< Sono nella vecchia casa a Londra da qualche settimane. >>

<< Stai bene? >>

<< Me la cavo: devo soltanto sistemare gli altri scatoloni. >>

<< Se avessi bisogno di aiuto, di qualsiasi altra cosa… Beh, sì, puoi contare su di noi, su me e Ginny… >>

<< Grazie, davvero… Mi rincuora sapere che sarete ancora parte della mia vita. >>

<< Herm, tu sei una sorella per me e i tuoi figli sono anche i nostri nipoti. Non tutto va come vorremmo che andasse e se tu e Ron avete deciso di divorziare ci sarà un motivo. Spero solo che, insomma, non c'entri un altro uomo. O un'altra donna. >>

<< No. >> con la mente ferma alla consapevolezza di quanto fosse vera l'intuizione del suo migliore amico, ammissioni di colpa che non le facevano dormire notti tranquille. 

<< Allora, ci si vede in giro, eh… >>

<< Certo. >> 

Poi, aveva raccolto la borsa e si era avviata nell'atrio, voltandosi a guardare ancora il luogo a cui aveva sentito di appartenere nel momento in cui vi aveva cominciato a lavorare: l'immensa statua di un mago e una strega seduti sui loro troni le fece provare una fitta allo stomaco, perché Hermione ricordava ancora la bellissima fontana attorno a cui erano sistemate le quattro statue d'oro che i Mangiamorte avevano distrutto durante uno scontro e, come spesso succedeva, si trovò scossa dai brividi che ancora che le pungevano i muscoli di fronte ai ricordi della Guerra Magica. 

Erano passati quasi due mesi da quando aveva firmato i documenti per divorziare da suo marito, poi Ron le aveva fatto recapitare una lettera in cui la invitava a pranzo dandole appuntamento alla Tana, quasi come ai vecchi tempi: Hermione, dopo il lavoro, si recava lì per dare un bacio a Rose e Hugo, si intratteneva il tempo di un tè e poi tornava nella Londra babbana, intarsi di strade e ciottoli in cui aveva vissuto gran parte della sua infanzia. 

Le tornò in mente l'odore di pasta dentifricia che aveva esalato l'Amortentia la prima volta che aveva respirato i fumi della pozione, la sicurezza che il mondo non potesse ferirla e che, semmai fosse successo, sarebbe sempre stata accolta dalla sua mamma con un abbraccio e una caramella senza zucchero. 

Guardava da lontano gli gnomi rincorrersi nel giardino, l'erba smossa da un vento troppo forte e Ron ne allontanò uno con un calcio. << Non vogliono proprio andar via. >> portando una mano dietro alla nuca, come a volersi scusare del gesto che aveva appena compiuto. << I ragazzi sono da Ginny. >>

<< Bene. >>

<< Herm, io… vorrei parlarti, insomma, sai… >>

<< Ron, ne parleremo davanti ad un bel calice di vino costoso. Offro io. >>

<< No, non è questo: i soldi sono qui, nella tas… >> l'imbarazzo sul viso. << Scusami un attimo. >> disse infine, dirigendosi verso la porta di ingresso. 

Hermione sorrise e pensò che, in fondo, certe cose non sarebbero mai cambiate, poi come se fosse il gesto più naturale del mondo, appoggiò la mano nella piega del

gomito di Ron. << Dove mi porti? >>

<< A Diagon Alley. C'è un nuovo ristorante. >> e si smaterializzarono in quella stradina brulicante di magia e ricordi dei giorni insieme. 

Lui le spostò la sedia e le lasciò scegliere il vino come aveva promesso, poi le prese le mani tra le proprie e sorrise. 

Hermione ricambiò con un leggero nodo alla stomaco e un lieve imbarazzo sulle guance. << Ti trovo bene: sembri ringiovanito, Ron. >> e vide il rossore tipico del suo viso prendere il sopravvento sulla pelle leggermente abbronzata. 

