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Autore: BeaterNightFury    07/07/2020    1 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Con questa storia siamo finalmente arrivati all’inizio della trama di quella che era la prima stesura di Til Kingdom Come – o perlomeno all’ambientazione temporale, perché la trama ovviamente finirà per cambiare!
Quindi, come “regalo” per voi lettori, ho deciso di ripristinare la colonna sonora dei capitoli, ma con un’organizzazione un poco diversa. A questo link https://www.youtube.com/playlist?list=PLdgj5x-BjVma51KjTmXoxd2KpCa7nB1k5 troverete tutta la playlist di questo capitolo, e quando vedrete questo simbolo |>>| nel testo della storia, sarà il momento di passare alla traccia successiva.
Divertitevi e alla prossima!
 
Guardians – Capitolo 1
Sogni, Onore, Amicizia
 
Possono prendersi il tuo mondo.
Possono prendersi il tuo cuore.
Separarti da tutto ciò che conosci.
Ma se sarà il tuo destino, ogni passo avanti…
 

La neve fuori dalle finestre aveva imbiancato i prati del castello, e in occasioni normali, Ventus sarebbe corso immediatamente fuori a fare un pupazzo.
Quel Natale, però, era stato tutto fuorché normale, a cominciare dalla notte in cui era rimasto sveglio per cercare di sorprendere Babbo Natale e invece fortunatamente era rimasto sveglio abbastanza da avvisare il Maestro che la bambina di Aqua stava nascendo.
Erano passati alcuni giorni ed era la prima mattina di un nuovo anno, e nonostante sia Terra che Aqua ultimamente erano stati continuamente in disordine e si erano entrambi alzati più volte perché la piccola piangeva, il Maestro Eraqus aveva deciso che, come ogni anno che Ventus ricordava, il primo giorno dell’anno avrebbero scattato una foto tutti assieme (era abbastanza fissato con le foto, come Terra diceva sempre).
Tra i doni che Babbo Natale aveva lasciato sotto l’albero c’era anche una tutina da Moguri, e Terra aveva deciso di metterla addosso a Shiro soltanto quel giorno, apposta per la foto. Evidentemente, il vecchio adagio secondo il quale Babbo Natale fosse onnisciente doveva essere vero.
Un po’ Ventus capiva perché il Maestro ci tenesse tanto a fare quelle fotografie. Per quante ne aveva fatte a Terra e Aqua, rigorosamente il primo giorno dell’anno, ci si poteva vedere lo scorrere del tempo anche semplicemente sfogliando l’album. Nella primissima Terra aveva due denti che mancavano, e Aqua sembrava quasi volersi far piccola per paura dell’obiettivo. In quella successiva entrambi posavano con le spade da allenamento, e nella terza anche Aqua aveva iniziato a perdere i denti. Ventus doveva girare altre sette pagine per vedere sé stesso, in piedi su uno sgabello, con lo sguardo da un’altra parte e Terra che lo teneva per una spalla. Nella foto dell’anno successivo, anche lui sorrideva.
Ventus ricordava di aver visto foto di altri apprendisti del passato, in altri album, dove il più alto posava seduto, ma sembrava che il Maestro fosse restio a farlo, e quello era il suo primo anno senza che venisse fatto salire su uno sgabello per non sembrare troppo basso rispetto a Terra e Aqua.
Quell’anno avrebbe compiuto sedici anni, tanti quanti ne aveva avuti Terra quando lui era arrivato lì. Faceva strano.
«Hey, Ven! Pronto per la foto?» Una mano grossa e callosa gli passò tra i capelli arruffandoli, e l’altro braccio di Terra lo prese attorno al collo e lo tirò all’indietro.
«Awww, Terra, molla!» Ventus fece cadere l’album per cercare di sottrarsi alla grattugia. Neanche gli stesse davvero ubbidendo, il ragazzo più grande lo lasciò immediatamente andare per impedire che l’album toccasse il pavimento. Ventus trattenne una risata.
