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Autore: wheezayne    05/07/2020    0 recensioni
Il sole baciò la loro pelle, le loro braccia nude, i loro volti. Il calore che entrambi emanavano era piacevole, irradiava nuove sensazioni ed elettrizzava quei lembi di pelle che si toccavano. Luigi voltò appena il capo, incontrando la sua fronte ampia e liscia, posandovi sopra un bacio ad occhi chiusi.
Harry si lasciò andare ad un sorriso così leggero da sentirsi quasi estraniato dal mondo. Aveva sempre decritto Luigi in quel modo: soffice, delicato, azzurro. E non seppe spiegarsi il perché ma negli occhi aveva il mare ed era l'unica cosa che gli veniva in mente quando si perdeva a guardarlo. Luigi era azzurro.
Il riccio alzò il mento e cercò le sue labbra, che si lasciarono subito trovare. Fu un bacio lento e mozzafiato.
Bastava che lo sfiorasse solamente affinché il respiro gli venisse meno.
Il cuore di Harry si fermò in quel momento così bello e disegnato nella sua mente. I baci a fior di labbra divennero numerosi, uno dietro l'altro come se non fossero in grado di smettere e di lasciarsi andare.
In quel piccolo angolo di paradiso, si sentirono finalmente in pace, nessuno poteva toccarli.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il profumo delle zagare
 

Ciao a tutte, dopo anni sono tornata.
Scrivo queste brevi note iniziali solo per dirvi grazie.
Questa storia è nata tre anni fa e ha ripreso vita in quarantena.
E' ambientata nella mia Sicilia, più o meno negli '50/'60 e dentro vi troverete ambientazioni diverse
perché non mi sono voluta soffermare in un posto specifico ma ho fatto un misto di ciò che ho visto e amato.
Ci saranno parole e frasi in siciliano, spero di non mandarvi in confusione, nel caso mi scuso in anticipo.
Quando troverete le parole in corsivo i nostri protagonisti staranno parlando in siciliano o italiano, quando 
invece troverete tutto normale staranno parlando in americano.
Non è una delle mie solite storie fantasy o tragiche no. Ho voluto raccontare la semplice quotidianità. 
Spero non vi annoi, ci rivediamo più giù.
Buona lettura.

 

 
 

 

 

 

Ogni volta che metteva piede fuori di casa, il profumo di zagare invadeva l'aria e i suoi polmoni. Lo spettacolo che regalava quel posto non smetteva mai di stupirlo, eppure ci viveva ormai da sedici anni.

Gino, scinni!” si sentì urlare. Guardò la signora Rosa con il suo solito grembiule sporco di farina e sorrise. Se ne stava sempre fra quelle quattro mura ad impastare dolci dal profumo squisito, che portava poi a tutti i suoi nipoti e perché no, anche al pasticciere di fiducia.

Signora Rosa, ditemi” e lui non mancava mai di essere gentile con tutti. Quella borgata così colma di persone buone e gentili non meritava altro che ricevere altrettanto trattamento.

Dumani arrivanu i picciriddi di Salvatore, dall'America!” l'informò. Il ragazzo sorrise e senza dire altro annuì e la lasciò al suo lavoro.

Salvatore era come un nonno per lui, l'aveva cresciuto assieme ai suoi genitori e a tutta la borgata. Ormai era Gino, un po' il figlio di tutti quanti. Vivere in quel posto era stata una benedizione vera e propria. Mai si sarebbe aspettato tale affetto da gente sconosciuta, fin dal primo momento in cui aveva varcato la soglia del casale.

Aveva dei bei ricordi lì. Era cresciuto in mezzo alla natura, fra odori e sapori tutti nuovi, in mezzo ad altri bambini che giocavano in strada, sugli alberi e fra le serre. Quando si guardava attorno l'unica cosa a cui pensava era quanto fosse bella la Sicilia, il mare, il caldo, il sole. Nulla l'avrebbe portato via da quel posto che ormai identificava come casa.

Agata, ciao” irruppe all'improvviso, facendo morire di paura la ragazza. Si voltò a mezzo busto facendo svolazzare il suo bel vestito a fiori azzurro e guardò in faccia Luigi, o meglio il suo Gino. “Mi hai spaventata!

Scusa, non volevo. Ero passato per dirti che domani arrivano dei nipoti americani di Salvatore, bisogna che aiuti la signora Rosa nella sistemazione delle stanze” e nel pronunciare quelle parole immerse un dito nell'impasto e ne tirò via un bel pezzo. “E metti un grembiule, quel vestito ti sta d'incanto, non rovinarlo” con un altro sorriso uscì e se ne tornò all'aria aperta.

Quel casolare era grande, praticamente il centro attivo della borgata. Lì vivevano Gino, i suoi genitori, il signor Salvatore, la Signora Rosa, suo marito e tutti i suoi figli e nipoti. Aiutavano tutti a mandare avanti quel posto, chi nell'orto, chi in cucina e chi si occupava delle varie coltivazioni.

Luì, i cavalli hanno bisogno di una sistemata”.

E quello era suo padre, Ettore, che lo mandava a fare sempre lavori poco gradevoli. Come in quel caso, a spalare letame. Ma non aveva nulla di cui lamentarsi veramente, in fondo tutto ciò che faceva gli piaceva e lo soddisfaceva abbastanza da svegliarsi presto al mattino e ricominciare nuovamente la giornata da capo. E poi, ogni scusa era buona per potersi allontanare da lì e scorrazzare felice fra alberi di arance e limoni.

Dopo aver attraversato tutto il selciato si ritrovò sul punto più alto del posto. Da lì, la vista del mare, era meravigliosa. Le pale di fico d'india parevano adornare quell'azzurro pastello, rendendo tutto quasi più poetico. Quando calava la notte gli piaceva ritrovarsi proprio su quell'esatto punto, ad osservare le luci della città e il rumore delle onde che andavano ad infrangersi contro gli scogli.

Qualcuno però interruppe i suoi pensieri e si voltò, notando il volto roseo di Agata.

Era bella, Agata. Aveva dei lunghi capelli biondi e mossi, contenuti da una fascetta elastica, dei lineamenti simmetrici, un paio di occhi azzurri da sogno e corpo sinuoso. Era praticamente il sogno di chiunque, ma i due si erano amati troppo per poter pensare che qualcun altro potesse prendere posto nelle loro vite. Lui ne era stato molto geloso e continuava ad esserlo; amare Agata era stato distruttivo ma gli aveva anche permesso di conoscere cosa volesse dire desiderare ardentemente che qualcuno fosse felice ancor prima di sé stesso. Agata era stata la sua maestra, seppur fosse solo una ragazzina inesperta. E l'amore che avevano provato l'uno per l'altra era stato fondamentale nella vita di entrambi.

Agata, che ci fai qui?” le domandò tendendole una mano, aiutandola a non cadere fra le zolle di terra e pietre. “Ti stavo cercando” alzò le spalle e strinse forte la sua mano, sorridendogli una volta di fronte. Aveva anche un bel sorriso, la dolce Agata, cosa che aveva fatto capitombolare Gino. “Avevi bisogno di aiuto?” ma lei scosse la testa alla sua domanda. A quel punto, l'unica cosa che fece fu afferrarla per la vita e stringersela al petto. Era bassa, una pupidda, come la chiamava Salvatore.

Tony è venuto a chiedere a mio padre se potevano uscire assieme” gli raccontò, respirando l'odore pungente delle zagare. Il sole picchiava forte sulla loro pelle per metà nuda, cosa che piaceva molto ad entrambi. Luigi se ne stava spesso a petto nudo nei campi, mentre Agata passeggiava in spiaggia con le spalle e le braccia scoperte.

La guardò negli occhi e sbatté le ciglia, arricciando la fronte infastidito. “Tony? Antonio Orlando? Lo stronzo che fa il galletto con praticamente tutta la città?” sbuffò all'annuire poco convinto di Agata. Luigi lo odiava, perché quello stronzo sbruffone si mostrava sempre buono e disponibile con chiunque, girava attorno alla ragazza da tempo ed illudeva la maggior parte delle persone che fosse un perfetto angelo, quando in realtà si comportava male, soprattutto in sua presenza.

A mio padre piace già un sacco, il semplice fatto che sia andato in casa sua per chiedere una cosa del genere lo ha colpito. Cosa che non...” ma non finì la frase.

Luigi serrò la mascella e le regalò un bacio sulla testa. “Posso parlarci io”.

No! Lascia perdere, uscirò con lui domani sera. Non sono costretta a fare nulla, lo sai. Vedrò come andrà...

E' uno stronzo, Tina. Ti prenderà in giro, non andare” e quella nel suo sguardo pareva quasi una supplica. Ma la ragazza scosse la testa e si allontanò appena dal suo corpo, giusto per non respirare più l'odore pulito, di bucato appena fatto, che aveva addosso. “Gino...” e dopo aver sussurrato il suo nome storse la bocca e se lo lasciò alle spalle. Il ragazzo la guardò andare via e si passò una mano nervosamente fra i capelli. Se c'era una cosa che odiava da morire era quella di doversi fare da parte e non poter far altro che consigliarle il meglio, lasciando a lei la decisione finale.

 

-

 

Arrivaru! Arrivaru!” le urla in strada svegliarono Luigi di botto. Si stropicciò gli occhi e con molta calma si alzò dal letto, affacciandosi alla finestra. Cigolò, come sempre perché dimenticava di sistemarla, e guardò giù. Era arrivata una macchina, una Lancia Appia nuovissima e lucente, che fece subito invidia al ragazzo.

Con ancora un occhio semi-chiuso guardò la scena, notando immediatamente la Signora Rosa, Salvatore e sua moglie Michela in trepidante attesa.

Dall'auto invidiata scesero tre bambini e un adulto. “Nonno!” gli urlarono i tre marmocchi, andandogli incontro. I due aprirono le braccia e se li strinsero affettuosamente. Rosa guardava la scena e pregustava già le facce che avrebbero fatto i piccoli alla vista della montagna di dolci che aveva preparato in due giorni. “Ma quanto siete cresciuti, siete irriconoscibili” fu il commento della signora Michela, che afferrò la nipotina e le stampò un bacio sulla fronte. Luigi notò immediatamente come le sue mani furtive le avessero infilato in tasca una grossa dose di caramelle Fruttino.

Ci fu un vociare immenso da parte di tutti quanti, abbracci e saluti fino a che Salvatore non si accorse della figura di Luigi alla finestra e gli urlò un “Gino, forza, scinni!”. Il ragazzo storse il muso e notò la figura, di quello che gli era parso un adulto, puntare in sua direzione. Era un ragazzo, con molti capelli ricci e che somigliava terribilmente a Salvatore.

Un minuto!” e urlato quelle parole di rimando, chiuse la finestra e mise addosso i primi vestiti che trovò a tiro. Una camicia bianca usurata dal tempo e dal lavoro e un paio di pantaloni di lino.

Dopo essersi dato un'ultima occhiata allo specchio, scese giù per le scale e respirò aria pulita. Il sole gli accarezzò subito la pelle, costringendolo però a stropicciarsi gli occhi. “Gino, vini dai! Chistu è me niputi Harry, la pupidda Gemma e i due curnutazzi di Patrick e Jonathan” li presentò ad uno ad uno, indicandoli con una pacca leggera sulle loro testoline. “Lui è Luigi, figlio di Ettorefu Salvatore ad introdurlo, in ogni caso, dandogli uno schiaffo sulla spalla.

Gino salutò tutti con decoro, baciando la piccola manina della tenera Gemma, l'unica donnetta in mezzo a quel gruppo di scalmanati.

“Gino, non parlano benissimo l'italiano, perciò ti troverai bene. Aiutali a sistemarsi nelle loro camere, Rosa e Michela hanno già messo tutto in ordine” Salvatore diede un bacio ai nipoti e si allontanò, rimettendo la coppola sulla testa nuda di capelli. Luigi storse un attimo il naso, ma aiutò i bambini a prendere le loro piccole borse, per poterle portare dentro.

Si fece strada lungo il viottolo, morendo letteralmente di caldo. Quella camicia iniziava già a farlo sudare in maniera inusuale, ma si impose di non non mancare di decoro davanti a degli sconosciuti ed evitare di fargli strabuzzare gli occhi.

“Ok, suppongo che questa sia la camera dei due gemelli” dichiarò Luigi, indicando, in un perfetto americano, una delle due camere già sistemate e pulite. Le tende erano completamente tirate e dalla finestra filtrava un'aria calda e piacevole, l'odore della natura e il dolce fruscio del mare. “E questa la vostra” appena poco più in là, vi era la seconda stanza. Il ragazzo e la bambina vi entrarono, lasciando le loro cose sui letti ben fatti e profumati, guardandosi un po' attorno.

Le camere non erano molto spaziose ma erano accoglienti. Avevano un armadio con dei cassetti, un grande specchio, una bella scrivania in legno e un comodino in mezzo ai due letti.

“Il bagno è in fondo al corridoio a sinistra, di sotto c'è la cucina e in fondo a destra trovate la camera dei vostri nonni” fece, poi alzò le spalle e “vi lascio riposare, per qualsiasi cosa mi trovate fuori, o comunque potete chiedere a chi vi pare, saranno tutti disposti ad aiutarvi” prima di abbandonare definitivamente la loro stanza.

 

-

 

L'agitazione ed il fatto di non sapere esattamente cosa aspettarsi, mettevano ad Agata una forte apprensione addosso. Aveva accettato con piacere perché sapeva benissimo che Tony non era quel tipo di ragazzo che Luigi gli descriveva sempre. Lo sapeva perché lo conosceva benissimo anche lei e perché non le aveva mai fatto nulla di male.

Per l'occasione aveva indossato un vestito a campana, dalla gonna larga, a righe e delle ballerine ai piedi. Sperava solo che quello non portasse nel rapporto con Luigi delle complicazioni che peggiorassero ciò che già lo aveva incrinato.

Il campanello di casa suonò e la sua mente venne portata alla realtà, scendendo le scale per potersi recare alla porta. Suo padre sbucò dalla cucina con un'aria contenta e stranamente soddisfatta, al che la ragazza provò a rilassarsi.

Buonasera Signor Leonardi, Agata” salutò educatamente e con un sorriso perfetto, che gli incorniciava quegli occhi tanto espressivi. Le porse una rosa, probabilmente raccolta mentre arrivava, che lei accettò con un timido sorriso. Non si era mai sentita così prima di allora.

Antonio, mi raccomando alle dieci la voglio già a casa” ed il moro annuì.

Agata non l'aveva mai visto, forse, con un completo del genere addosso. Era sempre stato troppo avanti, adorava indossare delle giacche di pelle e camice leggere. Quella sera invece aveva addosso dei pantaloni a tubo ed una camicia bianca, il tutto finito da una giacca – forse più grande di una o due taglie.

Ma certo” e con il capo chino in segno di saluto, porse un braccio alla ragazza e la trascinò fuori casa, attraversando il vialetto in silenzio. Agata si sentiva strana, come se quello che aveva davanti non fosse il solito Tony. Sperava solo di non essere una sorta di gioco nelle sue mani, giusto per far arrabbiare Luigi.

Dove andiamo?” chiese a quel punto, una volta attraversato il cancello. Non ebbe alcuna risposta, ma notò la lucente vespa parcheggiata poco lontana da loro. “Vuoi davvero che salga lì sopra?” chiese stizzita e, doveva ammettere, anche spaventata.

Tony scoppiò in una risata leggera e anche piuttosto sonora. Agata non ricordava quasi più quel suono che aveva udito negli anni. Era piacevole come allora. Si limitò a spingere la vespa e a metterla in moto con un rombo prepotente. La ragazza sospirò al suono quasi maledetto di quell'aggeggio.

Coraggio, salta su” gli porse una mano con un sorrisetto e la ragazza soppesò il da farsi per qualche secondo. Accettò con certo tentennamento e Tony le baciò le nocche con fare delicato, aspettando che si sedesse comoda dietro di lui.

Agata non era mai salita su una vespa, era sempre andata a piedi, o tutt'al più in macchina prestata da qualcuno della borgata. Quella era decisamente la prima volta che provava un giro diverso. Se suo padre li avesse visti, con tutta probabilità l'avrebbe riportata a casa in un batter d'occhio.

Si sedette con le gambe tutte da un lato, stringendo le cosce e tenendosi la gonna con una mano per evitare di farla svolazzare.

Tieniti a me” si voltò di poco per poter notare la sua espressione, accompagnando la sua mano a cingergli la vita. Quel contatto bruciò entrambi, come se un grosso fuoco avesse appena preso vita. A Tony piaceva la sua pelle morbida e profumata, non era stato casuale che l'avesse toccata in quel modo, desiderava calmarla e farle capire che non era una minaccia.

E forse la ragazza parve accorgersene, perché si tenne a lui, avvolgendo un braccio alla sua vita e chiudendo con forza sulla sua giacca.

Andrò piano” la rassicurò, prima di partire e sentire il suo singulto abbandonare le sue labbra. Rise divertito della reazione, sopratutto quando la sentì stringersi ancor di più alla sua figura, lasciandole prendere confidenza con quel mezzo.

La città, sotto le luci del tramonto aveva sempre un sapore diverso, proprio per quello aveva deciso di portarla un po' in giro prima di una degna cena. “Che ne pensi?” le chiese mentre attraversava le viuzze più strette.

Agata si guardava attorno con sempre nuova meraviglia, come se fosse nuova da quelle parti. Vedere la città sotto quelle vesti timide faceva sempre uno strano effetto. Era bellissimo, ed il mare che contornava il tutto rendeva l'atmosfera ancora più magica. Improvvisamente dimenticò di essere su una vespa e la sua testa si poggiò mollemente contro la sua schiena mormorando solo: “è bellissimo”.

Il giro fu veramente lungo, Tony la portò ovunque fosse possibile, lasciandole visitare ancora una volta la città dall'alto che appariva serena e pacifica come mai prima l'aveva vista. Sulla spiaggia alcune barchette dondolavano scosse dall'acqua e le prime luci delle case venivano accese.

Accostarono su di un'altura e la fece scendere. La ragazza si sistemò il vestito e poi respirò l'aria colma di salsedine. “Non è stato tanto terribile come credevi, no?

No, direi di no”. Gli fece un sorriso ampio, bellissimo, quasi accecante e Tony per la prima volta sentì la gola serrarsi. Non era di sicuro, però, la prima volta che quella ragazza gli sorrideva o gli parlava, ma per lui era sempre una novità avvertire nuove sensazioni nel petto.

Nemmeno tu lo sei, Tony” la sua voce così vicina lo prese alla sprovvista. Era sempre delicata ed elegante, persino quando si arrabbiava.

Lui la guardò come se avesse appena detto qualcosa di assurdo e impossibile, abituato com'era alle parole di Luigi che, di sicuro, aveva ripetuto più volte anche alla ragazza. “Cosa te lo fa dire?” chiese infatti, un po' insicuro.

Tony sapeva benissimo di essersi comportato in un determinato modo anche per via di Luigi. Aveva ragione quando diceva che le ragazze gli cadevano ai piedi e le corteggiava in modo piuttosto spudorato; aveva ragione anche quando diceva che aveva spezzato qualche cuore ed era stato piuttosto insensibile e stronzo. Ma la motivazione era chiara e Luigi la conosceva benissimo.

Questo” rispose lei, indicando il panorama. Il sole era ormai quasi del tutto sparito, lanciando le prime ombre scure sulla città, sui tetti delle case. Eppure le sarebbe piaciuto rimanere dov'era, continuando ad osservare quello che aveva da offrire quel mare poco più irrequieto.

Non ho mai avuto nessun tipo di pensiero cattivo nei tuoi confronti, non ho mai ascoltato le voci” continuò. “Ho sempre e solo ascoltato me stessa e ho sempre guardato te” quelle parole le uscirono spontanee, mentre guardava le ultime fiamme spegnersi all'orizzonte. Un sorriso le increspò le labbra e si voltò a guardarlo, notando il colore oro dei suoi occhi. Tony era bellissimo, forse fin troppo per poterlo reggere.

Adesso lo vedeva. Per davvero.

Andiamo a cena?” le chiese però, perché l'unica risposta che aveva voglia di darle era un bacio. Ma non voleva rovinare le cose, voleva andarci con calma e godersi quelle guance rosate farsi ancora più colorate.

Agata annuì mordendosi piano le labbra, consapevole che quella serata avrebbe portato i due a desiderarsi ardentemente.

 

-

 

 

Aveva caldissimo, era sudato e già abbronzato. Il sole aveva colorato la sua pelle come se avesse passato gran parte del suo tempo disteso sulla spiaggia. Estirpava l'erba cresciuta in mezzo ai suoi pomodori, sbuffando di tanto in tanto, quando il lavoro si faceva più faticoso.

Gino”.

Agata” rispose allo stesso modo, sollevando il busto. La guardò, terribilmente splendida in quegli abitini colorati che amava sfoggiare. Lei gli porse un bicchiere colmo di succo di pompelmo e ghiaccio, con uno splendido sorriso. Luigi la ringraziò silenziosamente e bevve tutto d'un fiato, dissetandosi.

Il sole è troppo forte, Tina, ti brucerai. Torna dentro” la incoraggiò. Non riuscendo nemmeno a chiederle come fosse andata con quel mascalzone di Tony. Credeva di non averne davvero il coraggio. “Tony non è così terribile, lo sai” fu, però, proprio lei a farglielo sapere.

Agata, giuro su Dio che lo ammazzo se solo ti tocca” le fece sapere, calando molto sull'accento siciliano. Era raro sentirlo in Luigi, viste le sue reali origini, ma quando era troppo, quella parte di sé cresciuta in Sicilia veniva fuori.

Gino...” ma non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase. Luigi non era d'accordo, non voleva sentire altro. Il semplice fatto che quello stronzo fosse stato in grado di fare colpo su di lei lo innervosiva e non poco.

No Agata, per favore” poi si avvicinò a lei, baciandole dolcemente la fronte. Non avrebbe mai smesso di sentire dentro sé quella voglia immane di proteggerla da ogni cosa. Il fatto che non potessero più condividere nulla lo distruggeva, ma era così che doveva andare e a lui bastava sapere che fosse felice e in mani sicure. Solo che, con Tony in mezzo alle scatole, non era certo che potesse essere così.

Tornatene a casa, ti prenderai un'insolazione” le sorrise e le sfiorò una guancia con il pollice sporco di terra. Lei inspirò e fece marcia indietro non potendo controbattere a quel suo comando perentorio. Non lo sopportava quando si impuntava in quel modo, per quella motivazione preferiva effettivamente andarsene che continuare a discutere. Luigi la guardò mentre si allontanava per poi accorgersi di un'altra presenza, appena poco più in là.

“Ti sei perso?” domandò a quel punto, parandosi gli occhi con una mano, dal sole.

Il ragazzo lo guardò e scosse la testa, facendosi avanti a fatica in mezzo alle piante di pomodoro. “No, stavo dando un'occhiata in giro”.

“Ti piace qui?” si passò una mano sulla fronte sudata e raccattò da terra la camicia, passandosela un po' addosso, per asciugare il sudore che lo bagnava.

“Non ho ancora visto molto” gli fece notare Harry, passandosi una mano fra i capelli. Aveva tutta l'aria di essere uno di quei ragazzini viziati, abituati ad avere tutto, studiosi e facoltosi ma terribilmente antipatici.

In lontananza si sentiva la voce di Ettore, suo padre, e di Salvatore chiacchierare in maniera piuttosto esagitata. Cosa che capitava molto spesso. E se per Luigi era normale, tanto da non farci caso, Harry invece si trovò a voltarsi inarcando le sopracciglia. “Non preoccuparti, fanno sempre così”, mormorò, poi lasciò perdere ciò che stava facendo. Si avvicinò ad una piccola fontanella d'acqua, fatta solo da un semplice tubo irrigatore e si diede una ripulita. Lavò per bene mani e braccia e si gettò dell'acqua sul volto, rinfrescandosi.

“Vieni americano, ti faccio fare un giro” e in quel momento, Harry sbatté le sopracciglia, guardandolo a labbra schiuse. Luigi non ci fece molto caso, ma il volto del ragazzo di porcellana parlava da sé. In ogni caso, mise la sua solita espressione sul viso e lo seguì.

Si incamminarono lungo tutto il sentieri fatto di alberi, assaporando ogni colore e profumo. A Luigi piaceva tanto quel posto, non avrebbe mai sostituito quella calma e quella moltitudine di piaceri con l'aria di città. Vivere in quella borgata era come respirare sul serio. Le persone si volevano bene fra loro, si aiutavano nei momenti di bisogno e mandavano avanti un vero e proprio impero.

“Parli un americano impeccabile, lo sei anche tu?” domandò a quel punto il ragazzino, facendo fatica a stargli dietro. Aveva delle gambette corte, Luigi, ma si muoveva agilmente sulla terra come se effettivamente il suolo fosse pianeggiante.

“Mi hai beccato” alzò solo le spalle e si fece spazio fra le piante di pomodoro. Voleva mostrargli quanto bello fosse quel posto. Harry non disse nulla, capì da solo che quel ragazzo non avesse molta voglia di parlare, o perlomeno di parlare delle sue origini. Sembrava piuttosto rapito dal panorama.

Si prese quel tempo per guardarsi attorno, e sì, anche per osservare attentamente dove mettere i piedi, non voleva sporcare le sue scarpe di tela nuove. Non era stata una buona idea seguire Agata in mezzo alla terra, ma era stato spinto dall'istinto. La sua curiosità andava bene oltre le sue nuove scarpe.

Dopo aver camminato sotto il sole cocente, si accorse della figura di Gino, perfettamente a suo agio a petto nudo, fermo su di una sorta di parapetto. Lo osservò poggiare i gomiti sull'inferriata di ferro e perdersi oltre quel panorama. E fu allora che il riccio si accorse di quanto fosse meraviglioso. Sembrava di essersi catapultato all'interno di un dipinto. Il sole e il mare si incontravano, si baciavano, si riabbracciavano dopo una lunga giornata passata ad osservarsi da lontano, smaniosi di potersi finalmente ricongiungere. Ogni giorno era sempre uguale, si svegliavano, si separavano e poi ritornavano a fare l'amore.

E Luigi si svegliava abbastanza presto da osservare tutto il processo, da perdersi in quello sguardo intimo che i due si scambiavano tutte le volte. Eppure, anche lui ne faceva parte. Era parte integrante di quella intimità.

“Il nonno me lo diceva che dovevo assolutamente vedere questo posto” fece. Luigi si voltò appena a guardarlo e tirò fuori dalla tasca qualcosa che sembrava tabacco, cominciando a rollarlo. In effetti, da quando lui viveva in quel posto, non aveva mai visto arrivare nessuno, aveva sempre sentito parlare del nipote, e poi successivamente dei nipoti, ma era stato sempre lui a lasciare la Sicilia per raggiungerli in America.

“Come mai vi trovate qui?” chiese, al ché Harry fece una piccola smorfia, interpretando la sua domanda come se fossero degli intrusi. “Voglio dire, non è nemmeno estate, immagino andiate a scuola” alzò le spalle e tornò a contemplare il mare. Harry si rilassò visibilmente.

“Ci andava” fu la risposta fulminea di Harry. Gino non disse più nulla avvertendo altro dietro alle sue parole. Non aveva la minima idea di cosa fosse successo, ma era certo che Salvatore prima o poi glielo avrebbe detto.

“Hai visto il giardino delle arance?” chiese, per cambiare argomento. Fumò la sua sigaretta e poi la spense contro la ringhiera, mettendola in tasca - non avrebbe inquinato la sua terra. Harry fece cenno di no e lui, con un sorrisetto fece dietrofront.

Ancora una volta, si ritrovarono a camminare fra la terra, ma questa volta a passo meno spedito. Luigi desiderava far godere a quell'americano quel posto. Ogni piccolo scorcio meritava di essere vissuto e respirato.

Dopo poco si ritrovarono dietro l'ingresso principale del casolare. Avevano attraversato tutta la casa per poterci arrivare e finalmente Harry si rese conto del perché quel posto fosse così bello e amato da suo nonno. Di fronte a sé vide un arco che aveva l'aria di essere molto antico, con delle edere intrecciate sulle pietre, piante a costeggiare il viottolo di pietra profumate e coloratissime. “Eccoci qua” fu il suo esordio.

Attraversarono l'arco, spalleggiato da due alberi enormi di ulivo, fino ad immergersi in mezzo ad un profumo così forte e dolce da far girare la testa. Il rumore degli insetti, l'aria piacevolmente calda di primavera e i colori attorno l'avevano decisamente stordito.

“Fra qualche settimana inizieremo a produrre la marmellata. Vedrai, sarà come una festa” ed era vero. Ogni anno, quello diventava il suo periodo preferito. La sera si riunivano tutti quanti e mangiavano insieme tutto ciò che alcune delle più anziane preparavano. Era una grande e meravigliosa festa, un motivo per stare tutti insieme e godersi la piacevole compagnia.

“Quanto tempo resterete?”

“Non lo sappiamo ancora” alzò le spalle e guardò oltre. Luigi gli indicò il cammino e con mezzo sorriso lo pregò di respirare a pieni polmoni. Harry lo fece, si guardò attorno con attenzione e notò quanto belli e rigogliosi fossero gli alberi. I fiori sembravano volergli sorridere, così perfettamente bianchi e luminosi. Rimase candidamente senza parole.

“Bello vero? Non smette mai di stupire, nemmeno me” sospirò e si avvicinò ad un ramo, strappando un fiore di zagara. Lo portò al naso e ne respirò il profumo come se da quello ne dipendesse la sua vita. Il profumo lo pervase e lo alleggerì da ogni pensiero. Amava semplicemente quel periodo dell'anno.

“Il profumo mi manda in estasi” e senza rendersene nemmeno conto, allungò un passo verso di lui e gli posizionò il fiore sotto al naso. Harry non badò a quel gesto, si piegò leggermente e annusò. L'odore gli fece chiudere gli occhi e per un po' immaginò la sua vita così: fra quei campi perfetti, con quella gente così calorosa. L'America non gli aveva mostrato altro che caos e palazzi. La Sicilia iniziava a fargli assaporare tutto ciò che suo nonno Salvatore aveva sperato di fargli ingoiare, negli anni.

Era bellissimo, attorno a loro. Nessuno, in America, avrebbe mai pensato di poter trovare meraviglioso un gruppo di alberi in mezzo a delle zolle di terreno. Probabilmente li avrebbero giudicati tutti degli zoticoni, forse anche per quel motivo suo nonno Salvatore non li aveva mai portati in Sicilia. Preferiva rimanere nell'anonimato piuttosto che lasciare i nipoti in balia di maldicenze.

Eppure, Harry, in quel momento non poté fare a meno di pensare che fosse tutto un sogno. Non pensava che vivere in campagna potesse essere in realtà così pacifico e rilassante. Beh, perlomeno da turista.

Poggiò i piedi in mezzo alle zolle di terra, cercando di non cadere, trasportato dal profumo attorno. Luigi aveva ragione, quell'odore così dolce e forte era estasiante.

Non poté fare a meno di camminare fra gli alberi, sfiorando le foglie e i fiori delle zagare con la punta delle dita. Gli alberi non erano molto alti, ma i rami erano piuttosto folti a tal punto da congiungersi fra loro e creare una sorta di tunnel di luci e ombre. Passarci in mezzo era come camminare su un sentiero fiabesco ed era facile lasciar prendere sopravvento alla fantasia.

“Sai cosa significa zagara?” chiese Luigi, mentre osservava il riccio contemplare ogni cosa che lo circondava. “Viene dall'arabo, zahara, e significa splendere di luce bianca” .

Ed Harry non poté fare a meno che concordare con quella traduzione. Quei piccoli fiori bianchi sembravano davvero brillare come stelle e aveva tutta la voglia di seguirne il cammino.

“C'è anche una leggenda in proposito. Un re spagnolo, ricevette in dono da una principessa un albero di arance che piacque così tanto da non volersene separare, negando un ramoscello persino ad un ambasciatore che ne desiderava uno ardentemente” raccontò, senza rendersi conto di aver attraversato l'intero aranceto, ritrovandosi oltre il muretto da dove casa di Agata faceva capolino.

Harry aveva ascoltato la voce lontana di Luigi mentre sfiorava quei piccoli petali bianchi ed immergeva il naso fra essi, evitando accuratamente di far arrabbiare api e altri piccoli insetti, che scacciava infastidito, senza essere troppo sgarbato. “E com'è finita?”

“E' finita che l'ambasciatore ha chiesto al giardiniere del re di prenderne un ramo di nascosto per cinquanta monete d'oro. Ovviamente accettò, quelle monete le utilizzò per la dote della figlia, così da permetterle di sposarsi. Forse è nata allora la tradizione dei fiori d'arancio nei bouquet delle spose, perché la figlia del giardiniere per ringraziare il padre decise proprio di adornare il suo vestito e il suo bouquet di zagare, oltre che i suoi capelli” concluse, sedendosi sul muretto e godersi il sole caldo. Osservò Harry restarsene ancora all'ombra degli alberi, cercare qualcosa, forse delle risposte a domande mute, in quelle foglie brillanti almeno tanto quanto i fiori.

“Allora è finita bene, pensavo che il re facesse uccidere il giardiniere, o la figlia” storse il muso, forse aspettandosi qualcosa di più eclatante da quella storia ma era felice di sapere che le cose per la ragazza fossero finite nel migliore dei modi.

“Ne sei deluso?” e la risatina bassa del maggiore richiamò l'attenzione di Harry. Alzò lo sguardo, finalmente, lasciandosi alle spalle la schiera di alberi, per poter osservare i lineamenti aguzzi di Luigi sotto al sole.

La sua pelle riluceva in modo particolare, ed i suoi occhi semichiusi per colpa del sole rimanevano comunque lucenti. Anche lui poteva essere descritto con una parola come zahara: splendere di luce, solo che la sua era azzurra come il mare. Si chiese se effettivamente non esistesse una parola araba anche per quello.

Harry scosse la testa per potergli rispondere e si sedette al suo fianco, cercando di non osservalo troppo. Non aveva ancora inquadrato la figura di quel ragazzo ma leggeva in lui un'insolita pace e tranquillità.

“Come mai non siete mai venuti prima?” domandò curioso, cercando però di non farglielo notare troppo.

Harry alzò le spalle in silenzio, per sua fortuna non ebbe il tempo di poterne parlare poiché una presenza nuova si affacciò alle loro spalle, facendo irrigidire Luigi di botto.

“Quindi è lui l'americano?” la voce di quel ragazzo era piacevole, divertita, non troppo ruvida. Harry si voltò ad osservare da dove provenisse, notando solo un ragazzo dai capelli nerissimi e occhi dalle pagliuzze dorate. Sembrava diverso da Luigi, sia fisicamente che caratterialmente. La sua personalità narcisista urlava ad alta voce ma non in maniera eccessiva, non da farsi odiare.

Che ci fa qui?” domandò Luigi, con una voce più cupa. La sua solita mellifluità venne soppiantata da un insano rabbioso suono.

Mi sono incuriosito, cerca di tenere il freno” lo schernì, infastidito dal fatto che fosse sempre così sulla difensiva ogni volta che provava ad avvicinarsi. “La signora Rosa ti farà volentieri una camomilla per rilassarti” e la risatina di beffa innervosì Luigi ma entrambi sembravano pronti a ringhiarsi addosso come cani.

Harry cercò di capire cosa stesse succedendo, senza successo. Il fatto che parlassero in italiano non lo aiutava nemmeno, si sentiva solo in mezzo ad un alto fuoco pericoloso, alimentato da due paia di occhi così luminosi.

Sei venuto ad infastidirmi?

No, non sei il centro del mio universo. Sono venuto per conoscere lui” gli rispose piccato Tony, mentre una smorfia prendeva forma sul suo volto. Poi i suoi occhi dorati scavarono quelli verdi e cristallini di Harry, facendolo sentire per un solo attimo a disagio. Erano occhi che penetravano nell'anima quelli, non come quelli di Luigi che arrivavano lentamente e ti accarezzavano, no, quelli del ragazzo erano quasi feroci.

“Devi essere Harry, giusto? Sono Antonio, o meglio Tony per tutti” gli tese una mano che Harry accettò in fretta, non avendo avuto modo di riflettere abbastanza su quella persona. Sembrava innervosire molto Luigi al suo fianco ma non sembrava cattivo o avere delle pessime intenzioni.

“Sì, sono Harry, piacere” la stretta di mano fu veloce e poderosa, quasi come una tenaglia.

Luigi al suo fianco parve fremere ma tacque, osservando accuratamente quel breve scambio di battute fra i due. Ogni tanto guardava Tony e sentiva di essersi sempre sbagliato sul suo conto, poi ci ripensava e scacciava via quella riflessione.

“Salvatore non riesce a contenere la gioia. Vi trovate bene, vi piace qui?” si appoggiò con nonchalance al muretto, vicino al riccio, e si accese una sigaretta facendo schioccare l'accendino più volte, poiché sembrava non voler collaborare. Se fossero stati ancora amici, Luigi gli avrebbe allungato il suo.

“Sì molto, non ho ancora fatto un giro completo” storse il labbro, cercando di notare con la coda dell'occhio la figura muta del maggiore, non notando altro se non rigidità.

“Immagino che non mancheranno di farti conoscere il posto” tirò forte la sigaretta ed Harry rimase a fissarlo chiedendosi come facesse anche lui a conoscere l'americano. Con tutta probabilità doveva essere stato adottato anche lui come Luigi.

“Infatti, adesso andiamocene” lo scatto fulmineo di Luigi fece voltare i due ragazzi, che lo guardarono come se qualcosa lo avesse appena punto e sentisse la necessità di scappare il più lontano possibile. E forse era proprio quella la sensazione che Luigi avvertiva nel suo petto, Tony era così Tony da farlo stare male. Odiava provare quelle emozioni così contrastanti fra loro.

“Non essere scortese”

E tu non metterti sempre al centro dell'attenzione” lo rimproverò con lo sguardo cercando di tirarsi dietro anche Harry, che capì di doversi rialzare con il cenno della testa che gli aveva fatto. Notò il suo passo accelerato, non riuscendo a stargli dietro ma non sentì nemmeno la voglia di richiamarlo per fermarlo, c'era qualcosa che non andava fra lui, Agata e Tony e ormai ne era sicuro.

Tony li guardò andare via non riuscendo però a dimenticare lo sguardo che gli aveva rivolto, come se una scintilla antica si fosse accesa sotto tutte quelle ceneri.

 

Frenò di botto la sua corsa quando si rese conto di aver avuto Harry alle calcagna, ed essere stato fin troppo veloce per i suoi piedi scoordinati. Si voltò ad osservarlo mentre lottava con tutto sé stesso per non cadere e il suo malumore per un attimo venne spazzato via da quella visione.

Si appoggiò con una mano ad un albero e si concentrò, mentre seguiva la linea delle sue curve così sensuali e piacevoli da guardare. Non aveva ancora avuto del tutto modo di osservare al meglio quel ragazzo e da quella prospettiva poté notare quanto ricci fossero i suoi capelli e quanto alto fosse. In un certo qual senso gli ricordava la figura ormai scarna di Salvatore, era certo che un tempo anche i suoi capelli fossero stati ricci. L'unica nota differente di cui si era accorto erano i loro sguardi: Salvatore doveva essere stato uno molto furbo e consapevole della propria bellezza; mentre Harry solo un po' più ingenuo e buono, i suoi occhi non erano altro che fari di speranza.

“Finalmente” gli sentì borbottare, mentre tentava di scansare qualche zolla più pericolosa. Luigi ridacchiò, lasciandosi alle spalle qualsiasi cosa fosse successa prima, godendosi quell'insolito spettacolo. Non era abituato a vedere persone poco stabili su quella terra, in fondo era cresciuto fra contadini.

“Tutto okay?” gli chiese prendendolo un po' in giro, in modo bonario. Lo sguardo storto del riccio lo fece ridere ancora di più ma quella risata argentina portò anche Harry a cedere. Alla fine si poggiò ad un altro albero, forse anche un po' stanco – non era facile correre dietro alla figura svelta del maggiore – e si lasciò andare. La tensione svanì lasciando posto ad un sano appagamento.

“Adesso che ti sei fermato sì” qualcosa gli si posò fra i capelli e Luigi fece qualche passo per raggiungerlo e sollevare una mano in sua direzione. Sotto al suo sguardo perplesso, recuperò un fiore di zagara caduto dal ramo sopra la sua testa, porgendoglielo con un sorriso amichevole. Harry lo afferrò dalle sue dita, sfiorandole, mordendosi le labbra quando si rese conto di quella vicinanza e del profumo che riempiva quel poco spazio fra di loro.

“Grazie” mormorò il ragazzo, ricambiando però il suo sorriso con un altro ancora più ampio. “Tu stai bene?” gli chiese, riferendosi a ciò che lo aveva turbato prima. Stranamente, Luigi non si fece indietro, né parve turbarsi più di tanto. Si limitò a scuotere la testa e a fargli l'ennesimo sorriso affabile, che iniziavano tanto a piacergli su quel volto fine. In quel momento più che mai, il termine Zahara sembrava esserglisi appiccicato addosso.

“Dovrei riprendere quello che stavo facendo ma possiamo fare un altro veloce giro, se ti va” la sua voce acuta gli penetrò nel cervello, così tanto da non poter far altro che annuire e guardarlo mentre, ancora a petto nudo, si allontanava da lui.