<< Tu… Tu lo sai che sei stata la donna più importante della mia vita, sei la madre dei miei figli… E sì, io ti vorrò sempre bene. >> furono interrotti da un ragazzo in camicia e papillon che versò loro il vino nei calici ed entrambi li sollevarono leggermente in un brindisi silenzioso. << Ehm, dicevo… Ne abbiamo passate tante insieme e… >>

<< Ron, è successo qualcosa ai ragazzi? >>

<< Oh, no, no. Per Merlino, no. >>

<< Allora prova a rilassarti: tutto ciò che mi dirai sarà una bella notizia. >>

<< Ho conosciuto una persona. >>

A quelle parole, Hermione gli strinse più forte la mano, in un subbuglio di emozioni che si intrecciavano tra loro e la confondevano; si concesse un attimo per respirare e mandare via quelle sensazioni che le sembravano superflue e rimase in bilico tra una sorta di rassegnazione e un briciolo di invidia nei confronti dell'uomo che aveva di fronte con le redini della propria vita tra le dita, poi arrivò la felicità, riflesso di quella che leggeva nei suoi occhi. << Stai bene con lei? >>

<< Ha abbastanza pazienza per rimettere a posto tutti i cocci. È a buon punto, lo devo ammettere. E tu? >>

<< Io, cosa? >>

<< Stai bene con lui? >>

Sentì il cuore ripiegarsi sulle proprie pareti, strozzando i battiti quasi a voler nascondere il vuoto che lei sentiva all'altezza del petto; posò gli occhi umidi nel piatto per dare la possibilità a quelle lacrime di sfumare. << Io non… Non sto con lui. >>

Fu Ron a chinare il capo questa volta, quasi si sentisse in colpa di essere riuscito ad andare avanti e a sostituire in poco tempo l'immagine di sua moglie. << Perché? >>

<< I-io… >>

<< Lascia che ti dica una cosa: ogni singola parola è stata un colpo al cuore, mi sentivo piegato in due dal dolore. Con il senno di poi, credo che avrei preferito non leggere il tuo diario… Però, dopo tanto amore, penso sarebbe giusto darvi una possibilità. >>

<< Ron… >>

<< Non posso credere di star parlando così di Malfoy: per me resterà sempre un Mangiamorte, un viziato figlio di papà, ma se ti rende felice… >>

<< Grazie. >> con la mano ancora intrecciate a quella di Ron. 

<< Vieni, >> le disse dopo aver finito il dolce. << ti porto nel posto in cui ho trovato la forza di reagire. >>

Hermione si lasciò portare via con occhi chiusi e fiducia totale. 

Stava respirando. Se ne rese conto soltanto in quel momento: si accorse di quanto gli venisse naturale, di quanto fosse scomodo dilatare i polmoni e sentire l'ossigeno fluire nelle narici e nella gola. 

Stava respirando. E se ne accorse di fronte al mare in tempesta, in quell'infrangersi di onde e urla di schiuma contro la pietra millenaria e lei sentiva quelle grida di cavalloni nell'anima. 

Si inginocchiò ad un passo dal confine tra la terra e il vuoto, le mani unite sulle cosce, poi Ron si sedette accanto a lei e guardò verso il cielo. << Le scogliere di Dover infondono coraggio. >>





La porta del suo ufficio si spalancò senza rumore e fu richiusa allo stesso modo. 

Hermione alzò lo sguardo sulla figura che si era fermata di fronte a lei: la pelle candida quasi fosse marmo perfettamente scolpito in quella bellezza fredda che non lasciava trapelare nessuna emozione e gli occhi fissi nei suoi. 

<< Cosa vuoi? >> gli chiese mentre lui si accomodava sulla sedia senza permesso, così come era entrato nella sua vita e nel suo cuore più di vent'anni prima. 

Draco prese una clessidra di vetro rosato dentro cui giacevano immobili granelli di sabbia bianca, la capovolse e la sistemò di nuovo sulla scrivania, poi finalmente tornò con lo sguardo su di lei. << Hai le unghie mangiucchiate. >>

<< Un brutto vizio. >>

<< Lo facevi anche a Hogwarts: più era difficile la decisione che dovevi prendere, più le tue unghie erano corte. >>

Hermione si sentì pervadere dall'imbarazzo dettato dalla conoscenza di quei gesti di cui soltanto lei poteva capire il significato e portò l'indice ad attorcigliare una ciocca di capelli. 