«Sai chi lo sentiva, il Maestro, se lo avessimo danneggiato?» Terra si scosse la polvere dai vestiti e rimise l’album delle foto al suo posto sugli scaffali.
«Sì, ma sarà comunque contento di come ci siamo ridotti.» Ventus fece del suo meglio per sistemarsi i capelli con le mani.
«Che combinate, kupò?» Aqua li prese in giro entrambi mentre faceva il suo ingresso nella stanza con Shiro in braccio. La piccolina aveva addosso il suo costumino nuovo da Moguri.
«Ven stava guardando gli album.» Terra gli diede una piccola pacca sulla spalla. Aqua si avvicinò a loro e gli mise Shiro nelle braccia. Non stava dormendo, ma era comunque tranquilla. Quando fu nelle braccia del giovane, gli angoli della sua bocca si alzarono in quello che sembrava un sorriso.
Anche se non lo era, perché il Maestro aveva spiegato a Ventus che bambini così piccoli non sorridevano in risposta al mondo attorno a loro.
Terra però non sembrava importarsene, perché le diede un delicato colpetto sul nasino con un dito e le restituì il sorriso, cantilenando: «Kupò!»
«Shiro ha fatto il bagnetto, papà.» Aqua si avvicinò a Terra e gli mise un braccio attorno alle spalle. «Ora è un Moguri profumato.»
Scene del genere facevano sorridere. Il Maestro aveva detto e ripetuto che Shiro, o meglio il fatto che fosse arrivata così presto, era stata un incidente, ma a Ventus veniva difficile credere che lo fosse guardando alla felicità dei suoi amici in quel momento.
«Credete sia stato…» Ventus mugugnò. «… destino?»
Terra e Aqua alzarono lo sguardo, entrambi perplessi dalla domanda.
«Oh, andiamo, Ventus, credo sia un po’ troppo semplice ricondurre tutto al destino.» Il Maestro entrò nella stanza, con la sua solita aria seria. «In un modo o nell’altro, è dipeso da loro. E il destino è una cosa talmente complessa che non sta bene cercare di spiegarla… o di usarla per spiegare quello che accade.»
Gli fece gesto di raggiungerlo.
«Andiamo a sistemarci quei capelli prima della foto?»
Ventus decise di non obiettare: era da mesi – da quando il Maestro sapeva di Shiro – che risultava facile contrariarlo. Fece sì con la testa e seguì il Maestro Eraqus nel bagno. L’uomo prese pettine e gel e prese a sistemare quello che Terra poco prima aveva mandato tutto all’aria.
«Io ancora non ho capito…» Ventus commentò mentre il maestro lo pettinava. «Com’è che si parla di destino quando poi parlarne è tanto difficile.»
«Perché un sacco di gente pensa di capirlo.» Il Maestro continuò a lavorare sull’acconciatura del ragazzino. «Alcuni miei compagni, quando avevo la tua età, si erano convinti che il destino non sia mai affidato al caso, ma per quanto questo possa essere vero… ci sono talmente tante possibilità che persino pensare a quale potrebbe essere il proprio va al di là anche dei Maestri più potenti che siano esistiti.»
Tirò un respiro. Ventus concluse che dovesse essere una nota dolente per lui – il Maestro Eraqus non parlava mai delle proprie avventure da ragazzo, e tutto quello che Ventus, Terra e Aqua avevano concluso, e soltanto perché lo avevano incontrato di sfuggita qualche anno prima, era che lui e il Maestro Xehanort un tempo avevano studiato insieme.
Tecnicamente, Ventus era stato allievo di Xehanort per primo, ma non ne aveva memoria. Probabilmente quel discorso sul destino gli era stato già fatto, e lui lo aveva persino dimenticato.
A volte si sentiva un po’ un idiota per aver scordato tutto. A volte si chiedeva se una vita prima avesse avuto una famiglia, degli amici, qualcuno a cui mancava…
Il Maestro finì di pettinare Ventus, si pulì le mani e gli diede una pacca sulla spalla per invitarlo a uscire.