C'era qualcosa in quel ragazzo che lo mandava in panne, come se le sue funzioni cognitive smettessero di funzionare di fronte al suo più pallido sorriso. Sembrava divertente, sembrava un perfetto connubio fra il dolce e l'amaro ed Harry sentiva di esserne attratto.

“Okay vieni, ti mostro il giardino dietro casa mia e poi torno a lavorare” sorrise e cercò di afferrare la maglia che aveva lasciato in mezzo i pomodori. Harry pensò di non poter reggere ancora per molto quella sua frenetica corsa ma prese un respiro e lo seguì senza lamentarsi. “Ah, se non vuoi tornare a casa puoi sempre farmi compagnia o aiutarmi” aggiunse.

“Aiutarti a fare cosa?”

“A togliere le erbacce dai pomodori” lo guardò da capo a piedi trattenendosi dal fare qualche stupida battuta delle sue. “Temo che le tue scarpe di tela bianche potrebbero diventare verdi, però” e nel sentire quelle parole divertite, Harry abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, che in meno di un'ora si erano impolverate tutte cambiando colore.

“Okay, allora prima vado a cambiarmi” dichiarò con sicurezza. E Luigi fu semplicemente felice di sapere che l'avrebbe seguito. Non era ancora stanco di quella strana e nuova compagnia.

-

 

“Stai tranquilla tesoro” Luigi le prese la manina e gliela strinse, prima di passarle un po' d'acqua ossigenata e un cerotto. Lei, con un broncio sulle labbra, lo guardava un po' impaurita e un po' diffidente. C'era comunque qualcosa nello sguardo di Luigi che tentava di tranquillizzarla. “Non ti sei fatta niente, okay? Puoi tornare a giocare” le passò una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime che le erano scivolate silenziose sulle guance. Forse più per il panico provato che per il dolore in sé.

Gemma annuì e si morse le labbra, osservando la sua mano leggermente scorticata per la caduta che aveva fatto mentre giocava con i suoi fratelli. Rincorrerli non era stata una buona idea ma quando Patrick e Jonathan la coinvolgevano non poteva rifiutare.

Luigi le spazzolò con dolcezza la gonna che portava e le sistemò i capelli dietro alle orecchie, cercando di non far scombinare troppo le due trecce color miele che sua nonna le aveva fatto. “Non piangere” le fece ancora, notando il suo petto scosso da tremiti. Tirava su con il naso e respirava in modo affannato e il cuore di Luigi si ridusse in polvere. Aveva quegli occhi verdi così belli e liquidi da non poter non notare la somiglianza con suo fratello.

“Che cosa è successo?!” la voce allarmata di Harry alle sue spalle, per poco non lo fece cadere, mentre se ne stava accovacciato di fronte alla bambina. Nessuno dei due lo aveva sentito arrivare.

Il panico nella sua voce alla vista della sorella piangente e impaurita, si era fatto prepotente. Corse quasi, per raggiungerla, inginocchiandosi al suo fianco.

“Sta bene, Harry. E' caduta mentre giocava, ma è stata fortunata e non si è nemmeno scorticata le ginocchia” il suo sorriso era affettuoso, la sua voce tranquilla e rilassante. Gemma non sembrava nemmeno volersi ritrarre da quel tocco gentile delle sue mani. Harry notò infatti il maggiore stringerle dolcemente la mano che aveva ferito. “Si è solo molto spaventata, vero?”.

“Gemmy, stai bene?” e la bambina annuì calmando il tremolio che si era impossessato del suo corpo per un po'. “Devi stare un po' più attenta” la pregò, forse con un pizzico di rimprovero nella voce. Harry sapeva che quel posto la rendeva iperattiva e le faceva venire voglia di correre e giocare. L'aria tossica che aveva respirato in America era sparita, lasciando spazio solo alla tipica gioia dell'infanzia.

“Harry, stai tranquillo. Succederà più spesso di quanto pensi” lo guardò, cercando i suoi occhi, trovandoli dopo qualche secondo di silenzio, in cui il ragazzo sembrava star riflettendo sulla loro situazione. “Gemma, lo vedi quell'albero laggiù?” chiese. “Quando ero più piccolo mi sono arrampicato mentre seguivo un gatto. Sono arrivato fino in cima, avevo quasi raggiunto il gatto ma alla fine è saltato giù lasciandomi solo” sorrise e la bambina guardò l'albero in questione, alzando il musetto all'insù, sgranando poco alla volta gli occhi.

“E sei caduto?”

“Non da quella altezza, no. Ho provato a scendere, di ramo in ramo, come il gatto. Peccato che quasi alla fine, il ramo si è spezzato, era troppo sottile. Sono caduto a quattro zampe, come te. Vieni” le prese una mano e la portò vicino al fusto dell'albero, mostrandole l'esatto punto da cui era caduto alla fine. Non era che poco più alto della sua attuale altezza, e la bambina scoppiò in una risata leggera al pensiero che fosse caduto da lì.

“Quella volta sono caduto e mi sono scorticato mani e ginocchia, non sono più salito su un albero per un po'” arricciò il naso e sfiorò la corteccia sottile, ricordando la risata che si erano fatti Tony e Agata. Omise alla bambina che in realtà aveva seguito il gatto solo perché aveva fatto una stupida scommessa di coraggio con Tony - che, al contrario suo, lui aveva superato in maniera brillante.

“Non inseguirò un gatto e nemmeno i miei fratelli” fece lei convinta.

“Puoi tornare a giocare, vai” la sospinse Luigi, scuotendo la testa. Non era stata tanto convincente con quella promessa, poiché subito dopo essere sparita aveva ricominciato a correre con i suoi fratelli, cercando di prenderli.

“Non dirle niente, lasciala giocare in pace” lo ammonì immediato il maggiore, non appena notò il suo sguardo apprensivo. Forse non era abituato a vedere certe scene in casa propria, ma lì era libera di correre, giocare, cadere, farsi male, rialzarsi e ricominciare tutto da capo. Doveva semplicemente fare quello che qualunque bambino avrebbe dovuto, senza freni.

“Ma-”

“Niente ma, stai un attimo tranquillo. Vedrai che anche lei starà più attenta” gli fece un occhiolino ed il riccio si soffermò a guardarlo. Aveva la pelle delle clavicole in bella mostra, scavate e spigolose, belle da aver voglia di allungare una mano per toccarle. Non lo fece, chiuse semplicemente la bocca e sospirò, guardando Gemma correre senza più nessuna lacrima a solcarle le guance. Rideva di cuore e urlava ogni volta che Patrick le tirava la gonna solo per infastidirla.

“Adesso vado... ci vediamo più tardi?” la voce di Luigi lo distolse da quella scenetta, guardandolo e annuendo. Non riuscì a parlare mentre si allontanava, solo a guardarlo ammaliato, ogni giorno che passava sempre un po' di più. Inspiegabilmente.

 

-

 

 

Luigi era di buon umore quel giorno. Si era svegliato al solito orario, con il canto del gallo in sottofondo e si era recato nel suo posto preferito ad osservare il mare. Era terribilmente bello immerso nel silenzio delle prime luci del mattino, così pacifico e rigenerante.

Attorno a sé aveva solo il saccheggiare delle onde in lontananza, gli uccelli a canticchiare e il venticello a frusciargli nelle orecchie. Era la perfetta rappresentazione della pace e Luigi la adorava. Che altro poteva fare se non restarsene a contemplare quel panorama ogni giorno? Se ne stava lì, appoggiato alla ringhiera e fumava la sua solita sigaretta, con un giacchetto leggero sulle spalle.

Suo padre gli diceva sempre che ormai aveva preso i modi tipici dei siciliani e che aveva finalmente mollato un po' l'americano che era in lui. E ne era fiero, era cresciuto in mezzo a quella famiglia che gli voleva bene e non desiderava altro che sentirsi il giusto meccanismo per far funzionare le cose.

Dopo qualche minuto, decise di dirigersi verso casa, probabilmente a breve si sarebbero svegliati tutti quanti e avrebbe dovuto aiutare nello sfamare il bestiame. Se c'era una persona sveglia a quell'ora, quella era la Signora Rosa, già con le mani in pasta. Era lei che pensava alle provvigioni di pane e di tanto in tanto Luigi le dava una mano, visto che ormai aveva imparato ad impastare come una brava donna.

Buongiorno signora Rosa” annunciò qualche istante dopo, salutandola in maniera sempre educata. La donna gli sorrise affettuosamente e gli fece un cenno con la testa verso un angolo di quella spoglia stanza. Luigi notò Harry seduto su una vecchia sedia malandata, osservare affascinato la signora Rosa. “Buongiorno Luigi” lo salutò.

Luigi rimase un po' scioccato dal vederlo lì, come se non fosse possibile che un tipo del genere fosse già fuori dal letto a quell'ora. Eppure sembrava tranquillo e fresco, come se fosse sveglio da ore. Era certo di non averlo visto in giro quando era uscito di casa ma probabilmente doveva aver perso più tempo di quel pensava sull'altura.

“Come mai già sveglio?” gli chiese. La signora Rosa non sembrava capire una sola parola ma non aveva alcuna importanza, era felice di sapere che il nipote di Salvatore e il figlio di Ettore avessero iniziato a legare. Luigi non aveva altri che Agata e odiava il fatto che non avesse nessun altro amico scalmanato che lo portasse in giro a far baldoria, ogni tanto.

“Non so, credo mi abbia svegliato il gallo” alzò le spalle. “Poi ho notato la Signora e mi sono fermato ad osservare”.

“Vorresti provare?” gli propose dopo averci pensato un po', in fondo che poteva succedere? La signora Rosa non gli avrebbe mai detto di no. Nessuno diceva mai di no a Luigi. “Signora Rosa, putimu pruvari a 'mpastare un pocu?” le chiese in siciliano, così le possibilità che rifiutasse si azzeravano del tutto. Perché se c'era un cosa che adoravano tutti in quel posto era Luigi che parlava in siciliano. Era stato difficile ma aveva imparato molto in fretta. Non lo parlava quasi mai però, perché teneva ad essere quanto più corretto possibile e fare bella figura di fronte a certa gente. Ma quando lo faceva, veniva fuori un po' del suo accento americano che li faceva ridere divertiti.

Certo picciriddi, di da', nella maidda nica”. Luigi annuì e la ringraziò con un sorriso, spostandosi verso il fondo della stanza, afferrando qualcosa sotto lo sguardo confuso di Harry, che ovviamente non aveva capito un accidenti. Non capiva l'italiano figurarsi il siciliano.

“Non fare quella faccia, ha detto che possiamo impastare nella maidda nica, che sarebbe questo recipiente di legno” gliela mise quasi sotto al naso lasciandogliela studiare. Era rettangolare e di legno spesso. “E' come quello che sta usando la signora, ma più piccolo” gli fece notare, poiché continuava a sembrare perplesso. In ogni caso, fece un sorriso e scosse la testa divertito, spostandosi nella stanzina accanto. Poggiò la maidda sul tavolinetto ed accese la piccola radio che se ne stava fin troppo silenziosa in un angolo.

“Che dobbiamo fare?” domandò a quel punto il riccio, sbracciandosi. Luigi lo guardò, così ingenuo e volenteroso e sorrise fra sé. Era bello Harry, non poteva dire il contrario. Aveva quegli occhi verdi da fare invidia al verde delle foglie degli alberi d'arancia. “Hai delle mani piuttosto grandi, dovresti riuscire ad impastare bene”.

Harry si ritrovò a ridacchiare, scuotendo le sue spalle. Non erano mai stati così vicini come in quel momento, proprio per quel motivo cercò di stare attento e seguire le sue istruzioni.

“Per prima cosa, devi fare una sorta di cratere con la farina. Lascia il buco in mezzo” e sotto il suo sguardo attento, Harry eseguì senza fiatare. Nel frattempo, il più grande, stava facendo sciogliere in una ciotola del lievito con acqua calda. “Adesso ti verso dell'acqua piano piano e tu dovrai iniziare a far amalgamare la farina okay?” chiese ed il riccio annuì senza nessuna esitazione.

E così fecero. Luigi gli passava l'acqua ed Harry si sporcava le mani. Aveva un sorriso così bambinesco e fiero da non riuscire per niente a passare inosservato. Luigi lo aveva notato, così come la Signora Rosa nell'altra stanza. Era come scoprire il mondo per la prima volta, cosa che doveva essere effettivamente vero. Harry aveva mai visto il mare? Aveva mai vissuto più di qualche giorno in mezzo alla natura? Aveva mai visto da dove provenissero certi alimenti che trovava sulla sua tavola? La risposta doveva essere no, con tutta probabilità. Sembrava un ragazzo troppo a modo per essere a conoscenza di una cosa simile.

“Come sto andando?” gli chiese, risvegliandolo da quel momento di riflessione. Luigi lo guardò ed annuì pienamente convinto. Era divertente vederlo sporcarsi e sudare un po' per raggiungere un decente risultato.

“Bene, ora aggiungi il sale e assaggia la pasta”. Nel farlo, Harry si sporcò tutto quanto, poiché con un braccio aveva tentato di spostare delle ciocche di capelli che gli erano finite davanti agli occhi. Luigi scoppiò in una risata nel vedere tutta la farina sui suoi vestiti ma Harry ci mise davvero poco a vendicarsi, sporcando il suo naso e la sua bocca di pasta molliccia.

Il ragazzo rimase a labbra schiuse quando lo vide arrecargli quell'affronto, ma non poté non ridere. “Vedi di continuare” lo rimbeccò divertito, senza sembrare troppo serio e cattivo. In fondo si stavano divertendo e gli stava insegnando qualcosa di nuovo, cosa che Harry aveva desiderato durante quella prima settimana.

In radio partì una canzone che a Luigi piaceva da morire e cominciò a canticchiare leggiadro, osservando Harry prendere a pugni la pasta. “Buonasera signorina, kiss me goodnight” gli cantò in faccia, girandogli attorno in una strana danza poco coordinata. Non era capace di mettere insieme più di due passi che avessero un senso – forse anche per quel motivo non era mai stato nelle balere – ma era su di giri in quel momento e non poté fare a meno che lasciarsi andare, facendo ridere Harry per l'esibizione canora e danzante.

“Buonasera signorina, buonasera. Come è bello stare a Napoli e sognaaar, mentre in cielo sembra dire buonasera la vecchia Luna che sul Mediterraneo appar” stonò ma non gli importò, certo di seguire il ritmo dello swing che risuonava nella stanza.

Harry smise di impastare quando sentì la mano calda di Louis chiudersi stretta sul suo polso e trascinarlo assieme a lui in una danza frenetica attorno al tavolo, sbattendo di continuo contro esso o gli altri pochi mobili presenti in stanza.

“Stiamo facendo un casino!” lo rimproverò ma Luigi non gli diede ascolto, piuttosto continuò a ballare e a far girare Harry come una trottola, sotto lo sguardo di una Signora Rosa a metà fra l'infastidita – poiché avrebbe dovuto pulire tutto una volta che avessero finito – e divertita, per le risate che intonavano insieme quei due ragazzi.

Luigi lo guardava e rideva, bistrattandolo come una bambolina, Harry si lasciava angariare senza nemmeno provare a fermarlo. Le risate erano divenute troppo forti e rumorose, iniziando a piegarsi sulle proprie gambe senza fiato. Quello che avevano fatto a terra era un casino terribile ma non importava in quel momento di libertà assoluta, ci avrebbero pensato dopo.

La canzone finì e la musica venne sostituita da una voce lenta. Luigi si fermò e si passò una mano sulla fronte, sudato per l'impresa che aveva appena compiuto. Non era mai stato così sciolto con qualcuno come in quel momento, con Harry. Quell'americano gli tirava fuori il meglio, il giovane che c'era in lui, e ne era felice.

“Dai, cerchiamo di finire questo panetto, così la signora Rosa lo informa insieme agli altri” gli tese una mano per farlo rialzare e lo aiutò nel completare quel disastro. Passarono la pasta su una lastra di legno poggiata sul tavolo e gli gettò degli sbuffi di farina per evitare di farla appiccicare alle mani. “Guarda, dobbiamo impastare in modo energico fino a che la pasta non sarà liscia” e mentre parlava, gli mostrava esattamente come fare. Aveva un metodo bellissimo di agire, utilizzando molto il palmo della mano e girando la pasta più volte, facendogli assumere una forma circolare.

“Prova tu, dai” gli afferrò le mani ed Harry quasi non saltò in aria nel sentire quelle dita sporche sulle sue. Si lasciò guidare, lasciandolo porsi al suo fianco, così a stretto contatto da sentire i loro bacini toccarsi. Il riccio cercò di riprodurre gli stessi gesti ma non fu facile, visto il maestro. Così, Luigi, lo aiutò poggiandogli una mano sopra, sotto lo sguardo di quel ragazzino attento.

“Bravo, continua da solo” sospirò alla fine Luigi, assorbito completamente dal dolce profumo di quel ragazzo. Non aveva idea di cosa avesse addosso ma era certo che non fosse il semplice sapone che usava Salvatore, lo avrebbe riconosciuto.

Un po' stordito e incerto fece un passo verso sinistra, scostandosi di poco dalla sua figura piuttosto alta e calda. Non seppe spiegarsi quelle sensazioni del momento, decidendo perciò di metterci una pietra sopra per non pensarci più di tanto.

Harry era incerto sui gesti da compiere, le sue mani e la sua presenza così vicina lo aveva aiutato e quell'improvvisa lontananza lo fece sentire leggermente perso. Ma non smise di impastare, aggiungendo del sale ad ogni assaggio della pasta. Luigi lo guardava con attenzione, sentiva il suo sguardo scrutatore addosso. Si sentiva leggermente a disagio, talmente tanto da imbarazzarsi e far appiccicare la pasta sulle labbra.

“Ti stai sporcando tutto” gli fece notare cauto, senza muoversi.

Harry lo guardò negli occhi e cercò di ripulirsi con la manica della sua camicia, che aveva di sicuro visto tempi migliori. Luigi in ogni caso non lo aiutò a ripulirsi, spingendolo a continuare con la sola forza dei suoi occhioni azzurri.

Picciriddi u furnu è callu” annunciò la signora Rosa, entrando all'improvviso nella piccola stanza. Luigi si scusò con un movimento di labbra ed un bel sorriso caldo per il caos fatto, lasciando ammorbidire l'espressione della signora.

Abbiamo finito” le fece sapere. “Harry, il pane va messo più o meno vicino al forno, deve lievitare qualche ora” gli spiegò, per poi aiutarlo in maniera definitiva nell'impastare quel misero panetto di pane. Harry lo lasciò fare e cercò di lavare le mani sotto al rubinetto. Aveva impasto un po' ovunque, persino fra i capelli.

La signora Rosa annuì ed afferrò anche il loro panetto, decisamente più piccolo e diverso dagli altri, facendogli un incisione a croce sopra. Lo pose su quel letto di coperte che aveva creato, mettendone delle altre sopra per non far freddare i panetti.

Buongiorno”. Un ingresso improvviso fece voltare tutti quanti. Sulla soglia vi era Agata, con i capelli lunghi legati in una coda alta e la frangia già troppo lunga davanti i suoi occhi chiari. Il suo vestito a pois svolazzò leggero nel fermarsi di botto e le ballerine ai suoi piedi la facevano sembrare più bella di quanto già non fosse.

Agata!” esclamò Luigi, andandole incontro. La abbracciò stretta e le diede un bacio sulla guancia che quasi rimbombò per tutta la stanza. Quella ragazza era in grado di far tornare il sorriso sul volto di chiunque. Nonostante avesse cominciato ad uscire con Tony non poteva trattarla in modo freddo o allontanarla, non era nelle sue corde. Non riusciva a separarsi da lei, nemmeno mentalmente.

Harry osservò la scena sentendosi leggermente a disagio. Non aveva ancora capito cosa ci fosse fra i due ragazzi ma quella donna aveva rubato il cuore di Luigi in qualche modo. La salutò sollevando solo una mano e biascicando un “buongiorno” in un italiano un po' contorto. Quello portò Luigi a voltarsi e ad osservarlo con cura. Forse era la prima vera volta che lo sentiva pronunciare qualcosa in una lingua che non fosse la sua.

“Devo insegnarti qualcosa in italiano e siciliano” mugolò, per poi riportare tutta la sua attenzione alla ragazza. Era bellissima e profumava di gioia, come tutte le volte. L'unica pecca era quella frequentazione poco raccomandabile con Tony, ma sapeva che il suo fiato fosse sprecato. Era inutile insistere su una cosa, Agata stava cercando di rifarsi una vita e non poteva impedirglielo. Forse Tony non era la persona più adatta a lei ma era era quello che desiderava, perciò l'avrebbe lasciata fare. Era abbastanza grande da poter risolvere i suoi problemi amorosi.

Vi va se più tardi andiamo tutti a prendere un gelato?” domandò lei, allegra. La signora Rosa le passò di fianco dandole una pacca dolce su una guancia, come se fosse sua figlia. Non c'era nessuna persona che la signora amasse più di Luigi e Agata.

Mi sembra una buona idea, con questo caldo. E poi devo far assaggiare la granita ad Harry”. Il riccio, sentendosi chiamare in causa li guardò senza capire davvero. Aveva recepito qualcosa ma non era sicuro che quello nella sua mente fosse il messaggio giusto. Storse le labbra e Luigi gli fece un ampio sorriso, uno di quelli che sarebbero stati in grado di toglierti il respiro in qualche secondo. Harry quello invece lo aveva capito eccome. Gli era arrivato dritto in faccia e gli aveva bloccato in gola qualsiasi cosa volesse dire.

“Ti va se più tardi, con i tuoi fratelli, andiamo a prendere un gelato? Devo farti assaggiare qualcosa di buonissimo” tradusse a quel punto il maggiore, mordicchiandosi le labbra. Quel gesto inconsulto venne seguito dal riccio, che per un attimo rimase imbambolato, facendo la figura dello stupido. Non aveva capito un bel niente da quando Luigi aveva iniziato a sorridere.

“Oh sì, ma certo” scosse la testa alla fine ed acconsentì fissando i due ragazzi tornare a darsi attenzione come poco prima. Una strana sensazione gli nacque nel petto ma la mise a tacere, quello non era reale e non poteva esserlo.

Alla fine, senza aggiungere altro, li superò e si recò per la borgata alla ricerca dei suoi fratelli. Sicuramente avrebbero fatto i salti di gioia a quella splendida notizia.

 

 

Più tardi, Harry, Jonathan, Patrick e Gemma si fecero trovare sotto casa loro già pronti. La piccolina aveva un vestito a fiori così carino da fare invidia a qualsiasi bambina, i due invece avevano dei sorrisi fin troppo furbi e pronti a far danni. Harry si sarebbe di sicuro disperato con quei soggetti. Luigi invece aveva le sue solite camice slavate e i suoi pantaloni scuri.

Li raggiunse sorridendo, seguito dalla presenza allegra di Agata. Harry in quel momento avvertì un insano fastidio alla presenza della ragazza, come se si stesse intromettendo in una sorta di riunione di famiglia, quando in realtà lui di quella famiglia non faceva parte per niente. Agata era sempre stata presente per Luigi, non lui.

“Ehi, ciao!” li salutò Luigi, avvicinandosi alla piccola Gemma. La bambina lo guardò con un piccolo sorrisetto compiaciuto, per poi fiondarsi su di lui e cingergli la vita. Se c'era una cosa che Harry aveva capito e notato era la passione smodata che la sua sorellina avesse sviluppato per quel ragazzo. Nei giorni in cui erano arrivati, Luigi li aveva portati un po' in giro per tutta la campagna, promettendo a lei e ai suoi fratelli che li avrebbe portati al mare, alla scoperta di cose buone da mangiare della Sicilia e belle da vedere.

“Allora, siete pronti per un buon gelato?” chiese ed uno squittio allegro si levò in aria. Harry sorrise e Luigi afferrò la manina di Gemma. Agata sbatteva le palpebre osservando i bambini e poi il loro fratello maggiore, chiedendosi come fosse avere dei fratelli di cui occuparsi o semplicemente con cui parlare.

Un'irruzione che nessuno si aspettava, stravolse l'umore di Luigi in meno di qualche secondo. Da dietro un albero, con un filo di paglia fra le labbra, un jeans slavato, una maglia bianca a maniche corte e delle snickers di tela bianche, venne fuori Tony. “Volevate andare a prendere un gelato senza di me?”.

Luigi lo guardò in cagnesco, con quel suo stile così rivoluzionario e quei capelli così ben sistemati. Inutile, era sempre stato fin troppo avanti rispetto a loro e spesso si chiedeva come facesse a trovarsi bene in mezzo alle critiche degli anziani, che non vedevano ancor di buon occhio quella nuova moda.

Agata sorrise e si mordicchiò il labbro nel vederlo. Era contenta che fosse lì e che avesse avuto un tempismo così perfetto.

Tony aveva imparato a parlare americano grazie a Luigi, sedici anni prima. Quando era arrivato in città, era stato l'unico amico con cui parlare e poter giocare. Non l'aveva mai fatto sentire solo nonostante non riuscissero a capirsi ma entrambi erano stati capaci di fare sforzi per poter imparare l'uno la lingua dell'altro. Con l'aiuto di Salvatore e di Ettore erano riusciti a far sì che quella loro amicizia si consolidasse e che le loro parole fossero finalmente comprensibili da entrambi. Erano cresciuti aiutandosi, fino a che non erano finiti per essere inseparabili. Alla fine era arrivata Agata e qualcosa doveva essersi incrinato in quel rapporto così solido.

Come no, ti stavamo proprio aspettando” mormorò Luigi alzando le sopracciglia. Senza dire nulla, i suoi piedi si fecero avanti e la piccola Gemma fu costretta a fare dei passi più lunghi delle sue gambette. Harry gli fu immediatamente dietro, così come anche i due fratelli Styles.

“Gino, non fare così davanti i nipoti di Salvatore” e quello nella voce di Agata parve quasi un rimprovero. Luigi ne fu infastidito, si limitò a guardarla per poi proseguire in silenzio.

Non poté notare il ghigno soddisfatto sul volto di Tony, per fortuna.

Harry si guardò attorno, accorgendosi di quanto fosse bello quel panorama. Camminarono lungo una viuzza sgangherata e piena di alberi, facendo una discesa un po' troppo ripida per i piedini della piccola Gemma. Ma non sembrava nemmeno lamentarsi nonostante tutto.

Forse fu proprio per quello che la collera di Luigi mollò un po' la presa per poter osservare la piccola in difficoltà. Non ci pensò due volte, si piegò sulle ginocchia e le diede la schiena, in modo tale che potesse salirci sopra e aggrapparsi al suo collo, come una perfetta scimmietta. Gemma guardò prima suo fratello negli occhi, che le diede il permesso con un gesto delle mani, che anzi la incitava ad accettare quel gentile invito. Così la bambina fece un salto sulle sue spalle e Luigi la tenne da sotto le ginocchia.

Scesero a lungo, fino a che non si ritrovarono a costeggiare il mare. Per arrivare alla spiaggia avrebbero dovuto fare ancora molta strada, ma da quel punto era comunque bello e il rumoreggiare furioso delle onde faceva venire i brividi.

Harry si bloccò ad osservare la scena, poggiando le mani su un muretto di pietre grezze prese e poggiate l'una sull'altra, godendosi la brezza marina. Era fresca, rigenerante, faceva bene ai suoi polmoni e al suo spirito. Non aveva mai visto una cosa più bella di quella.

Nella sua America, così piena di macchine e smog non aveva mai avuto modo di apprezzare una cosa così naturale, così semplice. Come avrebbe anche solo potuto pensare di tornare a casa quando esistevano posti come quelli?

Quando aveva deciso di partire, a tutto aveva pensato meno al fatto che avrebbe potuto desiderare di restare a lungo. Perché ormai erano giorni che pensava a quanto bello fosse quel posto, a quanta voglia facesse venire di vivere. Era come trovarsi improvvisamente in simbiosi con l'ambiente, con la natura. Era come respirare un altro tipo di aria. Sembrava di stare in un altro mondo.

Non sentiva la mancanza nemmeno della televisione – che suo nonno Salvatore non aveva ancora in casa –, gli bastava girare per la borgata per trovare qualcosa da fare.

“Ti sei già stancato?” gli chiese Luigi, quando si accorse di non averlo più di fianco. Fece qualche passo indietro, facendo divertire la piccola Gemma e lo raggiunse. Ma capì che Harry non fosse stanco ma solo tramortito dalla bellezza che gli si parava davanti agli occhi.

“In realtà potrei stare a camminare per ore, se è questo quello che mi aspetta”, indicò il mare e Luigi sospirò. Gemma poggiò il mento su un suo braccino, con il collo un po' storto, per potersi poggiare contro i capelli di Luigi e ammirare il panorama.

“Possiamo restare qui, Haz?” chiese la piccola in modo innocente, facendolo sorridere. Avrebbe voluto tanto anche lui restare ma probabilmente sua madre avrebbe fatto scintille se non li avesse visti tornare a casa.

Agata alle loro spalle, con Jonathan appeso al suo braccio come una scimmia, chiese per quale motivo si fossero fermati. Luigi notò Tony tenerle una mano stretta e non fu capace di nascondere una smorfia. “Stavamo osservando il panorama” chiarì Luigi, tornando a guardare l'orizzonte.

“Non possiamo restare stupida! Dobbiamo tornare dalla mamma” fu la voce di Patrick a far risvegliare Harry da quell'incantesimo, che si voltò e lo guardò male, esattamente come Gemma che lo guardava accigliata e delusa.

“Patrick, non chiamare mai più stupida tua sorella, okay?” era arrabbiato, non sopportava il fatto che quelle due pesti prendessero in giro la sorellina solo perché più piccola e femmina. “E lo dirà il nonno quando potremo tornare” borbottò quasi a bassa voce, anche se avevano sentito tutti.

Luigi non aveva ancora chiara quella situazione ma da un giorno all'altro aveva sentito dell'imminente arrivo di quei famosi nipoti dell'America e il giorno dopo erano già in Sicilia.

“Chiedile scusa”.

“Scusa Gemmy” borbottò infastidito il bambino, spostandosi verso Tony, come se in lui avesse trovato un alleato. Fortunatamente non aveva detto nulla in merito ma Luigi provò un profondo senso di fastidio per quella presenza.

“Andiamo su, il gelato ci aspetta” e fu proprio il maggiore a riprendere parola e a rimettere a posto il cattivo umore del riccio. Sembrava essersi perso nei propri pensiero per un attimo, ma recuperò in fretta il sorriso, quando Gemma gli tirò i capelli e gli mandò un bacino affettuoso. E ovviamente, non poté non notare il sorrisetto di Luigi e la sua delicata spallata regalata solo per incitarlo a riprendere la loro lunga passeggiata. “Siamo quasi arrivati”.

Patrick e Jonathan corsero avanti a Luigi ed Harry, cominciando a spintonarsi. A nulla valsero i rimproveri del loro fratello maggiore, si stavano divertendo un sacco. Fortunatamente quella strada era vuota, non passavano auto, avrebbero potuto scorrazzare tranquilli come polli. Harry non aveva mai visto nessuno di loro così libero e sereno come da quando erano arrivati.

“Vi piace qui, allora?” Luigi irruppe nel silenzio, spezzato solo dalla ghiaia sotto alle suole, leggero e pacato. Quella domanda veniva posta ai fratelli Styles di continuo, come se ci fosse una sorta di insicurezza di fondo.

“Molto, non ha nulla a che vedere con l'America” e a quelle affermazioni persino Gemma annuì. Con una manina gli carezzava i capelli come se gli stesse facendo un massaggio ed Harry non poté far altro che intenerirsi. Quello era segno di fiducia riposta. E se aveva iniziato a farlo con Luigi significava solo che il suo affetto nei confronti di quel ragazzo fosse cresciuto a dismisura.

“Com'è casa tua?” azzardò. Non l'aveva fatto fino a quel momento, forse preoccupato di una sua possibile reazione nervosa o semplicemente vederlo rattristarsi. Non ne parlava mai, e non aveva voglia di farlo. Stava bene con i suoi nonni e non pareva sentire nessun tipo di mancanza.

“Ci sono molti palazzi, ponti” rispose senza nessun mutamento. “E' un via vai continuo di persone per le strade, sembrano non fermarsi mai. E' tutto molto rivoluzionario, sia nella moda che nel resto” sorrise, forse nostalgico.

“Casa nostra è all'ultimo piano di un palazzo graaande!” fece eco Gemma, intromettendosi. Harry le tirò per scherzo una ciocca di capelli e poi un buffetto affettuoso su una guancia paffuta e rosea. Amava terribilmente tanto i suoi fratelli.

“Beh, da come ne parlano deve essere bellissima adesso” sospirò. Era sempre stato molto curioso di rivedere la sua di casa. Ogni tanto, segretamente covava uno strano desiderio di curiosità nei confronti dei suoi genitori biologici. Quando era più piccolo aveva chiesto ai suoi genitori di dargli qualche indizio ma l'unica cosa che gli era stata detta era che aveva vissuto in un orfanotrofio per molto tempo e che quindi fosse stato abbandonato, senza che nessuno sapesse niente.

Perciò aveva smesso di cercarli, di curiosare. Stava bene con la sua famiglia, aveva trovato Tony e tutto era andato liscio per molti anni. Niente gli avrebbe fatto lasciare la Sicilia, nemmeno i suoi genitori biologici. Amava troppo Ettore e Caterina per poterli abbandonare, così come Salvatore, la signora Rosa e la signora Michela. Amava Agata.

“Lo è, di sicuro lo è” Harry gli sorrise nel rispondere alla sua affermazione. Nella sua mente una domanda rimbombò prepotente, ma tenne le labbra serrate, non voleva indisporlo in qualche modo. In fondo non erano fatti suoi e il fatto che le sue origini non fossero siciliane avrebbero potuto riaprire qualche ferita dolorosa. Era meglio tenere quelle cose per sé.

Luigi annuì e proseguì, avvertendo la presenza di Agata e Tony al suo fianco. Cercò di non dare peso al suo fastidio, concentrandosi sulla piccola Gemma che aveva preso a canticchiare qualche canzone americana. Sembrava un uccellino dal modo in cui fischiettava e tirava fuori la sua acuta voce. Fece ridere un po' tutti, compreso Tony.

Passarono lungo dei vicoletti stretti, con il suono delle onde del mare nelle orecchie, osservando le costruzioni di quelle case e i balconi stracolmi di fiori di ogni genere. Le signore sembravano apprezzare molto le piante di basilico, in modo particolare.

“Siamo arrivati, la gelateria è di là” indicò un piccolo negozietto quasi nascosto e i bambini scalpitarono, compreso Gemma che desiderò essere messa giù. Entrarono come delle trottole furiose, appiccicandosi al vetro freddo della ghiacciaia, schiacciandogli il naso contro.

“Per favore” implorò Harry, “comportatevi bene”. Ed i bambini compresero che in quelle poche parole vi era una leggera minaccia. Come a voler dire che se avessero fatto qualche danno avrebbe detto tutto alla mamma. In ogni caso, nessuno dei tre gli rispose ma passarono in rassegna ogni gusto di gelato presente, con gli occhi curiosi e brillanti.

“Ci sono molti gusti, chiedete a me per qualsiasi cosa” li informò Luigi, salutando poi cortesemente il Signor Calogero dietro al bancone. Ovviamente tutti in paese avevano sentito parlare dei nipoti dell'America di Salvatore, perciò non pose nemmeno una domanda nel vederli, anzi attese che Luigi li aiutasse a decifrare cosa ci fosse scritto e poter poi ordinare.

I bambini scelsero subito dei coni con cioccolato e fragola, senza nemmeno rifletterci più di tanto. Harry si mise ad osservare, cercando di comprendere, riuscendo a captare qualcosa anche grazie ai colori e alle consistenze. “Inutile che osservi, devi assaggiare la brioscia con la granita” gli disse Luigi, avvicinandosi al suo orecchio. Harry avvertì un brivido senza capire esattamente cosa stesse succedendo e cosa avesse appena detto. “E non chiamarla brioche, come i francesi, o cornetto. E' briosca ca' granita” fece alla fine, con un chiaro sorriso nella voce. Era terribilmente allegro.

“Non ho esattamente idea di cosa tu stia parlando, ma mi fido. Bri-briosha sia” provò a dirgli, facendolo ridere di pancia.

Agata e Tony, che erano rimasti nella loro bolla per un po', vennero richiamati dalla risata argentina di Luigi, soprattutto quello della ragazza che parve accigliarsi – perlomeno per qualche secondo, come se fosse stata infastidita da quella intimità.

“Calogero, per noi due belle briosce ca' granita” ordinò Luigi, con un sorriso enorme sul volto. Tony e Agata invece optarono per un tè freddo e granita di limone.

I bambini avevano già iniziato da un po' a leccare e sporcarsi il muso e i vestiti di gelato, ma ad Harry non importava finché se ne stavano buoni ed erano contenti.

Dopo aver ricevuto i loro rispettivi ordini, trovarono posto fuori ad un tavolo. Il sole pizzicava sulla loro pelle ma era una sensazione così piacevole da non farci troppo caso. Era una giornata così bella che sembrava impossibile rinunciare a tale piacere.

“Avrei tanto voluto portare con me la macchina fotografica. Questa cosa meritava di essere immortalata” mormorò Harry, osservando ciò che aveva sul piatto davanti ai suoi occhi. La brioche era così piena di granita da sembrare pronta ad esplodere. Ovviamente ne aveva sentito parlare da suo nonno, ma non aveva ancora avuto modo di provarla.

Luigi lo guardò di sottecchi e fece un leggero sospiro. Il venticello leggero scompigliò i ricci di Harry, spostandoglieli in maniera sconclusionata, eppure non trovava altro aggettivo che bello, per descriverlo in quel momento. Perché lo era davvero, con quel viso così spigoloso ma innocente. Sarebbe stato capace di tagliare e poi tamponare le ferite con dolcezza, senza nemmeno rendersene conto.

“Dai su, prova la cosa” lo esortò Luigi.

Harry annuì e prese il cucchiaino, portando alle labbra quella bontà. Mugolò di piacere facendo sorridere tutti al tavolo, divertiti dalla reazione così eclatante del ragazzo. “Ah!” lo fermò però Luigi all'improvviso, quando lo vide fare qualcosa di sbagliato. “Prima devi mangiare il tuppo”. Il ragazzo lo guardò senza capire, nell'incertezza portò alle labbra un'altra cucchiaiata.

“Il tuppo è quella sorta di pon pon in cima” gli spiegò, afferrando il suo e spezzandolo. “Il bello è quello di mangiarlo prima con la granita” e mentre parlava gli mostrava esattamente come fare, immergendolo nel suo nettare degli dei.

Harry si mordicchiò le labbra incuriosito da quella usanza ma replicò le sue mosse, portandoselo alla bocca stracolmo di granita. Luigi non ebbe nemmeno il tempo di dirgli di fare piano che lo vide congelarsi i denti e il cervello in pochi secondi. Scoppiò in una risata fragorosa nel vederlo portarsi una mano sulla bocca e sbavare come un bambino piccolo.

“Hazza! Stai spruzzando ovunque!” rise la piccola Gemma, indicandolo con un ditino e ridendo come una matta, a tal punto da far sgocciolare il suo gelato sul vestitino. Persino i due fratelli Styles lo presero in giro, ridendo malefici.

Stai attento, Harry” fu Agata a parlare poco dopo, sorridendo piuttosto divertita. Tony al suo fianco le teneva una mano sul tavolo. “Devi andarci piano” continuò ed Harry parve comunque capire ciò che la ragazza gli avesse appena detto. Scosse la testa e cercò un fazzoletto per potersi ridare un contegno.

“Non mi avevi avvertito di questa cosa così infima” riuscì a dire dopo un po', quando la sua bocca venne finalmente liberata dal pasticcio che aveva combinato. I bambini sembravano trovarsi davanti a uno spettacolo comico di qualche pagliaccio talmente tanto se la ridevano.

Perfino Luigi cercò di mordersi le labbra per placare le risate, ma invano. Era impossibile resistere alla disperazione del riccio e alle risate dei bambini, così fragorose e gioviali. Era meraviglioso, una giornata così non l'aveva più passata.

“Potete gentilmente smetterla?!” sbuffò Harry, a metà fra il divertito e l'infastidito. Insomma, far ridere i suoi fratelli e Luigi era meraviglioso ma il fatto che ridessero di lui un po' meno.

Si concentrò giusto qualche attimo prima di rendersi conto di quanto gli occhi di Luigi, alla luce del sole, fossero così brillanti. L'azzurro che portava dentro quegli occhi era paragonabile al mare, a quello spettacolo che avevano di fronte ogni giorno. Era armonioso, calmo, in grado di placare gli animi più impetuosi ma allo stesso tempo in tempesta. Un concentrato di amore per la natura attorno a sé e poca tolleranza per gli esseri umani che non erano in grado di mescolarsi ad essa con la stessa passione. Zahara.

Il sole stava facendo un lavoro impeccabile su di lui, illuminando in quel modo i suoi lineamenti quasi regali e quello sguardo così carico di significato. Parlava ad alta voce, urlava ma non tutti erano capaci di cogliere quelle parole, di sentire anche solo un suono a mezza voce. Eppure, Harry nel suo piccolo, sentiva dei suoni imprecisati nelle orecchie, come se avesse appena iniziato a parlare la sua stessa lingua.