Lo vide sorridere appena. << Anche questo: credi che i boccoli che ti fai con le mani riescano a sciogliere i pensieri. >>

<< Cosa vuoi? >>

<< Tutto questo. >> le rispose alzandosi, avvicinandosi a lei e sovrastandola con la sua ombra, la punta del naso ad accarezzare il viso; le respirò tra i capelli e la costrinse ad alzarsi, una mano alla base della schiena per avvicinarla al suo petto, dove il battito del cuore di entrambi poteva parlare senza parole e senza segreti. 

Le sembrò di non avere abbastanza ossigeno nei polmoni per poter restare così vicina a lui e lo allontanò posandogli le mani sottili sul petto. << Non avvicinarti mai più così. >>

Draco sorrise ancora. << Così… come? >> le chiese facendo un passo in avanti e fermandosi ad un niente dalla sua bocca, saltellando sul limite immaginario dei suoi desideri, mentre lei era stata catapulta in un giorno di tanti anni prima, quel tono di voce che ancora le faceva tremare le gambe. 

Giugno 1997

<< Granger? >>

<< Che vuoi, Malfoy? >>

<< Entreranno. >>

<< Hogwarts è un posto sicuro. >>

<< L'armadio svanitore. >>

<< Cosa? >>

L'aveva presa per mano e trascinata per i corridoi della scuola, in un silenzio pesante ed infido, quasi palpabile e sentire di nuovo il tocco della sua pelle le attorcigliò il coraggio nelle corde vocali. 

Dopo aver scoperto il Marchio Nero sul braccio di Draco, Hermione aveva scelto di troncare ogni possibilità di un ritorno insieme ed erano seguiti mesi in cui si erano evitati, perciò, quando si trovarono di nuovo davanti alla porta della Stanza delle Necessità insieme, sentì il cuore cadere nello stomaco con un tonfo sordo e successe tutto prima che lei stessa se ne rendesse conto: la risata di Hermione crepò le mura, risuonò di eco nel corridoio buio e vuoto, le uscí dal petto quasi come uno sputo velenoso. << A che gioco vuoi giocare? >>

Aspettò a lungo una risposta nel silenzio denso di quella notte, ma Draco non rispose, sembrava quasi avesse smesso di respirare, così Hermione lo imitò e si sentì costretta a cercarlo con gli occhi, le pupille a scontrarsi con quell'espressione di gelo indecifrabile. 

Fu un errore: si ritrovò a vagabondare su quelle strade di pelle e carne che aveva percorso con bocca e mani; le tenebre a nascondere l'imbarazzo delle guance. 

E lui, lui ad un soffio dal suo viso. << Non ho mai giocato con te. >>

Si sentì investire da un brivido violento di fiati senza suono che le scosse le vertebre, pelle d'oca e tramestio di desiderio taciuto. 

Cercò di inghiottirlo, buttarlo giù nello stomaco, ma fu come ingoiare se stessa in spire di dolore lungo l'esofago. 

Sollevò il mento, il respiro affannato che la notte non riuscì a nascondere. << Non avvicinarti mai più così. >> lo intimò. 

Draco sorrise. << Così… Come? >> chiese con un tono innocente che non gli era mai appartenuto. 

Hermione avvertì la sconfitta di quella guerra pesare nei muscoli delle gambe, il suo nome incastrato tra il palato e i denti, ostinato a restare come un velo cucito sulle labbra. 

<< Entriamo. >> un ordine a cui lei non seppe sottrarsi. 

La stanza che ricordava accogliente e calorosa, adesso era buia e tetra, illuminata a stento dalla luce della luna che filtrava dalle finestre. 

Draco prese tra le mani un grande telo scuro, sollevando una nube di polvere: Hermione lo vide lontano, come in quelle notti in cui si spogliava di tutto tranne della camicia e soltanto in quel momento le sembrò di trovare le risposte alle domande che dall'inizio di quel sesto anno si era posta e che le avevano scorticato l'anima dall'interno. << È questo? >> chiese con una sorta di paura celata nella voce. 