«Il destino non è una cosa che si attende, o si rincorre. Arriva e basta, suppongo…»
Tornarono alla stanza degli album fotografici. Terra e Aqua erano lì ad aspettarli, e Terra aveva ancora Shiro tra le braccia, e una manina della bimba era stretta attorno a un dito di Aqua. Terra stava cercando di cantare qualcosa, una canzoncina un po’ scema su un gatto nero.
Ventus vide che il Maestro tirava un altro respiro… e per la prima volta dopo una settimana, sorrise alla vista della bambina.
«… e una parte del destino è sempre come siamo noi a reagire.»
 

…ti avvicinerà sempre a casa.
 
- 13 Anni Dopo -
 
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«Mi raccomando, voi due!» Kairi lanciò un’occhiataccia a Sora e Riku. Tutti e tre si erano cambiati d’abito quella mattina, e i loro vestiti nuovi li facevano sembrare più grandi. Sia Sora che Riku erano vestiti in nero, ed era la prima volta, a parte la cappa nera, che Shiro vedeva Riku usare delle maniche. La giacca di Sora aveva un colletto in plaid sul rosso, e quella di Riku righe gialle sulle maniche e i bordi inferiori a scacchi. Kairi invece aveva un vestito nero e rosa con una gonna metà nera e metà plaid sopra un paio di calzoncini aderenti che le arrivavano a metà coscia. Sora aveva chiesto a Merlino se avesse potuto dare nuovamente la sua vecchia giacca a Shiro, solo per ricevere un rifiuto perché i suoi vecchi vestiti non avrebbero garantito alcun tipo di protezione.
Anche Lea aveva ricevuto abiti nuovi, ma era l’unico a parte Shiro a non essersi cambiato affatto. Sia Kairi che Shiro gli avevano lanciato un’occhiataccia quando si erano radunati tutti al bar che Tifa aveva aperto per fare colazione, ma lui aveva accampato una scusa abbastanza patetica e aveva iniziato a riempirsi la bocca di uova strapazzate.
«Aw, per favore, quella roba addosso ce l’hai da tanto tempo che ti puzza!» Shiro scherzò puntandogli addosso il suo cucchiaio.
Elementare, Shiro. Non se la vuole levare.” Ephemer intervenne. “Ricordi che il suo amico è ancora nelle grinfie di quelli là?”
Ephemer. Le faceva strano avere finalmente un nome per chiamare la voce nella sua testa. Riku aveva cercato di descriverle il suo aspetto, ma Shiro aveva comunque difficoltà a immaginarlo.
Per come gli altri ridevano, scherzavano e si riempivano la bocca (Sora aveva iniziato a fare le smorfie con le guance piene di cibo) era difficile immaginare che fossero tutti sull’orlo di una guerra.
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.
Probabilmente, se ci fosse stato un modo per riportare Roxas… lei aveva una promessa da mantenergli. E Naminé, che dopo aver aiutato Sora a recuperare i suoi ricordi, era sparita senza lasciare tracce. E poi… di chi si stava dimenticando? Perché aveva la sensazione di aver scordato qualcuno?
«Hey, Shiro, che c’è? Non mangi?» Riku alzò la testa verso di lei. Lei si affrettò a finire il suo pasto, ma Riku stesso sembrava sovrappensiero.
Quando tutti ebbero finito, il ragazzo si adagiò verso lo schienale, chiuse gli occhi e si coprì la faccia con le mani per tirare un sospiro. Lanciò un’occhiata prima a Sora e poi a Kairi.
«Forse sto per dire la stupidaggine più grossa della mia vita,» ammise.
«No, quella era l’anno scorso.» Kairi lo punzecchiò immediatamente, poi si fece seria. «Cosa c’è?» Sembrava quasi preoccupata.
«Beh, avevo già iniziato questo discorso ieri con Sora… ma non mi sembrava giusto dire tutto quanto senza che ci foste tutti e due.» Riku tenne lo sguardo basso. «Uhm, io…»
«Cosa c’è, dobbiamo lasciarvi la stanza?» Lea intervenne. Shiro lo fissò – non capiva cosa volesse dire, quindi rimase al suo posto, mentre Lea invece si alzò e si allontanò.