“Patrick, aiuta tua sorella, si sta sporcando tutta” fu la voce di Tony a far scrollare quella sua strana attenzione da lui al moro di fronte a sé. Persino Luigi smise di ridersela piano per poter osservare accigliato il ragazzo.

Il bambino, sentendosi chiamato in causa, sbuffò ma provò a fare quanto richiesto. Luigi, che si trovava accanto alla piccola, le passò un fazzoletto, nella speranza che potesse darsi una pulita. Peccato che fece anche peggio, portando il maggiore ad afferrare un altro fazzoletto per poterla aiutare.

Ed Harry, nuovamente, si fermò ad osservare Luigi compiere delle manovre così semplici, che lui aveva compiuto miliardi di volte, trovandosi spiazzato. Non pensava di trovare la scena così dolce, talmente tanto da avvertire un vuoto allo stomaco.

Gemma si mise a ridere e sporse le labbra verso Luigi che cercò di ripulirla con poco successo. Era davvero un disastro ormai, cosa che lo faceva ridere e borbottare a bassa voce di stare ferma se non voleva finire con il gelato fra i capelli. In ogni caso, Gemma non aveva nessuna intenzione di starsene al suo posto, perciò con una sbadata mossa fece finire il suo cono contro una guancia di Luigi, che schiuse le labbra scioccato. La bambina si portò una manina alla bocca e si strinse nelle spalle ridacchiando, cosa che fece anche Harry. Luigi non poté fare a meno di notare che quella piccola peste gli somigliasse così tanto.

Luigi, non reagire, potrebbero iniziare una guerra, te lo dico” lo avvertì Harry, sussurrandogli quelle parole all'orecchio. Il maggiore si ritrovò a rabbrividire al suono di quel bisbiglio, nel sentire il fiato caldo sul suo collo.

Nessuno dei presenti al tavolo si aspettava di veder sorridere di cuore Tony, in quel momento. Non sembrava una risata di scherno, né cattiva, solo divertita per la scenetta che aveva davanti. Agata si voltò a guardarlo e i suoi occhietti vispi e curiosi si misero a brillare di pura e semplice felicità. Tutto quello che aveva sempre desiderato era rivedere i due tornare amici come una volta, com'erano sempre stati.

“Adesso dovreste aiutare Gino” e forse, quella, era la prima volta, dopo anni, che Tony chiamava Luigi in quel modo. Da quando le loro strade si erano divise lo aveva chiamato Luigi o peggio per cognome.

I piccoli Styles risero e quello più che un grido di aiuto era parso un grido di guerra, poiché anche i due marmocchi si avvicinarono a lui con fare fin troppo furtivo e poco simpatico. Harry se ne rese immediatamente conto, scuotendo la testa e alzandosi in piedi autoritario. Era alto, molto alto.

“Patrick e Jonathan, non osate” li sfidò ed i bambini parvero apprezzare e accettare quell'avvertimento. Fecero un altro passo ma fu proprio la voce carina e gentile di Agata a placare un po' le acque, come sempre.

“Bambini, se fate i bravi più- tardi? Vi porto in un bel posto” biascicò un po' malamente in americano, riuscendo nel suo intento. I fratelli Styles drizzarono immediati le orecchie e si bloccarono dal compiere chissà quale marachella nei confronti di Luigi o peggio ancora della piccola Gemma.

“E' stato Luigi a insegnarti l'americano?” chiese il riccio, porgendo dei fazzoletti puliti a Luigi. La ragazza annuì dopo aver avuto la conferma di aver recepito bene il messaggio, da Tony.

“Entrambi abbiamo contribuito” intervenne Luigi poi, non volendo prendersi comunque tutto il merito. Quando erano più piccoli se ne stavano ore intere chiusi dentro ad una capanna di legna costruita da loro stessi, in mezzo agli alberi di limoni, ad insegnare la loro lingua a Luigi per non farlo sentire solo.

Tony alzò lo sguardo, in ogni caso e osservò Luigi domandandosi se quella faida fosse ancora da combattere, dopo tutto quel tempo passato. Agata ci aveva provato a rimettere le cose in ordine, aveva fatto pure da messaggera, senza risultato alcuno. Proprio per quel motivo, gli occhi della ragazza si posarono sulla figura di Harry. Non aveva ancora chiaro come ma sembrava portatore di pace, come se con la sola presenza fosse stato capace di allacciare dei nodi invisibili che aspettavano solo di essere ricongiunti. Così come quei bambini, che comunque sembravano essere molto apprezzati da parte del moro.

Luigi morse con foga la sua brioscia e cercò di invogliare Harry a fare lo stesso, senza dar peso a quella voglia malsana che aveva nel petto di poter parlare con Tony senza pizzicarsi sempre. Sapeva che prima o poi avrebbero dimenticato persino per quale motivo fosse iniziato tutto ma non era del tutto pronto e sicuro che quello sarebbe avvenuto in pochissimo tempo. La voglia c'era, ma quella piccola parte di sé, quella orgogliosa, non era ancora pronta a lasciare andare.

“Voglio andare a giocare” si lamentò la piccola Gemma ad un certo punto, stanca di stare seduta e composta. Vedere il mare e quell'aperta campagna le faceva venire voglia di correre e giocare con qualsiasi cosa le capitasse a tiro.

“Possiamo fare una fermata sulla spiaggia se a voi va bene” fu la proposta di Luigi a far esultare tutti i bambini, adulti compresi. Harry sospirò ma sorrise in ogni caso, sapendo già che non avrebbe potuto contestare neanche se avesse voluto, i suoi fratelli erano troppo cocciuti e capaci di una dote innata di persuasione. “Voi venite?”.

A te va di andare al mare?” Tony si voltò a guardare Agata con dolcezza, cosa che per un attimo fece pensare Luigi. Li guardò o meglio, osservò bene il suo ormai ex amico, cercando di capire dove volesse andare a parare con quella relazione. Eppure, nei suoi gesti, in quegli occhi così dorati non vi lesse altro che bene, forse addirittura amore.

Luigi per la prima volta fece un pensiero che gli appesantì il petto ma non in modo negativo: Tony non sembrava una cattiva persona.

 

L'odore di salsedine gli era sempre piaciuto, soprattutto quando tornava a casa e lo avvertiva sulla pelle. Bruciava e si appiccicava ma era piacevole e lo respirava sempre a pieni polmoni. Così come adorava starsene ad ascoltare il rumore della risacca, le onde che sbattevano impetuose contro gli scogli o sul bagnasciuga.

Al tramonto non c'era quasi mai nessuno, poteva camminare tutto il tempo perso fra i suoi pensieri, rilassarsi e lasciare che l'acqua bagnasse i suoi piedi e le sue caviglie spigolose. Arrotolava i pantaloni fin sotto alle ginocchia e camminava leggiadro, desiderando solo poter entrare in acqua e fondersi con le onde schiumose. Faceva ancora freddo però per lanciarsi in una cosa del genere. Perciò si accontentava di osservare non solo con gli occhi ma anche con le orecchie, cogliere ogni suono e poi toccare la sabbia umida e l'acqua gelida.

Il rombo del suo cuore spariva di fronte a quella fonte instancabile di sensazioni; che fossero di felicità o malinconia non aveva alcuna importanza. Era semplicemente una cosa che meritava di essere vissuta a pieno, che meritava di essere sperimentata almeno una volta nella vita. Forse anche per quella ragione aveva desiderato portare Harry lì, ad assaporare, onda dopo onda, l'energia che il mare riusciva ad incanalare dentro ognuno di essi.

Guardava Harry togliersi i mocassini e le calze, in maniera fin troppo aggraziata per essere uno un po' troppo goffo, come aveva avuto modo di notare in quei giorni. E il volto estasiato che fece non appena i suoi piedi si posarono sulla sabbia fredda fu meravigliosa. Sembrava quasi un bambino e quella stessa espressione la ritrovò sul volto della piccola Gemma, che esaltata in maniera del tutto inconcepibile si scalzò i sandali e cominciò a correre verso i due fratelli.

“Fate attenzione!” li pregò Harry ma il volto sereno di Luigi gli fece scemare l'ansia.

Poco oltre, Agata e Tony se ne stavano a passeggiare mano nella mano, come una normale coppia. La ragazza aveva scoperto di poco le spalle, spostando le spalline del vestito, per poter permettere al sole di accarezzarle la pelle, e a Tony di azzardare un fugace bacio fra collo e scapola. Quel gesto, quell'intera scena, fecero deglutire Luigi in maniera così violenta da far viaggiare il pomo d'Adamo su e giù velocemente.

“Non credo di aver mai visto una cosa più bella di questa” la voce di Harry lo distrasse, portando i suoi occhi sul suo profilo. Fra le luci del Sole, quasi giunto in fondo al mare, e le ombre non poté fare a meno di notare quanto fosse bello. I suoi lineamenti erano puri, linee vaganti nel posto giusto. La sua mascella spigolosa, così come il suo naso appuntito, erano equilibrati e ben coesi all'orizzonte. Nemmeno Luigi aveva mai visto una cosa così bella.

“Vieni, devi goderti a pieno quello che significa” lo afferrò per un polso in un gesto inconsulto e lo trascinò verso la battigia, dove sapeva che avrebbe trovato l'acqua ghiacciata. “L'acqua è fredda, ma ti abituerai presto” gli fece un occhiolino e corse, esattamente come stavano facendo i fratelli Styles.

La sabbia fredda andò ad incastrarsi fra le dita dei suoi piedi, facendolo saltare sul posto come se avesse appena avuto a che fare con una cosa brutta. Luigi rise di quella reazione come anche i bambini, che non poterono fare a meno di prendere in giro il fratello più grande.

“Non pensavo che sarebbe stato così...”

“Piacevole?” concluse Luigi per lui, in un sorrisetto soddisfatto. Vedere il riccio così rilassato e contento lo fece stare meglio. Non aveva mai pensato di poter trovare altri amici al di fuori di Tony – che non lo era più – ma evidentemente si era sbagliato. Harry sapeva ascoltare, era bravo a percepire le emozioni delle persone, sembrava essere fin troppo empatico con chi si trovava di fronte e la sua presenza iniziava a piacergli più del previsto.

Il riccio annuì e respirò a pieni polmoni l'aria fresca e dai forti odori, rilassando ogni muscolo. L'America non sarebbe mai stata in grado di regalargli quel panorama, ma soprattutto un Luigi.

Lo guardò, seguendo ogni suo movimento, trovandoci dentro tanta grazia tanto quanta forza. Le sue braccia sembravano essere state scolpite nel marmo, proprio come il suo intero corpo. Guardarlo in maniera insistente non era educato e nemmeno piacevole delle volte, ma non poteva privarsi di quel godimento. E non era del tutto colpa sua, il suo corpo parlava, urlava, e lui aveva voglia di rispondere.

“Vieni, sediamoci qui” la voce di Luigi spezzò quel piccolo momento di trance, riportandolo sulla terra ferma. Il mezzo sorriso del ragazzo lo spinse a seguirlo sulla sabbia, sedendosi accanto a lui – non prima di essersi accertato che i suoi fratelli stessero bene e non si avvicinassero troppo all'acqua.

Il silenzio fra loro non era fastidioso, nemmeno rumoroso. Era piuttosto gradevole e non metteva a disagio nessuno dei due, era facile e rilassante. Il passare dei minuti fece socchiudere gli occhi di Harry, fino a stendersi all'indietro sui gomiti e godersi ciò che quello aveva da regalargli. Luigi lo studiava e gli sorrideva di tanto in tanto, lasciandosi ronzare le orecchie dalle urla di gioia dei più piccoli che non facevano altro che costruire e distruggere castelli di sabbia. Si erano sporcati tutti, probabilmente avrebbero dovuto fare un bagno lunghissimo per eliminare tutta quella sabbia che avevano sin dentro alle mutande, ma non aveva importanza: erano felici.

“La prima volta che sono venuto al mare ero insieme ai miei genitori. Mi hanno trascinato in spiaggia contro la mia volontà, non mi piaceva moltissimo l'acqua” la voce melliflua di Luigi gli fece poggiare lo sguardo sul suo viso. “Allora ero solo un bambino con fin troppe paure, però è bastato vedere questo per rendermi conto di quanto fossi stato stupido. Lo senti anche tu quel brivido sulla pelle quando un'onda sbatte e ritorna indietro? Non è meraviglioso?” chiese.

Harry non seppe esattamente cosa dire in quel momento, poiché lui aveva sempre desiderato vedere il mare e non aveva mai avuto paura dell'acqua. Però aveva ragione, anche lui sentiva quel brivido sulla pelle, come una leggera scossa che gli regalava piacevoli guizzi di beatitudine.

“Era da un po' che volevo portarti qui” gli confessò, avvertendo solo silenzio dalla sua parte. “Sapevo che ti saresti innamorato subito, posso vederlo dai tuoi occhi” e ritrovandosi faccia a faccia, un altro tipo di brivido scavò la loro pelle.

Rimasero a guardarsi, con quegli occhi carichi e un po' persi fra un'onda e un'altra. In quelli azzurri di Luigi c'era il mare, quello in cui si poteva entrare senza temere di affogare davvero, limpido e calmo apparentemente forte ma in realtà così fragile da infrangersi tutte le volte contro una scogliera; dentro quelli verdi di Harry c'erano gli alberi di arance e limoni, quel colore che andava a mescolarsi alle immense distese di campi, con l'odore di zagare e frutta fresca. Nei loro occhi c'era la Sicilia.

Le loro dita si sfiorarono per sbaglio, a palmo aperto contro la sabbia per tenersi ancorati a terra, senza la voglia di allontanarsi. Il mignolo di Harry cercò il suo e senza rendersene davvero conto si ritrovarono a incastrarsi nel più totale silenzio. Non avevano bisogno di parlare per capire che quello era ciò che avevano desiderato. Harry ne era sempre più convinto.

Luigi si avvicinò, desiderando poggiare la testa sulla sua spalla e rimanere ancora un po' in quel modo senza che nessuno li disturbasse. Peccato che i loro desideri vennero mandati in fumo dall'arrivo ciclonico della piccola Gemma, che travolse Luigi come una furia.

Scoppiarono a ridere ma niente poté salvarla dalle mani di Luigi, che la solleticarono senza alcuna pietà. Harry guardò quella scena con il cuore pulsante nel petto, quasi a volergli scappare via. Vedere quei due giocare in quel modo aveva mandando in confusione il suo cervello oltre che il suo organo pulsante.

Forse si era sbagliato, forse la cosa più bella mai vista era proprio quella che gli stava urlando aiuto e schiamazzava come un bambino fra le grinfie del cattivo.

 

-

 

La sua stanza non era mai stata tanto in disordine come quella mattina. I suoi nonni lo avrebbero rimproverato se fossero stati presenti. Per di più, Gemma aveva lasciato le sue bamboline di pezza sparse sul suo letto e per terra, schiacciandole irrimediabilmente.

Sbuffò e raccattò tutto ciò che vi era in giro, per non far arrabbiare nessuno. Il suo letto sembrava essere stato testimone di una guerra silenziosa avvenuta nella notte, con il lenzuolo aggrovigliato e la coperta di cotone ai piedi del letto. Doveva aver avuto caldo quella notte e lo spiffero d'aria dalla finestra non era stato abbastanza fresco da evitargli di sudare. Sperava solo che la sua piccola sorellina non avesse avuto freddo. Non voleva farla ammalare.

Si chiuse in bagno poi, decidendo di darsi una rinfrescata. Si fece scivolare di dosso il suo pigiama e guardò il suo corpo in quello piccolo specchio rotondo sopra il lavandino. Era leggermente maculato, segno che avesse avuto qualche reazione allergica indesiderata, ma non gli diede troppo peso. Aveva bisogno di darsi una sciacquata prima di correre per la borgata ed incontrare Luigi. Era curioso di conoscere qualcosa di nuovo, aveva promesso che gli avrebbe insegnato qualcosa di più in italiano.

Le tendine scure davanti la finestra non gli permettevano di respirare. Erano fin troppo cupe ed Harry aveva voglia di sentire il Sole sulla sua pelle. Perciò le scostò cauto e fissò oltre, in cerca del calore che aveva tanto desiderato. Peccato che i suoi occhi si posarono su altro.

Fino ad allora non si era mai reso conto che quella parte di casa desse proprio sulla casa di Luigi, ancora meglio, sul suo bagno.

I suoi occhi verdi saettarono sull'improvvisa figura del ragazzo in questione, venuto fuori senza alcun preavviso. Era a petto nudo e delle righe sulle braccia facevano notare la sua terribile abbronzatura. Si bloccò senza rendersene conto, con le labbra schiuse e più curioso che mai. Non avrebbe dovuto, forse, non era il caso di osservare un atto tanto intimo – forse proprio per quello sua nonna aveva messo delle tende tanto spesse alle finestre – ma non poteva farne a meno.

Il corpo di Luigi era più di ciò che aveva sempre immaginato. Non era la prima volta che lo vedeva, ma in quel momento aveva tutto il tempo del mondo per fermarsi ad osservarlo per come meritava. E notò subito la sua vita stretta, in netto contrasto con le spalle più larghe, il viso spigoloso come le sue scapole. Era un concentrato di angoli e nonostante ciò, aveva delle linee ben marcate sul ventre che non lasciavano spazio ad altro se non a un fisico perfetto.

Il ragazzo si piegò ed Harry si rese conto che si fosse appena tolto di dosso i pantaloni. Notò le sue spalle flettersi a quel gesto, i muscoli tendersi. Il suo sguardo cadde, inevitabilmente, sul suo sedere rotondo. Arrossì, le sue guance si infuocarono al pensiero che stesse guardando una cosa del genere. Mai avrebbe pensato di poter essere tanto indiscreto, tanto curioso di osservare una persona in un bagno. Ma quella non era una persona qualunque, era Luigi.

Non riusciva a capire come potesse trovare attraente un corpo maschile, quando aveva avuto l'occasione di conoscere un paio di ragazze in città. Ma non aveva voglia di spiegarselo, né di domandarselo. Era troppo focalizzato su ciò che vedeva per poter pensare lucidamente.

Luigi entrò nella vasca immergendo solo un piede, il suo corpo flesso per tastare che l'acqua fosse della giusta temperatura. Harry ingoiò un groppo di saliva, avvertendo quel senso di pudore che per un attimo lo aveva abbandonato, voltandosi.

Non poteva guardarlo.

Così decide di darsi una sciacquata al viso, afferrando la saponetta e facendosela scivolare fra le mani con un gesto fin troppo veloce e nervoso. L'acqua ghiacciata gli diede un brivido ma questo non lo fermò dal continuare a gettarne ancora sul suo volto in fiamme. Afferrò maldestramente un asciugamano e se lo passò in maniera rude in viso, volendo quasi scorticarsi per ciò che aveva fatto.

Non era da lui. Per quel motivo, si avvicinò nuovamente alla finestra ed afferrò i due lembi della stoffa pesante, per poterli chiudere. Ma non riuscì a farlo nell'immediato. I suoi occhi caddero nuovamente sul corpo di Luigi, immerso in acqua.

La sua testa era malamente poggiata sul bordo della vasca, esattamente come le sue braccia, avrebbe potuto benissimo somigliare ad uno dei suoi quadri preferiti, la Morte di Marat. Ma smise immediatamente di associare Luigi, quella beltà, ad una cosa tanto drammatica come quel quadro. Le sue mani stringevano la vasca e sbuffi di schiuma sul suo volto e sulle sue braccia lo rendevano ancora più bello. Inclinò il capo da un lato, guardando il suo corpo muoversi poco dentro l'acqua, lasciandola trasbordare fino in terra.

In quel momento avrebbe tanto voluto essere lì con lui, potergli sfiorare anche per sbaglio quel gomito spigoloso, addirittura aiutarlo con una spugna sulla schiena. Quei pensieri così affilati come lame lo punsero poco a poco fino a farlo sentire straziato. Richiuse la tenda con un gesto secco e si appoggiò contro il lavandino, tentando di riprendere fiato. Ne era rimasto senza da quando aveva iniziato a guardarlo. Ma riconquistare lucidità lo aiutò anche a riprendere la decenza, cercando così di cancellare ciò che aveva visto.

Mai avrebbe potuto pensare di potersi imbattere in una cosa del genere, mai avrebbe potuto pensare che in realtà guardare Luigi gli desse fame, tanta voglia di andare per terre inesplorate e che lo facevano sentire, per la prima volta, davvero vivo.

 

-

 

Harry non aveva alcuna idea di dove fosse finito Luigi. Aveva lasciato i suoi fratelli in cortile assieme ad altri bambini, allontanandosi per poter continuare a curiosare indisturbato. Non aveva alcuna guida ma non pensava di averne bisogno. Era passato ormai abbastanza da potersi orientare senza perdersi. E non era così difficile gironzolare per la borgata, alla fine tutte le strade riportavano al cuore pulsante di quel posto.

Molto silenziosamente aveva percorso tutte le strade, passando sotto ai balconi delle case, salutando qualche gentile signora che gli sorrideva e qualche uomo anziano che voleva di sicuro dirgli qualcosa, senza successo.

Quando attraversò l'arco, si ritrovò proprio al centro di tutto, lasciandosi ammaliare dalle porte dipinte di azzurro esattamente come alcuni di quegli enormi vasi che rallegravano ogni centimetro di quelle case. Pale di ficodindia pericolosi rendevano comunque tutto più caratteristico. Alle signore piaceva adornare qualunque cosa di fiori, per quel motivo i suoi occhi non facevano altro che balzare da grasta a grasta, da porta a porta.

Inoltrarsi sempre più in quel posto era bello e nel silenzio più totale poteva assaporare quello che più gli sarebbe mancato se fossero tornati in America. Non avrebbe sentito tutti quei profumi, non avrebbe avuto il calore di quella gente e non avrebbe avuto nessun Luigi a portarlo in giro con entusiasmo.

Non sapeva nemmeno se volesse tornarci, a casa. Le cose non erano facili, i suoi nonni paterni avevano protestato in maniera dura a quella decisione sconsiderata di sua madre ma Harry temeva davvero che potesse succederle qualcosa, qualcosa che non avrebbe potuto controllare. Si era opposto, avrebbe tanto voluto restare a casa con lei ma era stata perentoria e suo nonno Salvatore non aveva esitato nemmeno un po'. Forse perché nel profondo suo padre non gli era mai davvero piaciuto.

I suoi fratelli avevano preso quel viaggio come una vacanza ed era felice di sapere che nulla li avesse turbati. Lui un po' lo era stato, un po' aveva dimenticato quei problemi e un po' aveva ripensato a come poter risolvere la situazione. Per fortuna sua madre chiamava spesso per far sapere loro che andava tutto bene e che tutto si sarebbe risolto presto, quello un po' lo tranquillizzava ma non vederla un po' gli spezzava il cuore. Sua madre gli mancava terribilmente.

E camminando non si era nemmeno reso conto di trovarsi fra alberi di arance. Immediatamente, il profumo gli invase i polmoni. Ripensò a Luigi ed un piccolo sorriso si fece spazio sulle sue labbra, immaginando i suoi occhi luminosi mentre parlava di qualcosa che pensava potesse interessargli. E ad Harry interessava tutto.

Poco lontano, sotto ad un albero, notò una sagoma poggiata con una mano ad un ramo. Quando si rese conto che fosse Agata e che fosse piegata sulle proprie ginocchia, corse verso di lei senza nemmeno pensarci.

“Agata?!” la chiamò, mentre vomitava. La ragazza aveva gli occhi rossi e il naso che pizzicava ma nonostante ciò si voltò ad osservare Harry, che le mise le mani sulle spalle come a volerla confortare. “Stai bene?” riuscì a chiederle.

Sì, grazie, sto bene” provò a rispondere lei, mentre cercava di tirare fuori la voce. Delle lacrime le erano scivolate sulle guance e di sicuro non erano solo conseguenza del suo rimettere. Harry poté capirlo dall'azzurro dei suoi occhi tanto cristallini quanto vacui.

Posso fare- qualcosa per te?” balbettò cercando di azzeccare le parole. Lei scosse la testa, forse un po' allarmata e si ripulì con un fazzoletto che aveva nella tasca, evitando il suo sguardo scrutatore. Sapeva che, se gli avesse permesso di scavarle l'anima avrebbe trovato paure e verità che non era ancora pronta a rivelare.

Tranquillo me ne vado a casa, sarà stato qualcosa che ho mangiato” lo rassicurò ma dallo sguardo del riccio pensò che non avesse del tutto capito cosa gli avesse appena detto. In realtà, Harry la stava guardando da un po', osservandone ogni più piccolo particolare e capendo anche il perché Luigi l'avesse amata così e continuasse a farlo. Agata era bella, era luminosa ed aveva un corpo che chiunque avrebbe desiderato. I suoi capelli brillavano ed i occhi erano chiare lune da guardare nelle notti più desolanti. Sembrava un'isola sicura, Agata.

“Okay, vai a casa e riposa” le disse, facendole un sorriso. Qualche volta aveva provato gelosia nei suoi confronti, non poté non ammetterlo a sé stesso in quel momento, perché era bella ed era dolce. Cose che avrebbero fatto impazzire chiunque. E perché Luigi era stato suo e in qualche modo continuava ad esserlo, avvertiva il legame speciale che li univa e non poteva non desiderarne uno così intenso, viscerale, anche lui.

La ragazza lo guardò un po' con incertezza ma evitò di fare delle facce infastidite. Con lo sguardo gli chiese di non dire nulla, anche se effettivamente non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire. Non sapeva nemmeno lei cosa pensare.

Harry tacque in ogni caso, consapevole che, qualunque cosa fosse, sarebbe stata lei a parlarne con chiunque ne avesse voglia. Per quella ragione le regalò l'ennesimo sorriso e la guardò allontanarsi, forse un po' barcollante.

E dopo essere stato ad osservare gli alberi e il panorama, decise di tornare indietro. Esplorava con attenzione ogni cosa, soprattutto dove metteva i piedi, fino a raggiungere nuovamente casa di suo nonno, dove i piccoli stavano giocando con un pallone dall'aspetto pesante. Gemma aveva un leggero broncio sulle labbra, perché era stata esclusa ma vedere Harry le illuminò il viso.

“Haz!” urlò e corse verso di lui, contenta di vedere un volto familiare. Lui la prese al volo e la tenne fra le braccia sbaciucchiandola un po', come faceva spesso quando la metteva a letto. “Non mi fanno giocare” protestò con evidente noia.

“Facciamo una passeggiata, va bene?” propose. “Cerchiamo Luigi” continuò per poterla convincere. E quello bastò per farle smuovere le gambette per farsi mettere giù. Il riccio le diede un morsetto sulla guancia prima di metterla sui suoi piedi e seguirla. Era veloce per essere uno scricciolo ma vederla così concitata al pensiero di trovare il suo Gino lo faceva sorridere. Non si capacitava ancora del potere che quel ragazzo aveva suscitato su sua sorella. E su di lui.

“Fai piano!” le urlò dietro, nella speranza che le desse ascolto, almeno lei.

“No!” fu però la sua risposta. Harry scosse semplicemente la testa, perché sua sorella era esattamente come lui.

 

-

 

Le settimane avevano cominciato a trascorrere senza che nessuno di loro se ne fosse davvero reso conto. Harry aveva preso del tutto confidenza con quel posto, con quella gente e con la città, i fratelli Styles sembravano finalmente essere entrati ufficialmente a far parte di quella enorme famiglia, di soppiatto e nel totale silenzio.

Luigi quella mattina si era svegliato piuttosto allegro. Era corso immediatamente fuori e poi si era diretto verso casa di Salvatore. Senza pensarci più di tanto aveva iniziato a lanciare dei sassolini alla sua finestra, sbuffando impaziente. Forse Harry aveva un sonno parecchio pesante, ma doveva darsi una mossa se non volevano perdersi l'opportunità di andare in centro.

Dopo qualche minuto di troppo, il volto stralunato del riccio venne fuori insicuro dalla finestra, un po' come aveva fatto anche Luigi quando Harry e i suoi fratelli erano appena arrivati in Sicilia. “Che succede?” chiese con voce impastata.

Luigi gli sorrise e gli fece un eloquente gesto con la mano che lo spingeva a scendere in fretta. Harry, nonostante il sonno a pizzicargli le palpebre, aveva capito. E non poteva dire di no ad un sorriso del genere, ad un entusiasmo che non aveva mai visto prima.

Il maggiore aspettò poggiandosi ad un muro per rollarsi una sigaretta. Nel frattempo, dall'altro lato della casa un rumore si fece spazio nel silenzio del mattino. Luigi sbuffò perché non pensava che potesse essere così in anticipo. “Coraggio Harry, muoviti!” lo incitò a quel punto.

Il riccio sbuffò, gettandosi dell'acqua sul volto malamente. Sua nonna lo guardò ma non fece domande, avendo sentito la voce di Luigi fuori. Afferrò una fetta di pane bagnata con lo zucchero e corse fuori. Non aveva idea di ciò che aveva indossato, per via della fretta, ma Luigi doveva essersi impegnato tanto.

Non l'aveva notato prima, colto alla sprovvista, ma aveva una coppola sulla testa e la sigaretta incastrata fra le labbra. Tirava forte e sputava fumo come una ciminiera, non potendo fare a meno di guardarlo. Il groviglio allo stomaco venne alimentato da quel suo essere così perfetto nonostante non rispettasse nessun codice di moda.

“Finalmente!” si animò in sua direzione e con un'ultima boccata spense la sigaretta e la rimise nella tasca del suo pantalone marrone scuro. Il riccio ebbe giusto il tempo di pronunciare un “buongiorno” smozzicato che si ritrovò travolto dalle sue mani a trascinarlo chissà dove.

“Dove stiamo andando?” chiese infatti, attraversando un arco piuttosto alto, trovandosi più o meno davanti casa della signora Rosa. Harry, tutte le volte che vedeva quel posto non smetteva mai di stupirsi, nonostante lo avesse girato tutto c'era sempre qualcosa di nuovo da vedere e scoprire.

“A fare un giro in città, devo farti vedere una cosa” con un sorriso smagliante, Luigi si diresse a passo spedito verso il signor Carmine, che sembrava più annoiato che altro.

Harry guardò quello che aveva davanti e aggrottò le sopracciglia poco convinto. Luigi saltò e si sedette su quello che sarebbe dovuto essere il loro passaggio verso il centro. “E' un'Ape, salta su” lo esortò il maggiore, che gli tese una mano. Il cassonetto del motocarro era di un azzurro un po' arrugginito e sbiadito, non proprio rassicurante agli occhi dell'americano. Ma contagiato dal sorriso di Luigi si sedette, accettando la sua mano d'aiuto – nonostante non ne avesse per niente di bisogno, vista la sua altezza.

Si ritrovarono seduti con le gambe penzoloni su un'Ape un po' troppo vecchia e un po' maleodorante ma non aveva alcuna importanza, se quello significava far sorridere così tanto Luigi. Di tanto in tanto si ritrovavano a balzare per una buca o per una pietra, portando così Luigi a ricordargli di tenersi alle sponde del mezzo per non scivolare via.

Mentre passavano per le viuzze del paese, mani volanti salutavano Luigi e altre gli urlavano cose di cui Harry non aveva capito un bel niente. Ma si godeva la vista del mare e l'odore del pesce appena pescato, le urla provenienti dal mercato vicino e i chiacchiericci di uomini e donne che con tutta probabilità si stavano recando in Chiesa.

Arrivammu”, il Signor Carmine batté una mano sul tettuccio dell'Ape e Luigi saltò giù immediatamente, ancor prima che il motocarro si fermasse del tutto. Harry attese invece di poter mettere correttamente un piede dietro l'altro, goffo com'era sarebbe stato capace di ruzzolare su quell'ammesso di ghiaia e polvere.

Grazie Signor Carmine, sabbinidica!” urlò Luigi, guardando Harry mettere finalmente giù tutto il suo corpo. Il riccio lo guardò un po' storto, cercando di capire cosa gli avesse appena detto. Era certo che fosse qualcosa in siciliano e si incuriosiva ogni volta che ne sentiva una.

“Che c'è?”

“Cosa gli hai detto?”

Sabbinidica? E' un saluto. E' un segno di rispetto nei confronti delle persone anziane o che contano. Tradotto sarebbe che il Signore ti benedica” gli spiegò, esaurendo la sua curiosità. Gli occhi di Harry si illuminavano ogni volta che veniva a conoscenza di qualcosa di nuovo. Il suo bagaglio culturale continuava a crescere e ad arricchirsi grazie a Luigi. Prima di partire non aveva nemmeno pensato all'ipotesi che potesse esserci qualcuno che lo mettesse al corrente della vita siciliana dei suoi nonni se non i suoi nonni.

“Sabbi-” tentò di ripetere, facendo ridacchiare Luigi che, come Tony allora, non resistette all'impulso di prenderlo un po' in giro. Gli ripeté la parola più volte fino a che, con un accento curioso e parecchio sgangherato, riuscì a dirlo con più scioltezza.

“Impari in fretta” gli sorrise con quasi dolcezza e gli fece strada, passando per un viale lastricato molto grossolanamente.

Il naso all'insù era ormai una cosa tipica di Harry, non poteva fare a meno di stare guardare ciò che aveva attorno, con quella curiosità luminosa in quegli occhi così verdi da fare invidia.

Sotto all'insegna di un bar, dalle tendine scostate ai lati, c'era un tavolino a cui vi erano seduti degli anziani che fra un sorso di quello che sembrava amaro e un altro giocavano a carte. Vicino ad una vecchia fontana, un lustrascarpe era inginocchiato sul proprio cliente e in un angolo della strada un piccolo carretto attirava particolarmente l'attenzione di Harry, ne proveniva un profumo così intenso da fargli venire un crampo allo stomaco per la fame.

“E' un panellaio” la voce calda e bassa di Luigi al suo orecchio lo fece rabbrividire. “Appena finiamo quello che dobbiamo ti faccio assaggiare una mafalda con le panelle e tanti dolci” gli fece un occhiolino, lasciandolo perplesso ma questo non gli impedì comunque di fare qualche passo avanti e notare qualcosa che sfrigolava e incuriosiva ancor di più il ragazzo. Aveva già iniziato ad avere molta fame, forse perché Luigi non gli aveva permesso di fare un'appropriata colazione.

“Sono delle frittelle con farina di ceci, le mangeremo dopo o non arriviamo in tempo” e detto quello lo afferrò per un polso – iniziava ad essere un vizio – e portarlo oltre tutta quella calca di gente che per qualche motivo si aggiravano per quelle strade come anguille.

Harry era estasiato nel notare quanto fossero caratteristiche quelle case, con balconi fioriti, alberelli di limoni in vasi di ceramica grezza davanti le porte e vecchie affacciate alle finestre con occhi curiosi. Harry avrebbe potuto benissimo identificarsi come uno di loro.

Alla fine della strada, svoltando alla loro sinistra, si ritrovarono su una sorta di piccola piazzetta, con al centro una grossa fontana ed un tritone a farne capolino impavido e potente. Harry respirò, sentendosi quasi libero, e notò tutto ciò che circondava quello spazio vuoto.

Dei ragazzini se ne stavano seduti sulle scale di quello che doveva essere il Duomo, passandosi dalle mani una trottola; accanto ad un negozio di cappelli, una vecchia signora sembrava concentrata nel ricamare quelle che sembrava una coperta; e sotto agli occhi azzurri di Luigi si ergeva imperiosa una facciata con dei capitelli dorici, fregi e arcate che non aveva mai visto.

“Andiamo” Luigi gli diede una spallata, superandolo e lasciandosi seguire. Alla fine entrarono spingendo il pesante portone di legno, dirigendosi verso un freddo corridoio che lasciava dietro solo l'eco dei loro passi. Il maggiore si avvicinò ad un bancone e pagò per avere due biglietti.

“Che cosa vediamo?” chiese curioso. Luigi gli fece strada fin dentro a quella che sembrava una piccola stanza, fatta solo di pietre spesse e grezze, il soffitto pieno di archi e al centro un palco molto piccolo, con dei drappi rossi alle sue estremità.

Presero posto su delle panche, notando solo altra poca gente assieme a loro, facendosi penetrare dal freddo che portava quel posto e la suggestione palese.

“E' un teatro dei Pupi Siciliani. Ora vedremo una rappresentazione di Orlando e Rinaldo che lottano per l'amore di Angelica” gli spiegò, con occhi luminosi come se ne fosse orgoglioso. “Vedi quel vuoto? Là dietro ci sta il puparo, ovvero colui che ha costruito i pupi e che ne tira le fila. Hai presente i burattini, no? Ecco, i pupi sono proprio così, hanno un'asta metallica collegata alla testa che a sua volta è collegata ad uno snodo che permette di muovere così braccia a gambe, con più fili. E' una cosa straordinaria” il modo in cui ne parlava, con tutta quella passione e gioia facevano sentire Harry piccolo.

Luigi aveva sempre amato quel tipo di spettacoli, sin da piccolo, da quando i suoi genitori lo avevano portato lì per la prima volta. A quei tempi non aveva del tutto capito cosa dicessero, il perché si muovessero in quel modo, la storia dietro – e non solo per la lingua che ancora smozzicava. Crescendo però ne aveva realizzato un'abitudine ed il fatto che il pubblico delle volte partecipasse attivamente allo spettacolo lo entusiasmava ancora come quando era un bambino.

Quando lo spettacolo iniziò, il ragazzo non poté non raccontare al suo orecchio ciò che stava accadendo. Della fuga di Angelica dai numerosi corteggiatori, tra cui anche Orlando. Di come Rinaldo, uno dei paladini di Francia, inizialmente odiasse Angelica e di come alla fine se ne fosse innamorato follemente. E della lotta di Rinaldo e Orlando, a colpi di spada, per l'amore della donna. Ma che alla fine si era trovata ad innamorarsi di un semplice saraceno, Medoro, portando Orlando alla follia.

Harry ne rimase attratto, non solo dalle voci dei Pupi, dai duelli e dalla bellezza dei costumi intessuti sui corpi dei burattini, ma anche da Luigi che gli raccontava tutto al suo orecchio, facendolo sospirare. Ogni parola era un brivido, sempre un po' di più.

Il fatto che fosse a conoscenza di una cosa così bella e caratteristica lo spingeva vicino a lui. Era affascinante ed intelligente. Scivolò sulla panca, fino a trovarsi a toccare la coscia con la sua.

Luigi in un primo momento parve non accorgersi di quei piccoli movimenti, così poco studiati e mossi dall'ingenuità. Era concentrato nel non far perdere il filo della storia al ragazzo, cercando di non scordare alcun dettaglio e mandarlo in confusione. Le sue labbra sfioravano lentamente il suo lobo, e di tanto in tanto si trovava a toccare con la punta del naso la sua guancia o ad immergersi fra i suoi ricci aggrovigliati. Il profumo che emanava era dolce, forte e terribilmente persuasivo. Credeva di poter evitare di pensarci, ma più se ne stava vicino al suo orecchio e più le sue labbra si muovevano in maniera sinuosa, senza rendersene più ormai conto.

Harry strinse le mani in due pugni sulle proprie gambe, sentendo una strana pressione crescere non solo nel suo stomaco, ma anche più giù. Lo spettacolo non sembrava più essere così interessante come prima, la distrazione era arrivata senza che se ne rendesse conto.

Un scroscio di applausi li risvegliò da quella bolla in cui si erano chiusi, cercando di capire cosa fosse davvero successo fino a quel momento, dato che Luigi aveva persino smesso di parlare ed era rimasto a sfiorare la sua pelle con delicatezza.

Applaudirono allo stesso modo, ascoltando i ringraziamenti del puparo, ma senza metterci l'enfasi che avrebbero potuto se non fossero stati distratti da loro stessi.

“Che ne pensi se andiamo a mangiare qualcosa?” gli propose poi, alzandosi in piedi. “Ti avevo promesso delle panelle e qualche dolce, mi pare” sorrise ma qualcosa nella sua voce aveva preso una nota stonata. Forse fastidio per essere stato interrotto, forse confusione per quello che aveva fatto, forse paura per le sensazioni che aveva provato sfiorando Harry.

Il riccio annuì e lo seguì fuori dal teatro, trovandosi a respirare nuovamente aria fresca. Dovevano essere rimasti giusto un paio d'ore dentro, perché nessuno passeggiava più per la piazza. Era giunta l'ora di pranzo.

Il silenzio si protrasse un po' troppo a lungo fra loro, lasciandoli a numerose domande senza risposta alcuna. Ma nessuno dei due aveva davvero voglia di parlare in quel momento, le sensazioni che avevano provato sfiorandosi erano state troppo forti per accantonarle e riempire gli spazi di futili parole. Non ne avevano nessun bisogno, l'aria attorno disegnava già abbastanza per loro.

Giunsero finalmente al carretto e Luigi tutto contento ordinò qualcosa dal nome divertente, perché una leggera risatina gutturale risalì dalla gola del riccio, coprendosi le labbra con una mano.

“Allora, che cosa te ne pare dello spettacolo?” chiese il ragazzo, appoggiandosi contro un muro semi-coperto dall'edera. La scioltezza con la quale compì quel gesto fece posare lo sguardo dell'americano sulla sua figura, concentrandosi sui suoi muscoli che si gonfiarono leggermente.

“E' una cosa straordinaria davvero, non avevo mai visto una cosa del genere” gli occhi verdi si illuminarono di pura verità, si era divertito inizialmente, aveva quasi partecipato attivamente come i restanti del pubblico e si era appassionato alla storia travagliata dei tre protagonisti.