<< Ce n'è un altro da Magie Sinister: insieme creano un passaggio. >>

<< Per questo eri a Nocturn Alley? >>

<< Sì. >>

<< Avresti potuto scegliere. >>

<< Forse. Sì, forse avrei potuto, ma ho sempre lasciato che gli altri lo facessero per me. L'ho fatto anche con te. >>

<< Non puoi incolparmi di niente. >>

<< Sei andata via: non è una colpa, ma un dato di fatto. >>

<< Sei un Mangiamorte. >>

<< E tu una sanguesporco, ma questo non mi ha impedito di amarti, anche dopo averlo scoperto. >>

L'orgoglio le ribollì nelle vene come lava di un vulcano. << Sei un codardo. >>

Draco si era voltato a guardarla, il viso di marmo teso in un'espressione seria e impenetrabile, le sfiorò le ciglia in punta di dita. << Cerca di restare viva. >>



<< Così. >> si spinse verso di lui e si ritrovò ad alzare il mento per poter scontrarsi con i suoi occhi ed attese l'impatto doloroso che aveva vissuto la prima volta che gli aveva rivolto quelle parole, invece si ritrovò ad immergere lentamente i piedi in quel grigio liquido in cui sapeva come camminare. 

E lo trovò pronto a farsi guardare, come se non avesse aspettato altro. << Mi vedi? >>

<< Non lo so. >> sembrò tornare in sé e mosse un passo indietro, con il pavimento che sembrava fatto di sabbie mobili che le impedivano ogni movimento. 

Un passo e un altro ancora, poi si chiese in quale direzione avrebbe corso se avesse seguito il suo cuore, quanto tempo avrebbe impiegato a tornare tra quelle braccia che l'avrebbero stretta e avrebbero nascosto ogni sua fragilità e scosse la testa, lasciando che i capelli le coprissero il viso per nascondere il pensiero che sarebbe stato troppo semplice se la soluzione a tutto fosse stato lui. 

Nei giorni successivi, lui aveva ancora aperto la porta del suo ufficio e si era fermato di fronte a lei, con le labbra a chiedere un sì. Vicino, troppo vicino. 

Quella mattina, però, Hermione era rimasta a letto, sopraffatta dal ritmo frenetico della sua nuova vita: aveva trascorso il tempo a guardare fuori dalla finestra le nuvole dense, perdendosi in quel susseguirsi di sfumature che il cielo di Londra le stava regalando come se volesse perdere se stessa nel vento estivo che muoveva le foglie degli alberi che da bambina aveva piantato insieme ai suoi genitori. 

Quando Ron si era smaterializzato oltre il vetro limpido insieme a Rose, Hermione aveva sorriso e li aveva accolti in casa con gentilezza: non poteva odiare Ron, perché a sua insaputa aveva avuto la pazienza di raccattare i cocci e rimetterli al proprio posto e Rose era la prova di quanto lui si fosse impegnato a far funzionare quel matrimonio e di quanto l'avesse amata. 

Era stato un buon padre, un marito presente e a lui doveva quasi tutto. 

<< Vi lascio sole. >> aveva detto sull'uscio della porta. 

<< Non vuoi qualcosa da bere? >>

<< No, grazie. Sono davvero di fretta. >> così era andato via e Rose si era seduta sul pavimento con le gambe incrociate, l'imbarazzo a colorarle le orecchie. 

<< C'è qualcosa che vuoi dirmi? >>

<< Mamma… >> aveva cominciato sempre più rossa in viso. << ho un segreto. >>

<< Tutti ne abbiamo. >>

<< Mi piace Scorpius. E papà odia i Malfoy. Ti ricordi cosa mi ha detto la prima volta al binario? >>

<< Sì, ma non era serio. >> 

<< Sì che lo era, mamma. Io credo di essere innamorata di lui e lo so che dirai che sono soltanto una bambina, ma io lo amo davvero. >> disse quasi mangiando qualche parola qui e lì e Hermione le rivolse un sorriso tenero. << Vorrei sposarmi con lui, vorrei una storia come quella tua e di papà. >>

Lo sguardo innocente di sua figlia ebbe il potere di far risalire a fior di pelle i sensi di colpa, perciò sospirò. << Rose, io e papà ci siamo voluti molto bene… >>