Strano. Beh, il bar non era chissà quale posto, e Shiro era dall’altro capo del tavolo rispetto a Riku, quindi non si mosse.
«Insomma, io…» Riku borbottò di nuovo. «Lo sapete che vi voglio bene, no? Che voi due siete le persone più importanti della mia vita, giusto?»
«Oh, andiamo, Riku, che dirai dopo, che il cielo è blu e l’uccello aracuan è matto?» Sora gli diede un pugno a una spalla. «Lo sappiamo. E tu sei lo stesso per noi. Giusto, Kairi?»
Niente. Niente, eh. Non ce la possono fare.” Ephemer commentò.
«Cosa vuoi dire?» Shiro si lasciò scappare ad alta voce, e Riku si diede un’occhiata allo schermo del cellulare nuovo che portava in tasca e mugugnò che si stava facendo tardi.
«Giusto… Cloud aveva detto che mi aspettava all’hangar…» Sora disse alzandosi a sua volta.
Kairi guardò i due ragazzi e tirò un sospiro.
«Beh, io vado a vedere se Merlino ha altri libri di magia, allora,» disse in tono rassegnato. «Ragazzi… ci vediamo presto. Shiro, puoi andare a cercare Lea?»
«Detto fatto!» Shiro finse un saluto ed uscì dal bar.
Non aveva idea di dove potesse essere andato il suo amico, ma la casa del giudice era poco lontano… e forse lui ne sapeva qualcosa.
Cinque minuti dopo, era diretta verso la casa del giardiniere, perché Vostro Onore le aveva asserito che Lea un tempo aveva abitato là vicino assieme alla nonna e alla sorellina.
Non si poteva sbagliare. La casa dei Fair era addossata alle mura del castello, e proprio là vicino, c’era un’altra casa, abbandonata. Shiro riusciva a vedere una ruota che pendeva dal ramo di un albero dietro alla casa vuota.
Altalena,” le precisò Ephemer. “Ci si siede sopra e si dondola.
E Lea era lì seduto sulla ruota. A piangere.
«Axel!» Shiro corse verso di lui. A malapena lui si accorse della sua presenza. Qualcuno aveva scritto “Eadmund” sulla ruota.
«Axel, che c’è, hai bisogno di un gelato?» Shiro invase di prepotenza il suo campo visivo parandoglisi davanti. Lea smise per un momento di piangere e si sfregò la faccia con una manica.
«Il gelato dopo la colazione che abbiamo fatto?» commentò. «Sai che mal di pancia?»
Si mise in piedi, lasciando libera l’“altalena”.
«Ti va di salire su? Magari ti spingo!» Le indicò la ruota che aveva preso a pendere.
Shiro fece per sedersi, ma rimase ferma. Aveva già visto Lea, anzi Axel, fingersi tranquillo per non farla preoccupare, anche se per quanto si sforzasse, non ricordava né quando, né perché.
Ma la frustrazione per quei ricordi perduti poteva aspettare in quel momento… si rese conto che Lea aveva vissuto in quella casa con la sua famiglia, con una nonna e una sorellina, una sorellina che probabilmente aveva giocato su quella ruota che pendeva, una sorellina che secondo Otto e Nove si chiamava Kairi, Kairi come l’amica di Sora, e probabilmente aveva pure quell’età.
E non era morta, perché Shiro l’aveva vista venire lanciata in un Corridoio.
«Axel, prima che mi prendessero…» confessò. «Ero nel Computer. Con Otto e Nove. Avevamo trovato qualcosa… c’era Xehanort, nella stanza del computer. C’eravate tu… e Saïx… e una bambina con i capelli rossi che aveva chiamato Xehanort faccia di maiale… e… gli aveva detto di lasciar stare suo fratello
Lea trasalì. Doveva sicuramente ricordarsi cos’era successo in una scena del genere. Quello che gli sfuggì fu un sussurro, ma Shiro colse la parola “Kairi”.