“Da piccolo ci passavo letteralmente delle ore lì dentro. Ho conosciuto addirittura il puparo per eccellenza, che è venuto a mancare qualche anno fa. Pace all'anima sua” si fece un veloce segno della croce, poggiandosi le dita sulle labbra in un saluto. Harry non poté fare a meno di pensare che quelle stesse labbra qualche minuto prima avessero toccato la sua pelle, accaldandolo.

“Non pensavo che qui mi sarebbe piaciuto” confessò Harry. In diciotto anni di vita non aveva mai avuto il piacere di volare dall'altra parte del mondo, fino a giungere nell'entroterra siciliano.

Luigi afferrò la prima mafalda, porgendola ad Harry che guardò ciò che gli venne passato fra le mani sbigottito. L'odore era buonissimo, esattamente come l'aspetto. Altro non era che un panino dalla crosta dura e dal cuore morbido, ripieno di panelle e crocchette di patate, sale e una spruzzata di pepe e limone.

“Perché pensavi di no?” gli chiese, mentre lo guardava di sottecchi e sorrideva per la sua espressione che era un misto di perplessità e fame. Nessuno sarebbe mai sfuggito alla bontà del pane e panelle.

Quando gli venne consegnata anche la sua mafalda ed ebbe pagato si spostarono verso un muretto non troppo lontano, sotto al sole che leggero li accarezzava. Harry si sedette facilmente mentre Luigi fu costretto a fare un piccolo saltello per arrivarci, tenendo fra le labbra una crocchetta in bilico.

“Assaggia e dimmi se non è un'opera d'arte” gli sorrise nell'attesa del responso del pasto e della risposta alla domanda precedente. In fondo Harry gli aveva rivelato poche cose sul suo conto e più il tempo passava più la curiosità cresceva.

Harry, sotto al suo sguardo limpido e trepidante, mordicchiò delle panelle che fuoriuscivano dalla mafalda, fin troppo grande per poterla mordere come un normalissimo panino. I siciliani, da quello che aveva potuto constatare, avevano l'abitudine a riempire la qualsiasi. Il cibo era sacro.

Diede un morso e qualche mugolio gli scappò dalla bocca piena, socchiudendo gli occhi. “Oh Dio” mormorò. “Voi siciliani siete meravigliosi, decisamente” asserì convinto. Da quando era arrivato doveva già aver messo su qualche chilo di troppo, il suo ventre piatto iniziava a prendere delle pieghe fastidiose. Ma rinunciare al cibo sembrava un sacrilegio.

“Allora ti sei ricreduto”

“Sì. E non solo per il cibo” fece e dal nulla gli fece una confessione che probabilmente prima non avrebbe fatto. Con Luigi si sentiva a casa, abbastanza da poter parlare liberamente di qualsiasi cosa gli passasse per la testa. “Pensavo di trovare un brutto posto, forse malandato e pieno di zoticoni. Non so perché avessi un'idea tanto retrograda della Sicilia”. Nel dirlo, abbassò la testa.

Luigi lo capiva, in fondo. Quando era arrivato in quel posto – e da allora di cose ne erano cambiate parecchie – aveva creduto di trovarsi nel posto peggiore del mondo. Aveva creduto fermamente che quella non potesse essere casa sua. Aveva pianto molto, tanto da far credere ai genitori di aver compiuto la scelta sbagliata. Ma nei mesi a seguire aveva trovato la complice compagnia di Tony e Agata, anni e anni dopo l'amore e alla fine non aveva desiderato altro che quel posto e quelle persone.

“Non preoccuparti Harry, nemmeno per me è stata una passeggiata” e con una sola occhiata gli fece sapere che non avesse ragione alcuna per sentirsi tanto in difetto per aver anche solo pensato una cosa del genere.

“Com'è stato crescere qui?” gli chiese a quel punto.

Luigi mordeva beatamente la sua adorata mafalda, godendosi il sole e il leggero venticello caldo che gli scombinava i capelli. L'aria, seppur umida, era piacevole prima dell'arrivo dell'estate torrida. Ed il fatto che ad accompagnare quella piacevole sensazione ci fosse anche un sottofondo marino, a riempire il silenzio, era paradisiaco. Non avrebbe mai potuto lasciare quel posto.

“Non molto facile. Da bambino ero timido, perlomeno all'inizio. A scuola ero quello nuovo che non conosceva la lingua, come pensi che mi sia sentito? I miei genitori mi hanno tenuto in casa qualche anno in più perché ero sempre messo da parte, non solo dai miei compagni ma anche dall'insegnante” alzò le spalle e diede altri poderosi morsi, facendo cadere molte briciole e una povera panella.

“Per fortuna poi ho conosciuto Tony e poco dopo Agata, credo siano stati la mia salvezza. Se non mi avessero aiutato con la lingua e a socializzare un po' non credo che sarei cresciuto così” con un sospiro si sistemò meglio sul muretto. “Credimi, trovarmi in mezzo a tutta quella gente anziana che parlava in siciliano è stato anche più difficile. Li guardavo e li trovavo persone di cattiva reputazione. Per non parlare del fatto che andassero in giro con quella specie di trabiccolo. Era veramente terribile, all'inizio”.

Harry lo guardava mentre, con la bocca piena, cercava di colmare qualcosa che non era solo fame. Quando parlava del suo passato aveva sempre una strana espressione sul viso, c'erano un paio di tasselli mancanti e uno di essi doveva essere il suo amico Tony.

“Con voi sono stati più clementi” riprese alla fine, facendogli un sorriso. Con un'alzata di sopracciglia lo incitò a mangiare e a smetterla di perdersi continuamente nelle elucubrazioni della sua mente. “Voi eravate attesi, io sedici anni fa sono stato una sorpresa” alzò le spalle al ricordo di quel momento. Era piccolo ma non poteva dimenticare lo sguardo dei vicini di casa, quando lo avevano visto varcare la soglia di casa dei Caruso.

Erano partiti in due ed erano tornati in tre.

“Non ti accettavano?”

“Sì, certo che mi accettavano. E' solo che... i miei genitori non sono riusciti ad avere dei figli e per anni sono stati tormentati dai vecchi di paese che gli ricordavano che non sarebbero stati giovani per sempre. Mia madre ha avuto un bruttissimo periodo, sentiva di essere difettosa e più volte meditato di-” non riuscì a concludere ciò che stava raccontando e ad Harry bastò guardarlo per capire cosa avesse tentato di fare Caterina.

“Però sei arrivato tu, no? E tua madre sta bene” provò ad essere quanto più delicato possibile, non sapendo esattamente cosa aspettarsi da quel ragazzo. Ma il fatto che si stesse confidando con lui gli apriva il cuore un po' di più. Volta per volta scavava in profondità, senza poterlo fermare. E forse non ne aveva nemmeno voglia.

“Non mi hanno mai davvero raccontato quella parte di storia, però sì. In realtà erano finiti in America per un importante dottore e sono tornati con me fra le braccia”

“Quanti anni avevi?”

“Sei anni. Ero proprio piccolo” tra un morso e l'altro, Luigi aveva finito la sua mafalda, mentre Harry sembrava andarci più cauto con i morsi. Se la godeva con calma e ascoltava ciò che Luigi aveva da raccontargli.

Il riccio provò ad immaginarsi un piccolo bambino dagli occhi azzurri, dallo sguardo triste e i capelli irti sulla testa farsi stretto nel suo stesso corpo. Doveva essere stato adorabile anche a quel tempo, per quel motivo Ettore e Caterina non erano stati capaci di resistere alla sua espressione.

“Io e i miei fratelli siamo qui perché mia madre ha lasciato mio padre. Le cose a casa non andavano molto bene... il nonno spera che possa raggiungerci qui” sospirò abbassando lo sguardo al pensiero che sua madre fosse ancora così lontana da loro. “E' per questo che non sappiamo quanto resteremo, se resteremo o torneremo a casa”.

“Mi dispiace” sospirò, ma era felice di vedere quel ragazzo aprirsi senza doverlo nemmeno chiedere. Quelle confessioni, fatte sotto ad un cielo del genere, così azzurro, in mezzo ad una piazza semi-deserta sembravano assumere delle sembianze immense. Spaventava entrambi, ma non tanto da farli allontanare.

Una mano di Luigi finì per poggiarsi su quella di Harry, che inaspettatamente si ritrovò a fissare stordito. In quel momento non era del tutto in grado di formulare un pensiero coerente. Nella sua mente c'era sua madre, suo padre, le loro urla e i fratellini che fingevano non ci fosse nulla; ma c'era anche Luigi che lo guardava con gli occhi limpidi e sinceri, che lo sfiorava con una delicatezza inaudita. Quel tocco l'aveva sentito dentro, fino all'anima. Aveva accarezzato le sue paure per un po' e le aveva riposte nell'angolo più remoto che esistesse nel suo corpo.

“Abbiamo molto più di quel che pensi in comune, Gino” prese un respiro. “Qual è il tuo vero nome?” chiese mentre ancora le sue dita scavavano una via verso il suo cuore. Lo stava sfiorando appena eppure quel tocco era più profondo di quanto avrebbe mai potuto pensare.

“Luigi Caruso”

“No, sai che intendo”

Il ragazzo lo guardò, non gli voleva fare alcun male, voleva solo conoscerlo meglio. Voleva solo sapere tutto su di lui, capire quel sorriso enigmatico e quello sguardo che delle volte lasciava spazio a molto più che la tristezza. “Louis. Louis Tomlinson. Così ho letto sulle scartoffie dei miei”.

“Immagino avrai fatto delle ricerche” gli chiese, mentre rifletteva sulla bellezza di quel nome così delicato e piacevole da sentire. S'addiceva alla sua persona, al suo volto, ai suoi occhi. Non seppe spiegarsi il perché, lo sentiva solo dentro.

“Sì, non ho mai trovato nulla e nessuno mi ha mai dato una mano a capire. Però ormai non ha più importanza, sono felice con la mia famiglia, sono l'unica cosa che ho”. Ed Harry era certo che fosse così, nella sua voce c'era un amore così profondo da graffiarlo. Amava in maniera viscerale Ettore e Caterina per averlo portato lì, per avergli dato una vita degna e avergli regalato tutto quell'affetto e quell'amore che forse non avrebbe mai avuto se non lo avessero preso con sé.

“Ci credi davvero?” chiese e Luigi fece una faccia perplessa. “Intendo dire, credi alle tue parole, che non importa?” non voleva mettergli nessun tipo di pensiero per la testa ma voleva scavare a fondo nella sua anima esattamente come lui stava facendo con la sua, continuando a sfiorarlo. Senza che se ne rendesse conto, le sue dita erano risalite fino al polso e lo stava sfiorando come se fosse un pezzo di cristallo.

“Sì ci credo. Se mi trovavo in un orfanotrofio significa che non ero ben voluto, no? Invece loro mi hanno preso e portato via, mi basta sapere questo” ed era vero, nel suo sguardo non c'era altro che pura verità. Doveva essersi sentito rifiutato, devastato, ferito. La Sicilia gli aveva portato l'amore, non aveva bisogno di nient'altro. “Ho da farti assaggiare qualche dolce, mi pare. Andiamo, continua a mangiare mentre andiamo in pasticceria” e con un saltello, il suo buon umore tornò a farlo splendere scacciando via quelle scure ombre che per un po' avevano adombrato il suo volto.

Harry, si sentì svuotato dall'assenza del suo tocco ma lo seguì dipingendo un sorriso sulle labbra. Adesso riusciva a capirlo un po' di più, a decifrarlo.

“Torneremo a casa rotolando?” gli chiese ridendo, mentre lo seguiva e cercava di non perdersi nulla di quel posto. Ogni particolare veniva catturato dai suoi occhi vispi, particolari che col tempo si sarebbero scolpiti nella sua memoria, nella speranza che non li avrebbe mai più dimenticati.

“Dopo i cannoli e la cassata sì” rise e lo guardò appena mentre scivolava sul basolato e girava l'angolo. Harry non poté non notare che la sua figura avesse un qualcosa di armonioso a cozzare con quello che era stato nel passato. Era certo che la voglia di conoscere la verità non gli fosse mai passata e che dentro sé ardesse vivo il desiderio di sapere perché era stato lasciato in orfanotrofio e come avessero fatto i suoi genitori a portarlo così in fretta a casa.

La pasticceria non era molto grande, come quasi tutti i negozietti in città, ma da quella piccola vetrina poté notare il tripudio di colore balzargli agli occhi. Solo osservare tutte quelle leccornie gli metteva fame. Nonostante stesse divorando la mafalda.

“Aspettami qui, faccio io” si mordicchiò il labbro ed Harry annuì, osservando la sua figura dalla vetrata, chiacchierare allegro e chiedere qualcosa indicando continuamente. L'uomo al bancone stava riempiendo un vassoio della qualsiasi e il riccio non riuscì a non immaginare altro che quei dolci sotto ai denti.

“Eccomi qua, ti senti abbastanza pronto? O facciamo prima una bella camminata fino alla spiaggia?” e mentre faceva quelle domande rideva, con una dolcezza inaudita. Quando rideva in quel modo arricciava talmente tanto il naso che gli occhi si socchiudevano, fino a quasi sparire. Con quel nasino leggermente all'insù sentiva di non poter far altro che guardarlo e scovare anche il più piccolo dei suoi particolari. Come quella triade di nei che aveva su una guancia.

“Posso farcela, ma possiamo comunque fare un giro” propose, dandogli una leggera spallata, per curiosare cosa avesse acquistato. Luigi gli porse il vassoio, aprendolo sotto al suo naso, indicando uno per uno i dolci bellamente posizionati.

“Cannoli, ravioli con la ricotta, rollò, sigaretta, cassata... che vuoi provare?” chiese mentre aveva già fra le labbra un cannolo.

“Tutto”

“Ottima scelta” e ridendo si trovarono entrambi a camminare come se nella vita non avessero fatto altro, da sempre.

 

-

 

 

Quella mattina il Sole era stato coperto da un manto di nuvole grigie, forse un po' troppo arrabbiate per non condizionare anche l'umore di chi passeggiava più o meno tranquillo per la borgata. Luigi era sempre stato uno di quelli, e in quel momento sentiva chiaramente una strana vena di tristezza velargli gli occhi e pizzicargli lo stomaco. Non aveva ancora molto chiaro il perché.

Buongiorno” lo salutò Harry con un leggiadro sorriso. Era bello come il Sole, forse anche di più, con quei capelli sempre più ribelli e quelle camicie dal dubbio gusto. L'America e la sua moda.

Non poté fare a meno di ricambiare quel suo sguardo sottile e delicato, salutandolo allo stesso modo e con una nuvola grigia in meno. “Vuoi venire con me? Devo controllare l'orto”.

“Sì” bisbigliò Harry, come se quella mattina la sua voce non volesse venire fuori. Con passo ancora incerto e barcollante lo seguì, forse un po' troppo silenzioso. Eppure, stare a sentire il solo rumore della natura era meraviglioso e non era necessario riempire quello spazio con voci indesiderate.

“Va tutto bene?” gli chiese infatti il maggiore, notando il suo perenne silenzio. Non era abituato a vederlo così, solitamente aveva sempre qualcosa da dire o qualcosa da chiedere. Si era fatto curioso e aveva desiderato terribilmente conoscere i segreti di quella borgata, conoscere il lavoro del nonno e mettere mano in qualcosa che non aveva mai visto fare prima.

“Sì non ho dormito molto stanotte, ma va tutto bene” tentò di rispondergli, aggiungendo una falcata in più per potersi ritrovare al suo fianco. Luigi era molto più basso di lui ma era anche più veloce, probabilmente abituato a correre da una parte all'altra dei campi.

“Come mai?”

“Non ne ho idea, ma stare in giardino per un po' mi ha aiutato” gli fece un sorriso e gli porse qualcosa, passandogliela sotto al naso. Era un'arancia tonda, profumatissima e dal colore veramente lucente. Luigi l'afferrò e vi affondò un'unghia per poterla sbucciare. Lo ringraziò con una occhiata e il riccio alzò le spalle continuando a muoversi al suo fianco, senza cadere fra una zolla di terra e l'altra.

“Ti manca casa tua?” chiese alla fine Luigi, cercando di essere il più delicato possibile. Harry si bloccò giusto un secondo prima di inciampare maldestramente e ruzzolare con le ginocchia al suolo. Luigi si voltò preoccupato nell'udire quel tonfo ma ridacchiò non appena lo vide con un broncio dolorante sul volto. “Ti sei fatto male?” e nel fargli quella domanda, gli porse anche una mano per aiutarlo a rialzarsi. Sapeva bene quanto fosse pericoloso camminare su quelle zolle se non si faceva attenzione o si aveva la testa per aria. Una volta caduto e battuto il dolore era crudele, le zolle erano dure quasi come pietre.

“No” bofonchiò in ogni caso Harry, cercando di spazzolarsi i pantaloni ma senza successo. Si erano rovinati, bucati proprio all'altezza delle rotule, che aveva sbattuto e in cui avvertiva un senso di bruciore tale da mordersi quasi la lingua.

“Vieni con me, ti aiuto” gli sorrise, buttando ciò che restava dell'arancia. Harry si fece aiutare, facendosi trascinare sotto ad un albero. Mugolò quando il pantalone strofinò sulla pelle lesionata ma non proferì altro, lasciando fare a Luigi. Lo vide alzargli il pantalone fin sopra le ferite, notando un ginocchio più sbucciato dell'altro. “Non stai morendo, non ti preoccupare” lo prese in giro.

Alla fine si allontanò per prendere un secchio e riempirlo d'acqua alla fontanella più vicina. Quando tornò si inginocchiò a guardarlo, così goffo e ingenuo, sorridendogli bonario. Non aveva mai conosciuto una persona così poco combinata alla natura che non gli desse fastidio. Harry era una cosa a parte, era diverso e quella sua ignoranza in materia lo portava solo a volergli insegnare tutto ciò che sapeva.

“Grazie per la meravigliosa notizia, dottore” sbuffò e lasciò che le sue mani si prendessero cura di lui. Aveva un pezzo di stoffa fra le mani, che non seppe bene identificare e che non seppe bene da dove fosse spuntato, non facendosi domande. Il dorso della sua mano sfiorò per caso la sua caviglia nuda sentendo una strana vibrazione risalirgli lungo tutta la gamba, fino a raggiungere la sua schiena.

Scattò leggermente, per il bruciore, quando Luigi gli tamponò la ferita con l'acqua ghiacciata, ma trattenne qualsiasi imprecazione volesse sfuggirgli dalle labbra. Si concentrò sulla sua testa china, sui suoi capelli leggermente chiari per via del Sole che aveva preso in quei giorni, sul docile profumo che emanava quando si spostava. In quel momento, la voglia di affondare le dita fra i suoi capelli fu forte, fin troppo, facendogli vibrare ogni fibra del corpo.

Luigi ebbe la sensazione di affogare quando toccò per la prima vera volta la sua pelle. Era morbida e soffice forse quasi quanto quella di un bambino. Lo invidiò, molto probabilmente perché non aveva mai faticato in vita sua, non si era sbucciato un ginocchio correndo e non aveva mai avuto nessun tipo di rimprovero per essersi arrampicato su un albero, mettendosi in pericolo. Ma poi ci ripensò, dicendosi che senza tutte quelle diavolerie non sarebbe stato Luigi e non sarebbe stato felice com'era.

“L'abbiamo fatta più tragica di ciò che effettivamente era” gli comunicò alla fine, riprendendosi da quello strano senso di galleggiamento, non desiderando finire con la testa sott'acqua. “Coraggio Styles, stai benissimo” con uno scatto, tenendo le mani sulle cosce per darsi uno slancio migliore, si alzò. Lo guardò sorridente e si spostò i capelli che gli erano finiti davanti agli occhi, infastidendolo. Nonostante il Sole fosse nascosto, aveva caldo, la temperatura rimaneva alta.

Harry, un po' preso in contropiede per quell'improvviso spostamento, si alzò in piedi e cercò di sistemare il suo pantalone che avrebbe dovuto buttare. Nonostante un leggero pizzico su entrambe le rotule, lo seguì, sentendosi un bambino indisciplinato al seguito del padre.

Luigi, sorridendo, si recò verso l'orto ma la sua vista aguzza adocchiò una figura sotto al portico della propria abitazione. Si fermò, poggiando la mano contro un ramo di un albero, osservando Agata tormentarsi ciocche dei suoi capelli con una spazzola. Era un gesto che le aveva visto compiere numerose volte ma quella sembrava strana, forse fin troppo violenta. Ogni colpo di spazzola sembrava più nervoso dell'altro.

Agata!” le urlò da lontano, attirando l'attenzione non solo della ragazza in questione ma anche di Harry, che gli si pose alle spalle, osservando la sua stessa scena. La ragazza sollevò la testa guardandosi attorno, avendo riconosciuto la voce di Luigi, trovandolo di fronte casa sua, fra gli alberi, con l'americano alle sue spalle.

Gino, Harry, raggiungetemi” gli urlò di rimando, senza lasciar aggiungere altro ai due ragazzi. Luigi gli fece un cenno con la testa per indicargli la direzione da seguire, spostandosi sotto agli alberi e lungo il muretto che circondava quella distesa di terra.

Il maggiore saltò agilmente sopra di esso, guardando un perplesso Harry. “Dammi la mano o questa volta una gamba te la rompi di sicuro” lo prese in giro in maniera del tutto genuina, afferrandolo per i polsi e aiutarlo a saltare su. Non appena riuscirono nell'impresa, farlo scendere fu anche peggio.

“E' meglio se ti siedi” saltò di sotto agilmente, quasi come un gatto selvatico e lo guardò con un sorriso allegro che avrebbe potuto dipingere una tela di colori. Harry sbuffò ed eseguì, lasciando penzolare le gambe oltre il muretto. “Salta giù, hai le gambe lunghe non c'è rischio che tu ti faccia male” ma mentre pronunciava quelle parole, le sue mani andarono ad assisterlo.

Si buttò di sotto con una certa sicurezza, finendo troppo vicino al corpo di Luigi, andandogli a sbattere in maniera piuttosto violenta, tanto da farlo barcollare. In proporzione, lui era molto più grosso e sarebbe stato capace di buttarlo giù con un niente ma Luigi aveva un equilibrio impeccabile, proprio per quel motivo riuscì a rimanere sui propri piedi, afferrandolo per la vita, forse anche per non cadere maldestramente.

“Non posso più lasciarti un attimo da solo che rischi di morire” gli mormorò fin troppo vicino al suo volto. Harry avvertì il suo fiato caldo e rise nervosamente, percependo le sue dita anche sopra quella stoffa fin troppo spessa della sua camicia. Il fatto che stesse soffocando di caldo probabilmente non c'entrava nemmeno più con la temperatura.

I loro occhi si incontrarono giusto un attimo primo di rimettersi finalmente entrambi sui propri piedi in maniera definitiva e darsi un contegno. Luigi gli fece strada attraversando quel breve tratto di strada che portava direttamente in casa Leonardi.

Harry non poté non fermarsi a notare quanto fosse bella casa di Agata. All'ingresso vi erano due piante verdi e rigogliose dalle larghe foglie e il viottolo era interamente fatto di ghiaia sottile, che li conduceva dritti sotto al portico.

Agata era seduta su una sedia in vimini bianca, con ancora la spazzola in grembo e un velato sorriso. Le pareti erano colme di mezzi bummuli – così gli aveva detto una volta Luigi, quando li aveva notati in giro per la borgata appesi alle pareti, facendosi spiegare che fossero solo delle anfore a metà – e di ceramiche grezze. Vi erano anche delle trinacrie appese fra una finestra ed un'altra, così come sui davanzali delle finestre spiccavano numerose piante di basilico dalla foglia larga e dalla foglia stretta, in vasi particolari che avevano volti di uomo e di donna, rigorosamente scuri.

Luigi, notando la sua curiosità si avvicinò a lui e rispose alle sue domande silenziose. “Sono graste, cioè vasi. E quelli che vedi sono Teste di Turchi. La storia è parecchio macabra ma se ti interessa te la racconto”.

Vuoi farlo impressionare?” fece una smorfia la giovane Agata, sorridendo in direzione dei due ragazzi che avevano appena varcato la soglia della sua abitazione. Aveva capito benissimo le intenzioni di Luigi, non solo dal sorrisetto furbo che gli fece ma anche dagli occhi curiosi di Harry.

No Tina, ma sono certo che sia molto curioso” ed Harry ovviamente annuì, avendo anche lui compreso ciò che stessero dicendo. Forse non aveva ancora chiare alcune cose, non riusciva del tutto a spiccicare parola, ma riusciva a comprendere più del previsto. Chiacchierare continuamente con i suoi nonni gli faceva bene.

“Per farla breve, si dice che una bella fanciulla palermitana, che dedicava molto tempo alle sue piante sul balcone, si fosse innamorata di un Moro che passava tutti i giorni sotto al suo balcone. Il moro non esitò a dichiararle tutto il suo amore, peccato che l'uomo avesse già una famiglia in Oriente e che lo stessero aspettando. Così la fanciulla, presa dalla voglia di vendetta, mentre dormiva lo uccise e per tenerlo con sé gli tagliò la testa. Poi decise di farne un vaso, piantandogli dentro del basilico, che cresceva rigoglioso grazie alle sue lacrime. I vicini invidiosi di quella pianta così odorosa decisero di fare lo stesso. Gli artigiani cominciarono a produrre vasi con dei volti ed eccoli là” sospirò concludendo, sotto ad uno sguardo attonito del riccio.

“Non mi... aspettavo di certo una storia davvero così macabra” fece alla fine, facendo ridacchiare Luigi e Agata, per l'espressione che era un misto di tristezza, orrore e stupore. Alla fine scosse la testa per spazzare via quelle immagini cruente, spostandosi assieme a Luigi sotto alla veranda.

Un grosso e rigoglioso albero di lillà faceva ombra ad una sorta di sedia a dondolo, posizionata sotto ad esse, su cui Harry desiderò ardentemente potersi sedere. Casa di Agata era veramente molto bella e pullulava di odori forti. Se fosse stato più sfacciato probabilmente si sarebbe messo a gironzolare tutto intorno e a curiosare fra quelle mura tanto affascinanti.

Cosa stavate facendo?” chiese Agata con un sorrisetto appena accennato sulle labbra. Luigi la guardò con attenzione rendendosi conto che qualcosa non andava nel suo sguardo. Già dal modo in cui si muoveva e dai gesti che tentava di nascondere capiva esattamente quanto fosse nervosa.

Stavamo andando all'orto” le fece sapere, per poi sedersi sul primo scalino del porticato, dove un'edera rampicante si era impossessata di un pilastro, crescendo più rigogliosa che mai.

Luigi appoggiò la schiena contro la ringhiera, e guardò il volto di Agata. “Cosa c'è che non va?” le chiese in maniera gentile, con gli occhi azzurri così pieni di attenzioni e cure che la ragazza fu costretta a sottrarsi.

Cosa è successo ad Harry?” chiese invece lei di rimando, notando i buchi sui suoi pantaloni. Il ragazzo, sentendo il suo nome, si avvicinò a loro e si appoggiò alla ringhiera, di fronte Luigi, senza sedersi.

E' caduto come un sacco di farina” ridacchiò, facendo indignare il ragazzo citato, avendo capito che fosse il loro argomento preferito, a quanto pareva. “Ma non è nulla. Sta bene. Vero, Harry?” al che gli fece un bel sorriso che Harry comunque ricambiò, non potendone fare a meno.

Quando Luigi rideva o sorrideva arricciava il naso in maniera troppo carina per poter fingere che non esistesse. I suoi occhi si assottigliavano e ai lati delle sue labbra si scavava una profonda fossetta. Harry quando lo guardava ne restava estasiato.

Il maggiore, in ogni caso, non si fece distrarre da quelle chiacchiere. Agata si torceva le mani ansiosa, doveva essere successo qualcosa. “Che cosa succede?” chiese a quel punto, nuovamente. La guardò ma si pentì di averle chiesto di confidarsi, probabilmente con Harry presente si sentiva a disagio.

Harry notò i grandi occhioni azzurri posarsi proprio su di lui, mordicchiandosi le labbra un po' in tensione. Agata era certa che Harry sapesse o quantomeno avesse capito, avendola notata qualche giorno prima nascosta fra gli alberi di arance oltre il limite.

“Penso che sia...” ma Harry non concluse la frase, pensando di essere troppo indiscreto e che se avesse voluto rivelare quel dettaglio a Luigi, avrebbe dovuto farlo lei stessa. Il ragazzo, non capendo cosa stesse succedendo, guardò entrambi corrucciato, quasi infastidito dal fatto che Agata avesse potuto rivelare qualcosa ad Harry prima ancora di averlo fatto con lui e che Harry non fosse corso a dirglielo. Poi si sentì stupido per aver pensato a una cosa tanto infantile.

Ero certa che avesse capito tutto” gorgogliò Agata, poggiando lo sguardo su Luigi. Cercò conforto nel suo sorriso ma trovò solamente un cipiglio di nervosismo. “Mi ha vista qualche giorno fa mentre vomitavo e mi ha aiutata” continuò deglutendo. Era nervosa, temeva la reazione di Luigi in maniera esagerata. Le cose non andavano bene fra lui e Tony, e quando si trovava nei dintorni assieme a lei sentiva quell'aura di fastidio avvolgere i due ragazzi. Probabilmente prima o poi sarebbero venuti alle mani ma Agata sperava che non accadesse mai. Ed aveva paura che quello che stava per dirgli li portasse proprio a darsele di santa ragione.

Sono incinta, credo” buttò tutto d'un fiato.

Dapprima, il ragazzo sembrava non aver recepito esattamente le sue parole, ma bastò veramente poco perché gli risuonassero nelle orecchie come delle campane impazzite. Come quelle della chiesetta della domenica, che disturbavano molto spesso la sua quiete.

Le sue labbra si schiusero e credette di sentire delle fiamme scorrere nelle sue vene, che di certo avrebbero potuto incenerire chiunque. Chiuse le mani in due pugni ed improvvisamente starsene seduti su quello scomodo scalino non gli piaceva più. Forse avrebbe preferito prendere a pugni qualcosa o qualcuno.

“Agata” la sua voce tremolò fin troppo per essere calmo. I suoi genitori l'avrebbero buttata fuori di casa e cosa ancora più grave, quell'ingrato di Tony non avrebbe mai accettato una cosa simile, stronzo com'era. La sua testa era in preda a fiamme e urla, non seppe spiegare quello strano sentimento di panico e rabbia che si andò ad ingarbugliare nel suo stomaco. Stava semplicemente per impazzire.

Gino...” la vocina di Agata lo fece tremare. Non si rese nemmeno conto della figura esile della ragazza che andò a sedersi al suo fianco, raggomitolata come un gattino spaurito. “Ti prego, so già cosa stai pensando. Ho una paura immensa” parlò a bassa voce, così tanto da far sentire Harry fuori luogo, come se fosse un estraneo che non dovesse trovarsi nel bel mezzo di quella conversazione privata.

Siete stati degli incoscienti

Lo so

I tuoi genitori ti uccideranno, cazzo” forse, quella fu la prima volta che Harry sentì una parola così volgare venire fuori dalle labbra sempre pulite e gentili di Luigi. “Ma a che diavolo stavate pensando?!” e forse fu quel tono così alto e poco socievole che fece sedere Harry accanto alla ragazza, richiamandolo con un “Luigi” severo.

“Non ha bisogno che tu le faccia la paternale adesso, ha bisogno che tu le faccia da amico” era pacato ed era comprensivo. Capiva la situazione, non doveva essere facile a soli diciannove anni ritrovarsi in mezzo a quel casino. Era solo una ragazzina in fondo, una ragazzina innamorata che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di avere la tanto agognata felicità. Quella che chiunque cercava.

“Non immischiarti, per favore” lo ammonì severo. Era la prima volta che rispondeva in quel modo ad Harry. Il ragazzo che prima si era piegato per ripulirgli una banale ferita era sparito, lasciando spazio ad un Luigi che non aveva mai visto e mai conosciuto.

Harry tacque, quasi scottato da quel suo atteggiamento ma la ragazza lo riprese ferita: “Non avrei dovuto dirti niente”.

Luigi in quel momento si riscosse, deglutendo a fatica. Forse aveva esagerato, forse si era ingelosito, forse aveva sperato che trovasse un compagno migliore di Tony. Forse, forse, forse. Cosa poteva davvero saperne lui di cosa fosse meglio per Agata? Lui stesso non lo era stato quando aveva avuto la sua occasione, lui stesso aveva capito che nonostante l'amore nei suoi confronti fosse stato meglio separarsi. Si ritrovò con delle scuse sulla lingua ed un mutismo improvviso che gli serrò la gola.

Lui lo sa?” fu Harry ad interrompere quel silenzio teso, balbettando giusto un attimo prima di pronunciare correttamente le parole in italiano. Agata alzò le spalle in un gesto istintivo e poi se le abbracciò, avvertendo improvvisamente freddo.

Non ancora”.

Quel sibilo fece rialzare la testa di Luigi, che guardandola si sentì sprofondare per essere stato così duro nei suoi confronti. Ma desiderava solo proteggerla, tenerla al sicuro da qualunque cosa. “Allora devi dirglielo e deve prendersi le sue responsabilità” digrignò i denti e guardò avanti, verso un albero di olivo secolare che ricopriva gran parte della loro visuale, oltre il cancello.

Glielo dirò più tardi, quando mi verrà a prendere” annuì ancora sconvolta. Agata, così come Luigi, sapevano bene quale sarebbe stata la sola unica soluzione per evitare che scoppiasse qualche scandalo, che succedesse l'inevitabile, ma nessuno dei due sembrava essere pronto ad ammetterlo, a dirlo ad alta voce.

“Andrà tutto bene” bisbigliò il riccio, afferrandola per le spalle, coinvolgendola in un abbraccio maldestro. La bionda si ritrovò stretta fra le sue braccia, accucciandosi e sentendosi al sicuro. Luigi non poté fare a meno che sentire il suo cuore affondare per lei. Guardò Harry e nei suoi occhi verdi vi lesse solo tenerezza, solo compassione, comprensione. Scosse appena la testa e Luigi capì.

L'abbracciò e le baciò i capelli mormorandole delle scuse fra i capelli. Il suo profumo parve calmarla da una forte voglia di piangere, cullandola dolcemente.

Luigi sentì il calore della pelle di Harry non desiderando altro che rimanere in quel modo ancora per un po', con i suoi occhi incastrati e che non volevano essere salvati da quell'azzurro mare per niente al mondo.

 

-

 

Il sangue gli pompava nelle vene con fin troppa irruenza. Sapeva che avrebbe dovuto recarsi al mercato, che avrebbe dovuto continuare la sua giornata come al solito e che soprattutto non avrebbe dovuto immischiarsi.

Ma era più forte di lui.

La rabbia che provava gli faceva stringere i pugni fino a scavare delle mezzelune sul palmo delle mani, in modo feroce e costante. Il suo passo spedito lasciava dietro sé un polverone così alto da far tossire Harry, che aveva provato invano a fermarlo, avendo capito dove stesse andando. E nonostante le sue lunghe gambe, Luigi era troppo veloce e troppo arrabbiato per poterlo davvero raggiungere.

Tutto ciò a cui pensava era Agata, la sua delicatezza e la sua dolcezza. Pensava al fatto che in realtà i suoi genitori non avrebbero potuto sperare di meglio che Tony, probabilmente dovevano essere in attesa di un imminente matrimonio. Ed il pensiero che quello fosse reale, che Agata avesse potuto accettare, lo mandava in bestia.

A lui non era mai stata data nessuna occasione, perché era sempre stato lo straniero, perché non era mai stato abbastanza per la ragazza, perché non l'aveva mai resa sufficientemente felice – o almeno, era quello che i genitori di Agata gli avevano sempre detto. Li aveva odiati così tanto da farsi poi inimicare davvero. Era stato stupido, molto spesso ma lui adorava quella ragazza e non sarebbe mai stato in grado di farle del male, nemmeno se avesse voluto.

Ed il suo passò accelerò sotto quel pensiero che lo stava schiacciando, lo vedeva diventare sempre più grande, come un gigante pronto a trasformarlo in un nonnulla. Il respiro corto non gli permetteva di pensare con più lucidità e nemmeno di sentire le parole di Harry, che gli stava urlando di fermarsi e di non fare sciocchezze. Ma non aveva alcuna voglia di fermarsi né di farsi i fatti suoi. Perché Agata era un fatto suo, lo era sempre stato.

E quando finalmente si ritrovò davanti la porta di casa sua, in un vicolo così fiorito da far girare la testa per i profumi e i colori, lo individuò. Era poggiato contro un muro ed aveva una sigaretta fra le dita, potente come se nulla lo toccasse.

Aveva aspettato due giorni, due giorni che erano parsi secoli. Poi non ce l'aveva più fatta. Quel pomeriggio, sotto allo sguardo di un attonito Harry, era scattato come una molla ed aveva cominciato a correre, come preso da un istinto nuovo, che non gli apparteneva.

Harry lo capiva, sentiva una strana sensazione al petto quando lo guardava, ne capiva la sua gelosia, e la sua immensa voglia di tenerla al sicuro sotto ad una campana di vetro. Ma doveva capire che Agata era una donna ormai, che fosse innamorata e che soprattutto aspettasse un bambino.

“Louis” lo chiamò per la prima volta, mordendosi l'interno di una guancia. Il ragazzo si arrestò all'improvviso, come se quello gli avesse fatto scattare qualcosa dentro, come se avesse appena innescato un meccanismo invisibile. “Scusa, Luigi, volevo dire” si corresse immediato. “Fermati, okay? Lascia stare”.

“Harry, per favore, torna a casa” lo pregò, perché non aveva nessuna intenzione di lasciar perdere e non voleva mostrargli qualcosa che lo avrebbe messo in cattiva luce.

Tony, richiamato da quello scambio di battute, sollevò lo sguardo fino ad incrociare le figure dei due ragazzi a qualche metro da lui. Gettò la sigaretta e scosse la testa, avviandosi a passo spedito verso quello che sembrava volerlo picchiare. Lo notò dal modo in cui stringeva i pugni e dalla tensione palese che avesse addosso, i suoi muscoli rigidi parlavano senza bisogno di aprire bocca.

“Che ci fate qua?” parlò, facendo finalmente tornare l'attenzione di Luigi su di sé. Nessuno se ne accorse ma il cuore di Harry mancò un battito.

L'hai rovinata” quelle parole gli uscirono fuori dalle labbra in un ringhio, forse fin troppo esagerato. Il tumulto di emozioni che gli affollavano la mente e il petto non gli davano tregua. Pensava di essere riuscito a domare quella sensazione nei due giorni a seguire ma li aveva solo assopiti, come se lo avesse fatto per Agata e la sua tranquillità.

Quando li aveva visti in gelateria e al mare, per un attimo aveva creduto sul serio che lui ci tenesse, che l'amasse ed in quel momento, vederlo così tranquillo, gli fece pensare mille cose negative, che avrebbero potuto portarlo a prenderlo finalmente a pugni ed alleviare ogni tensione cumulata.

Non hai nulla da dire?!” lo rimbeccò, vedendolo semplicemente farsi avanti, con una piccola ruga d'espressione sulla fronte. Era corrucciato e forse anche infastidito da quell'intervento. Avrebbe dovuto aspettarselo, Agata glielo aveva detto.

Non sono cazzi tuoi” sputò convinto alla fine, cercando di respirare. L'ultima volta che avevano avuto una conversazione civile nemmeno la ricordava più e l'unica cosa che gli faceva pensare che non sarebbe mai andato oltre era la presenza dell'americano alle sue spalle. Se c'era lui non avrebbe fatto nulla, teneva troppo alla sua stima.

Eppure, si sbagliava. Niente in quel momento avrebbe frenato Luigi dal prenderlo a pugni. Proprio per quel motivo, dopo aver udito le sue sprezzanti parole, caricò come un toro in sua direzione. Lo afferrò per la giacca di pelle e lo spinse in maniera brusca contro il muro, facendolo mugolare.

Sono anche cazzi miei, invece” il sibilo che gli uscì dalle labbra andò a sbattere sulla bocca di Tony, che sentiva il suo cuore pulsare fin dentro alle orecchie. Non aveva mai visto quella parte di Luigi, forse l'aveva riservata solo per le sue cazzate.

Ricordava bene da ragazzino il suo temperamento sempre troppo mite, le sue maniere fin troppo aggraziate, la sua educazione. Poi quando aveva cominciato ad assaporare la vera vita lo aveva visto crescere, cambiare sotto al suo sguardo. Tante volte Luigi aveva preso le sue difese in uno scontro, tante volte a scuola era stato lui a tirarlo fuori dai guai, e tante volte aveva fatto a pugni al suo posto.

Ma quella volta no, quella volta avrebbe preso lui a pugni.

Agata non è tua, devi smetterla di comportarti ancora come se lo fosse” uno sputo dritto sul suo volto lo fece allontanare di scatto. Luigi lo guardò rabbioso e si passò la manica della camicia sul viso, togliendosi di dosso la sua saliva. Se fosse stato un serpente lo avrebbe già avvelenato con un morso.

Luigi non riuscì a parlare, dentro sé sapeva che fosse vero ma non poté evitare di sentire le budella torcersi per il fastidio. E fu proprio lui a scagliare il primo pugno, sulla sua mandibola.