<< C'è un ma? >>

Annuì. << Anche io ho un segreto. >>

<< Lo so che i segreti non dovrebbero essere svelati, ma ti ho raccontato il mio… mi racconteresti il tuo, mamma? >>

Scivolò dal divano, sedendosi sul pavimento di fronte a lei. << Sono stata innamorata una volta, tanto tempo fa, dell'ultima persona in questo mondo che avrei dovuto amare… Eppure, non riuscivo a fare a meno di lui. >>

<< Ma i tuoi amici ti hanno aiutata? >>

<< Nessuno lo sapeva, Rose. Ancora oggi non sono a conoscenza di questa storia. >>

<< Nemmeno papà? >>

<< Papa lo ha scoperto poco tempo fa. >>

<< Per questo vi siete lasciati, vero? Perché tu sei ancora innamorata di questa persona? >>

Hermione sentì la risposta salire dallo stomaco quasi fosse l'unica certezza di quegli anni. << È stato molto importante per me. >>

<< Ma lo ami ancora? >>

Quando in un sussurro le rispose di sì, le sembrò che il mondo intorno tremasse: guardò gli occhi di Rose diventare lucidi e la vide sollevare la testa. << Mamma… >>

<< So a cosa stai pensando, Rose, ma ti sbagli: tu e Hugo siete la gioia più grande della mia vita ed io e papà vi abbiamo desiderato tanto, ma quando provi un sentimento così forte e profondo, tutto ciò che viene dopo… >> le sembrò di non avere più parole né coraggio per continuare quel discorso. << Se quello che provi per Scorpius è amore vero te ne renderai conto, capirai quello che ti sto dicendo. >>

<< Chi è? Ti prometto che non ti odierò. >>

Hermione chiuse gli occhi: Rose era una bambina che sapeva mantenere le sue promesse, ma, in fondo al cuore, aveva paura che quel raccontarsi e scoprirsi potesse essere troppo anche per sua figlia. Sentì ancora la sua voce chiamarla, come se la stesse spronando a prendere quelle poche briciole di coraggio che ancora aveva tra le mani per farle risplendere alla luce di quegli attimi di sincerità. << Draco Malfoy. >>

Fu un soffio di voce che le ferì le labbra, lo sguardo basso per il peso di quella verità che aveva ammesso a Rose, ma soprattutto a se stessa. 

<< Perché vi siete lasciati? >>

<< La guerra. >> la osservò mentre aggrottava pensierosa le sopracciglia, quasi stesse cercando il senso di quelle parole e lo trovò: ripensò al tono di voce di Draco il giorno in cui le aveva invitate a pranzo sulla terrazza di un ristorante che affacciava sul Tamigi, al modo in cui Hermione evitava di guardarlo troppo a lungo e la sua richiesta di non raccontare a Ron di quella giornata, di ricordarla come fosse stata soltanto un sogno. 

<< Grazie mamma. Grazie per avermi svelato il tuo segreto. >> le disse accoccolandosi sulle sue gambe come faceva da bambina. << Posso usare la metropolvere per tornare dalla nonna? >>

<< Sì. >> 

<< Ehm… allora vado, devo… >>

<< Puoi restare, se vuoi. >>

<< No, cioè, mi farebbe davvero piacere, ma oggi c'è Al alla Tana e Scorp è il suo migliore amico… >>

<< Divertitevi. >> aveva concluso con un sorriso complice, poi si era lasciata avvolgere dal silenzio che aveva riempito la casa.

La stessa sera, Hermione aveva cenato in fretta, senza nemmeno apparecchiare e si era seduta alla scrivania con il diario aperto: la sua mano scivolava veloce sulla carta, parole di paragone tra la bambina che era stata e che aveva paura del fallimento e l'adulta che era diventata che aveva fallito in tutto. 

La pioggia insistente di quella sera che suonava per lei una melodia d'erba bagnata e cielo senza stelle. 

La vestaglia sottile le scivolò lungo la gamba e lei guardò la stoffa che si muoveva lentamente tra il suo corpo e il pavimento, quasi ipnotizzata da quel disegno di rami e foglie che le ricordò in un modo sconosciuto le proprie fragilità. 