«Non è morta, Axel.» Shiro si mise in piedi. «Xehanort l’ha buttata in un Corridoio Oscuro. L’ha mandata in un altro mondo. E c’è una ragazza del liceo, si chiama Yuna, che ieri ha visto Kairi e le è sembrato di riconoscerla. Tu adesso hai ventisette anni, no? E Kairi aveva dodici anni meno di te. Se Sora ha quindici anni e Kairi la sua età…»
«Non avrebbe quindici anni, ne avrebbe quattordici.» Lea scosse la testa. «Era di Dicembre lei… dieci dicembre.» Si appoggiò all’albero, poi tirò un sospiro e guardò quella che era stata casa sua.
«Sì, Shiro… è lei.» Ammise. «Lo stavo già pensando. Da quando Merlino ci ha messo due mazze nelle mani e ci ha detto di picchiarci. Ma… non volevo pensarci. Non volevo sperarci. Non ricorda niente.»
«Non mi vorrai più adesso che te l’ho detto?» Shiro abbassò la testa.
«Cosa?» Lea scosse la testa, sconcertato. «Shiro… non pensarle queste cose! Kairi è Kairi, così come Roxas è Roxas, Sora è Sora… e tu sei tu. Voglio bene a entrambe in maniera diversa, ma non ti passi per la mente che dobbiate competere…» Abbassò di nuovo lo sguardo, rassegnato. «Comunque dubito che sarò io a ricordarle del suo passato.»
Istintivamente, Shiro marciò verso Lea e gli diede un pesante pestone su uno dei piedi.
«Ma sei fesso?» protestò.
Lea fece una smorfia, ma non reagì. Shiro fece un passo indietro. Non riusciva a capirlo… pensava a tutte le persone che conosceva che avevano perso qualcuno, pensava alla sua mamma e al suo papà, Lea avrebbe potuto riabbracciare la sorellina che aveva perso, e allora perché non lo faceva?
«Lei è la tua famiglia!» aggiunse poi. «Devi dirglielo… devi dirle che sei suo fratello… devi portarla qui, dire che è casa vostra!»
«Sì… e lo dirò quando sarò pronto.» Lea si fissò i piedi. «Lei… mi detesta, Shiro. Avevo cercato… di farle del male… perché pensavo di poter liberare Roxas.» Sbuffò. Sembrava essersi reso conto di qualcosa. «E probabilmente Saïx lo sapeva. Aveva i suoi dati nel computer… quanto mi ha tenuto nascosto
«Xemnas gli ha ferito la faccia. Quando lui ha cercato di aiutare Zack…» Shiro ammise.
Non era una semplice ferita, è un Sigillo del Dissidente.” Ephemer precisò, e Shiro ripeté ad alta voce.
«Questa mi è nuova.» Lea ammise.
In pratica, il comportamento di Saïx…
«Potrebbe essere dovuto proprio a quella ferita.» Shiro ripeté a pappagallo. «Xemnas lo vede. Xemnas lo controlla.»
Lea tirò un sospiro e si morse il labbro.
«Perché non deve mai essere facile?»
Perché deve essere sempre così testardo?” Shiro non sapeva dire se il tono di voce di Ephemer fosse più scocciato o più divertito.
«Tu almeno potresti abbracciarla. Potresti abbracciare Kairi.» La bambina ricordò all’uomo. «Io per ora posso solo incrociare le dita che Riku e il Re tornino presto con mamma.»
Lea la guardò e fece un sorrisetto triste – doveva essersi reso conto di aver detto qualcosa di sbagliato. Le mise una mano sulla spalla, poi la strinse forte con entrambe le braccia.
«Qualsiasi cosa accada, Shiro…» Le sussurrò. «Tu hai me e io ho te. E riporteremo Roxas e i tuoi genitori a casa. E anche Isa.»
La lasciò andare, poi le rimise di nuovo una mano sulla spalla.
«Riku tornerà presto. Con tua madre assieme a lui.» La rassicurò. «E… quando tutto sarà finito, ti prometto che porterò Kairi qui. Le faccio vedere le fotografie che aveva la nonna in casa. Ma… non adesso. Non…»
Non insistere, Shiro. Non credo che se la senta. Non credo che… ne sarebbe capace.” Ephemer la dissuase dal parlare.