Ad Harry si gelò il sangue nelle vene e senza pensarci più di tanto si fece avanti per evitare che succedesse il peggio e la situazione degenerasse.

Ma non gli fu possibile avvicinarsi più di tanto, Tony gli corse contro fino a gettarlo in terra, con il suo corpo, strattonandolo in maniera piuttosto violenta. Non era stato capace di capire cosa stesse succedendo, vedeva solo mani e pugni volanti, un'accozzaglia di immagini che lo fecero rabbrividire.

Un rumore di ossa rotte fece correre Harry e fermare le mani di Tony. Luigi ingoiò della saliva e la sua testa parve iniziare a fluttuare come un pallone.

Non aveva mai sentito nel cuore una simile sensazione di panico, di terrore. Aveva del sangue sul volto e a colargli giù dal naso, gli occhi vacui. “Lou?!” lo chiamò, inginocchiandosi vicino a lui, non pensando al dolore delle sue ginocchia. Il ragazzo sbatté le palpebre e notò solo lo sguardo di Tony che, nonostante si fosse tolto di dosso, si trovava ancora vicino a lui.

Aveva una strana nota di preoccupazione in quello sguardo dorato, come se si fosse reso conto di aver esagerato e che mai avrebbe pensato di poterlo davvero colpire. Il volto che poco prima era stato sprezzante e scuro, era improvvisamente diventato cereo, come se avesse appena visto uno spirito o qualcosa di peggio.

Aveva davvero colpito Luigi.

Luigi lo guardò e sentì qualcosa sotto pelle. Forse avrebbero dovuto arrivare a quello per poter comprendere che quel loro comportamento non era altro che stupidità pura. E senza capire nulla, forse anche colpa della botta che gli aveva dato e che aveva preso al suolo, gli tese una mano per farsi aiutare. Tony l'afferrò come se fosse stato pervaso dallo stesso pensiero.

Perché avevano litigato? Perché non erano stati in grado di risolvere le cose al loro tempo? Forse l'orgoglio di ragazzini, forse semplicemente ne avevano voluto una scusa per poter giungere a quel punto. Non ne avevano più idea.

Harry li guardò con il respiro incastrato in gola, tremante. Aveva davvero creduto che Luigi si fosse fatto male, che Tony lo avesse ammazzato sotto ai suoi occhi. Ma forse non aveva mai avuto modo di vedere due persone litigare per poter constatare che non fosse così grave come pensava.

Eppure, non smetteva di tremare. Nemmeno quando lo vide sedersi e passarsi una mano sulla fronte e sulla nuca, per eliminare quelle tracce di sangue fastidiose dagli occhi.

Cazzo” mormorò Tony, estraendo dalla tasca un fazzoletto di cotone, aiutandolo a tamponare ciò che aveva fatto. Non si era reso davvero conto della forza che aveva usato e dei pugni che gli aveva sferrato. Aveva esagerato, era stato violento con una persona che in realtà l'aveva sempre aiutato, che era stato il suo unico e vero amico.

Sto bene” gli uscì dalle labbra in maniera nervosa, nonostante nel suo cuore non avesse desiderato altro che tornare come una volta.

So che ami Agata” iniziò Tony in maniera più pacata, aveva ancora uno strano senso di colpa a bussargli nel petto. “Ma ti assicuro che la amo anche io, davvero tanto” ammetterlo parve costargli un po' ma per una volta sembrava sincero agli occhi di Luigi.

Ma nonostante quella confessione, nonostante sentisse delle reali vibrazioni positive, Luigi si tese come una corda di violino e si scansò. Non aveva bisogno del suo aiuto e non aveva bisogno delle sue scuse, se erano giunti a quel punto stava a significare che la situazione si era fatta più grave del previsto. “Non voglio più parlarne”.

Ma dobbiamo parlare”.

Forse quando mi sarà passata, ho ancora voglia di prenderti a pugni” confessò Luigi, stridendo i denti in maniera fin troppo rumorosa.

Harry, al suo fianco, cercò di capire qualcosa senza alcun successo. Sembrava quasi sotto shock per aver assistito ad una cosa tanto violenta. E il maggiore parve accorgersi della sua figura ancora tremolante solo dopo aver visto le spalle del moro allontanarsi. “Ehi” gli afferrò una mano senza rendersene conto.

Il riccio deglutì e schiuse le labbra, sedendosi per terra. Quel gesto gli fece riprendere gli anni di vita persi ed il fiato che aveva dimenticato di buttare fuori. Sembrava fragile, più piccolo di ciò che pensava, terrorizzato.

“Sto bene, non ti preoccupare” cercò di convincerlo ma Harry non parve del tutto persuaso delle sue parole viste le ferite che aveva sulla fronte e sul volto. Tony doveva averlo colpito davvero molto forte se l'aveva ridotto in quello stato. “Ti assicuro che è tutto okay, non fare quella faccia. Hanno picchiato me, non te” ridacchiò ma il dolore alla mandibola lo portò a mugolare infastidito. Di sicuro non una certezza esauriente per Harry.

Il ragazzo si portò una mano fra i ricci, a metà fra l'esasperazione e la voglia di ripicchiare Luigi nuovamente. Come poteva ridere in un momento come quello? E se si fosse fatto male sul serio, se fosse stato più grave? La cosa peggiore era di sicuro il fatto che fosse partito proprio con quella intenzione, nessun dialogo, solo mani sul viso.

“Sei impazzito per caso?!” gli urlò infatti contro, non appena i suoi pensieri si fecero più chiari. Era una situazione veramente assurda, mai avrebbe potuto pensare di ritrovarsi a vedere delle persone del genere fare a pugni e aveva sperato di non farlo mai. Peccato che quello fosse stato compiuto sotto ad i suoi occhi e ne era uscito spaventato.

“Harry...” corrucciò la fronte in sua direzione. “E' tutto a posto. Non è la prima volta che faccio a pugni” fece. Come se quella fosse una motivazione valida per continuare a farlo o per prendere di mira una persona. Harry gli fece una smorfia quasi schifata.

“Non hai nemmeno provato a parlarci” la voce era tremolante, chiaro segno di nervosismo.

“Sì che ci ho provato, ma mi ha fatto arrabbiare. Eri presente anche tu, mi pare” roteò gli occhi e tentò di alzarsi, spazzolandosi i pantaloni.

Una donna, da un balcone poco lontano, li stava guardando con le labbra schiuse ed una espressione di orrore. Più o meno la stessa che albeggiava sul volto di Harry, divenuto di porcellana da quando avevano cominciato quella lotta.

“Non siete animali! Dio ci ha donato la parola per una motivo, usala” lo schernì e saltò sulle proprie gambe anche lui. Dopo averlo guardato negli occhi in cagnesco, ma soprattutto dopo aver notato l'espressione di sconcerto e confusione sul volto di Luigi, si voltò per andarsene.

Forse aveva sbagliato a seguirlo fino a quel punto, forse aveva avuto ragione Luigi; forse aveva creduto di essere entrato un po' di più sotto alla sua pelle come Luigi aveva fatto con la sua, influenzandolo.

I suoi occhi azzurri rimasero fermi sulle sue spalle, come se non avesse realmente compreso che Harry stesse andando via, lasciandolo lì solo con le ferite in faccia e un gran mal di testa. Avevano esagerato, era vero, ma non erano fatti suoi, doveva vedersela esclusivamente con Tony. E l'avrebbe fatto, quando si sarebbe sentito in grado di affrontarlo senza il desiderio di colpirlo al volto.

 

-

 

Aveva davvero creduto che una cosa simile non potesse mai succedere. Li ricordava bene, sempre uniti e sempre a fare squadra nel momento del bisogno. Si erano coperti le spalle tante volte, si erano schierati come soldati e nessuno era mai stato in grado di separare due persone del genere.

Agata era cresciuta in mezzo a loro nonostante le varie proteste dei suoi genitori, una bambina a modo non avrebbe dovuto giocare in mezzo al fango assieme a due maschiacci e non avrebbe dovuto scorrazzare in quel modo sguaiato per il borgo. Ma non ci aveva pensato mai nemmeno per un attimo a staccarsi, il bene che gli voleva andava oltre ogni rimprovero.

Vedere il volto tumefatto di Luigi e quello scuro di Harry le fece stringere lo stomaco in una morsa pericolosa. Forse si sarebbe messa ad urlare se non fosse stata troppo educata. Sbraitare contro Luigi e sì, anche contro il suo amato Tony. In quel momento li odiava e non pensava che potesse provare tali emozioni.

Che cosa pensavi di fare?” chiese, cercando quella poca calma che aveva dentro sé. Gli occhi di Agata erano così scuri e profondi da averne paura. Forse Luigi non l'aveva mai vista in quelle condizioni, mentre provava a far leva sul suo buon senso.

Luigi tacque, forse per l'orgoglio o forse per la vergogna. Non aveva ancora lasciato andare quella insana rabbia, anzi l'aveva stretta a sé come se fosse preziosa. Non aveva idea del perché, se volesse liberarla ancora contro Tony o meno, ma era ancora lì.

Tina, inutile fare così” le parole, forse un po' troppo crude del moro la indispettirono molto di più. Si voltò furente e con un solo sguardo ghiacciato gli fece sigillare le labbra, evitandogli così di dire altro che potesse compromettere maggiormente la sua posizione.

Guarda che sono arrabbiata anche con te. Cosa pensavate di fare entrambi? Perché non smettete di litigare? Quello che è successo anni fa è passato, cercate di crescere e mettere da parte questa inutile faida”.

Le parole della ragazza, un po' esasperate, fecero voltare tutti nella sua direzione. La guardarono spegnersi, come se qualcuno le avesse appena soffiato sopra e la fiamma si fosse affievolita. Era stanca di vedere i due ragazzi comportarsi come bambini, soprattutto in quel momento in cui era lei ad aver bisogno di supporto. Harry era l'unico che la guardava e la vedeva realmente, tutta la disperazione e la voglia di mettere un punto una volta per tutte a quella storia.

E' una cosa fra noi” sibilò Luigi, quasi velenoso. Nessuno si aspettava un intervento del genere, dopo tanto meditato silenzio, eppure fece sgranare gli occhi per lo stupore.

Detto quello, fece un cenno con la testa al moro e si voltò, lasciandosi alle spalle Harry e Agata, perplessi e seccati da tanta superbia.

Attraversarono il vialetto selciato e si trovarono sotto ad un albero di olivo, probabilmente secolare. La rabbia non gli era per niente passata e probabilmente da lì a quel momento sarebbe cresciuta in maniera esponenziale, ma non aveva davvero voglia di ripetere l'esperienza di qualche giorno prima. Portava ancora addosso i segni di quello che era successo e lo sguardo di disappunto e delusione negli occhi dei suoi genitori non era facile da dimenticare.

Ho chiesto la mano al padre, Gino” le parole di Tony colpirono esattamente dove aveva desiderato. Lo aveva fatto per buon senso, e perché era l'unico modo per non far scoppiare inutili guerre in famiglia, principalmente. Ma non poté non ammettere a sé stesso che una buona parte fosse perché la desiderava davvero ed una minuscola per indispettire ancor di più Luigi.

Il ragazzo lo guardò con la gola secca, desiderando trovarsi vicino ad una fontanella pur di calmare quello spirito bollente che gli scavava dentro come fuoco. Il desiderio di afferrare una lupara e puntargliela addosso crebbe ma non appena lo guardò negli occhi si rese conto di qualcosa di cui prima aveva ignorato del tutto l'esistenza.

Tony era sempre stato suo amico.

Tony aveva sempre amato Agata.

Luigi gliel'aveva portata via.

Il silenzio si protrasse ancora per un po', fino a che Tony non fece un passo in sua direzione. “Hai capito che ho detto?” chiese, come se fosse sordo. Tirò fuori dalla tasca una sigaretta e la posò fra le labbra, bruciando ogni briciolo di fastidio esattamente come cenere.

Ho capito benissimo” grugnì ma il fuoco che aveva tenuto sempre acceso sembrava volersi spegnere.

Non hai nulla da dire?

Per quale motivo mi hai odiato così tanto, Tony?” e quella domanda, posta dopo così tanti anni, fatta a bruciapelo, mise sull'attenti il moro. Forse avevano davvero dimenticato la motivazione principale, forse erano stati stupidi a sufficienza da coprire la loro solida amicizia di bugie e cattiverie, senza un vero valido motivo.

Come se non lo sapessi” scosse la testa e tirò troppo forte, consumando gran parte della sigaretta e dei suoi polmoni. Luigi scosse la testa in attesa. “Ti sei portato via Agata”.

Non era di tua proprietà”.

Sapevi che ne ero innamorato. Lo sapevi, Luigi” si sedette sulle radici sporgenti dell'albero, portandosi una mano fra i capelli. Aveva caldo e mal di testa, quella giornata era partita veramente male e si sarebbe conclusa peggio.

Lo sapevo sì, ma non puoi decidere di chi innamorarti. Lo ero anche io e lei lo era di me” sputò quelle parole, poi lo guardò cercando di fargli capire il suo punto di vista. “Ascolta, io in questa storia ho sbagliato solo una cosa: non dirtelo subito. Per quello mi dispiace ma se pensi che mi scuserò per aver amato quella donna ti sbagli” il fiato gli venne meno, rendendosi conto di quanto le cose fossero cambiate da quando la loro storia fosse finita. E per un solo breve istante gli occhi di Harry tornarono a fargli visita, come un lampo nella mente, fugaci e intimidatori.

Non era solo Agata il problema. E' stato l'ultimo probabilmente. E' iniziato quando improvvisamente non sei più stato emarginato ma, anzi, tutti hanno cominciato a considerarti un uomo degno, un bravo ragazzo, quando hanno cominciato a volerti bene anche a scuola” la sua voce era leggermente incrinata, forse anche dalla gelosia. “E hai deciso di non considerarmi più. Hai lasciato che ti sussurrassero alle orecchie che io fossi stronzo, che fossi egoista ed arrogante, ci hai creduto e sei stato capace di voltarmi le spalle” le sue parole furono come lame.

Luigi non seppe spiegarsi il tumulto di emozioni che sopraggiunsero dentro al suo petto. Ricordava bene l'intero periodo che aveva preceduto la sua nuova vita, ricordava bene quanto fosse stato spiacevole e quanto l'avesse fatto soffrire. E ricordava anche il dopo.

Tony aveva cominciato ad ignorarlo e lui ricordava bene di averci provato, di aver insistito ma aveva ricevuto solo grossi bernoccoli sulla testa a forza di sbattere contro un alto muro protettivo.

Sono certo che sia stato tu a chiudermi fuori dalla tua vita” un po' stordito da tutte quelle nuove informazioni, abbassò lo sguardo sulle proprie mani per poter rollare una sigaretta. Non credeva veramente alle sue parole, anche se il dubbio era stato istillato nella sua mente. Aveva davvero chiuso fuori Tony?

Il moro lo guardò storcendo le labbra: “Lo credi davvero?”.

Il tono sarcastico con cui gli porse quella domanda lo mise sulla difensiva. Luigi non era mai stato in grado di riflettere sugli errori che probabilmente doveva aver commesso da ragazzino, forse perché nessuno gli aveva mai fatto notare qualcosa di sbagliato, forse perché non aveva mai davvero capito che delle volte potesse aver fatto del male a qualcuno ripiegando sul fatto che per lui fosse stato difficile trovarsi in quel posto nuovo.

Io mi sono allontanato quando ho visto che non mi volevi più, mi evitavi” si lamentò, perché quella parte di storia era vera.

Non ti evitavo perché mi andava” le parole gli uscirono assieme all'ultimo sbuffo di fumo. “Ti evitavo perché non volevi più essermi amico. Improvvisamente sei diventato l'interesse di chiunque”.

Eri... geloso?” azzardò. Forse in modo piuttosto perplesso. Come poteva essere stato geloso di lui? Un bambino arrivato da lontano, che i suoi genitori non avevano voluto, che l'insegnante aveva rifiutato perché indietro e ignorante dell'italiano, che era stato visto con occhi strani da tutti quelli della borgata perché troppo silenzioso e timido.

Tony sapeva benissimo quelle cose, era a conoscenza di ogni suo pensiero da quando avevano iniziato a legare, non poteva aver dimenticato di come fosse stata la vita di Luigi prima di farsi conoscere davvero da tutta quella nuova gente.

Non ero geloso, mi sono solo sentito tradito. Credimi ti ho odiato per moltissimo tempo. Soprattutto quando ho visto te ed Agata insieme” nel dirlo, si sentì stupido. Avevano davvero litigato per una donna?

Io non ti ho mai voluto escludere, tanto perché tu lo sappia. Sono sempre stato al tuo fianco, come potevo? Chi credi che abbia picchiato quel pezzo di merda di Gaetano quando ha iniziato a parlar male di te?” gli chiese. “Nonostante mi avessi già chiarito di non volermi più parlare” ci tenne a sottolineare, perché Tony non andava toccato. Nonostante tutto.

Mi dispiace per i pugni” mugolò Tony, senza riuscire a guardarlo. Avevano davvero litigato per delle incomprensioni? Avevano davvero perso tutto quel tempo per potersi parlare? C'erano voluti pugni, parole e occhiate minacciose per farlo? Avevano davvero avuto bisogno della spinta di Agata ed Harry? Anche Luigi iniziò a sentirsi stupido.

A me dispiace averti anche un po' trascurato” ed in quel momento, forse se ne rese conto. Non l'aveva abbandonato ma non l'aveva nemmeno trattato troppo da amico, preoccupato com'era finalmente di potersi adattare ad una nuova realtà.

Tengo davvero molto ad Agata. La sposerò, forse è un po' presto ma è quello che voglio. E' la cosa giusta da fare ed in più suo padre mi adora” e a quella affermazione, Luigi non poté fare a meno di roteare gli occhi al cielo. Ovviamente tutti adoravano Tony.

Lo so. Confesso che ne sono stato molto geloso. Volevo staccarti la testa”.

E ora non lo sei più?” quella domanda lo mise sull'attenti. No, probabilmente non era più geloso perché sapeva Agata in mani sicure. O forse... forse i suoi sentimenti erano mutati in favore di altri, in favore di qualcun altro.

Non so, ti metterò alla prova” alzò le spalle e gli scappò un sorriso, cosa che Tony apprezzò in modo particolare. Gli passò una sigaretta e lo invitò a sedersi al suo fianco, osservando poco lontano da loro Harry e Agata, palesemente nervosi. “Nel caso, la lupara di mio padre è all'ingresso”.

Entrambi risero per quella naturale e ritrovata pace, attirando lo sguardo curioso delle due figure ansiose, che parvero rilassarsi di colpo nel notarli. Avrebbero dovuto lavorarci ancora, di sicuro avrebbero dovuto riparlarne meglio, spiegarsi e non lasciare indietro domande senza risposta che erano rimaste tali per anni.

Ma in quel momento, l'unica cosa che entrambi desideravano era potersi rilassare assieme a quelle due persone che avevano istillato la pace, senza nemmeno rendersene conto. Luigi fece un cenno con la mano ad Harry, chiedendogli di raggiungerlo, e l'americano fu raggiunto da un battito insolito nel petto.

“Sei ancora arrabbiato con me?” domandò ad Harry, non appena i suoi occhi entrarono in collisione con il suo azzurro lucente. Il riccio non parlò, non rispose, rimase semplicemente a fissare quella scena in cerca di risposte chiare, che sciogliessero ogni dubbio e ogni paura dalla sua mente. Vedere Luigi a terra, sanguinante, l'aveva terrorizzato nel profondo, aveva temuto per la sua vita così tanto da aver avvertito un nuovo senso di vuoto nel petto, nel cuore.

“Giusto un po'” bisbigliò Tony al suo fianco, per poi spostare lo sguardo su Agata. Era stato difficile guardarla ed accettare una cosa del genere. Le sue parole avevano scatenato una reazione esagerata: scoprire di diventare padre non era stata una cosa facile. Aveva fumato una sigaretta dietro l'altra in silenzio, sotto allo sguardo liquido di Agata, terrorizzata dal fatto che potesse lasciarla e rovinare per sempre la sua vita. E forse doveva essere stato quel suo sguardo, quell'amore che aveva sempre provato dentro, quella bruciante voglia di stringerla a fargli cambiare idea.

Una vita con Agata non sembrava una prospettiva così brutta. Con dei figli poi, non poteva non essere bellissimo. E l'aveva abbracciata di slancio, sentendosi tremendamente in colpa anche solo per essersi innervosito. Le cose erano state fatte in due, la colpa di quella situazione era anche sua, non poteva lasciare quel peso solo sulle spalle di una ragazza di appena diciannove anni.

Così, mentre le baciava le guance dolcemente, cercando di lavare via la sua preoccupazione, le aveva chiesto se voleva sposarla il prima possibile. In fondo, non era così strano, si conoscevano da una vita intera, lui l'amava da molto tempo e lei aveva finalmente capito che stare con Tony era la cosa che più aveva desiderato nel profondo. Suo padre ne sarebbe stato felicissimo, vedere su figlia sposarsi con un uomo del genere era tutto ciò che aveva sperato. Nella borgata, spesso, avevano parlato male di tutte quelle ragazze più che trentenni ancora illibate e senza marito, per quel motivo, se Agata aveva trovato già con chi condividere la vita, l'avrebbe lasciata andare volentieri.

Ed in quel momento, la guardò avanzare in sua direzione, con ancora un grosso broncio sulla bocca. Specchio di quello di Harry. Dovevano essersi preoccupati a morte per quella grossa lite.

Vieni qui” la invitò sulle sue ginocchia e la ragazza non riuscì ad evitare di farlo. Sentì le sue nocche venire baciate dalle sue carnose labbra, cercando di tranquillizzarla. Non aveva alcuna voglia di litigare con lei.

Avete chiarito?” domandò perplessa, ma anche sollevata. Sedersi sulle sue gambe era una dichiarazione di pace. Tony la guardò e le diede un bacio sulle labbra all'improvviso, non riuscendo a resistere a quello sguardo così bello. Il suo cuore scoppiava al pensiero che ben presto l'avrebbe sposata.

Luigi guardò prima Harry, poi i due ragazzi al suo fianco. Un piccolo sorriso d'invidia gli rubò la scena, ma non con cattiveria. Invidiava il fatto che si amassero e che condividessero così tanto, forse da sempre. Avrebbe dovuto capirlo anche a quindici anni, probabilmente che nella vita di Agata non c'era spazio, se non per la sola amicizia. “Quasi, ci lavoreremo” promise Luigi, attirando tutti gli sguardi su di sé.

Guardò Harry e si morse le labbra. “A quanto pare a breve ci aspetta un matrimonio” gli fece sapere. Il ragazzo, che fino a quel momento era rimasto corrucciato, si fece sfuggire un debole sorriso, che venne rafforzato dagli occhi sereni di Tony.

“Molto a breve. Il padre di Agata è molto entusiasta e alla mia proposta di sposarla in queste settimane a venire non poteva che renderlo più felice”

Dovete aiutarci ad organizzare!” ululò la ragazza, che sembrava aver dimenticato tutta quella confusione di emozioni negative e risentimento. Un raggiante sorriso le si aprì sul volto, e Luigi rimase a fissarla intenerito. Sarebbe diventata mamma, non lo credeva possibile.

“Adesso la riaccompagno a casa. Ci vediamo in giro” fu Tony ad alzarsi per primo, facendo fare un saltello alla ragazza. Harry li salutò cortesemente e Luigi ricambiò solo col cenno di una mano. Era ancora terribilmente sconvolto da tutte quelle notizie che aveva appreso, dal litigio, dalla riappacificazione, dal bambino in arrivo e dal matrimonio. Era tutto assurdo.

“Non sono arrabbiato con te” se ne uscì Harry, che durante quei giorni non aveva voluto parlargli, così come anche Agata. Si erano evitati tutti senza che se ne rendessero nemmeno conto. “Mi ha spaventato a morte quello che è successo”.

Luigi lo invitò con un colpetto a prendere il posto che Tony aveva lasciato. Harry lo fece, sedendosi al suo fianco, cercando di evitare i suoi occhi pesti. La sua pelle candida era stata macchiata da terribili bolle nere e graffi, non riusciva davvero a guardarlo senza ricordare ciò che era successo.

“Mi dispiace che tu ti sia spaventato così tanto. Era per questo che volevo tornassi a casa”.

“Siete stati due perfetti cretini. Non siete stati capaci di parlarvi e provare a capirvi. Non era tanto difficile, oggi lo avete fatto” gli fece presente. Agata in quei momenti, mentre li vedeva quasi ringhiarsi addosso, aveva stretto una mano di Harry in una morsa dolorosa, percependo tutta la paura e l'ansia. L'aveva incanalata dentro di sé e l'avevano condivisa, appesantendo il suo stomaco.

“Hai ragione” disse solamente, perché sapeva che fosse la verità, che Harry avesse pienamente ragione. “Non mi sono fermato a pensare, sono partito come un folle, forse perché ero geloso”. In quel momento, qualcosa si spezzò nel petto di Harry. Tacque, abbassò solo lo sguardo sulle proprie gambe flesse, cercando qualcosa da dire che non fossero sospiri.

“A parte i nostri passati problemi... desideravo e desidero ancora quello che loro hanno e che non ho mai avuto” più Luigi parlava e più il cuore di Harry sembrava volersi disintegrare. Non lo credeva possibile, eppure durante tutto quel tempo quelle sensazioni erano cresciute in maniera taciturna.

Luigi cercò la sua mano. Quando la trovò lo sentì farsi scappare un mugolio leggero dalla bocca. “E poi sei arrivato tu” ma non ebbe modo di spiegargli in che modo quello gli avesse sconvolto la vita, cosa volesse dire. Ettore chiamò suo figlio da lontano ed Harry ritrasse la mano senza sembrargli troppo brusco e scottato. Non avrebbe mai saputo cosa aveva tentato di dirgli ma gli bastava sapere che in qualche modo, nella sua vita fosse arrivato.

 

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“Proviamo a superare questo momento” la voce di era turbata. Così come lo sguardo di Luigi, che gli si affiancò poco dopo.

“Pensi che sia una buona idea? Che io venga?” domandò mentre ormai si erano comunque avviati. La bottega del signor Giuseppe non era poi così lontana da dove avevano deciso di vedersi quella mattina. Luigi si era ritrovato con una richiesta così insolita da parte del moro che non riuscì a capire niente per un bel paio di minuti buoni.

“Mi pare che tu sia già qui, ormai” roteò gli occhi in segno di fastidio, cosa che faceva spesso anche quando era più piccolo e Luigi faceva delle sciocche domande, di cui avevano già la risposta. “E se vogliamo provare a superare questo casino, è meglio passare insieme quanto più tempo possibile” forse, in quel momento, Tony avrebbe voluto aggiungere qualcosa, dal modo in cui si interruppe, ma non lo fece. Luigi non volle insistere, trovando comunque che fosse un'ottima idea. Persino Agata ed Harry ne erano entusiasti.

Ci fu per un po' del silenzio, che nessuno dei due trovava imbarazzante. Semplicemente, stavano bene persi nei propri pensieri, non era una novità nemmeno quella. Entrambi avevano bisogno di isolarsi delle volte, erano più simili di ciò che avevano sempre pensato.

“Ho sempre pensato che saresti stato tu il primo a sposarti” fece poi Tony dal nulla, avendo preso a fumare una sigaretta. Luigi inarcò un sopracciglio chiedendogli implicitamente che cosa glielo avesse fatto pensare e credere. “Beh, Gino, tu e Agata siete stati insieme per molto tempo e vi vedevo, eravate perfetti. Anche quando vi siete lasciati, le ragazze di città non facevano che parlare di te e del tuo fascino americano” un pizzo di gelosia venne fuori da quelle parole, che si dissolsero immediatamente come fumo.

“Come puoi vedere, ti sei sbagliato. Non c'è stato più nessuno che mi abbia fatto innamorare” e quella confessione, lo fece sentire strano. Non solo perché stava parlando di nuovo con Tony ma perché c'era qualcosa che stonava in essa.

Persino Tony avvertì quel senso di disagio per un attimo, non si erano parlati per molto tempo e adesso si trovavano lì che passeggiavano e fumavano parlando delle loro vite, come se mai nulla gli fosse accaduto. Come se avessero ripreso d dove si erano interrotti. “Ne sei sicuro?”.

Luigi sussultò a quella domanda, fatta con una espressione che la sapeva lunga. Sbatté le palpebre e tacque, cercando di capire cosa gli stesse succedendo, perché effettivamente sentisse che quella domanda fosse quella giusta da porsi.

Alla fine entrarono e salutarono l'uomo dal baffo bizzarro comodamente sistemato sulle labbra e Tony gli spiegò che ben presto si sarebbe sposato ed aveva bisogno di un abito. Luigi notò l'uomo sgranare gli occhi e poi congratularsi con dei baci sulle guance e pacche sulle spalle, per poi trascinarlo dentro il negozio. Non ci volle molto affinché gli proponesse numerose giacche e pantaloni, papillon, cravatte e gemelli per la camicia. Tony sembrava palesemente confuso ed ogni volta che saliva sul piccolo soppalco per guardarsi allo specchio chiedeva a Luigi che cosa ne pensava.

Il problema era che Luigi non pensava. Perché con la sua domanda lo aveva messo in crisi e gli aveva aperto qualcosa nel petto, come se con una lama gli avesse scavato in mezzo alle costole.

Poi, dopo minuti interminabili, si riprese. “Credo che staresti meglio con quel borsalino” gli fece sapere, storcendo il naso ad una coppola sulla sua testa che non faceva per niente per lui. “E l'altra giacca mi sembra più bella”.

“Tu staresti meglio se mi facessi da testimone” gli chiese, mentre l'uomo gli prendeva le misure, con un metro fra le dita e vari spilli pericolosamente sostenuti fra le sue labbra.

Luigi rimase di sasso, rendendosi conto di ciò che gli avesse appena detto. Non credeva che fosse possibile una cosa del genere, dopo tutti quei casini. Stavano ricominciando a mettere le cose a posto da pochi giorni, forse quella proposta era un po' troppo. Eppure, si conoscevano bene da tutta una vita, si erano sempre sostenuti e nonostante le varie liti non avevano mai perso quel briciolo di speranza che li teneva sul filo di un rasoio.

“So che non dovrei metterti fretta ma in realtà devo, perché ci sarebbero numerose scartoffie di cui occuparci per poterti rendere il nostro testimone” gli sorrise, guardandolo dal riflesso allo specchio, per la sua faccia sconvolta. Nessuno dei due aveva mai smesso di volersi bene e quella sembrava la cosa più giusta e naturale del mondo.

Tony continuò a guardare il proprio riflesso, poi gli disse: “Hai tempo finché non torniamo a casa. Che dici non credi che sia questo?”. L'uomo gli promise che avrebbe sistemato meglio le maniche lunghe della giacca, che la camicia sarebbe stata ben inamidata e che i pantaloni gli sarebbero stati perfetti addosso.

Luigi era certo che la sua vita fosse cambiata in un batter d'occhio, senza che se ne rendesse davvero conto. Era incredibile ma stava succedendo, così in fretta da stordirlo. Questo non gli impedì comunque di fare un sorriso e lasciar riempire il cuore di quanta più gioia pura possibile. Il pezzo che sembrava essere stato mancante fino a quel momento era tornato finalmente a posto.

 

-

 

 

Nessuno di loro si sarebbe mai aspettato che quel giorno sarebbe arrivato tanto presto. Luigi, soprattutto, non credeva di vedere una scena simile che non comprendesse lui stesso in mezzo. Eppure non sentiva altro che gioia, felicità, aveva il cuore colmo di poesia.

Attorno a loro si respirava aria di festa e gaiezza, persino le persone più imbronciate sembravano sorridere di fronte a quello spettacolo.

La borgata era diventata quasi magica, con tutti quei fiori e quei profumi nell'aria. Tutte le signore avevano contribuito ad allestire le mura attorno con rami di limoni, fiori di zagare e calle bianche. Sull'arco vi era una sorta di tulle bianco intrecciato a dei fiori di lillà, all'ingresso i due alberelli di limoni erano stati allestiti allo stesso modo.

Le campane della piccola Chiesa suonarono, segno che a breve la cerimonia sarebbe iniziata e tutti cominciarono a radunarsi nelle vicinanze per osservare. Non accadevano spesso quegli eventi, ma quando si aveva modo di celebrare un matrimonio accorreva quanta più gente possibile. Erano tutti curiosi e tutti estasiati, soprattutto di vedere la sposa.

Che per fortuna non tardò a mostrarsi. Era meravigliosa nel suo abito corto, appena sotto il ginocchio, con quella gonna a palloncino che le faceva risaltare la forma longilinea della vita. Aveva dei guanti leggeri di tulle chiusi sopra il polso da un bottone di perla, un velo cortissimo sul viso e fra i capelli delle zagare intrecciate magistralmente, lasciando solo qualche ciocca bionda ribelle a svolazzarle lungo il volto.

Luigi osservò la sua Agata avanzare leggera come una farfalla, con un tacco moderato ai piedi, le caviglie scoperte e il pizzo a svolazzare attorno a lei. Era bellissima e quei merletti sulle spalle e sulle maniche del vestito la facevano sembrare una diva. Con sé aveva un parasole ma non sembrava intenzionata ad utilizzarlo, le piaceva sentire i raggi di sole pizzicarle le guance fino ad arrossare piacevolmente le sue gote.

Camminava flemmatica sulla ghiaia, accompagnata da suo padre che sembrava sudare freddo all'idea che la sua bambina sarebbe diventata presto una donna. Eppure, un piede dietro l'altro, stava mostrando al mondo che niente avrebbe potuto dividere due persone tanto innamorate.

Tony la stava aspettando dentro la chiesetta, sudando con quella camicia così stretta e quel borsalino sulla testa. Era teso e il suo volto si era fatto cereo, così tanto da temere di poter vomitare per l'ansia accumulata. Le sue scarpe stringate bianche e nere ticchettavano nervosamente al suolo, spezzando il silenzio spettrale che vi era in Chiesa.

Respira Tony, sta arrivando” Luigi si avvinò a lui e gli poggiò la mano su una spalla, sorridendogli. Dopo essersi ritrovati, Tony non aveva voluto altri che lui al suo fianco, per quel giorno tanto importante. Era stato difficile strappargli quel sì, ma alla fine ce l'aveva fatta.

Gli sistemò con cura la cravatta, abbottonando con più cura la sua giacca e si allontanò, riprendendo posto al fianco di Harry. Entrambi avevano optato per qualcosa di chiaro da indossare, Luigi un completo grigio con la coppola sulla testa dallo stesso colore ed Harry beige, con un borsalino fin troppo grande per non cascargli sugli occhi – doveva essere di suo nonno, probabilmente.

“Se Agata non si sbriga, penso che vomiterà” Harry fece eco ai pensieri di Luigi, facendolo ridacchiare in silenzio. L'agitazione era palpabile per chiunque di loro, forse proprio perché nessuno aveva mai assistito ad un matrimonio prima di quel momento.

Quando Luigi ed Harry erano usciti di casa, quella mattina, avevano respirato a pieni polmoni l'aria fresca e gioviale che li circondava, spostandosi segretamente fra gli alberi di limoni, sotto cui era stato allestito un banchetto insuperabile. Si erano diretti verso l'altura per guardare il mare che sembrava chiamarli e si erano persi giusto qualche minuto prima di correre da Tony.

Lo avevano aiutato a vestirsi, costringendolo a mettere le bretelle sotto la giacca e strozzandolo col nodo della cravatta. Era stato divertente oltre che emozionante. Aveva solo ventuno anni e stava già per diventare non solo sposo ma anche padre.

Harry sistemò la zagara che aveva nel taschino facendo lo stesso con quella di Luigi, tutta storta e sconclusionata. Gli si pose di fronte, sotto al suo sguardo curioso, cercando di evitare il contatto con quegli occhi così blu da farlo annegare senza nemmeno provare a nuotarci dentro. Avevano una forza così spietata da fargli mancare l'aria. E il suo profumo, quella mattina gli dava alla testa, soprattutto da quando lo aveva visto dalla finestra, mentre faceva il bagno o da quando aveva pronunciato quelle parole. E poi sei arrivato tu.

Le sue lunghe dita cercarono di sistemare al meglio il suo fiore all'occhiello senza tremolare troppo e dargli a vedere quanto tutta quella situazione lo facesse sentire teso. L'aria di festa, il matrimonio, la sua eleganza. Tutto di quel momento gli urlava “baciami” in maniera disperata. Le sue labbra rosee e morbide, proprio così vicine al suo volto, il suo respiro così calmo e caldo, il suo profumo, lo mandavano fuori di testa. Cercava di tenere lo sguardo basso sulle sue mani, sul fiore nel taschino, ma sembrava non poter fare a meno di venire richiamato da quello splendore che aveva di fronte.

Luigi parve notare quel suo strano nervosismo e le sue mani calde gli si posarono sulle sue, come a voler fermare quello strazio. “Credo sia a posto, adesso” gli bisbigliò, con un sorriso. Ma non lasciò andare subito le sue mani ed Harry ne approfittò per aprirle e poggiare il palmo contro il suo petto, come se cercasse conforto.

Luigi gliele fece scivolare lentamente verso il basso, con un sorriso amaro, fino ad allontanarlo e tornare ognuno al proprio posto. L'ingresso della sposa, in ogni caso, li distrasse da ogni pensiero e si fermarono tutti ad osservare prima il sorriso di Agata, che illuminava ogni cosa e poi il volto ancora più bianco di Tony. Più la ragazza si avvicinava all'altare e più quella sensazione di nausea aumentava, talmente tanto da temere che potesse rimettere proprio in quel momento.

Ma per fortuna non successe, gli bastò guardare il padre di Agata toglierle il velo dal volto, darle un bacio sulla fronte e poi lasciarla fra le sue mani, per calmarsi. La ragazza poggiò il suo piccolo bouquet sull'inginocchiatoio di fronte a sé e fece un sorriso emozionato al suo futuro marito.

“E' tutto bellissimo” sospirò Luigi a bassa voce, credendo di aver fatto per la prima volta la cosa giusta.

“Sì è vero, lo è” borbottò Harry prima che cominciasse la cerimonia, guardando il profilo affilato di Luigi assorto nei suoi pensieri.

 

Ovviamente non si aspettavano di piangere, sopratutto Agata che aveva retto quasi fino alla fine, tradita dalla voce di Tony che nel farle le promesse aveva iniziato a balbettare preso dall'emozione e dal fin troppo amore che provava nei suoi confronti.

Si era lasciata andare a qualche lacrima traditrice e lo aveva baciato per coprire un piccolo singulto venutole fuori senza permesso alcuno. Tony l'aveva sfiorata in viso e poi l'aveva stretta a sé come se finalmente non avesse più nulla da temere. Era diventata sua moglie.

Quando uscirono fuori dalla Chiesa, vennero immediatamente inondati da una cascata di riso che li portò a chiudere gli occhi e stringersi l'uno all'altro.

Luigi ed Harry, vicini, se la risero alle reazioni dei due sposini.

La cerimonia era stata perfetta, tutti avevano ascoltato le parole del parroco con attenzione e tutti avevano sentito una forte emozione nel vederli legati indissolubilmente. Nonostante il matrimonio fosse stato affrettato, tutto era stato esattamente per come ci si aspettava dalle due rispettive famiglie.

Gli sposi sfilarono lungo la borgata, accerchiati da amici e parenti, godendosi gli auguri, i baci, le congratulazioni. Nessuno aveva mai visto Tony così gioioso, nessuno avrebbe mai potuto pensare che fosse capace di emozionarsi per una cosa tanto romantica. Eppure, alla fine, anche il più duro dei cuori era capace di crollare di fronte al Sole più caldo, capace di sciogliere quel gelo.

Ed Agata era proprio quello, un Sole. Luigi ne era consapevole, durante quel periodo in cui si erano trovati più in intimità, aveva capito quanto fosse speciale una donna come lei. Ed il pensiero che a breve sarebbe diventata anche madre lo mandava fuori di testa, in modo del tutto positivo.

Harry e Luigi si accodarono alla folla di persone che, con sicurezza, seguiva la via indicata dalla signora Rosa e dalla signora Michela per recarsi al banchetto.

“Sai che ho contribuito anche io?”.

“Ah sì? Per questo non ti ho visto per un bel po' in giro” Luigi si voltò a guardarlo con un mezzo sorriso, certo che anche lui avesse messo lo zampino nell'organizzazione, ma soprattutto nell'allestimento. Lo notava dal fatto che avesse messo dei fiori di zagare ovunque, persino su quella lunga tavolata che gli si parava di fronte.

Passarono lenti sotto agli alberi di limone, con delle lanterne spente appese ai rami rendendo il tutto più romantico, ed il profumo forte acre ma così buono da rimanerne estasiati. Sui tavoli, Harry aveva disposto dei centrotavola con limoni e rami colmi di zagare, rendendo tutto elegante ma senza esagerare.

Scusate!” la vocina di Agata si levò quanto più alta possibile, in cerca di attenzioni, battendo anche un coltello contro un bicchiere per aiutarsi. In ogni caso, quello servì poiché gli invitati si misero tutti sull'attenti in un religioso silenzio. “Vi volevo ringraziare per essere qui, in un giorno così speciale. Nessuno di noi pensava che saremmo giunti a questo punto ma ho trovato il coraggio di dire sì davanti a Dio e a mio marito” guardò Tony sbattendo le palpebre un po' emozionata. Istintivamente portò una mano sul ventre, ma abbastanza discretamente da non far trapelare che il motivo principale per la quale le cose si erano affrettate fosse proprio quello.