<< Ho sempre lottato per essere all'altezza di ogni situazione e adesso mi ritrovo a non avere forze per reagire né il coraggio per ammettere quello che voglio. >> aveva riletto a voce bassa ogni parola che aveva appena scritto tra quelle righe, cancellando qui e lì qualche termine che non le piaceva o che non le sembrava appropriato, abitudine che non aveva perso dai tempi in cui frequentava le elementari alla scuola babbana. 

Quando qualcuno bussò alla porta, Hermione era totalmente immersa nella rilettura del suo diario, perciò al secondo battito di pugni sul legno, sobbalzò spaventata: si mosse piano, quasi a voler rimandare il momento di trovarsi sull'uscio di casa. 

<< Granger, apri subito questa porta. >> 

Riconobbe quella voce come avrebbe riconosciuto l'odore dei suoi fiori preferiti, quasi ad occhi chiusi: ferma, con una mano sulla maniglia e l'altra all'altezza del petto, nell'inutile tentativo di calmare i battiti del suo cuore. 

Si maledisse quando il suo sguardo si posò sulla vestaglia. << Dammi cinque minuti. >>

<< Apri. Ora. >> e assecondò quell'ordine quasi come fosse stata vittima di un Imperio. 

Il cielo nero che faceva da sfondo e Draco fermo davanti a quel quadro di buio, a sporcare di bianco perfetto quelle tenebre: il collo teso, gli occhi fissi nei suoi già pronti ad accoglierlo, la camicia sgualcita che aderiva al petto in ogni linea di muscoli e nervi. 

I capelli bagnati di pioggia che gli ricadevano sulla fronte , carezze piangenti le cui lacrime gli scivolavano sulla gola, cadendo giù, più giù, nella camicia aperta e lui, maledetto lui, restava sempre composto, quasi ignaro di ciò che le provocava dentro: un braccio teso contro lo stipite della porta, l'altro libero lungo il fianco, con quello sguardo indecente che le toccava il corpo e le incideva nel ventre ghirigori di eccitazione che le bagnarono le mutande di pizzo. 

Hermione deglutì, le guance colorate di pudore e avvertì quella domanda salire dallo stomaco con una sfumatura di voce acuta e mal celata di vertigini. << Tu sei… Tu sei bagnato? >>

Draco rise con una risata di brina e cristalli, limpida tanto da stridere con tutto ciò che lo circondava. << Si. >> un movimento lento della lingua, le labbra umide schiuse con una lentezza svilente. << Sono bagnato. >>

<< Come hai fatto a trovarmi? >>

<< È stato facile rintracciare la tua bacchetta. >>

<< Sei un Auror, dovresti sapere che non è legal… >> 

<< Il bello di essere un Auror è che ogni tanto posso dimenticare di esserlo. >>

<< Che ci fai qui? >>

<< Vorrei continuare questa conversazione dentro… >>

Hermione si spostò di lato, permettendogli l'accesso al corridoio che conduceva nella sala da pranzo e lui fece un passo lento e misurato verso l'interno. 

<< Posso? >> chiese come se stesse mettendo alla prova la sua capacità di negargli qualcosa. 

<< S-sì. >> lei si trovò quasi senza fiato, i polmoni a chiedere aria. 

Gli fece segno di accomodarsi sul divano, ma lui vagò con lo sguardo accarezzando ogni pezzo di arredamento nella stanza, poi si avvicinò alla scrivania dove lei teneva il diario con la copertina rivolta verso l'alto a nascondere i suoi pensieri più intimi e segreti. << Scrivi ancora? >>

<< A volte. >>

<< Quanto c'è di te qui dentro? >>

<< Tanto. >>

<< E di me? Di noi? >>

Hermione si chiese come facesse Draco a non capire quanto, in realtà, lui facesse parte di lei, incansapevole che le sue fossero le stesse domande che anche lui si poneva quando si trattava di lei. Ma lei non lo sapeva, non poteva o non voleva saperlo, visto che sembrava diventare sorda di fronte a quella verità che lui le confessava a voce. << Ti prendo un ricambio. >> ed entrò nella piccola stanza che aveva adibito a lavanderia, prendendo una tuta e una maglietta a mezze maniche che erano appartenute a suo padre e che lei aveva lavato e piegato con cura, poi gli porse tutto con la paura di ciò che sarebbe potuto succedere; gli sguardi di entrambi sospesi in quella distanza di passi e silenzi in cui erano fermi. 