«Va bene.» Shiro concluse, poi fece un sorrisetto. «Ma adesso è meglio se andiamo. Tua sorella ti sta cercando.»
Lea sobbalzò come se lo avessero punto, ma non disse altro, si stiracchiò e si mise in cammino.
«Quindi, pronta ad allenarti con noi…?»



Il momento era finalmente giunto.
I pianeti stavano per allinearsi perfettamente, e il piano che Ade aveva concepito 18 anni prima stava per realizzarsi.
Le Parche lo avevano predetto: un giorno avrebbe conquistato il Monte Olimpo e dominato tutto il cosmo.
I tentativi precedenti di Ade, con Terra, Cloud e Auron ad aiutarlo nella sua conquista, erano falliti.
Non era ancora tempo.
Ma ora i pianeti erano allineati e nulla poteva andare storto.
 
Un piccolo monito giunge infine…
… se Ercole combatte, per te è la fine.
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Sora non era mai stato a Tebe, e dubitava che anche Paperino e Pippo ci fossero stati prima di allora, ma Cloud doveva ricordarla bene, o non si spiegava la sua espressione preoccupata dopo la prima occhiata agli edifici.
Un momento dopo, anche Sora comprese: c’erano i segni di un attacco recente praticamente ovunque.
«… chiamerei il mio vecchio amico Icaro per rimettere tutto a posto, ma finché non siamo certi che gli attacchi si fermeranno, mandarlo a chiamare da Atene è una perdita di tempo, se non proprio pericoloso.» Ercole stava dicendo, guardando le macerie con aria quasi scocciata.
«Cosa sta succedendo?» Cloud andò dritto al punto. «Spero non sia un brutto momento.»
«Provate a indovinare. Comincia per A.» Ercole scrollò le spalle.
«Tanto per cambiare.» Cloud si coprì gli occhi con una mano. «Beh, ormai siamo qui. Tanto vale che ti aiutiamo.»
Ercole fece loro strada nella piazza. Un colosso in marmo con le sue sembianze era stato scolpito al centro di essa.
«Come mai siete tornati da queste parti?» Si fermò e fece un sorrisetto. «Immagino non sia per la feta e le olive.»
Sora si scambiò uno sguardo con Cloud e il ragazzo più grande annuì. Doveva essere lui a parlare.
«Tu… conoscevi Zack, non è vero?» Il ragazzo biondo chiese.
Ercole trasalì. Doveva ricordarlo, eccome.
«Non sento quel nome da una vita.» Ammise. «Ero, tipo, al mio primo anno di scuola ad Atene. Studiavo la mattina, mi allenavo nel pomeriggio. Phil mi portò via durante le vacanze per partecipare al torneo, e Zack cercò di farsi addestrare a sua volta. Fu anche il periodo in cui vidi per la prima volta un Keyblade. C’era questo ragazzo che aveva due anni più di me ma era più basso. Ven. Mi diede qualche dritta su come combattere. Sparì senza lasciar tracce anche lui. Fu dura… a parte Icaro e Cassandra a scuola, a quei tempi non avevo molti amici.»
«Abbiamo scoperto ieri che Zack è stato… sconfitto. Alcuni anni fa.» Sora si passò una mano tra i capelli, ma le parole non erano le sue. Si aspettò che Ventus continuasse a parlare, ma il ragazzo non disse altro, e fu Sora a concludere il discorso. «E quanto a Ven… Ventus è qui.» Si indicò il cuore.
«Parli sul serio?» Ercole ne doveva aver viste di cose strane, ma il suo volto era il ritratto dello stupore.
«Come, pensavi davvero che non sarei più tornato?» Ventus fece dire a Sora, facendogli scrollare le spalle e alzare le braccia.
Ercole abbozzò un sorriso, poi guardò Cloud con aria triste.