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno aiutato nel mettere su tutto questo” fece cenno verso Harry con il bicchiere, sorridendogli con gratitudine. “E i miei genitori per avermi sostenuta. Bene, penso di non avere altro da aggiungere, rischio di piangere sul serio questa volta!” concluse, sentendo levarsi in aria una voce che le urlava “come se non lo avessi già fatto” dal fondo della folla, che fece ridacchiare un po' tutti.

Harry non capì molto, ma grazie a Luigi, che si spostò verso il suo lobo, facendolo rabbrividire, comprese il vero ringraziamento. Rimase immobile, stordito dalla sua vicinanza, esattamente come Luigi che nello sfiorare l'orecchio del riccio con il naso sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

E adesso, dopo il discorso di mia moglie, io aggiungo solo: fatevi sotto! Il banchetto è stato servito” la voce di Tony squillante e allegra mise tutti dello stesso umore – o forse era stato l'arrivo imminente del cibo ad averlo fatto.

Tutti si precipitarono verso la lunga tavolata, trascinati da risate, battute, coppole gettate sulle spalliere delle sedie. Persino Luigi, con una risata d'incoraggiamento, si allontanò per potersi rimpinzare. Era affamato e quel ben di Dio che era stato servito in pochi minuti, era decisamente irresistibile.

Fra arancine e caponata, non aveva idea su cosa buttarsi prima. Harry lo guardava da lontano, con un bicchiere di limonata fra le mani, osservando la complicità che aveva con chiunque, il sorriso spontaneo che nasceva sulle sue labbra quando parlava o semplicemente sfiorava qualcuno anche per sbaglio. Il suo corpo era un insieme di bellezze, fin troppo nascoste da quella larga giacca che indossava e quella coppola sulla testa gli conferiva un'aria più seria e adulta.

“Tu non... mangi?” la voce di Agata al suo fianco lo fece tornare alla realtà, con un piccolo balzo di spavento. Era incerta ma pian piano aveva imparato a comunicare. Una parola in americano lei e una in italiano lui, avevano iniziato a capirsi senza l'aiuto degli altri.

Sì, aspetto che la folla scemi” completò in americano, non essendo esattamente sicuro delle parole da usare. In ogni caso, Agata parve capire e poi notare la figura di Luigi in mezzo alla folla, ridere di cuore e chiacchierare con dei suoi parenti che non vedeva quasi mai.

“Lui ti piace” se ne uscì poi, come se nulla fosse. Harry schiuse le labbra e la guardò accigliato, forse anche intimorito da quella sua affermazione così sicura. Nonostante avesse usato l'italiano aveva capito perfettamente ciò che gli aveva detto.

In quel momento qualcosa affondò nel suo petto, forte, come una lama o uno spillo troppo grande. Non seppe spiegarsi cosa fosse ma credette fermamente che le parole di Agata fossero arrivate a fondo, che avessero toccato le giuste corde e che avessero sfiorato in qualche modo il suo cuore e quello che aveva sempre tentato di nascondere.

Da quando era arrivato, aveva notato subito in Luigi un qualcosa di speciale, lo aveva sempre visto come una guida, come una persona talmente pura da illuminare chiunque si trovasse sul suo cammino.

“Tranquillo, nessuno lo saprà” fece alla fine, dopo averlo lasciato senza parole, sparendo per poter raggiungere suo marito.

Harry se ne rimase in disparte un po' prima di decidere a farsi avanti e imbattersi in mezzo a quella folla di affamati, che probabilmente attendeva eventi del genere per potersi strafogare a più non posso, senza sentirsi colpevoli di aver esagerato.

Luigi avvertì finalmente la figura di Harry al suo fianco e senza pensarci due volte, gli passò un piatto stracolmo di cibo, che doveva aver fatto preparato per sé stesso. Poi, come se fosse un ciclone, qualcuno se lo trascinò via con la scusa del “devo scambiare due parole con te”, lasciando così Harry con un grazie incastrato in gola.

Luigi si sentì leggermente in colpa per aver lasciato quel ragazzo solo e spaesato in mezzo ad una folla di siciliani che, delle volte, di italiano non spiccicava nemmeno una parola. Lo guardava con la coda dell'occhio, per evitare che finisse sotto lo sguardo di qualche vecchio parente di Agata e lo riempissero di domande scomode a cui non sarebbe stato capace di rispondere, non ascoltando quasi ciò che invece quell'uomo gli stava dicendo per quanto riguardava l'irrigazione.

Poi vide Gemma comparire al fianco del riccio ed il suo animo si quietò un attimo, poiché quello stava a significare che Salvatore doveva essere nelle vicinanze. Perse il filo del discorso completamente quando sparì dalla sua visuale, ma senza sentirsi spaventato, sapeva che doveva essere con la sua famiglia probabilmente.

Il suo cervello, in ogni caso, non riuscì a pensare ad altro se non al fatto che volesse tanto scappare da lì per poter quantomeno stare con i suoi genitori ed i suoi amici. E fu proprio Tony a tirarlo fuori da quella situazione, presentandosi al suo fianco come uno spirito, silenzioso e veloce.

Allora, vi sta piacendo la pasta con le sarde?” esordì ridendo, mentre fra le mani aveva proprio un piatto colmo di quella prelibatezza. Aveva già sporcato la camicia di olio ma non se ne preoccupava affatto e Luigi era certo che sua madre o addirittura la sua sposa, lo avessero già rimproverato per quel suo essere così sbadato e poco attento delle sue cose.

Minchia Tony, a mafarda cu li panelli è 'a fini do munnu” se ne uscì quell'uomo, che altro non era che uno zio dello sposo, con un baffo alquanto discutibile, almeno quanto la coppola sulla sua testa. Anche se, Luigi doveva ammettere, la bellezza era sicuramente qualcosa di famiglia. Erano tutti così scuri di carnagione e di capelli da fare invidia.

Alla fine, dopo qualche inutile chiacchiera, Luigi e Tony si allontanarono con una scusa, spostandosi verso il tavolo per poter prendere almeno un bicchiere di vino rosso, rigorosamente imbottigliato dalla famiglia Naro, che faceva parte attivamente a quella borgata e che in qualche strano modo era imparentata alla signora Rosa – forse cugini di secondo o terzo grado, nessuno lo aveva mai capito.

Harry si è dato un gran da fare” gli diede una gomitata nel costato e gli allungò nuovamente la brocca di vino per riempirgli il bicchiere. Forse l'obiettivo di quella giornata era più o meno tornare nelle proprie abitazioni sazi e anche brilli. I matrimoni di borgata erano una buona occasione per poter chiacchierare di cose futili, mangiare e bere come se non ci fosse un domani e come se non avessero da lavorare.

Sì è stato bravo, non sapevo avesse contribuito”.

Lui, Agata e tua madre sono stati in prima linea” fece tintinnare il bicchiere contro il suo e bevve un sorso dal bicchiere, pulendo l'angolo delle sue labbra da probabili gocce di vino e cibo.

Luigi sorrise in maniera inaspettata al pensiero che Harry e sua madre si fossero trovati insieme in quella cosa, sentendo qualcosa nello stomaco. Per fortuna Caterina era molto brava a parlare americano perciò Harry non aveva avuto alcun problema nel comunicare anche con Agata.

Poi lo vide, in mezzo alla folla, con i suoi nonni a mangiucchiare e ridere. Sembrava un po' a disagio, forse teso per la troppa attenzione data da gente che non aveva mai visto ma che sembrava piuttosto entusiasta di conoscere i famosi nipoti dell'America.

Vedi di non fare lo stesso errore che hai fatto con Agata, mi hai capito?” la domanda di Tony gli arrivò alle orecchie un po' in ritardo, facendogli sbattere le palpebre un po' stordito. Delle volte si perdeva così tanto da non capire esattamente cosa stesse succedendo attorno a sé; come se la sua mente avesse un forte bisogno di evadere e non tornare fino a che non avesse trovato la giusta pace.

“Ma che intendi?” chiese infatti, quando si voltò verso l'amico al suo fianco, che aveva nuovamente fra le mani del cibo. Tony si limitò a scuotere la testa e ad allontanarsi con uno sbuffo, lasciando Luigi a crogiolarsi nelle sue numerose congetture mentali.

Si ritrovò solo all'improvviso, circondato dalle parole pungenti del moro, che gli fecero storcere il naso per il fastidio. Delle volte pensava che quel ragazzo esistesse solo per dargli impiccio e che, uno dei motivi per la quale avessero litigato fosse proprio quello.

In ogni caso, decise di immergere le labbra in quel nettare rosso per evitare di pensare ad altro che non fosse il matrimonio dei suoi amici. Li vedeva ballare sotto le note di due cantanti stonati che erano i loro vicini di casa, divertendosi come matti. I capelli di Agata erano finiti per sciogliersi malamente, ma non aveva alcuna importanza se suo marito la guardava in quel modo, con quegli occhi così brillanti.

Il suo sguardo vagava da una persona all'altra, come se avesse voglia di studiare tutti in quel momento e carpire quali fossero le emozioni e da cosa fossero mossi quegli animi così festaioli. Avrebbe dovuto lanciarsi nella folla, forse, senza preoccuparsi per una volta di mostrarsi così serio e perfetto. Non aveva bisogno di farlo, quando sapeva di avere tutto l'affetto possibile dei suoi familiari e due suoi amici. E di Harry.

E lo vide, solo, mentre teneva fra le mani un bicchiere di quello che sembrava spumante di qualità scadente e lo sguardo un po' vacuo. Le sue rosee labbra erano schiuse, forse per la curiosità e i suoi occhi colmi di nuovi luccichii. Non pensava di aver mai visto una persona brillare così tanto anche in mezzo ad una folla di persone dalla personalità così estrosa. Harry sembrava un pesce fuor d'acqua eppure era l'unico che ai suoi occhi spiccava così tanto.

Notò che nel suo taschino non avesse più il suo fiore, facendolo sorridere. Probabilmente doveva averlo perso mentre tentava di prendere qualcosa da mangiare, fra la folla di contadini affamati.

Mentre la brezza fresca gli spostava i ricci e un raggio di Sole illuminava il suo volto, Luigi raccolse un rametto, un fiore di zagara, portandolo al naso. Vide la piccola Gemma scorrazzare felice fra gli alberi e il tavolo, fermandola in maniera istintiva.

“Puoi fare una cosa per me?” e la bambina annuì senza pensarci nemmeno. “Porta questo fiore a tuo fratello Harry” le bisbigliò, facendole un sorrisetto dolce. La bambina non ci pensò due volte e cominciò a correre per raggiungere il fratello, che aveva individuato in fondo alla tavolata, proprio sotto ad un albero ed una lanterna che gli penzolava sulla testa.

Harry alzò la testa in quel momento notando Luigi in sua direzione. Tirò un sospiro e non riuscì a togliergli gli occhi di dosso. Il vento gli spostò la cravatta e i suoi immensi occhi azzurri brillarono sotto al Sole, che gli illuminava il volto per metà. Prima di allora non aveva mai creduto all'esistenza degli angeli, ma se doveva immaginarli in qualche modo, quella sarebbe stata la loro forma.

I suoi capelli erano più chiari del solito, il suo corpo aveva una posizione sciolta, sicura. Harry si sentì sconvolgere da quell'uomo che lo stava guardando come se non avesse mai visto nessuno in vita propria. Sentiva di essere come un cieco tornato a vedere per la prima volta. Ogni morso allo stomaco, ogni pizzicore sulle pelle, ogni battito mancato erano chiaro segno che qualcosa stava cambiando dentro di sé – o che fosse già cambiato.

Gemma si fermò una volta giunta ai piedi di Harry e gli tirò la giacca per attirare la sua attenzione. Harry fu costretto a distogliere lo sguardo da Luigi e a guardare la piccola, che gli allungò qualcosa. Si accorse immediatamente del piccolo rametto di zagara che teneva fra le dita e si piegò sulle ginocchia con un sorriso. “Questo te lo manda lui” gli sussurrò, indicando con un ditino Luigi, che lo stava ancora guardando con le mani in tasca e la testa inclinata da un lato.

Gemma gli diede un bacio sulla guancia, come se l'incitamento di Luigi gli avesse suggerito quello ed Harry schiuse nuovamente le labbra, chiudendo gli occhi solo un attimo immaginando che fosse lambito da un'altra bocca.

Poi finalmente lo guardò, sollevandosi. Respirò quell'odore così dolce e incatenò lo sguardo al suo. Aveva sempre pensato che sperimentare certe cose fosse impossibile, che non esistessero, che per lui quel momento non sarebbe mai arrivato. Suo nonno gli aveva sempre detto che l'amore quando arrivava era completamente irrazionale e che con tutta probabilità non l'avrebbe né visto né avvertito. Sarebbe giunto nel silenzio della sera, forse durante una passeggiata all'aperto, o seduto in un ristorante. Forse sarebbe giunto a lui quando non l'avrebbe più cercato e desiderato o forse l'aveva sempre avuto davanti senza capirlo.

Quando era più piccolo si era sentito confuso, non aveva capito cosa intendesse il nonno quando gli raccontava quelle cose, come una favoletta. Ed in quel momento, gli tornò tutto in mente ripensando a quanto stupido fosse stato.

Respirando a pieni polmoni quel profumo, rivide Luigi dietro alle sue palpebre. Uno scoppio improvviso di battiti e stelle lo portò da tutt'altra parte riscoprendo qualcosa di nuovo che in realtà aveva tenuto nascosto da quando aveva visto per la prima volta quel paio di occhi dalla finestra.

Allora non aveva capito che qualcosa stava per cambiare, aveva solo visto uno sguardo assonnato e delle iridi chiare e curiose. Sembrava essere uscito da una delle sue fotografie, anche se nessuna foto gli avrebbe mai reso abbastanza giustizia. Non era possibile mettere su carta una cosa del genere.

Luigi gli sorrise, compiendo un passo in avanti verso di lui. Mosso da quello stesso stato d'animo, fece lo stesso. Il suo labbro inferiore finì per incastrarsi fra i suoi denti, sistemando il rametto di zagara nel taschino della sua giacca, come se fosse un diamante prezioso.

Alla fine si incontrarono quasi a metà strada ed Harry sospirò profondamente. “Grazie” gli bisbigliò lasciando che leggesse solo il suo labiale. Avrebbero voluto toccarsi in quel momento, sfiorarsi il volto in qualche modo, o anche solo il dorso delle mani ma gli bastò quella distanza così lunga da colmare. Gli bastarono gli sguardi e le parole lasciate nell'aria sospese, come soffioni lasciati andare nella speranza che quanto desiderato potesse avverarsi.

“Sistemalo meglio” gli sorrise felino Luigi, cercando di guardarlo nella maniera più normale possibile, anche se in quel momento sembrava del tutto inattuabile.

Il loro momento venne interrotto da una lucente Agata che, afferrò il polso di Luigi, trascinandolo in mezzo al casino che si era creato, a ritmo di una musica suonata da chissà chi. Harry scoppiò a ridere subendo poco dopo la sua stessa sorte. Nessuno quel giorno sarebbe sfuggito alla sposa e nessuno sarebbe stato capace di deluderla. Perciò, con tanti sorrisi dipinti sul volto, ballarono come se il sangue bruciasse nelle loro vene e nessuno avesse voglia di spegnere le fiamme.

 

Okay, siete pronte?” urlò la sposa, dando le spalle a quella folla di cugine nubili che strepitava manco avesse intenzione di lanciare loro il futuro compagno fra le braccia. Agata rideva e saltellava come una bambina, poiché aspettava quel momento da quando aveva iniziato i preparativi.

Da bambina, quando aveva presenziato a dei matrimoni, si era sempre messa in prima fila per poter afferrare il bouquet e sentirsi la più fortunata fra zie e cugine che si divertivano sempre a ricordarle che non avrebbe mai trovato marito con quel carattere così timido. Non lo afferrava mai, essendo molto bassa e poco agile, ma non aveva mai smesso di provarci negli anni a seguire.

Non lo aveva mai preso, mai. Eppure era stata la prima fra le sue cugine a coronare quel sogno. “Dai Tina, lancialo!” si lamentò una cugina. Agata si voltò a guardarla per poter sbuffare e fulminare con lo sguardo ma evitò di farlo, roteando impercettibilmente gli occhi. Suo marito la stava guardando seduto ad una sedia, disinvolto e con la cravatta allentata, così come i bottoni della sua camicia. Lo trovava terribilmente attraente.

Alla fine, prese un lungo respiro e strinse forte il suo bouquet, vibrando all'emozione che quel momento le stava regalando. Finalmente avrebbe potuto fare quello che sempre aveva desiderato. E con un gesto liberatorio, lanciò il mazzo alle sue spalle, voltandosi con un mezzo giro per poter osservare chi fosse la fortunata fra le sue cugine.

Il lancio era stato forse fin troppo lungo e forte, proprio per quella ragione finì fra le mani inaspettate di Harry, che in realtà aspettava solo, assieme ai restanti ragazzi di borgata, il lancio della giarrettiera.

“Ma non è giusto!” fu il primo lamento.

“Non è valido, devi tirarlo di nuovo!” fu il secondo. Seguito da un terzo ed un quarto. Le sue cugine forse non era destinate ad afferrare quel bouquet, un po' come lei che non l'aveva mai preso.

“E chi dice che non sia valido?” ridacchiò nel vedere l'espressione esterrefatta del riccio, che guardava quei fiori come se fossero pronti ad esplodere. Luigi, che si trovava al suo fianco, lo guardò di sottecchi alquanto compiaciuto.

Era palesemente in imbarazzo Harry e quando guardò gli occhi furiosi di tutte quelle docili ragazze, fece un passo avanti. Tutte rimasero in attesa, come se fosse diretto verso una di loro e facesse dono di quel mazzo. Ma Harry attraversò semplicemente quella piccola folla per poter raggiungere Agata. “Sei tu la sposa, è tuo il bouquet”.

Lei lo riprese fra le mani con un sorriso e guardò Luigi, che alle loro spalle accanto a Tony, stava continuando a sorridere di gusto. “Ma non scorderò mica che sia stato tu a prenderlo” gli regalò un occhiolino complice e, sotto a svariate proteste e richieste di un nuovo lancio, andò a sedersi su una sedia posta al centro del giardino.

Le facce di chiunque si tinsero di imbarazzo e divertimento quando notarono che le mani di Tony si erano infilate sotto la gonna della ragazza alla ricerca della giarrettiera. Era una tradizione un po' goliardica ma era divertente. Amici e parenti di Tony incitavano follemente a continuare, con schiamazzi e urla, anche se avrebbe dovuto farlo con i denti. La povera Agata si portò le mani sul viso arrossendo, ma suo marito le rese quel supplizio meno duraturo estraendola dalla sua gamba in fretta.

La giarrettiera era di pizzo, come il suo abito, e portava un fiocco blu come da tradizione. Tony sorrise trionfante e radunò i ragazzi alle sue spalle. Harry cercò di mettersi quanto più lontano possibile dalla traiettoria mentre Luigi si trovava in prima fila in attesa. Ridevano tutti divertiti e lo fecero ancor di più quando ad afferrare quel pezzo della sposa fu un cugino lontano di Agata, che le somigliava tantissimo.

Alla fine, la folla si disperse tornando a bere e a parlare, lasciando anche Tony congiungersi e baciare sulle labbra dolcemente sua moglie. Harry respirò e si sedette, osservando quanto bello fosse quel giorno, colmo di amore e gioie. Luigi lo stava raggiungendo, lo guardò e ne studiò ogni più piccolo dettaglio, ricordandosi dei suoi muscoli nudi, quella volta alla finestra. Aveva un sorriso meraviglioso sulle labbra e due occhi luminosi più di stelle.

“Le zagare ce l'hanno con i tuoi capelli” esordì, quando si trovò di fronte a lui e le sue mani si posarono in mezzo ad i suoi ricci per potergli sfilare alcuni petali di fiori di zagara. Stando seduti sotto agli alberi era normale riempirsi di fiori caduti, mossi dal vento. “E quindi ti sposi entro l'anno” rise.

Harry sbuffò a quella affermazione e sorrise, ricambiando la sua espressione compiaciuta. “Come no” rispose, guardandolo sedersi accanto a lui. In quel momento avrebbe tanto voluto sparire da quella festa e rimanere un po' da solo in sua compagnia, studiandolo e guardandolo senza che nessuno se ne accorgesse e potesse dire qualcosa.

“Perché no? Magari ti innamori di una bella siciliana” in quel momento si guadarono ed Harry deglutì. Non si sarebbe mai innamorato di una siciliana, nessuno gli avrebbe mai potuto rubare il cuore, nessuna donna aveva un potere tale su di lui. Luigi lo sapeva e lo sentiva sulla pelle, quegli occhi verdi così profondi gli stavano raccontando qualcosa, gli stavano parlando sottovoce. Ed era certo che persino i suoi stessero facendo lo stesso.

Luigi lo aveva guardato tutto il tempo, lo aveva cercato fra la folla e ne aveva desiderato sentire il profumo. Stargli così vicino e non poterlo toccare iniziava a fargli provare strani colpi sordi al petto. Le sue mani pizzicavano e desiderava ardentemente potergli sfiorare il polso ancora una volta, disegnare delle linee e poi seguire il percorso delle sue vene in evidenza. Un contatto che li bruciasse e che placasse allo stesso tempo quelle fiamme così alte.

Perché sei arrivato tu” avrebbe tanto voluto dirgli ad alta voce, un po' come aveva fatto lui stesso tempo prima. Non lo fece, mantenne il silenzio e sospirò, sapendo già comunque la sua unica risposta a quell'assurda supposizione.

Luigi provò ad allungare una mano verso di lui, poi la lasciò cadere sulla propria coscia, sospirando. Harry notò il gesto ed esasperato gli fece un sorriso, come se in qualche modo volesse incoraggiarlo o ringraziarlo. Non avrebbe mai potuto pensare che in un silenzio del genere ci fossero più parole di un discorso intero, era incredibile. Quando qualcosa che somigliava all'amore bussava alla porta non non era facile da riconoscere, ma se uno spiraglio restava aperto, da esso poteva entrare qualsiasi sentimento rimasto silenzioso per troppo tempo.

“Brindiamo?” la voce di Tony, gioiosa e prepotente, interruppe quello strano contatto e fece scoppiare la bolla. Luigi si schiarì la gola e guardò l'amico, tutto disfatto e leggermente brillo. Agata, dietro di lui, cercava di tirargli un freno essendo troppo allegro.

“Ma certo!” fece Luigi, alzandosi per prendere la bottiglia di spumante che era rimasta intoccata. Ne versò per tutti in dei calici e li spartì. “Agli sposi, che possiate avere una vita felice” disse, ma il suo sguardo cadde in quello di Harry. Bevvero ed entrambi cercarono di annegare quei sentimenti riscoperti, senza alcun successo.

Forse non era possibile, innamorarsi di qualcuno non poteva essere controllato. L'amore arrivava e non lasciava nessuno scampo. Nessuno.

 

-

 

 

I due novelli sposi sembravano non riuscire a togliersi di dosso gli occhi. Le mani protettive di Tony circondavano la vita stretta di Agata, schermando così il leggero pancino, che sembrava già essere appena appena pronunciato. Se nessuno di loro l'avesse saputo, probabilmente non l'avrebbero nemmeno notato.

Harry e Luigi guardavano i due ragazzi ballare tenendosi vicini, così come poche altre coppie al loro fianco. Seduti da quel tavolo avevano modo di osservarsi attorno e bere il loro infuso di gin, senza esagerare. Luigi avrebbe dovuto portare Harry ai suoi nonni tutto intero e non ubriaco.

“Forse dovremmo ballare anche noi” fu la voce di Harry a distogliere lo sguardo cristallino di Luigi dalla coppia. La sala era stata appena riempita dalle note di un twist particolarmente coinvolgente. Le gonne a giro delle ragazze svolazzavano e le braccia forti dei ragazzi le riprendevano a sé per far ricominciare quel ballo da capo.

“Mi ci vedi a ballare?” sghignazzò Luigi, ma quella domanda ironica fece scuotere la testa al riccio. Eppure, ricordava bene la sua euforia, le sue movenze seppur scoordinate, quella volta che avevano provato ad impastare del pane.

Lo sguardo eloquente del ragazzo fece sbuffare Luigi, che non poté evitare di riportare alla memoria quella giornata, come se fosse appena successa. Le risate che ne erano scaturite, i sorrisi che si erano scambiati, la complicità che si era venuta a creare. Un po' come quella creata fra Tony e Tina, che non facevano altro che saltellare come folli.

Quella serata arrangiata era stata tutta un'idea di Tony, ovviamente, ma Luigi ed Harry si erano uniti molto volentieri, non riuscendo a rifiutare. E si erano ritrovati dentro a quel locale, non troppo grande, ma dove sapevano potersi divertire senza troppi pensieri. Il Juke box suonava, ingoiava monetine e cambiava disco.

La figura di Luigi si alzò in piedi all'improvviso, non appena le note di una canzone che adorava in modo particolare si fece spazio a spallate fra le pareti del locale. “Questa mi sa che dobbiamo ballarla” e senza preavviso alcuno, l'afferrò per un polso e se lo trascinò sulla pista. Harry se la rise e tentò di mescolarsi al ballo sfrenato degli altri, seguendo le note allegre di quel twist che tanto amavano ballare nelle balere sul mare.

Finalmente!” urlò la voce cristallina di Agata. Forse nessuno di loro l'aveva mai vista tanto felice e raggiante. I suoi occhi brillavano e il suo viso prima sciupato, sembrava riempirsi poco a poco, arrotondarsi.

Harry cominciò a muovere i fianchi, a far scivolare i piedi sul pavimento, seguendo il suono di quella canzone che tanto piaceva a Luigi. Lo guardava con occhi adoranti, con occhi pieni di contentezza per essere stato travolto da lui e i suoi amici, grato al nonno per averli portati in Sicilia.

“Sei bravo” constato Luigi, avvicinandosi a lui per fargli sentire quelle parole. Harry arrossì leggermente, arrestando poco la sua danza ma, un contrariato Luigi, lo afferrò per le braccia e lo fece girare come una trottola per farlo riprendere a ballare. I loro ancheggiamenti, le loro braccia a seguire quel twist, erano un concentrato di muscoli scoordinati. Ma non importava a nessuno di loro, erano allegri e avevano voglia di divertirsi. Era come spegnere una sigaretta con i piedi e strofinare un'estremità con l'asciugamano. Luigi non era molto bravo ma Harry aveva più ritmo nel sangue e guardarlo muoversi in quel modo scatenava dentro di sé la voglia di avvicinarsi e poter ballare con lui.

Guarda come dondolo, guarda come dondolo con il twist” cominciò a cantare Luigi, ridendo e mostrando tutti i denti.

Con le gambe ad angolo, con le gambe ad angolo ballo il twist” gli fece eco Tony, dondolando in maniera fin troppo perfetta. Agata continuò a cantare e a muoversi assieme a suo marito, ridendo e scuotendo la chioma bionda. Entrambi avevano passato molto tempo fra le varie balere del sabato sera ed avevano imparato a ballare in maniera impeccabile.

“Oh buon Dio, non credo di aver mai ballato in questo modo” ansimò Harry, vicino ad un corpo scatenato e accaldato di Luigi. In risposta gli fece un sorriso e continuò a cantare la canzone, facendolo scoppiare a ridere per via delle facce buffe che venivano fuori dalla sua convinta interpretazione.

Più lo guardava più nel suo petto si faceva spazio una pericolosa sicurezza. I suoi capelli ricci e sudati vennero spostati dietro le orecchie, per potersi immergere meglio nella visuale che un divertito Luigi gli stava regalando. Nonostante fosse scoordinato, il suo corpo era tortuoso, era pericolosamente delizioso ed attraente. Ogni curva dei suoi fianchi sembrava implorarlo ad avvicinarsi e ad afferrarlo per potergli stare abbarbicato. Si sentiva sedotto.

“Agata è stanca, meglio che la riporti a casa” esordì il moro a canzone finita, cercando di sistemare il ciuffo ingellato sulla testa. La ragazza indossò il golfino bianco che aveva lasciato su una sedia e cercò di respirare per non perdere il fiato. Forse aveva esagerato un po' con quella danza, nella sua condizione, ma non aveva alcuna importanza, si erano divertiti insieme.

Harry li guardò stralunati, fermandosi all'improvviso come se fosse stata una macchina con le candele scariche. Guardare quel ragazzo lo mandava da tutt'altra parte.

“Beh, penso che andremo a casa anche noi a breve” la voce di Luigi era morbida, come ovattata, avvolgente più di un pesante piumone di lana. Si gettò come un peso morto sulla sedia e bevve un sorso del suo gin, facendo una smorfia di disgusto al sapore che gli toccò le labbra. Il Juke box si era improvvisamente zittito, lasciando un leggero chiacchiericcio di sottofondo ad accompagnarli.

Il volto di Agata era arrossato ma non aveva nient'altro che un'espressione di beatitudine, che nemmeno la stanchezza avrebbe potuto toglierle.

“Buonanotte allora, ci vediamo domani” asserì Tony, portandosi dietro un'Agata festante. Non aveva ancora del tutto voglia di tornare a casa ma doveva pensare anche alla sua povera schiena e ai suoi piedi gonfi.

“Buonanotte!” Luigi si alzò nuovamente in piedi e si diresse in silenzio verso il Juke box, lasciando che cinquanta lire cadessero dentro. La sala venne riempita dal suono dei dischi che scorrono, le luci colorate e le note lente di una canzone che venne scelta senza cognizione di causa.

Mi sono innamorato di te,

perché non avevo niente da fare.

Il giorno volevo qualcuno da incontrare,

la notte volevo qualcosa da sognare

La cantò sottovoce, non riuscendo a voltarsi. Con le mani poggiate sulle luci colorate del juke box, prese un respiro ad occhi chiusi, cercando di non farsi entrare quelle parole nei meandri più reconditi del suo cuore. Non era certo del perché avesse scelto proprio quel brano, ma non pensava che ci fosse nulla di meglio che potesse rappresentarlo. Quasi come se parlasse per lui. Quel pensiero gli fece tremare le mani.

Mi sono innamorato di te

perché non potevo più stare solo.

Il giorno volevo parlare dei miei sogni,

la notte parlare d'amore

Una mano di Harry si poggiò sulla sua spalla, facendolo trasalire appena. Luigi continuò a voltargli le spalle ma sentì le sue dita scivolare e disegnare parole inesistenti sulla sua spalla e sulla sua schiena. Non era la prima volta che lo sfiorava in quel modo ed il cuore sembrava volergli scoppiare come una bomba.

Guardando avanti a sé, sollevò la sua mano e la poggiò su quella calda e morbida del riccio, volendo intrecciare le dita alle sue. Non riusciva a mandare giù il groppo che si era formato in gola, sentendosi annegare nella marea alta dei suoi sentimenti, che parvero farsi così dispettosi da venire fuori tutti insieme, senza tregua.

Discretamente, seguendo le note di quella canzone così lenta e così palesemente colma d'amore, Harry gli carezzò la pelle della nuca con la punta delle dita, sentendosi morire dentro per la paura e la voglia di continuare a riempire quelle sensazioni di puro appagamento. Non c'era nulla che bramasse più della pelle di quel ragazzo. Nulla.

E non c'era nulla che entrambi bramassero più delle loro labbra.

Luigi fece scivolare entrambe le braccia lungo i fianchi, avvertendo le ginocchia farsi cedevoli, il rombo del suo cuore a ripresentarsi violento dentro i timpani. Se avesse potuto guardarsi dall'interno avrebbe visto tutta l'agitazione che gli metteva.

Poi finalmente si voltò, lasciando che la mano di Harry percorresse quelle linee immaginarie fino al suo petto. I loro occhi si scontrarono in un misto di paure ed esitazioni, ma nessuno dei due aveva voglia di mollare la presa.

Harry a labbra schiuse sentì il suo fiato farsi pesante e Luigi affondò i denti sulla sua lingua per evitare di farsi scappare qualche rantolo di impazienza.

“Andiamo via?” propose Luigi, sottovoce. Il riccio annuì semplicemente, afferrando la sua giacca al volo, e lasciando qualche spicciolo di troppo sul tavolo. Il corpo di Luigi sembrava inquieto ma continuava comunque a camminare con la sua solita scioltezza.

Nel silenzio della notte, procedevano fianco a fianco senza nemmeno guardarsi o parlarsi. Luigi non sapeva nemmeno per quale motivo quella canzone gli fosse balzata agli occhi e l'avesse lasciata spargersi nell'aria, e avesse permesso ad Harry di ascoltarla, di capirla e percepirla nel suo profondo. Sapeva benissimo quanto fosse bravo nel carpire informazioni dai suoi occhi o dalle sue movenze, sapeva di essere un libro aperto per lui. Ed era a conoscenza dei suoi di sentimenti. Li aveva percepiti tutti sulla pelle, le punte delle sue dita parlavano, gridavano sulla sua pelle d'oca.

Alla fine quelle grida si era tramutate in sospiri e silenzi da seguire. Harry aveva paura di fare qualcosa di sbagliato ma nel profondo era certo che entrambi volessero la stessa cosa.

Arrivati sulla via della borgata, Harry fece qualche passo in più per raggiungere quel posto che tanto amava: la distesa di alberi di limoni e arance. Le zagare erano ancora più profumate e fiorite, rendendo l'intera borgata una profumiera. Molti non sopportavano quegli odori così forti e dolci, ma Harry se ne sarebbe stato volentieri tutto il tempo immerso col naso fra i rami.

Luigi lo guardò e lo seguì, in fondo nessuno dei due aveva voglia di andarsene a dormire. Così, fra una zolla di terreno ed un'altra, attraversarono il viale alberato e si sedettero sotto al buio della notte stellata. Il maggiore accese una lanterna che avevano sopra la testa – con non poca difficoltà – e lasciò illuminare leggermente ciò che avevano attorno.

Faceva fresco, ma non poterono evitare di sentirsi confortati da quello che li circondava. E Luigi si accese una sigaretta, stringendosi di più nelle spalle un po' infreddolito. Harry lo guardò e desiderò accoccolarsi a lui, e leggendolo comprese di poterlo fare senza prendersi qualche pugno. La sua testa scivolò lentamente contro la sua spalla, andandosi ad incastrare fra l'incavo della sua scapola e il suo collo.

I capelli di Harry lo solleticarono ma non disse nulla quando lo vide compiere quel gesto tanto genuino quanto studiato. Gli scappò un sorriso e la sigaretta improvvisamente non era più molto di suo gradimento.

“Sei stanco?”

“No” bisbigliò leggero, concentrando lo sguardo davanti a sé, davanti al buio. Se avesse sollevato lo sguardo in quel momento, sarebbe stato capace di stramazzare al suolo per le forti emozioni. Non le aveva mai provate, così tante e così violente. E suo nonno aveva avuto ragione quando gli aveva detto che sarebbe giunto nel momento più inaspettato.

“Che pensi?”. Luigi aveva una voce calda, sottile e melliflua. Non c'era altro posto in cui desiderava trovarsi se non lì, con la testa pesante del ragazzo poggiata contro e il suo respiro delicato a scivolare fra la loro pelle, rabbrividendoli.

Una mano del ragazzo finì sulla coscia del riccio, come se volesse confortarlo, aiutarlo a lasciare andare quello che lo tratteneva. Harry in quel momento non aveva alcuna paura, sentire le sue dita carezzarlo in quel modo gli istillava tranquillità.

“Che voglio baciarti” e lo disse senza rendersene conto, forse ipnotizzato da quei disegni concentrici sulla sua coscia. Luigi non si sbalordì più di tanto, perché pensava la stessa cosa.

“E perché non lo fai?”

“Perché pensavo che per te fosse sbagliato” quella risposta, data in quel modo, così liberatorio, fece sciogliere Luigi. Nessuno dei due si mosse ma la voglia di avvicinarsi era sempre più forte.

“Non credo che lo sia” pronunciò quelle parole così piano da non sentirsi da solo. Eppure, Harry le aveva sentite eccome. Proprio per quella ragione si spostò da quella comoda e rassicurante posizione, puntando lo sguardo dapprima su un albero di fronte a loro, con tutte le ombre traballanti che la piccola fiamma creava.

I ricci di Harry vennero spostati dalle sue mani dietro le orecchie, muovendosi poco per evitare che un ramo secco sotto al suo sedere si infilzasse ancor di più nella sua carne. Il venticello scosse entrambi, ma non abbastanza come le emozioni che si vennero a scatenare dentro ai loro corpi.

Luigi aveva una morsa allo stomaco inspiegabile. Da quando lo aveva visto per la prima volta non aveva pensato ad altro se non che fosse un ragazzo bellissimo, brillante, dolce. In quel momento, nella sua mente passarono diversi pensieri, tutti confusi e aggrovigliati fra loro. Ma sapeva benissimo dove trovare il capo di essi: tutto finiva con un bacio.

E si voltò, per cercare i suoi occhi nel buio, trovando solo la sua soffice guancia. Tenne una mano al suolo e sollevò l'altra per raggiungerlo. Ruotò appena verso di lui, sfiorandogli i capelli che, dispettosi, gli si poggiavano sul volto e davanti gli occhi. Harry, richiamato da quel gesto, alzò lo sguardo su di lui.

“Non credo ci sia cosa più giusta di questa” mormorò il ragazzo, sfiorandogli le labbra con il fiato. Harry chiuse gli occhi per riflesso, poggiando la fronte alla sua. I loro nasi si toccarono, con movimenti leggeri avvertendo solo la voglia di congiungersi.

“Se adesso non ti bacio impazzisco” la mezza risata bassa e gutturale di Harry scosse il suo petto. Il riccio lo avrebbe baciato già in passato: nel momento in cui lo aveva portato al mare e gli aveva permesso di entrare nella sua vita, quando avevano fatto il pane e lui si era messo a cantare e ballare, quando lo aveva aiutato con il ginocchio, quando al matrimonio gli aveva dato quel fiore di zagara, quando lo aveva visto ballare con trasporto quella sera.

Nella sua mente erano stati molteplici i momenti in cui avrebbero potuto baciarsi, toccarsi. Ed il fatto che potesse finalmente farlo, gli faceva scoppiare il cuore in battiti impazziti. Non era capace di controllarsi e non ne aveva nemmeno l'intenzione.

Luigi sorrise mostrando i denti e la sua mano si chiuse sulla sua guancia, delicatamente. Con le dita arrotolò i suoi ricci, giocandoci in preda al nervosismo e alla voglia di sfiorarlo in qualsiasi modo. “Continui a non farlo” lo prese quasi in giro.

E alla fine successe. Fu proprio Harry a precipitarsi sulla sua bocca, veloce, quasi goffo. Erano morbide come pensava, nonostante fossero così sottili, e sapevano di tabacco e menta. Quello scontro fece barcollare Luigi, che fu costretto ad afferrargli il viso con entrambe le mani, aggrappandosi a lui. Il bacio si fece più intenso, le loro lingue si incontrarono per la prima volta, scatenando dei maremoti dentro alla loro pancia.

Era così che si sentivano le persone innamorate?

Si strinsero con fare vorace, lasciando scemare piano quella foga per potersi assaggiare, esplorare, sfiorare con più devozione. Luigi non aveva mai toccato labbra così soffici, così carnose e belle. Ne era stato ammaliato già quando lo aveva visto la prima volta: erano del colore delle pesche.

“Cos'era quella canzone?” chiese senza fiato, non riuscendo a staccarsi dal suo volto. Le parole gli sfiorarono le labbra dolcemente, rubandogli un altro bacio. Luigi sembrava stordito, incapace di riconnettersi con la realtà. Non con Harry così vicino che lo baciava, non mentre il suo cuore pulsava così forte da sentirlo persino nelle orecchie. Il groppo allo stomaco era forte, sentiva le labbra tremargli e la voglia di vomitare farsi spazio. Le sue emozioni erano troppo da gestire.

“Louis...” lo chiamò, pensando che gli piacesse. Avevano italianizzato il suo nome, ma Harry adorava quell'accento che lo accarezzava e sperava di farglielo sentire.

“Non lo so...” sospirò Luigi, come se finalmente si fosse ricongiunto con sé stesso. Si sentiva spiazzato, impotente. Si allontanò da lui di qualche centimetro per poterlo guardare, specchiandosi in quel volto, che doveva essere il ritratto del suo. Era inebetito, ma sembrava mostrarlo meno dietro a sorrisi accennati.

Le mani di Harry andarono a cercare le sue, stringendole. Avvertì il tremolio di Luigi e sorrise prima di baciarlo di nuovo. Il maggiore si sentiva estasiato, e preso da un momento di foga cominciò a baciarlo sul naso, sul mento, sulle guance. Le nocche delle sue mani e poi ancora le labbra. Sembrava non sapere dove riposare prima la sua bocca, su quale parte del corpo di Harry focalizzarsi, per non perdersene nemmeno una.

Erano baci e carezze confuse, riflesso delle loro anime così perse in quel momento così unico. Eppure non c'era cosa più bella e giusta di quella, mescolarsi alla baraonda delle loro sensazioni, al casino che creavano le loro labbra, i denti che sbattevano e si mordicchiavano.