<< Posso offrirti qualcosa? >> gli chiese infine. 

<< Whisky? >>

<< Perfetto. >> così tornò in cucina, nella dispensa che suo padre teneva come fosse una reliquia: spostò qualche bottiglia di liquore alla frutta e disse che aveva soltanto del rum, lui rispose che lo avrebbe accettato volentieri. 

Quando rientrò nel salone, lo trovò seduto sul divano: le braccia stese sullo schienale, la testa all'indietro, gli occhi chiusi. 

Lo guardò come avrebbe fatto con un oggetto conosciuto in ogni dettaglio ed ogni centimetro di pelle toccato con gli occhi la fece fremere come se fossero state realmente le sue mani a toccarla e non il fantasma di quelle che vedeva nei suoi ricordi. 

<< Il rum. >> disse, posando sul tavolo basso un piccolo vassoio con il bicchiere e del cioccolato fondente tagliato in scaglie. 

Lo guardò mentre sul suo viso si disegnava un sorriso accennato: avvolse il bicchiere con la mano e lo roteò in modo da far vorticare il liquido all'interno, poi lo portò alla bocca e Hermione osservò le sue labbra bagnate, rendendosi conto di aver morso le proprie solo quando avvertì un lieve dolore. 

Sentiva quel silenzio carico di significato inaridire il fondo della gola, bloccare le parole tra i denti. 

<< Vorrei che mi parlassi. >> le disse in una richiesta dolce. 

<< Perché dovrei? >>

<< Cosa ti sta succedendo? >>

<< Niente che ti riguardi. >>

<< Ti ho già detto che trattarmi da estraneo non cancella quello che è successo tra noi. >>

<< Potrei ricorrere ad un Oblivion. >>

<< Da quanto sei così codarda? >>

<< Ho la possibilità di dimenticare qualcosa che non voglio ricordare, perché non dovrei approfittarne? Che altro potrei fare? >>

<< Accettarlo, semplicemente. Rose ha scritto a Scorpius, sa del divorzio. >> 

Le sembrò che la terra si aprisse sotto il suo corpo, squarciata dalla tranquillità con cui le ammise di conoscere ogni dettaglio della sua vita e d'istinto spostò le gambe per poggiare i piedi sul pavimento; la vestaglia si spostò di lato, lasciando intravedere il pizzo degli slip e i suoi occhi si ancorarono a quelli di Draco, ghiacciai di desiderio che si sciolsero a quel fruscio di stoffa. 

Le portò una mano sul viso e l'accarezzò. In quel movimento, Hermione sentì la maschera che indossava cadere giù e fu naturale per lei accogliere le dita di Draco tra la lingua e il palato, piano, in un assaggio di sapori che riconobbe come se non fossero passati mesi dall'ultima volta che li aveva avuti addosso; in quel martirio di morsi leggeri e bramosi, lui la lasciò fare, le concesse il potere di scegliere come e quanto spingersi oltre quei preliminari di prese di coscienza e non le tolse gli occhi di dosso quando lei slacciò la cintura che teneva incrociata la vestaglia, facendole scoprire il seno che si muoveva al ritmo dei suoi respiri. 

Fu lui ad avvicinarsi, in istanti di infinito in cui accarezzò piano l'incavo tra i seni e la pelle del ventre come fosse tela su cui dipingere i propri desideri, la lingua sulle labbra, le mani tra le gambe in quelle profondità di piacere in cui le dita di Draco si bagnavano dei suoi mugolii. 

Hermione lo spogliò dalla maglietta risalendo delicata con le unghie dai fianchi alle costole, provocando in lui la smania di perdere il controllo, poi lo osservò con la bocca schiusa di meraviglia e voglia, mentre lui ripeteva il percorso che avevano già disegnato le sue mani: soffiò sulle labbra tremanti e umide dall'orgasmo che si era liberato in ogni sua cellula, con quel incedere lento ed estenuante di baci e tocchi di lingua e più i suoi muscoli si contraevano al piacere, più lei spingeva il bacino in avanti. 