“Lo desidero da così tanto...” borbottò sincero Harry, accarezzandogli una tempia con le dita. Delle volte sembrava lui quello adulto, quello con più pazienza, con più senno. Luigi era cascato nell'immenso verde dei suoi occhi con tutte le scarpe, senza pentirsene. Non aveva del tutto chiaro quando fosse iniziata quella discesa, forse quando si erano ritrovati spalla a spalla sulla spiaggia o forse quando per la prima volta avevano litigato e il suo cuore si era sbriciolato.

Un luce improvvisa, da casa di Salvatore, si accese. Il riccio sospirò ed osservò quella distrazione, lasciando che il volto di Luigi si appoggiasse alla sua guancia disperatamente. Con un sospiro cercò di mettere a tacere reconditi desideri, baciando sulla guancia il ragazzo. “E' meglio se vai a dormire” gli sussurrò infatti, strofinando il naso contro la sua pelle.

“Sì...” fu la risposta di rimando. “Ma prima di andare... domani mi aiuteresti ad allestire qualcosa per la mia sorellina? E' il suo compleanno”.

Luigi si alzò e gli tese una mano sorridendogli. Era ovvio che lo avrebbe aiutato, quella bambina lo adorava e lui gli voleva un bene immenso. Era certo che chiunque avrebbe contribuito a quel compleanno, la Signora Rosa per prima.

“Ma che domande fai? Certo” poi lo baciò fugace sulle labbra. “Buonanotte” gli sussurrò quando un altro sfregamento di labbra prese il sopravvento. Harry si sentì all'improvviso stordito, come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno in faccia. Riuscì a malapena a rispondergli, guardandolo andare via nel buio della notte che soffiava una brezza fresca, quasi estiva, sulla loro pelle.

Si erano baciati, poteva andare a dormire con il cuore un po' più calmo, adesso.

 

-

 

 

Anche quel giorno la borgata si era riempita di colori e felicità. Come predetto da Luigi, la Signora Rosa e sua madre si erano messi subito in moto per poter realizzare torte e biscotti, per poter imbastire una tavola degna di un compleanno.

Harry e Luigi si erano dedicati a sistemare palloncini e festoni arrangiati fra gli alberi e a sistemare la tavolata con piatti e bicchieri di carta colorati, che rendevano il tutto ancora più festoso. La bambina non avrebbe avuto le sue solite amichette, ma i bambini della borgata con cui aveva fatto amicizia non vedevano l'ora di poter passare una giornata in compagnia, di poter giocare e sporcarsi come mai prima.

“La piccolina sarà veramente felice” Luigi era arrampicato su una scala di legno appoggiata ad un muro, per poter stringere bene il cordoncino e non far cadere il festone. Harry lo guardava con la coda dell'occhio, notando lembi di pelle che rimanevano scoperti ogni volta che sollevava le braccia.

“Anche io lo sono” borbottò Harry, mordendosi le labbra. Quella notte non aveva dormito affatto, rivedendo nella propria mente quella bocca peccaminosa, rivivendo i momenti e sentendo la pelle formicolare, come se avesse degli spilli a punzecchiarlo.

Il maggiore si accorse di quello sguardo, quando scese, e gli fece un mezzo sorriso d'intesa. “Concentrati!” gli urlò di rimando, pizzicandogli un braccio, che lo portò a fare un verso di disapprovazione e dolore.

La picciridda voli nesciri, finistivu?” Salvatore si affacciò dalla porta con uno sguardo eloquente, nella speranza che tutto fosse già fatto e finito e che la sorpresa riuscisse. Sua nipote era una bambina molto furba, non ci avrebbe messo ancora molto prima di sospettare qualcosa.

Ci siamo quasi!” urlò Luigi, osservando anche Agata e Tony poco distanti da loro disegnare a terra con delle pietre appuntite delle linee, tracciando uno schema a riquadri per poter far giocare i bambini a sciancateddu, e saltellare di casella in casella con abilità.

Alla fine bastarono dieci minuti per poter mettere tutto in ordine, almeno il più possibile. Non sarebbe stato come in America ma avrebbe avuto una festa meravigliosa comunque. A confermarlo era il volto di Luigi che sembrava emozionato e quello di Agata che già immaginava come sarebbe stato un giorno festeggiare i compleanni del loro bambino.

Harry era felice che fosse lì, con i suoi nonni, nonostante mancasse sua madre. Da qualche anno avevano preso a festeggiare fuori casa, l'atmosfera fra i loro genitori era diventata pesante ed Harry preferiva tenere lontano quei problemi il più possibile dai suoi fratelli.

Gemma scappò fuori, sgambettando allegra ed anche un po' offesa di non aver trovato suo fratello che, come ogni anno, le riempiva il volto di baci. E quando si rese conto di cosa stessero facendo, attraversando il vialetto pieno di festoni e palloncini si mise ad urlare di felicità. Chiamò a gran voce i suoi fratelli, i nonni e anche Luigi, lanciandosi alla fine fra le braccia possenti ed accoglienti di Harry che l'afferrò al volo e se la strinse al petto baciandola fra i capelli.

“Sorpresa!” gli ululò prima di rimetterla sui propri piedi e lasciarla esplorare tutto intorno. La tavola era stata imbandita con colori e leccornie, la signora Rosa aveva fatto per la piccola una torta meravigliosa, con ciuffetti di panna che ricordavano una nuvola.

“Auguri ranocchietta” la voce di Luigi la fece sobbalzare per poi saltargli addosso e abbracciarlo. Harry era certo di non aver mai visto sua sorella tanto felice come in quel momento. I nonni sembravano entusiasti almeno tanto quanto la nipote e non persero tempo nel baciarla, darle numerose caramelle da conservare e mostrarle l'angolo dei regali.

La festa era iniziata senza che se ne rendessero davvero conto. Gemma era stato un vero uragano ed aveva coinvolto tutti i bambini a giocare insieme a lei a quei giochi che aveva imparato in quei mesi e che Agata si era impegnata a insegnarle.

I più grandi se ne stavano a chiacchierare e mangiucchiare sandwich con prosciutto e maionese, patatine, dolcetti e pizze fatte in casa. Si erano dati un gran da fare in poche ore, per rendere piacevole quella giornata alla bambina che aveva atteso quel giorno con tanta ansia.

“E' proprio contenta” fece Luigi, mordicchiando un sandwich. Harry notò delle briciole ai lati delle sue labbra che avrebbe tanto voluto toglierli con la lingua ma rimase semplicemente a guardarlo. Aveva una nuova luce negli occhi, come se dopo quel bacio qualcosa fosse cambiato e si fosse acceso. Era incredibilmente incantevole con quello sguardo un po' trasognato e le labbra incastrate fra i denti.

Harry non aveva dormito molto quella notte, ripensando alle loro labbra che si erano finalmente trovate ed assaporate. E non aveva potuto evitare di pensare al fatto che Luigi potesse essersene pentito, sentendosi morire poco alla volta. Ma il suono di quella canzone, le parole che aveva capito, non poteva averle fraintese.

“Non mi guardare in quel modo...” sospirò a bassa voce, concentrandosi sul bicchiere che Harry non gli aveva nemmeno visto prendere. Il riccio sbatté le palpebre come se si fosse appena svegliato e soffocò un sorriso mordendosi le labbra.

“Non riesco” fece, un po' emozionato. Nel suo tono di voce non c'era nessuna paura o ripensamento, sembrava solo imbarazzato.

“Io ci riesco se guardo tua sorella”

“Vorrei che guardassi me” sospirò Harry. “Anche solo per un attimo” e le sue preghiere vennero subito accolte. Luigi si accoccolò nel suo sguardo e deglutì, desiderando fare qualche altro passo verso di lui e baciargli quelle labbra così rosee. Ci pensava da tutta la notte, senza tregua, ed era finito per fumare qualche sigaretta più del dovuto per calmare il sangue bollente e tutti i suoi pensieri. Lo desiderava. Non aveva mai pensato di poter provare certi sentimenti e desideri verso qualcuno del suo stesso sesso – o che non fosse Agata. Quei pensieri ingarbugliati lo avevano tenuto sveglio a lungo, e quando si erano spenti aveva capito che lo anelava ancora di più. Non aveva alcuna via di fuga.

“Ho una sorpresa per te” e dette quelle parole, Harry sparì per poter raggiungere Gemma che fremeva ormai dalla voglia di aprire i suoi regali. Luigi non poté fare a meno che guardarlo e lasciare che quei battiti di cuore così violenti gli sfondassero la gabbia toracica, poggiandosi una mano sul cuore.

 

Il Sole era calato leggermente, illuminando tutto intorno di sfumature giallo e arancio, come se fosse un dipinto. Gli occhi di Harry, sotto quella luce, sembravano ambrati e Luigi non poté che restarsene ad osservare quello sguardo liquido.

Lo aveva trascinato dietro sé con un'occhiata eloquente, più o meno quando i più avevano deciso di ritirarsi o riprendere il proprio lavoro da dove avevano lasciato. I bambini avevano continuato a giocare insieme e Gemma si era poi accoccolata fra le braccia della nonna e si era addormentata, esausta per la giornata colma di allegria e giochi.

“Dove stiamo andando?” ma la domanda di Luigi non ebbe alcuna risposta. “D'accordo” mormorò sorridendo ed abbassando lo sguardo. Harry lo guardò e ricambiò, facendo qualche passo in più per portarsi avanti. Percorsero l'intera borgata, allontanandosi quanto più possibile dal posto in cui avevano allestito il banchetto per il compleanno di Gemma e dalle loro abitazioni, percorrendo un vialetto sterrato che Harry aveva scoperto quella volta in cui si era messo ad osservare ciò che lo circondava.

Il ragazzo non smetteva mai di osservare casa sua con un occhio così innamorato. Ogni più piccolo spazio rappresentava qualcosa di bello e piacevole ed era certo che ovunque vi fosse un ricordo legato – bello o brutto.

Alla fine, Harry si fermò sotto ad un albero di carrubo, voltandosi all'improvviso come se fosse in un sogno. Il sole lo illuminò dritto in faccia, il vento gli scombinò i ricci e il suo sorriso completò quell'opera senza un nome di cui si fece pittore.

Luigi si sentì morire nel guardarlo, non credeva possibile che esistesse un uomo tanto bello come lui. Era assurdo anche solo pensarci. Mosse numerosi passi avanti, fino a che non si accorse, dietro al grosso tronco dell'albero, della presenza di una tovaglia stesa e un panaro – così gli aveva detto una volta, si chiamassero quei cestini intrecciati con rami di olivo selvatico o canne, direttamente dalle mani delle vecchie della borgata.

“Quando hai avuto il tempo di fare questo?” gli chiese, osservando qualche bottiglia di aranciata, dei bicchieri e un fiore di campo poggiato come se in realtà fosse stato il vento a farlo volare fino a lì. “Sei stato tutto il tempo con me”.

“Non tutto il tempo” gli fece notare, allungandogli una mano. Luigi l'accettò immediatamente e si sentì ancora più strano. Il cuore pulsava violento dentro al suo petto ed i suoi occhi non smettevano di guardarlo con devozione assoluta.

Si sedettero a gambe incrociate e si guardarono, si sorrisero dolcemente come mai prima di allora avevano fatto. Quella volta sembrava diverso, tutto aveva un sapore differente, persino guardarsi o sfiorarsi. “Volevo un momento come quello della notte scorsa”.

“Sono contento che tu mi abbia portato qui” gli disse Luigi alla fine, dopo essere riuscito a tornare a galla dai suoi pensieri. Lo rassicurò stringendogli una mano, credendo di non aver mai provato niente del genere per nessuno. Ciò che aveva avuto con Agata non era paragonabile a quello che invece aveva con Harry.

“Ho portato cibo e da bere, anche se immagino sarai già abbastanza sazio” il riccio rise e si appoggiò al tronco, socchiudendo gli occhi per via del sole. Si perse un po' fra i propri pensieri, fino a che Luigi non lo distrasse chiedendogli un bicchiere di succo. Avevano una gran voglia di baciarsi.

“Sei bellissimo, non credo di avertelo mai detto”, Luigi parlò piano, forse anche un po' sovrappensiero. Si passò una mano sulle labbra per cancellare le tracce rimaste del succo e del dolcetto a cui non aveva resistito. La sua confessione genuina scosse Harry, che non riuscì a mandare giù l'unico boccone di acqua che aveva preso. Arrossì ed abbassò lo sguardo chiedendosi cosa avesse mai potuto fare di buono per essersi meritato una persona del genere nella propria vita.

Luigi si distese completamente con un braccio sotto alla testa, fissando i rami sopra di loro. Sentì Harry muoversi al suo fianco piano, notando poi con la coda dell'occhio che avesse fatto la stessa cosa. La sua maglia a righe si sollevò appena, lasciandogli scoperti i fianchi morbidi che aveva voglia di sfiorare. Con un braccio sotto alla testa e l'altro in attesa, gli disse: “vieni qui”.

Harry lo guardò, studiando il suo profilo affilato e chiaro, calmo. Era certo di sentirsi in balia di onde marine, di una brezza calda sulla pelle, di un profumo di salsedine; Luigi era tutte quelle cose.

Si avvicinò a lui, al suo fianco, e si lasciò avvolgere le spalle dal suo braccio. I suoi ricci riposarono delicatamente fra l'incavo e il collo, respirando un odore di bucato appena fatto. Sapeva di Luigi, esattamente come si aspettava, come lo aveva sempre immaginato.

Il sole baciò la loro pelle, le loro braccia nude, i loro volti. Il calore che entrambi emanavano era piacevole, irradiava nuove sensazioni ed elettrizzava quei lembi di pelle che si toccavano. Luigi voltò appena il capo, incontrando la sua fronte ampia e liscia, posandovi sopra un bacio ad occhi chiusi.

Harry si lasciò andare ad un sorriso così leggero da sentirsi quasi estraniato dal mondo. Aveva sempre decritto Luigi in quel modo: soffice, delicato, azzurro. E non seppe spiegarsi il perché ma negli occhi aveva il mare ed era l'unica cosa che gli veniva in mente quando si perdeva a guardarlo. Luigi era azzurro.

Il riccio alzò il mento e cercò le sue labbra, che si lasciarono subito trovare. Fu un bacio lento e mozzafiato.

Bastava che lo sfiorasse solamente affinché il respiro gli venisse meno.

Il cuore di Harry si fermò in quel momento così bello e disegnato nella sua mente. I baci a fior di labbra divennero numerosi, uno dietro l'altro come se non fossero in grado di smettere e di lasciarsi andare.

In quel piccolo angolo di paradiso, si sentirono finalmente in pace, nessuno poteva toccarli e nessuno poteva portare loro via quello che avevano costruito. Una mano di Luigi andò a posarsi sul suo viso, accarezzandogli dolcemente le gote calde, bruciando in quel bacio che sembrava essere lambito da fiamme.

Harry tornò a stendersi sul suo petto, chiudendo appena gli occhi e potersi godere il silenzio. Di fronte a loro c'era solo una distesa di altri alberi immensi di carrubo e case dai tetti rossi in lontananza.

Poi un piccolo urlò spezzò quell'atmosfera, facendo scattare Harry a sedere. Guardò dritto negli occhi il malfattore che lo aveva fatto urlare e morire di paura, estasiandosi per la risata che invece Luigi gli impresse nelle orecchie. Un gatto dal pelo folto e grigio gli era saltato sullo stomaco e non pareva essere intenzionato ad andarsene, nemmeno l'urlo lo aveva spaventato.

“E tu chi sei?” domandò il riccio accarezzando il muso del gattino. Tornò finalmente a rilassarsi, abbandonando il terrore momentaneo che gli aveva riempito il corpo di panico e gli occhi di terrore. Il gatto miagolò e Luigi allungò una mano per poterlo accarezzare.

“Sembra un randagio” i grattini sotto al collo piacquero parecchio al nuovo arrivato, che iniziò a fare le fusa. Si acciambellò meglio su Harry, roteando su stesso in cerca di una comoda posizione, facendo ridere entrambi per quella scenetta insolita.

“Non penso abbia voglia di andarsene”.

“Tu dici?” guardò Luigi negli occhi e un bacio gli venne scoccato sulle labbra improvviso, impetuoso. Harry sbatté le ciglia e sospirò tornando alla posizione iniziale. Luigi accarezzava i capelli del ragazzo incastrandoci in mezzo le dita ed il riccio accarezzava il gatto sentendo sfarfallare il cuore per la felicità.

Il tempo sembrava essersi fermato a quel momento così magico. Harry sembrava essersi appisolato su di lui e a Luigi non dispiaceva affatto. Lo guardava, notando il suo naso e le sue ciglia lunghe accarezzargli il volto. Il suo respiro leggero accarezzava il suo collo, riempiendosi di brividi. La sua mano carezzava i suoi capelli e poi le sue guance, con le dita sembrava seguire delle linee immaginarie sul suo volto, rendendosi conto di quanto fosse davvero bello e perfetto. Ogni più piccolo dettaglio di quel ragazzo lo era.

“Che cosa pensi?”

“A niente di particolare” rispose, senza stupirsi troppo del fatto che si fosse svegliato.

“Questa cosa... ti spaventa?” gli chiese poi Harry, dopo attimi di silenzio. Non aveva ancora chiaro cosa frullasse nella sua mente, avrebbe voluto sviscerare quei pensieri e farli suoi, capirlo, ascoltarlo. Le sue carezze raccontavano favole, i suoi occhi erano un perfetto panorama da osservare ma la sua mente poteva fare pensieri pericolosi quanto un burrone.

“No” gli rispose, “a te spaventa?” ed Harry scosse semplicemente la testa, socchiudendo nuovamente gli occhi. Il sole era ormai calato quasi del tutto, illuminando tutto ciò che c'era di un indaco chiaro, che lasciava finalmente spazio alla sera.

“Che ne facciamo del gatto?” chiese Harry mentre tentava di non immergere troppo il naso sulla sua pelle. Luigi profumava troppo di buono per poter far finta che non esistesse. Era irresistibile ed aveva voglia di baciare tutto ciò che aveva a disposizione.

“Non ti mollerà facilmente, dovremmo portarlo con noi” gli scoccò un bacio fra i capelli e se lo strinse più al suo fianco, grato di averlo lì, che avessero condiviso quel poco tempo assieme.

“Restiamo ancora un po'?” domandò flebile Harry.

“Sì, tutto il tempo che vuoi” ed era certo che in quelle poche parole ci fosse di più, ci fosse il mondo, ci fosse l'infinità.

 

-

 

Nel buio più assoluto, Luigi rideva seguito da un Harry goffo ed impaurito dal poggiare i piedi nel posto sbagliato. Gli aveva chiesto più volte di attendere qualche minuto per poter quantomeno cambiare le scarpe ma sembrava fin troppo impaziente.

Camminavano già da molto, ed Harry si godeva il silenzio e le poche luci rimaste per la città. Osservava quel panorama come se non avesse mai visto niente di simile. Avevano passato diverse sere fra le strade in città, fra quelle della borgata, ma non avevano ancora avuto l'occasione di vedere e sentire il mare di notte. E Luigi lo stava portando proprio in quel posto. Non aveva idea di che ore fossero, probabilmente ci sarebbe stata l'alba fra un paio di ore ma a nessuno dei due importava. Camminare nel silenzio e nel buio come ladri eccitava entrambi e li faceva ridacchiare come due ragazzini alle prese con delle birichinate.

“Stai attento qui” fece Luigi, ma non ebbe quasi il tempo che si ritrovò il corpo possente del riccio addosso. Rise e cercò di non cadere, voltandosi all'improvviso per potergli schioccare un bacio sulle labbra. Non pensava di potersi sentire tanto beato come quando stava in sua compagnia, come quando lo guardava o semplicemente lo baciava sulle labbra. Sembrava la cosa più naturale e bella del mondo, non aveva alcuna voglia di rinunciare a quello che sembrava l'unico spiraglio di gioia; Harry gli donava tutto quello che Agata o chiunque altro non gli aveva mai donato e mai avrebbe potuto dargli. Harry era speciale, lo sentiva fin dentro alle vene, gli scorreva come sangue e non aveva più nessuna voglia di sopprimere quei sentimenti, tutto ciò che provava. Harry lo rendeva felice e gli calmava l'anima, era l'unica cosa che contava.

“Credo di essermi innamorato di te” gli sibilò baciandolo, per poi mordersi le labbra e riprendere a camminare. Quelle parole gli erano risalite per la gola senza rendersene conto, pizzicandogli la lingua e grattandogli le guance.

Harry rimase immobile giusto qualche secondo prima di vedere la figura di Luigi camminare leggiadro sotto alla luce della luna. Era incredibile la sua bellezza, la sua sensualità, la sua genuina serietà. E quelle parole gli bruciarono il petto, come se gli avesse appena sparato e il corpo cominciasse ad intorpidirsi fino a divenire cera sciolta fra le sue mani.

Non disse assolutamente nulla, semplicemente sorrise sentendosi rimbombare quelle parole nel petto e lo raggiunse a passo lento, sorridendo come mai prima di allora aveva fatto. Provava dolore persino alla mascella talmente tanto quel ragazzo lo riempiva di gioia.

Lo raggiunse, scivolando fra le ombre sulla strada, afferrando una sua mano per poterla stringere forte, intrecciando le loro dita. “Anche io” sospirò senza guardarlo, ma bastò sentire la sua presa rafforzarsi per poter percepire la chiara risposta. In quel momento ultraterreno, non avevano alcun bisogno di aggiungere parole, come spesso era capitato fra di loro. Quei silenzi erano sempre carichi di sentimenti e chiacchiere che i loro stessi sguardi cantavano allegramente.

Giunsero in spiaggia stringendosi un po' di più nelle spalle per il fresco, Harry venne colto da brividi inaspettati che seppero mescolarsi a ciò che provava per Luigi.

“Vengo qui delle volte, quando non riesco a dormire, e mi faccio calmare dal rumore delle onde” la voce melliflua di Luigi portò i suoi occhi a guardarlo. Si sedettero sulla sabbia fredda, abbottonando meglio le giacche per evitare di prendere troppo freddo.

La luna rifletteva una delle sue facce su quello specchio d'acqua così vasto da non finire mai e il rumore leggero della città accompagnava lo sciabordio delle onde. Harry si sentiva al sicuro al fianco di Luigi, che lo abbracciò circondandogli la vita, attirandolo a sé. Aveva imparato ad amare quella strana posizione, con la sua testa riccioluta su una spalla, come se fosse nato per incastrarsi a lui.

“Avrei dovuto immaginarlo” bisbigliò. Luigi si spostò per guardarlo perplesso. “Credi che non abbia notato le tue scappatelle notturne? Quando siamo arrivati e non riuscivo a dormire, guardavo fuori dalla finestra e ti vedevo camminare solo, con una sigaretta in bocca. Tante volte avrei voluto raggiungerti, sono sempre stato curioso di sapere dove fossi diretto” gli baciò la spalla su cui si poggiò nuovamente. Nonostante fosse spigoloso, era diventato il suo posto preferito su cui riposare.

“Avrei gradito la tua compagnia” ricambiò il suo bacio con uno docile fra i capelli. Non riuscivano a smettere mai di baciarsi in qualche modo o sfiorarsi anche per sbaglio. Il desiderio di stare pelle a pelle era cresciuto così tanto da non riuscire a stare lontani.

“Non volevo intromettermi. Non avevo davvero idea di dove andassi” guardò le onde del mare infrangersi sulla battigia. “Più volte ho pensato che andassi da Agata” ammise.

Luigi si voltò appena, osservando il suo profilo quasi del tutto coperto dai suoi ricci, chiedendosi quante volte avesse pensato che andasse da Agata, e quante volte avesse rinunciato a qualsiasi cosa da fare o da dire in sua presenza.

“Non sono mai andato da Agata”.

“Beh... ora lo so” sospirò ed il suo sguardo si perse oltre l'orizzonte, oltre il riflesso scuro del mare, oltre la luna che placida mostrava tutta la sua bellezza solo a chi sapeva davvero apprezzarla e Luigi sembrava uno di quelli. “Voglio sapere cosa c'è stato” un altro sibilo spezzò il silenzio.

“Mi sono innamorato di lei quando ero più piccolo” iniziò, “o almeno credevo di esserlo... forse non sono mai stato davvero innamorato nella mia vita” lo guardò di sottecchi, cercando di capire quale fosse la sua reazione. Ma Harry non si mosse, tenne fermo lo sguardo avanti ed il suo respiro sembrava essere regolare.

“Perché vi siete lasciati?” un'altra domanda curiosa ma senza nessuna flessione nella voce.

“In qualche modo i suoi genitori non hanno mai accettato questa cosa, non so fosse per via della nostra precoce età o perché non sono mai stato davvero un natio di questa terra. Io volevo sposarla, ma non sono mai andato da suo padre a chiedere la sua mano. Non ne ho mai avuto il coraggio, forse proprio perché in realtà l'ultima cosa che desideravo era sposarmi” prese un grosso respiro ai ricordi che gli inondarono il cervello così in fretta da non rendersene nemmeno conto. Più parlava più quelle vecchie immagini si facevano spazio nella sua mente.

“E adesso?” in quell'istante la voce di Harry cambiò. Forse qualcosa c'era, qualcosa aveva cominciato a venire a galla. Ma non volle nemmeno guardarlo, quella posizione così confortevole e così sicura era l'unica cosa che desiderava; non voleva abbandonarla, non voleva farsi abbandonare.

“Adesso cosa?”

“Adesso vorresti sposarti?” e a quella domanda, sciolse la loro posizione. Luigi lo guardò, senza togliergli la mano dalla vita, cercando di capire cosa volesse sapere davvero. Gli fece un sorriso ed Harry sentì lo stomaco affondare in quella espressione così tranquilla che dipingeva il suo volto.

“Perché no” si morse le labbra per placare un sorriso che desiderava venire fuori con aggressività. Il riccio sentì qualcosa colpirlo al petto, non seppe cosa, non riuscì a spiegarselo ma si placò non appena gli afferrò una mano e gli baciò le nocche con delicatezza. “A te non piacerebbe? Il matrimonio di Agata e Tony non ti ha un po' fatto sognare?”.

“Sì, mi ha fatto sognare ma... “ s'interruppe al pensiero che non avrebbe mai potuto sposare chi volesse davvero. La prova era sotto ai loro occhi: il fatto che fossero nascosti sulla spiaggia, che anche durante il loro picnic si erano nascosti il più lontano possibile da occhi indiscreti.

Luigi non lo lasciò finire ed impedì ai suoi pensieri di tormentarlo ancora. Lo attirò a sé con uno strattone e fece cadere il suo corpo addosso, baciandolo con tutto l'amore possibile. I capelli di Luigi si riempirono di sabbia e le mani di Harry andarono ad intricarsi proprio fra essi, in cerca di un appiglio sicuro. Aveva paura di sentirlo lontano, di vederlo sparire da un momento all'altro dalla propria presa. Ma il maggiore non ne aveva alcuna intenzione.

Le onde risuonarono lontano dalle loro orecchie, presi com'erano dal baciarsi e dare ascolto solo al rombo dei loro cuori impazziti. La sabbia grattava la loro pelle in maniera insistente ma non sembravano intenzionati ad alzarsi, piuttosto preferivano rotolarsi per potersi stringere ancora di più e potersi baciare con più veemenza.

Le mani di Luigi si spostarono frenetiche dai suoi fianchi alle cosce, per poi risalire nuovamente e fermarsi sulle sue guance. Lo stringeva, lo baciava, lo toccava come se non avesse mai toccato un corpo prima di allora e sembrava estasiato e completamente in trance, quei movimenti lo ipnotizzavano e quella pelle morbida e profumata non gli permetteva di pensare in maniera lucida.

Harry si ritrovò a spogliarsi della propria maglia, poi vide il ragazzo fare lo stesso con la propria. I pantaloni finirono per scivolare lontano da loro e le loro pelli presero fuoco a quel contatto così diretto e inaspettato.

“Sai...” mormorò Harry mentre lo baciava ferocemente mordicchiandogli le labbra, “tempo fa ti ho visto alla finestra, mentre facevi il bagno” ansimò quando Luigi lambì con la lingua dietro al suo orecchio e gli morse il lobo con meno delicatezza. Era affamato e più lo toccava più lo desiderava.

“Pensi che, in quel momento, non me ne sia accorto?” ansimò contro la sua bocca e gli rubò un bacio, sorridendo malizioso. Harry strinse forte i suoi capelli con una mano, richiamando la sua attenzione. Si guardarono negli occhi e si morsero. Ancora.

“Lo facevi apposta, allora?” un gemito gli scappò dalle labbra.

“Sì... cercavo di darti lo spettacolo che i tuoi occhi desideravano...” un bacio sul mento, sul collo, sulle scapole. Scivolò verso il basso con dolcezza, passandogli le mani come a volerlo studiare, come se cercasse di mischiare quella sua morbida carne alla propria. “E non dire che non ne eri cosciente perché-” le sue parole vennero interrotte da un morso che gli regalò Harry sulla mascella, “non dire che non è vero. I tuoi occhi ardevano” gemette quando il riccio tornò a baciarlo e lasciare che le loro lingue si trovassero.

“Hai fatto finta di niente fino ad ora” e Luigi annuì sorridendogli provocante. Non pensava che sotto a quel mare, che erano i suoi occhi, potesse trovare tanta lussuria, tanta peccaminosità, tanta bellezza. Era meraviglioso sotto la luce della luna, con la pelle pallida e graffiata dai granelli di sabbia.

“Come se io non ti avessi guardato nello stesso modo. Anche senza spogliarti” altri baci scivolarono dalle loro labbra ai loro corpi caldi. Luigi era certo di aver soppresso tutte quelle voglie ed emozioni più volte, ma senza un vero successo. I suoi occhi lo avevano sempre tradito, così come le sue mani e il suo corpo spigoloso. Non c'era una minima parte di lui che fosse stata capace di fingere anche solo per un attimo di aver provato cose indicibili per Harry Styles.

Si toccarono dapprima con fame, poi con delicatezza, alla fine con esitazione e paura. Ma niente, quella notte, avrebbe potuto dividerli e avrebbe potuto impedire ai loro corpi di unirsi e di amarsi. Nessuna paura, nessuna prima volta, nessun rimorso.

C'erano solo Harry e Luigi, in un piccolo angolo di paradiso, sotto ad una timida luna ed un amore troppo grande da sostenere da soli; era meglio farlo in due.

 

-

 

“Buongiorno”.

“Che ci fai qui?”.

Harry, ancora stralunato, guardò negli occhi azzurrissimi di Luigi cercando una risposta alla sua domanda. Non aveva nemmeno avuto il tempo di scendere dal letto e baciare sua sorella Gemma sulla fronte, come ogni volta.

“Ti ho portato la colazione” fece alla fine il ragazzo, sedendosi sul letto al suo fianco. Harry vide la piccola Gemma mangiucchiare allegra da un grosso piatto che Luigi doveva averle portato. Era sporca di marmellata sul mento, un po' come suo fratello non appena diede un poderoso morso al pane impiastricciato di una grossa quantità di marmellata di arance.

Luigi gli sorrise e gli passò un fazzoletto, come aveva fatto poco prima anche con Gemma, desiderando poterlo ripulire lui stesso.

Le immagini di quella sera erano ancora vivide, a tal punto da fargli vibrare il petto dall'emozione. Forse aveva pianto nascosto fra i suoi ricci, dopo essere arrivati al piacere più intenso, travolto totalmente dall'emozione e dall'amore che provava per quel ragazzo. Non aveva ancora capito come fosse successo, quando si fosse reso davvero conto di essersi innamorato di lui in quel modo. Ma lo aveva fatto, giorno dopo giorno e si era reso conto di non poter evitare per sempre di provare certe cose, di nasconderle e di privarsene per colpa della paura.

E quella mattina, se n'era aggiunta una nuova di paura. Per quella ragione era corso a preparare la colazione, non riuscendo a dormire, per poi spuntare sulla porta di casa di Salvatore. Quella mattina aveva realizzato che avrebbe potuto perderlo da un momento all'altro, che fosse tornato a casa sua in America e che non lo avrebbe mai più rivisto.

“Sei stato molto gentile”, Harry interruppe i suoi pensieri e gli scoccò un sorriso meraviglioso. Aveva gli occhi gonfi, così come le labbra e i ricci completamente arruffati. Era di una tenerezza disarmante. Era tutta la conseguenza di una nottata insonne – un'altra – passata fra il ricordo dei suoi baci e il modo in cui Luigi faceva l'amore con lui. Non aveva capito più nulla, il suo cuore e i suoi pensieri si erano persi e spenti in mezzo a quelle braccia esili ma forti allo stesso tempo, si erano persi mentre albeggiava e i raggi di luce illuminavano i loro corpi come oro liquido; il suo cuore si era perso sulle sue labbra dolci, fra le sue mani incerte, fra le sue gambe strette al suo corpo.

In quel momento, mentre Harry mangiava e lo guardava, entrambi si ritrovarono a pensare che nulla fosse più bello di quei momenti che avevano diviso insieme per mesi interi. Parvero capirsi, parlare, leggersi anche nel silenzio più assoluto, lasciando fuori Gemma e qualunque altra persona o cosa che non fossero loro due.

Luigi aveva voglia di baciare quelle labbra carnose e toglierli quell'espressione addormentata dal volto ma trattenne quell'istinto così carnale, respirando a pieni polmoni, lasciandosi penetrare dal profumo di pulito che Harry emanava. Ogni volta che il suo corpo si muoveva, aggrovigliato al lenzuolo, il profumo che aveva la sua pelle e che si era intriso fra quelle lenzuola pallide, saliva fino alle sue narici, inebriandolo di desiderio.

“Posso andare a giocare?” fu Gemma ad interrompere qualsiasi comunicazione fra i due, saltando a piedi nudi sul pavimento, in cerca di approvazione.

“Di già?” chiese Luigi divertito, guardando la piccola stiracchiarsi come un gattino.

“Chiedi a nonna, ma sì vai pure” fece Harry, allungando un braccio in sua direzione per poterla prendere fra le braccia. Gemma saltò sul suo letto, scansando la sua colazione, scoccando un bacio sulla guancia del fratello e di Luigi per poi sgattaiolare via per le scale.

Harry si concentrò su Luigi mentre beveva un caffè dal sapore forte e concentrato – tutta un'altra storia, rispetto a quel beverone americano che non avrebbe mai più bevuto – e lo sfiorava sul volto con lo sguardo. “Non mi aspettavo questa sorpresa”.

“Non riuscivo a dormire” si morse le labbra e scivolò ancora più vicino al riccio, forse in cerca della sua bocca.

Harry posò la tazzina e si leccò le labbra per assaporare bene quello che aveva bevuto, senza smettere di guardarlo come se fosse lui la sua colazione. “Nemmeno io ho dormito molto” e forse, sulle sue guance, spuntò una punta di rossore che lo facevano sembrare più piccolo dell'età che aveva. “C'è qualcosa che non va?” gli chiese Harry, quando si accorse del suo sguardo basso, come se qualcosa, qualche pensiero, lo avesse appena colpito in faccia come uno schiaffo.

“Pensavo a quando andrai via” un sibilo leggero ma potente, parole apparentemente innocenti ma in realtà cariche di significato.

“Ci pensavo anche io” ed Harry gli afferrò una mano, sorprendendolo, “ma non mi fa così tanta paura” cercò di farsi guardare ma senza successo, Luigi sembrava intenzionato a fissare il suo grembo, in cerca di risposte che non avrebbe avuto se non iniziava ad ascoltarlo davvero.

“No?” chiese, forse un po' ferito. Quella prospettiva di vita, senza quell'Harry con cui si era abituato a vivere, non gli piaceva più.

“No, perché tornerei... o potresti venire tu da me. Ti farei vedere casa mia e potresti rivivere un pezzo d'America che è in te” ed a quel punto, Luigi alzò lo sguardo su di lui, non aspettandosi quel bacio a fior di labbra che gli regalò, con leggiadria. Luigi lo guardò un po' sconvolto, non seppe se più per il gesto compiuto in casa dei suoi nonni con la possibilità di vederli spuntare da un momento all'altro o per le parole che sembravano fluttuare attorno alla sua testa, in cerca di un appoggio. “Non pensiamoci fino a quando quel giorno non arriverà”, concluse poi.

“Tu madre come sta?” chiese, forse perché desiderava proteggerlo da quel caos in cui lo avevano gettato dentro. Era il fratello maggiore, era quello che avrebbe compreso la situazione ma non significava lasciarlo privo di quel peso che era costretto a portare addosso tutti i giorni. Lo vedeva delle volte, incurvarsi e sentirsi inutile per essere scappato via con i suoi fratelli, così lontani da casa; per non essere riuscito ad aiutare sua madre o la sua famiglia. E lo vedeva anche sentirsi in colpa, talvolta, per la felicità che provava quando stava in compagnia di Luigi o semplicemente mentre passeggiava e sorrideva, mentre scopriva nuove cose o qualcuno gli parlava delle tipiche tradizioni siciliane.

“Bene, forse non verrà” rispose, rafforzando le idee di Luigi. Harry se ne sarebbe andato e più in fretta di quello che avrebbe mai potuto immaginare. “Dice che papà sembra essere cambiato e che abbia capito. Non so cosa, ma spero vivamente che sia così perché non voglio che i miei fratelli crescano in quella casa piena di urla” sospirò e si gettò come un peso morto contro il cuscino. Luigi si sentì un po' in colpa per avergli fatto quella domanda, ma si preoccupava per lui e per i suoi fratelli. Ma anche di come sarebbe stata la sua vita una volta che non ci sarebbero più stati gli Styles a riempire di gioia quelle sue giornate, non ricordando più come fossero prima del loro arrivo.

“Andrà tutto bene”.

“Andrà tutto bene anche per noi” lo rimbeccò Harry, intrecciando le dita alle sue. Non era certo di dove avesse trovato tutte quelle sicurezze ma gli era bastato guardarlo negli occhi per rendersi conto che non avrebbe mai rinunciato a lui, nemmeno quando sarebbe stato lontano abbastanza da non potersi parlare.

“Come fai ad esserne sicuro?” chiese.

“Perché conosco me e conosco te, Louis” e non volle nemmeno correggersi, il suo nome gli piaceva, suonava bene e le sue labbra morbide lo accarezzavano come avrebbero fatto le sue mani in quel momento, se fosse stato nudo nel suo letto.

“Okay” bisbigliò semplicemente, desiderando accoccolarsi al suo fianco. Ma in quel momento così candido, gli bastò candidamente guardarsi negli occhi e parlarsi con quel linguaggio muto dell'amore che avevano sviluppato in quei mesi e che si era affinato quando avevano fatto l'amore e si erano ritrovati persi in mezzo a parole taciute.

 

-

 

Luigi camminava con una spiga di grano fra le labbra, mentre con le mani toccava quella distesa dorata che gli si presentava davanti agli occhi. Harry, qualche passo dietro di lui, ne seguiva il profilo arrotondato dei fianchi in netto contrasto con le spalle ossute e sporgenti.

Non aveva mai visto cosa più bella di quella, con il sole caldo quasi ormai oltre l'orizzonte, a colorare tutto ancora più intensamente. Per quella ragione gli scattò una foto, afferrando la polaroid fra le dita, sventolandola in attesa di vederla asciugarsi.

Era certo di amarlo come non aveva mai amato nella propria vita. In America non aveva mai incontrato nessuno di speciale, nessuno che gli facesse scoprire cosa volesse dire amare piano e nel silenzio e lasciar parlare solo baci e mani che, segretamente, si cercavano.

Il pensiero che presto sarebbe partito lo distruggeva: più il tempo passava più sentiva il cuore spezzarsi sotto alle suole delle proprie scarpe. Lo calpestava notte e giorno fingendo che sarebbe andato tutto bene e che fra loro non sarebbe cambiato nulla; un po' lo credeva davvero ma separarsi così da lui, di netto, era quasi straziante. Ma si amavano e avrebbero fatto di tutto per ritrovarsi. E poi, aveva qualche progetto nella mente che sperava di poter realizzare.

Desiderava vedere sua madre, e poter constatare con i propri occhi che la sua famiglia stesse bene nuovamente fra le mura di quella casa. E non mancava più molto ormai, i giorni passavano e pesavano sulle loro spalle, alleggerendole solo nel momento in cui, nella notte più scura, i loro corpi si trovavano per potersi amare.

“Non è bellissimo?” sospirò Luigi dopo poco, guardando i colori della natura cambiare sotto ai propri occhi. Era incredibile, ed era capace di stupirsi tutte le volte che guardava quel panorama mozzafiato.

“Molto” rispose il riccio, facendo qualche passo più lungo per poterlo raggiungere. Gli passò la foto fra le mani e Luigi gli sorrise, sfiorando il proprio profilo. Cosa vedeva Harry, esattamente? Cosa vedeva in lui?

Quelle domande, in realtà le aveva fatte, sottovoce, lasciandole scivolare cristalline dalla sua bocca. “Vuoi dire cosa vedo in questa foto?” domandò. Il maggiore annuì ed alzò le spalle, come se volesse lasciargli campo libero. Avrebbe potuto dirgli tutto ciò che desiderava, sarebbe stato lì ad ascoltarlo comunque. “Vedo un lavoratore, vedo un amante della propria terra, vedo un ragazzo pieno di sogni e speranze, vedo spalle meno ingobbite dalla tristezza e vedo... l'amore, credo” dopo aver guardato la foto con attenzione, la ripose nella tasca del suo pantalone, prendendo una grossa boccata d'aria.

Luigi si fermò di colpo e lo afferrò per un fianco, attirandolo a sé, il più vicino possibile. “E' questo che vedi quindi?”.

“Sì, dentro te vivono tante persone diverse. Sei tante cose, così tante che togli il respiro delle volte. Sei uragano e poi sei sole; sei il mare in tempesta e sei anche la calma piatta dopo il tramonto; la luce del mattino e ombre della sera. Non riesco a pensare di te come ad una cosa sola. Sei tante cose Louis, tante da non poterle contare e da non poterle toccare e capire, vai vissuto a pieno” prese un lungo respiro e poi si avvicinò a lui, lentamente, sfiorando il naso con il suo, piano. Odorava di aghi di pino e sigarette, e non pensava di poter mai trovare altro profumo più buono del suo. Lo adorava e sarebbe stato capace di starsene sulla sua pelle per ore e ore, fino a che non sarebbe svanito del tutto.

“E sarei io quello che toglie il fiato?” bisbigliò, piano, lento, ad occhi chiusi. Harry sorrise e alla fine lo baciò, liberando quel desiderio che gli si era incastrato nel petto e sulle labbra. Sentiva le sue mani sulla schiena e ovunque, persino dentro l'anima. Gli passava attraverso come se fosse fumo, lo strappava dal buio e lo portava a respirare.

“Lù, non voglio andare via” gli disse alla fine Harry, poggiando la fronte alla sua. Le mani del ragazzo gli carezzarono la schiena più dolcemente, come se adesso toccasse a lui consolarlo, rassicurarlo, tenerlo ancorato a terra; ancorato alla loro storia.

“Lo so, nemmeno io vorrei che andassi via. Però vuoi andare da tua madre, vero? Ti aspetterò” gli fece un sorrisetto sbarazzino e lo baciò di nuovo, stampandogli solo un fugace bacio a labbra chiuse. “Te la senti davvero di restare e mettere su questo progetto? Insieme a me?”.

“Sì, questo posto è bellissimo, regala tante opportunità, ci sei tu e ci sono i miei nonni. I mie fratelli, quando saranno più grandi, potranno venire. Magari anche mia madre...” ad Harry piaceva molto sognare. Sapeva bene che non sarebbe mai davvero successo, con suo padre che amava così tanto l'America e con sua madre così innamorata di suo marito. Semplicemente non sarebbe successo.

Luigi strappò un'altra spiga e gliela sistemò fra i capelli, arricciando il naso. Era sereno e pacifico, nonostante avesse paura di perderlo. Ma dopo aver sentito quelle parole, dette con quegli occhi così limpidi e sinceri, non aveva più alcun motivo per dubitare di qualcosa, sapeva benissimo che Harry lo amava. Lo aveva sentito dalla sua bocca, dal suo cuore sotto alle mani e dai suoi occhi così belli e cantori di poesie.

“Tra un po' farà buio, torniamo indietro?” Luigi parlò, schioccandogli un bacio sul naso per poi afferrarlo per una mano. Harry annuì e gli baciò le nocche con delicatezza, cominciando poi a correre come un folle sfidandolo a raggiungerlo. Non molto difficile per Luigi, visto quanto fosse abituato a camminare su quel terreno e quanto fosse diventato veloce con il tempo.

Harry scoppiò in una risata fragorosa quando Luigi lo raggiunse e lo afferrò da dietro, cercando di buttarlo a terra, senza alcun successo, mentre si dimenava ed urlava di lasciarlo andare, ma soprattutto di non fargli il solletico.

A Luigi scoppiò, invece, il cuore, perché quel momento era un altro dei tanti che aveva imparato a catturare e a tenere per sé, ben conservato nella memoria. Uno di quei momenti che avrebbe sempre ricordato, perché le parole che gli erano state dette gli avevano aperto il cuore e lo avevano fatto sentire speciale, amato e desiderato. Si era sentito un fragile fiore nelle mani di un gigante, che lo curava come se non avesse mai visto altro che quello nel proprio giardino.

Era innamorato di Harry e quello non sarebbe mai scomparso.

 

-

 

“Che stai facendo?”

Harry sobbalzò alla voce alle sue spalle. Si voltò piano e sorrise al suo Luigi, con i capelli leggermente arruffati e un segno evidente, sul volto, del cuscino.

“Volevo raccogliere dei fiori” ma Luigi gli bloccò entrambe le mani, sorridendo. Gliele baciò fugacemente e gliele strinse sui fianchi.

“Se non vuoi avvelenarti, direi di non raccogliere proprio gli oleandri” gli baciò la punta del naso e si allontanò di qualche passo da quel corpo che tanto lo attraeva. Era ormai diventato difficile resistergli.

“Una cosa tanto bella è velenosa?” chiese, portando lo sguardo sui fiori rosa così delicati e gentili che troneggiavano su quell'arbusto come se fossero farfalle. Li sfiorò appena con le dita e pensò al fatto che fosse proprio vero che delle volte le apparenze ingannavano e che le cose più belle e dolci erano quelle che facevano più male.

“Beh, non proprio il fiore, sono le foglie e l'arbusto. Se ingerite possono essere pericolose. Ma anche se le strappi, gonfiano le mani, comunque niente di troppo dannoso” sorrise leggero e fissò i suoi ricci scivolare un po' più lunghi contro il collo; le sue spalle più larghe di come le ricordava e la schiena così ampia da desiderare potersi stendere sopra – cosa che faceva tutte le volte che si perdevano l'un l'altro.

“Mi piacevano, volevo portarli alla nonna”.

“Possiamo andare a prendere qualche fiore di campo, se ce ne sono ancora” fece Luigi, mettendosi al suo fianco. Il sole li abbagliò e il maggiore si schermò il volto con una mano, cosa che invece Harry non fece voltandosi a guardarlo per poter osservare il modo in cui i loro occhi cambiavano sotto ad una diversa luce. I suoi da verdi sembravano essere diventati dorati, forse fin troppo.

Da lontano, Salvatore con Gemma attaccata ad una sua mano, li raggiunse riportandoli sulla terra ferma. Ogni volta che si guardavano si perdevano così tanto da non riuscire più a ritrovare il capo per tornare a galla. “Bongiorno carusi” li salutò e la piccola si lanciò fra le braccia del fratello, che la prese immediatamente in braccio, stringendola forte e schioccandole un bacio. “Chi faciti 'ca?

Nenti nonno” riuscì a dire Harry, facendo ridere sia Salvatore che Luigi. Non l'avevano mai sentito spiccicare nemmeno una parola in siciliano ma quella mattina sembrava proprio intenzionato a cominciare a farlo. Luigi, con gli occhi luminosi e felici, lo guardò dritto e sentì nel petto un grosso tonfo al cuore al pensiero che volesse imparare qualcosa, che stesse cominciando a smozzicare qualche parola.

Forse anche un po' per lui.

Gli vennero in mente quelle volte, quando da piccolo, tentava di parlare in siciliano davanti a tutti, cercando di impressionarli. Un po' come Harry in quel momento.

“Allora qualcosa sono riuscito a fartela entrare nella testa” rise ed arricciò il naso, osservando le sue guance arrossarsi un pochino per quella nuova attenzione, rivolta da tutti.

Vi lassu a picciridda. Ni vidimu chiù tardu”, Salvatore parlò in siciliano di proposito, per vedere se il nipote fosse stato capace di recepire il messaggio. E con fatica e qualche suggerimento da parte di Luigi, comprese cosa avesse appena detto suo nonno.

“Hai cominciato a sistemare le tue cose in valigia?” chiese Harry, sentendo comunque un dolore sordo al petto nel pronunciare quelle parole. Perché lui sì, aveva iniziato la sera prima a fare le valigie. Ogni indumento, ogni oggetto, che infilava dentro sembrava un pugno nello stomaco. Forte e diretto.

“Sì Haz, però non entra tutto” si lamentò gonfiando le guance. Era adorabile e somigliava moltissimo ad Harry. Ogni giorno sempre di più.

“Se sono entrate quando siamo arrivati, entreranno anche adesso”.

“Ma la nonna mi ha fatto dei regali, non ho lo spazio!” piagnucolò al che il riccio rise e Luigi le allungò una mano sul viso per carezzarla. Alcune ciocche le svolazzavano sul viso ed il ragazzo tentava di sistemargliele dietro alle orecchie.

“Ci sarà spazio nella mia, stai tranquilla tesoro” un bacio sulla fronte, poi sul naso, poi sulle guance e la bambina cominciò a ridere per il solletico che le sue labbra le provocavano. Luigi non poté non restare a guardare quello spettacolo, sentendosi affondare al pensiero che tutto quello gli sarebbe mancato ogni giorno. Non avrebbe visto Harry al mattino; non avrebbe visto Gemma e i suoi fratelli correre per la borgata; non avrebbe visto il suo volto cambiare espressione mentre conosceva cose nuove; non avrebbe avuto i suoi baci, i suoi abbracci, le sue carezze, i suoi occhi addosso.

Però, non aveva paura.

“Allora, andiamo a vedere se ci sono ancora fiori nel campo?” domandò, per togliersi tutti quei pensieri dalla mente. Gemma squittì contenta e batté le mani, facendosi mettere a terra. Era felicissima di poter correre per i campi e farsi aiutare da suo fratello e Luigi ad incastrare delicatamente dei fiori fra i suoi capelli intrecciati.

“Mi dai la mano?” Luigi tese la propria e la bambina l'afferrò subito, tendendo l'altra al fratello. I due ragazzi la trascinarono sulla strada e la fecero ridere, facendola volare in alto e poi tornare giù. Quei momenti così spensierati, così spontanei e genuini sarebbero mancati tanto ad entrambi, ma bastava guardarsi negli occhi per rendersi conto che sarebbe andato tutto bene.

 

-

 

Era comodamente sdraiato sulla sua schiena, alternando un bacio ad una carezza. Le dita gli scivolavano sulla pelle leggiadre, disegnando parole e sentimenti che non aveva idea di come esprimere. Bastavano quelle linee sconclusionate, quello sfioramento di vertebre, cerchi concentrici e baci a fior di labbra per poterlo fare. Luigi lo sapeva, aveva imparato a capire ciò che Harry desiderava dirgli tutte le volte che si comportava in quel modo. Avevano ormai un modo tutto loro di comunicare, di capirsi. Che nessun altro avrebbe potuto comprendere.

“Domani niente drammi, okay?” gli baciò una spalla ossuta e risalì pian piano fino al suo volto, sereno e quasi addormentato. Luigi, con le palpebre a sfarfallare appena, annuì a quella su richiesta e cercò il suo corpo per potersi accoccolare ancora un po' insieme.

Quel pomeriggio, Luigi e Salvatore avevano aiutato i fratelli Styles a fare le valigie e poi sistemarle in macchina. Tutte le volte che caricavano qualcosa, un pezzo del loro cuore veniva strappato via in maniera piuttosto rude. Ma sorridevano entrambi, complici del fatto che presto sarebbe tornato e che niente li avrebbe divisi, in ogni caso.

Suo nonno glielo aveva sempre detto che, una volta trovato quell'amore che tanto veniva decantato, niente avrebbe potuto separare le due anime che si erano assai cercate. Ed Harry era certo che quello con Luigi non fosse una semplice cotta o un amore che avrebbe dimenticato, no. Quello che avevano era nato dal niente, era cresciuto in mezzo a dei campi, fra gli alberi, dentro ai profumi più forti e nei rumori del mare scrosciante la sera. Non era semplice da spiegare, nessuno avrebbe mai potuto capire la profondità di quel sentimento che era cresciuto in maniera esponenziale dentro al loro cuore. Piano, lento, senza accorgersene.

“Mi chiamerai quando sarai arrivato?” chiese, con la voce impastata dal sonno e dalla stanchezza. Sbarrò solo un occhio azzurro per guardarlo, ed Harry gli fece un sorriso ampio. Lo baciò, lambendo quelle labbra sottili e rosee che adorava tanto mordere. Luigi lasciò che le loro lingue si trovassero e danzassero come se non avessero mai danzato e come se la stanchezza non fosse mai esistita. Sarebbe stato doloroso non avere tutte le sere quelle labbra ad attenderlo e accoglierlo come un porto sicuro. Ma sarebbe andato al mare e si sarebbe fermato ad ascoltarlo e ammirarlo, ricordandosi di quella espressione che Harry assumeva tutte le volte che lo guardava.

“Hai paura che sparirò?” aveva un sorrisetto malefico sulla bocca.

“Se lo fai vengo a cercarti”.

“L'America è grande”.

“Ma anche la voglia che avrei di trovarti, lo è” e dopo quelle parole, Luigi gli stampò un altro bacio, stringendo le gambe alle sue. S'intrecciarono, stringendosi forte l'uno all'altro e ogni voglia di parlare sparì completamente, lasciando spazio alla smania che entrambi avevano di fare l'amore di nuovo, forse per tutta la notte. Niente avrebbe potuto fermarli dall'amarsi tutta la notte. Non aveva alcuna importanza, desideravano solo passare quelle ultime ore insieme abbracciati a guardarsi negli occhi, memorizzando ogni tratto e ogni più piccolo difetto.

Quel letto improvvisato era parecchio scomodo, chiusi dentro quello sgabuzzino così stretto e con una sola finestrella a far entrare i raggi lunari che accarezzavano la loro pelle. Eppure, non avevano nulla da invidiare ad un letto vero e proprio, non avevano nulla che mancasse in quei momenti perché bastava la loro stessa presenza a riempire qualsiasi vuoto esistente. Ma quel vuoto era sparito nel momento esatto in cui entrambi si erano trovati; ed ogni giorno sembravano aggiungere mattoni a quel castello che esisteva nella loro mente.

“Nel momento in cui tornerò, spero tu abbia già imparato a ballare perché ho intenzione di portarti ovunque ci sia della musica” fece il riccio, baciandolo ovunque. Luigi rise senza speranza, sbuffando fintamente infastidito a quella sua indecente proposta. In realtà, si sarebbe fatto trascinare ovunque, anche nel peggior posto esistente sulla Terra, pur di vedere Harry muovere quei fianchi così sensuali, e lasciar parlare i suoi enormi occhi verdi.

“Farò il possibile ma... sai com'è, gli unici che avrebbero potuto insegnarmi qualcosa non pensò che torneranno nelle balere tanto presto” ridacchiarono al ricordo del pancino ben visibile di Agata e del volto sempre così preoccupato di suo marito Tony, così protettivo. Agata era bellissima, raggiante e terribilmente felice di aver trovato il suo posto sicuro. Forse le loro strade erano state destinate ad incontrarsi per poi dividersi e ritrovarsi su un sentiero parallelo assieme a qualcun altro. Forse, se non avesse amato Agata così tanto non avrebbe mai potuto capire che in realtà era Harry l'amore vero, quello che nessuno sapeva spiegare, quello di cui spiegazioni e parole non erano necessarie.

“Torneranno con un elemento in più”

“Ma nel frattempo tu sarai tornato e andato chissà quante altre volte” gli baciò la punta del naso ed Harry chiuse gli occhi, abbarbicandosi alla sua schiena.

“Allora mi sa che non hai alcuna speranza di imparare qualcosa” sbuffò ma con un bellissimo sorriso sul volto. Luigi scosse la testa e roteò gli occhi divertito, guardando quel ragazzo che gli aveva rubato il cuore facendo la comparsa sotto alla sua finestra.

“Vorrà dire che aspetterò te per farlo” si morse il labbro, Luigi, cercando di farsi inglobare il più possibile da quel corpo così caldo e possente. Avrebbe tanto voluto fondersi assieme alla sua pelle, nel suo respiro, nei battiti accelerati del suo cuore ma sapeva che in realtà avrebbe dovuto lasciarlo andare molto presto. Ma non voleva pensarci, avevano tutta quella notte davanti.

Aveva una vita intera.

 

-

 

Luigi si era affacciato alla finestra, quella mattina, richiamato dalle urla dei bambini e di Salvatore che li pregava di stare composti. Spalancò le imposte e notò i capelli ricci del ragazzo, sentì la sua risata gutturale ad ogni parola di Gemma; avvertì un insolito tremolio alle gambe quando i suoi enormi occhi verdi si posarono sulla sua figura alla finestra.

“Tornerò presto” gli mimò con le labbra Harry, sorridendogli leggero. E in quel semplice movimento di labbra vi era una promessa, forte e determinata. Non aveva alcuna intenzione di restare così lontano dalla Sicilia.

Luigi, nella notte, lo aveva portato a fare un giro per l'ultima volta per tutta la borgata, fino a che la luce dell'alba non aveva iniziato a tingere le pareti e la loro pelle d'oro. Ed era stato un momento puro, silenzioso. Si erano goduti i suoni quasi inesistenti della città poco lontana e lo scroscio del mare - “sinti u scrusciu do' mari” gli aveva sussurrato Luigi ad un orecchio, facendolo rabbrividire - che li lasciava sempre senza fiato. Entrambi sarebbero volentieri rimasti ancora per ore e ore, senza stancarsi mai.

Fece le scale lentamente, come se volesse ritardare quel momento, vedendosi poi travolto dalla piccola Gemma non appena mise fuori un piede. L'abbracciò, odorando i suoi capelli che sapevano di frutta, baciandole le guance paffute e dicendole che ben presto magari sarebbe andato lui a trovarli e le avrebbe portato quelle caramella che tanto le piacevano – che sua nonna aveva già messo in una busta per i bambini – e qualche nuovo gioco.

Harry li osservò e avrebbe tanto voluto fare lo stesso: gettarsi fra le sue braccia e non staccarsi mai da quei baci così delicati e sentiti. Aveva desiderato quelle labbra da quando le aveva lasciate giusto qualche ora prima.

“Avanti, vi devo portare in fretta o perdete l'aereo” fu Salvatore ad interrompere quel momento, facendoli tutti voltare a guardarlo come se avesse appena detto un'eresia. Gemma si staccò da Luigi con malavoglia e si gettò subito in macchina, seguita dai suoi scapestrati fratelli, a cui non sembrava fare particolare differenza restare o tornare a casa.

Luigi fece un passo avanti, raggiungendo il corpo alto e slanciato di Harry, osservando le occhiaie scavate e profonde che aveva sotto agli occhi, reduce di una notte meravigliosa passata assieme. Forse nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare la bellezza di quei momenti. Si guardarono per un solo attimo, riuscendo a parlare nel totale silenzio, con solo azzurro e verde a mescolarsi.

“Fate buon viaggio. E buon rientro” mormorò Luigi, tendendogli una mano in segno di saluto. Harry la strinse e mosse un passo avanti, fino a che non lasciò andare quella insignificante mano e gli regalò un abbraccio spaccaossa, degno del loro sentimento rumoroso. A Luigi si mozzò il fiato e socchiuse appena gli occhi, cercando di riprendere quel respiro perduto fra i suoi ricci.

“Grazie. Di tutto” mormorò il più piccolo. “Ci vediamo fra non molto” gli regalò un bacio sulla spalla, nascondendosi agli occhi di tutti e Luigi chiuse gli occhi, cercando di non affondare troppo le unghia sulla sua schiena. Quella stessa schiena che aveva baciato e sfiorato tutta la notte. “Hai promesso di non piangere” sussurrò.

“Non lo sto facendo” gli disse Luigi in un filo di voce. “Ma sappi che vorrei farlo” fece alla fine, devastato da quella partenza. Non pensava di poter reagire in quel modo, eppure sembrava di separarsi da un pezzo di se stesso.

“Non farlo nemmeno dopo, okay? Io non lo farò” dopo un'ultima stretta, lo lasciò andare e lo guardò, notando quegli occhi azzurri liquidi e pieni di parole che risuonavano comunque nella sua testa. Quei ti amo non detti di cui non avevano bisogno.

Salvatore disse qualcosa ad Harry ma nessuno dei due sembrava davvero interessato a capirci qualcosa. La signora Rosa e la signora Michela si avvicinarono per un ultimo saluto e un ultimo pacchetto di pane e chissà quale leccornia.

Entrarono in macchina, ed Harry si voltò per poter guardare Luigi, in piedi un po' ingobbito dalla stanchezza e dalla tristezza, sorridendogli appena in un moto di speranza. Non era un addio, era chiaro ad entrambi, ma separarsi dopo aver vissuto quasi tutta l'estate assieme, giorno dopo giorno, sembrava terribile. Uno scenario inimmaginabile.

Il riccio gli sventolò una mano ed arricciò il naso in un sorrisetto più tranquillo. Era felice di poter finalmente rivedere sua madre e la sua casa; era felice di sapere che qualunque cosa fosse successa sarebbe tornato in quel posto. E Luigi parve cogliere quello stesso brivido sulla propria pelle, parve recepire quel silenzioso messaggio di speranza. Il suo cuore si acquietò e le sue labbra si stesero in un sorriso più vero e sincero.

Nessuno dei due aveva più paura, quei chilometri erano appena diventati insignificanti.

 

-

 

Nessuno dei presenti pensava di potersi trovare in quella situazione, così in fretta. Eppure, i mesi erano scivolati velocemente e il tempo era scaduto. Testimone le urla che provenivano dalla stanza della ragazza.

Luigi, seguito da Harry, faceva avanti e indietro per il corridoio; Tony aveva il volto cereo, pronto a svenire e gli occhi così sbarrati da uscirgli fuori dalle orbite. Stava per diventare padre e non lo credeva ancora possibile. Durante tutto il tempo della gravidanza aveva iniziato ad accettare ancor di più l'idea che fosse ormai un uomo di famiglia, che spettasse a lui ora prendersi cura di sua moglie e della nuova creatura in arrivo.

Luigi, quando aveva saputo della rottura delle acque, era entrato nel panico più totale. Non aveva mai capito niente del parto ma sentirla urlare in quella maniera gli bastava ed avanzava.

Harry sembrava l'unico ad essere tranquillo, nonostante pestasse il pavimento seguendo l'ombra di un Luigi così preoccupato. Sorrideva e ad ogni urlo avvertiva un brivido sulla propria pelle. Sarebbero stati ben presto zii. Probabilmente, essere stato spettatore della nascita di tre fratelli aiutava in quella situazione, in cui tutti sembravano morire di ansia e paura.

Sapevano bene che fosse in buone mani: la signora Rosa, Michela, Caterina e forse qualche altra parente di Agata, erano tutte dentro che l'aiutavano a dare alla luce il bambino.

Erano state ore molto lunghe, una notte movimentata e spaventosa. Tony era pronto a sfondare la porta della camera da letto per poter tirare fuori quel bambino con le proprie mani pur di non sentire più tutta quella sofferenza nella sua voce. Ma Harry lo aveva tenuto calmo e fermo sul pavimento, che era diventato il loro letto. Non avevano nemmeno voglia di utilizzare una sedia, come una persona normale.

“Non c'è stato nemmeno il tempo di chiederti com'è stato il viaggio” un sussurro da parte di Luigi destò l'attenzione del riccio, che scivolò pian piano verso la sua figura. Le urla strazianti erano alternate da momenti di assoluto silenzio in cui un leggero vociare incitava la ragazza a prendere fiato e respirare con calma.

“Molto lungo, non ne potevo più di stare seduto” gli carezzò il dorso di una mano e sospirò. Il padre di Agata, dalla cucina, sembrava pronto a voler vomitare per l'ansia accumulata. Probabilmente avrebbe tanto voluto uccidere Tony per aver messo incinta sua figlia e per aver permesso una simile sofferenza – anche se, quando pensava di diventare nonno, il petto gli si gonfiava di orgoglio e si pavoneggiava in giro con i suoi amici.

“Mi dispiace che tu sia qui. Perché non torni a casa a riposare un po'?”.

“No, voglio rimanere con voi. Non vedo l'ora di conoscere il nuovo o la nuova arrivata”. Luigi sorrise e si sporse fugacemente per dargli un bacio sul naso e poi su una guancia. Quando lo aveva rivisto, dopo tutti quei mesi, il cuore gli era esploso in un miliardo di pezzi e il suo unico desiderio era potersi immergere in quegli occhi tanto luminosi e quel sorriso così candido e innamorato.

“Hai idea di quanto tu mi sia mancato?” chiese Luigi, bisbigliando.

“Sì, credo di averne una vaga idea”. Harry sorrise dolcemente ad arricciò il naso, socchiudendo appena gli occhi in maniera delicata. Avrebbe tanto voluto baciarlo in quell'istante e lasciare che quelle labbra sottili rosee gli si imprimessero sino all'anima. “Però questa storia è quasi finita”.

“Quanto ci vorrà?” una domanda a bruciapelo, seguita dall'ennesimo urlo di dolore.

“Un mese. Aspetterai?” gli occhi di Harry si voltarono a cercare i suoi, immobili e colmi di una passione così sfrenata, di un amore così devastante da far tremare le ossa di Luigi.

“Harry...” socchiuse le palpebre appena, poggiando la nuca contro il muro alle sue spalle, sospirando forte: “Probabilmente aspetterei tutta una vita”.

Un respiro tremulo; un cuore gigante incastrato fra le costole; mani spasimanti di toccare pelle nuda; occhi lucidi pronti ad immergersi nuovamente nel loro posto preferito; labbra desiderose di imprimersi sulla pelle; quelle parole che non avevano mai bisogno di dirsi perché bastavano i gesti. Harry e Luigi erano un insieme di tutte quelle cose, di un amore così assoluto e autentico da non temere rivali, da non provare paure.

Ci furono degli attimi di solo silenzio, in cui Harry non riuscì a far altro che guardarlo e stringergli un dito nascosto fra i loro corpi seduti vicini. Poi un ultimo urlo devastante e un vagito già prepotente spezzarono la quiete attorno a loro, in quella casa.

Tony scattò come una molla e si mise a bussare contro la porta in attesa di sentire finalmente qualcuno dirgli che poteva vedere i suoi due grandi amori. Nessuno rispose, e il bambino continuava a piangere come se qualcosa lo avesse disturbato, come se fosse rimasto offeso da quella uscita involontaria dal grembo caldo e materno.

Tony, gioia, vini 'ca!” la signora Rosa spalancò la porta e il moro vide sua moglie stesa e sudata, i capelli scompigliati, il volto pallido e gli occhi scavati dalla stanchezza, tenere in braccio un fagotto già più calmo rispetto a qualche minuto prima.

Dietro di loro, il padre di Agata, Harry e Luigi si affacciarono per osservare cosa stesse succedendo.

E' Anna o Lorenzo?” fu la prima cosa che chiese Tony, sedendosi tremante al capezzale di Agata. Allungò una mano sul suo volto esausto e le spostò una ciocca di capelli prima di regalarle un bacio sulla fronte.

Anna” sospirò lei, scoprendola un po'. Nessuno lo aveva mai visto in quelle condizioni e nessuno ci avrebbe mai creduto se glielo avessero detto qualche anno prima. Stava piangendo, di gioia, di emozione, di felicità. Nemmeno lui stesso si aspettava di provare un amore così profondo e speciale per una creatura che aveva appena visto.

Tutti entrarono in stanza, alla fine – col permesso delle donne di casa – osservando per la prima volta la piccola Anna Orlando dormire beatamente fra le braccia della madre. I suoi capelli erano lunghi e neri come quelli del papà ma Agata giurava già che gli occhi fossero azzurri come i suoi. Tutti e quattro i nonni della nuova arrivata sembravano imbambolati, completamente innamorati da non capire più assolutamente nulla.

Prendila” la vocina di Agata si perse per lo sfinimento dell'enorme sforzo che aveva appena fatto ma le sue braccia erano forti come rocce, premurose di non far cadere la piccola e tenerla al sicuro. La passò delicatamente fra le mani inesperte di Tony, che sentì il respiro mancargli quando finalmente i suoi dolci occhietti si spalancarono a guardarlo. Non aveva mai visto cosa più bella di quella.

“Wow...” fu ciò che scappò dalle labbra di Luigi, che con gli occhi fuori dalle orbite osservava un Tony così cambiato in quegli anni, un'Agata già mamma, un Harry così sorridente da abbagliare più del sole.

Harry gli fece un sorriso e gli tenne una mano dietro la schiena, mordicchiandosi il labbro. Desiderava tanto condividere quella gioia infinita con lui, dandogli un bacio fino a consumargli le labbra.

“Venite anche voi a vederla” fece Agata poi, quando si accorse della presenza dei due ragazzi sulla porta, lasciando spazio alla bella famiglia. Tony non sembrava intenzionato a fissare altro che non fosse la sua Anna, così innamorato da non percepire altro suono accanto a lui se non quei gorgoglii della piccola che sembrava affamata.

Si ritrovarono tutti insieme in quel che sembrava un quadro familiare perfetto, pronto a rimanere impresso nella loro mente per la vita intera. Proprio per quella ragione, Harry recuperò la macchina fotografica dalla cucina per poter mettere su carta ciò che aveva davanti: la sua nuova famiglia.

 

-

 

Solo le donne di quella borgata erano in grado di organizzare una tale festa con così poco preavviso. Sembravano tutte appartenere ad un ingranaggio infinito, dei macchinari pronti a completare l'opera in meno di un'ora.

Il cibo, le varie leccornie, i dolci e qualsiasi cosa da bere possibile erano state accuratamente sistemate, così come dei grossi palloncini rosa ed una piccola torta in onore della nuova arrivata. Era ovviamente una fantastica notizia che meritava di essere festeggiata. Così come il matrimonio, l'arrivo di un bebè era un evento raro che non capitava da moltissimo tempo. Era doveroso festeggiare l'arrivo di Anna in quella grande famiglia.

Harry, con gli occhiali da sole sul naso ed il suo solito cappello a falda larga, se ne stava a sorseggiare un bicchiere di limonata seduto su una radice d'albero, con accanto Luigi con un sorriso così radioso da fare invidia a chiunque. Harry si sentiva fortunato quando lo guardava, rendendosi conto di quanta bellezza vi fosse in un uomo così all'apparenza semplice. Notava ogni singolo dettaglio di lui, ogni più piccola parte del suo aspetto e del suo essere.

“Non hai caldo?” chiese il riccio, osservando la maglia di cotone che portava addosso. Luigi puntò i suoi azzurrissimi occhi su di lui, facendolo sciogliere in un istante. Era sempre come guardarlo per la prima volta, Harry non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che fosse suo e che stesse al suo fianco.

“Non molto” gli rispose. “Perché tu hai caldo? Vuoi spogliarti?” si passò la lingua sui denti e poi sulle labbra, senza abbassare lo sguardo. Quella mattina, Luigi, si era svegliato con la voglia assurda di averlo fra le braccia, di poter fare l'amore con lui per ore e ore senza smettere. Necessitava di recuperare il tempo che avevano perso separati.

“Lou...” sussurrò strozzandosi quasi con la limonata che gli andò di traverso, rendendosi immediatamente conto di avere una leggera erezione fra le gambe. Inutile girarci attorno, lo trovava attraente in maniera fin troppo illegale e lo desiderava in maniera fin troppo ardente.

“Dopo andiamo a fare un bagno al mare” gli fece un occhiolino ed Harry tornò a respirare.

Salvatore si parò di fronte ai suoi ragazzi con un sorriso sbilenco sul volto chiedendogli come stessero i suoi tre nipotini.

Le chiacchiere cominciarono a fluire, la gente ad arrivare e il vociare a sollevarsi. Fino a che la nuova famiglia non fece capolino con una carrozzella nuova di zecca ed un fagottino dormiente fra le coperte. “Ciao a tutti” esordì Agata, sorridendo. Era stata qualche giorno a letto per riprendersi del tutto, facendosi aiutare da sua madre con la bambina, fino a che non si era nuovamente rimessa in piedi ed aveva recuperato tutte le forze andate perse. Tutti la trovarono raggiante, aveva gli occhi che parlavano da soli, la bocca che non smetteva di sorridere.

Harry si guardò attorno, osservando ognuno di quelle persone, sentendosi speciale e fortunato ad essere capitato in un posto così bello, così pieno di armonia e di cordialità. Tutti c'erano per tutti; chi aveva bisogno di aiuto non aveva nemmeno bisogno di implorare, sarebbe arrivato subito; si festeggiavano i successi, i traguardi e qualsiasi evento potesse essere valido abbastanza da poter mettere su una festa per come si deve, senza gelosie alcune. Erano tutte persone speciali, persone dal cuore grande e buono ed Harry aveva imparato ad apprezzarli, a volergli bene, affezionandosi a chiunque di loro. Perché ognuno di essi aveva una particolarità che lo arricchiva e che gli faceva scoprire sempre nuove realtà; aveva avuto un accrescimento culturale così grande da sentirsi ormai a tutti gli effetti siciliano. D'altronde, scorreva nelle sue vene per metà.

Fai ciao allo zio Harry” Tony, con la bambina fra le braccia si avvicinò ai due amanti, sorridente. Si era follemente innamorato di sua figlia, talmente tanto da non riuscire a smettere di guardarla e tenerla stretta fra le sue braccia. Nemmeno il suo grosso pianto lo spaventava, il desiderio di averla vicina era più forte di qualsiasi altra cosa.

“Annie” pronunciò lui, lasciando venir fuori un accento americano un po' sbilenco. L'influenza della Sicilia era sempre più forte.

“Ciao piccola di zio” fu Luigi ad intervenire poi, alzandosi in piedi per poterla scrutare più da vicino. In quei pochi giorni era già cambiata parecchio, ma aveva mantenuto le guancette rosee. Sotto i raggi di sole, somigliava un sacco a Tony, dalle più piccole smorfie al modo di pronunciare le labbra.

“Allora, quanto resterai?” chiese poi, dopo aver sbaciucchiato la sua piccola.

Harry guardò Luigi negli occhi, come se stesse cercando una risposta in quel blu oceano, respirando a pieni polmoni. Gli fece un sorriso così dolce e affettuoso da far esplodere il cuore del maggiore. Non si era ancora abituato a quelle nuove sensazioni che gli regalava tutte le volte che gli stava vicino o che gli rivolgeva la parola. Amore incondizionato, inspiegabile, senza sé e senza ma.

Luigi non aveva mai provato nulla del genere prima, non poteva paragonare ciò che aveva provato per Agata con quello che provava per il suo Harry. Era una strana sensazione la sua, era certo che non potesse essere nemmeno spiegato, che nessuno potesse capirlo – fino a che non si sarebbe trovato nella stessa situazione.

Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, ritornò l'immagine del suo riccio in mezzo ad un campo di girasoli, che sorrideva felice come un bambino, mentre scorrazzava fra essi e giocava. Ricordò di avergli scattato una foto che custodiva gelosamente in mezzo ai vestiti del suo cassetto, una foto in cui Harry osservava dritto in camera, dritto nei suoi occhi, con parole nell'aria che urlavano “ti amo”. E ricordò di aver abbassato la macchina fotografica e di aver mosso solo un passo verso di lui, di aver spostato un girasole troppo alto e di intralcio, di avergli teso una mano baciandogli le dita per ricordargli che anche lui lo amava in maniera totale. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, ne aveva l'assoluta certezza; per lui sarebbe morto.

“Per questa volta poco, ma tornerò qui molto presto”.

In quel tempo passato lontano da Luigi, Harry aveva sentito un dolore quasi fisico, una mancanza tale da annullarsi durante la notte. Stringeva il suo cuscino, cercando il contatto con la sua pelle e le sue morbide labbra ma che non avrebbe trovato. E delle mattine si svegliava, si affacciava alla finestra e ne rimaneva deluso: Luigi non era giù ad aspettarlo poggiato al muretto come faceva quasi tutti i giorni.

Quando il telefono squillava e sentiva la sua voce al di là della cornetta, il suo cuore sembrava acquietarsi e trovare finalmente la tanto agognata pace. Molto spesso restavano in silenzio, cercando di ascoltare l'uno il respiro dell'altro ed Harry finiva per stendersi con il telefono sulla pancia e il filo arrotolato alle dita; Luigi si sedeva sul pavimento della cucina e fissava il muro opaco davanti a sé, come se bastasse quello a farlo comparire magicamente davanti a sé.

La bambina scoppiò in lacrime e Tony si scusò, portandola dalla madre pronta per attaccarsi al seno. Harry guardò la piccola, Luigi osservò Harry. “Sta per scoppiarmi il cuore”.

Il riccio si voltò a guardarlo e notò un tumulto di emozioni dipinte sul suo volto pallido e scavato dalla stanchezza. Non disse nulla per un po', desiderava solo scrutarlo e studiarlo come faceva sempre. I suoi enormi occhi verdi si socchiusero poi, respirando la sua stessa aria. Anche a lui stava scoppiando il cuore.

“Mio nonno aveva ragione. Ha sempre avuto ragione”.

“Su cosa?”

“Sul fatto che mi sarei innamorato nei momenti meno probabili” Harry buttò fuori l'aria e si leccò le labbra, arrossendo per quella confessione. “Ti amo, non credo di avertelo mai detto”.

“No, non me lo avevi mai detto” un forte respiro, un battito di cuore di troppo ad impastarsi alla sua bocca riarsa. Voleva baciarlo.

“E tu?” chiese Harry, quasi come un bambino.

“Io cosa?” Luigi aveva un sorriso leggiadro e divertito sulle labbra. Il cuore era già esploso in milioni di stelle attorno a loro.

“Tu mi ami?”. Non avevano mai avuto una conversazione tanto genuina, tanto semplice, tanto spontanea come quella. Come se non stessero parlando della cosa più grande ed inspiegabile che possa capitare ad un essere umano.

Luigi avvicinò una mano alla sua e lo tirò piano. Poi gli fece cenno di seguirlo per un viottolo non molto lontano da quel posto. Harry, in silenzio, gli andò dietro respirando l'odore delle arance e del gelsomino che si spargeva nell'aria. Ripercorrere quei passi gli ricordava sempre di come e quando si fosse innamorato in maniera assurda di quel ragazzo dagli occhi azzurri.

Le mani di Luigi lo afferrarono per le braccia e lo sospinsero piano contro il tronco di un albero meno esile. Lo baciò con tutto l'amore di cui era capace, imprimendosi il suo ti amo addosso. “Non hai risposto” sospirò Harry sulla sua bocca, ancora ad occhi chiusi e capelli scompigliati dalle sue mani curiose.

“Sei parte di me, Harry. Non credo di poter fare a meno di te, non più” era quella la risposta giusta alla sua domanda? Era quello che desiderava sentirsi dire? Il bacio che Harry gli regalò subito dopo bastò come risposta a tutto quanto. “Certo che ti amo, Harry. Ti amo da morire” gli sfiorò uno zigomo con le labbra ed il respiro pesante. Aveva la fronte poggiata contro una sua tempia, gli occhi chiusi in cerca di un briciolo di ossigeno perso in quelle parole. Ed in quel momento capì che non avrebbe voluto altro se non quello, per tutta la vita. Non gli importava nemmeno di doversi nascondere agli occhi degli altri, avrebbe vissuto in quel modo con Harry perché era ciò che più desiderava e perché era quello che era.

“Da morire no, ti prego. Abbiamo tutta una vita davanti” una risata coinvolse entrambi, scuotendoli. La voce acuta di Anna li fece voltare per osservare cosa stesse succedendo ma come due calamite, i loro occhi vennero riportati gli uni dentro gli altri. Perché era questo che erano, due calamite che non erano in grado di respingersi.

“Cos'hai fra i capelli?” Luigi allungò una mano per raccogliere qualcosa impigliato fra i suoi ricci, sorridendogli. “E' un fiore di zagara” glielo mise sotto al naso ed Harry lo guardò, come se fosse un segno, come se quel fiore simboleggiasse il loro amore. E doveva essere così. Bianco, candido, trasparente, limpido e profumato.

“Sei sempre stato il mio zahara” sospirò forte Harry, cercando di trattenere quanto più possibile quel fiume di emozioni che desiderava solo straripare. Ma gli occhi azzurri del ragazzo non fecero altro che aumentare quell'amore già esagerato che si portava dentro e addosso, sulla pelle. E Luigi sapeva bene di esserlo, lo sentiva, lo percepiva perché anche per lui rappresentava la stessa cosa.

Un soffio di vento scosse i rami dell'albero, lasciando scivolare il profumo nell'aria forte e devastante a tal punto da stordirli. Dei piccoli fiori di zagara volarono attorno a loro come a volerli avvolgere per poi posarsi al suolo. Si guardarono semplicemente e capirono che sì, non sarebbe mai esistito amore più grande di quello che l'uno provava verso l'altro.

Azzurro e verde a mescolarsi al dolce profumo della Sicilia.

 

 

 

 

 

 

°°

Che dire? Non pensavo che sarei mai più riucita a scrivere. Non lo credevo possibile sul serio.
In questi anni ho perso un po' la mia ispirazione per strada per vari motivi ma alla fine ce l'ho fatta.
Vi ringrazio dal profondo del mio cuore se siete arrivati fino a qui, è grazie al vostro sostegno e al vostro continuo spronarmi se sono qui oggi.
Quindi grazie, grazie davvero.
Mi scuso per gli orrori che probabilmente ci saranno ma non ho avuto la forza di rileggere tutto da capo per l'ennesima volta.
La verità è che non vedevo l'ora di pubblicarla, perché in qualche modo ci tengo più del dovuto a questa os.
Ci sono molto affezionata e dentro c'è molto del mio cuore.
Non voglio annoiarvi oltre, penso che ci rivedremo presto con altre storie.
Vi mando un bacio, grazie.
Fede.
 

 

 

 

   
 
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