Si stupì di quella pudicizia persa quando aprì maggiormente le gambe e si sistemò in ginocchio di fronte a lui, gli abbassò i pantaloni e lambì la sua eccitazione, con il suo sapore tra la gola e la bocca dello stomaco. Giù, sempre più giù, in un risalire muto interrotto soltanto dai gemiti di Draco che si tendeva e si avvicinava alla sua bocca. << Oh, sì. >>

Nel momento in cui lo sentì pulsare fino allo spasmo, si spostò e si ritrovò a guardarlo negli occhi con un'oscenità di cui entrambi si sorpresero, con le gambe aperte e la mano che non smetteva di trasportarlo al limite dell'eccitazione e gli baciò il mento, la mascella. 

Poi, abbassò leggermente le ginocchia e lo accolse dentro con un sospiro profondo, muovendosi lentamente in quella pienezza che le fece tremare i muscoli del basso ventre ancora e ancora, le unghie di lei che risalivano dalla schiena alle spalle in scie di delicato bruciore e un ansito animale che lui emise dalla gola. 

Draco le posò una mano dietro il collo, l'avvicinò al suo viso e lasciò che i loro sapori si mescolassero sulla bocca di entrambi; le fronti che si toccavano, i capelli di Hermione a fare da sipario tra loro due e il resto del mondo.  

Trascinata in quegli angoli di cielo dove le stelle e la luna non servivano a niente perché bastava lui, in quei posti dove potevano sentirsi liberi di essere ciò che sarebbero potuti diventare se avessero avuto più coraggio, oltre i limiti della razionalità e dei dubbi; due confini che si confondevano tra loro a creare orizzonti esplosi di amore e passione. 

Fu mentre le stringeva con prepotenza la carne dei fianchi e le sorrideva labbra contro labbra che lei chiuse gli occhi in un fiato di impudenza. << Vieni con me. >>  gli chiese. La schiena inarcata, i muscoli del suo essere donna che vibravano di voglie libidinose e desideri avverati. 

Su e poi giù, ancora e ancora, fino a quando lui non la incontrò a metà strada e la tenne ferma addosso, i respiri di entrambi pesanti d'orgasmi. 

Si sentì piena di lui e poi avvertì il piacere svuotarla e sfiorare la pelle dell'interno coscia lì dove i loro corpi si univano alla perfezione, la bocca ancora su quella di Draco in un sorriso di plenitudine e senso di appartenenza che da tempo non le illuminava il viso. 

Si allontanò, coprendo il corpo con le mani e cercando la vestaglia per rivestirsi e lui si alzò dal divano per avvicinarsi a lei con passi lenti: le strinse le mani tra le proprie e le baciò con dolcezza, le portò sul viso e inspirò il profumo della sua pelle. << Dormi con me. >>

<< Tu non saresti dovuto venire qui. >>

<< Se è davvero questo che vuoi, allora vado via. >>

Annodò la piccola cintura di stoffa incrociando la vestaglia sul seno e avvertendo il battere frenetico e nervoso del suo cuore contro la gabbia toracica, gli occhi bassi. << I-io… >>

<< Cosa? >>

<< Io non… >>

<< Hai gli stessi occhi di quel giorno. >>

Hermione lo guardò mentre stringeva la maniglia, le nocche sbiancate nello sforzo  di compiere un gesto che non voleva e lei posò lo sguardo altrove per evitare di annegare in quei frammenti di incertezze che galleggiavano tra le acque del loro passato, si allontanò con la mente in giorni che credeva di aver dimenticato, poi sentì le vene riempirsi delle parole che le aveva detto Ron e il disegno di quei paesaggi che lui aveva tratteggiato in ogni sua curva e in cui erano naufragati insieme 

<< Draco… >> la pioggia fuori aveva smesso di bagnare la terra e lei si sentì stanca, senza alcuna voglia di combattere ed accettò la sua sconfitta come fosse un regalo atteso a lungo: le sembrò la cosa più giusta da fare. << resta. >>







   
 
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