«Cosa è successo a Zack? Sora… beh, Ven… ha detto che è stato sconfitto…»
Cloud si fissò gli stivali.
«Non ricordavo nemmeno cosa fosse successo, prima che Shiro me lo dicesse,» mugugnò. «Dovevamo salvarla. Shiro. Dai suoi rapitori. C’era una talpa in mezzo a loro, ma la talpa venne scoperta. Venimmo attaccati… e Zack cercò di proteggermi.»
Ercole tirò un respiro. Gli sembrava quasi difficile rimanere stoico.
«Dalle nostre parti, è quello che ti rende un vero eroe.» Fece un sorriso amaro. «Porre il bene degli altri davanti al proprio, anche a costo della propria vita.»
Alzò lo sguardo al cielo coperto.
«Se fosse successo qui, gli dei gli avrebbero concesso di vivere ancora una volta.» Abbassò di nuovo lo sguardo, stavolta verso la città. «Potremmo… andare al tempio, però. Riconoscerlo come l’eroe che è stato.»
Stavano tutti attraversando la piazza quando scie infuocate attraversarono il cielo, e palle di fuoco iniziarono ad abbattersi su alcuni degli edifici.
Palle di fuoco? No, aspetta… Heartless. Erano Heartless fiammeggianti e stavano attaccando i tebani.
«Niente riposo per gli eroi!» Ercole commentò, quasi seccato, poi si guardò intorno per valutare la situazione. «Va bene, ragazzi, credo sia meglio se ci dividiamo. Sora, Paperino, Pippo, voi lavorate meglio come trio. Voi andate a nord-ovest. Cloud, est. Io prendo il sud. Ci ritroviamo in piazza quando i quartieri sono in sicurezza.»
Partirono in tre direzioni diverse. Paperino spiegò rapidamente a Sora come evocare dell’acqua dal nulla per spegnere gli incendi, e oltre agli Heartless fiammeggianti erano apparsi parecchi Shadow e Soldier, ma non era nulla di impegnativo. Anzi, a Sora risultava del tutto facile, quasi ridicolo. Fu tentato di chiedere a Ventus se stesse intervenendo, ma la voce nella sua testa anticipò la domanda.
No, non sto facendo nulla. Sono deboli e basta. Ade non è più in combutta con Malefica, quindi dubito abbia merce di prim’ordine.”
«E allora perché Ade li manda qui? Contro Ercole?» Sora chiese, ad alta voce perché anche Paperino e Pippo sentissero.
Sora, guarda meglio. Non è Ercole che stanno attaccando.” Stavolta era stato Roxas a parlare. Nel mentre, uno Shadow si stava avvicinando pericolosamente ad un bambino.
«Flare!» Paperino fu rapido ad alzare lo scettro e incenerire l’ombra con un razzo.
«Non ha senso…» Sora borbottò. «Anche mille di questi verminosi non causerebbero problemi ad Ercole. Dovrebbe soltanto stanarli tutti e impedire che nuocciano alla gente…»
«Aw-yuk, dici che non è Ercole il problema allora?» Pippo si fermò una volta che la strada fu libera. «Però… se davvero è Ade che li sta mandando, adesso Ercole è talmente tanto occupato che non può andare a chiamare il suo amico Icaro da Atene per ricostruire la città…»
«Esatto! È un diversivo!» Ventus fece dire a Sora, poi lasciò subito il controllo, lasciando Sora sbigottito a borbottare. «Un diversivo? Ma per cosa

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Non ebbero tempo di pensarci: la terra prese a tremare, e un’enorme ombra oscurò il cielo già annuvolato.
«Un gigante!» Paperino starnazzò indicandolo.
«No, Paperino, quello è un Ciclope,» lo corresse Pippo, indicando l’unico occhio al centro della fronte del mostro.
«Sì, non ha vestiti addosso quindi non possiamo intrappolarlo cucendoli, non ha scarpe e non possiamo farlo inciampare nei lacci, e non abbiamo nemmeno una pianta di fagioli. Come pensi di batterlo?» Paperino protestò, mentre il Ciclope si avvicinava alla città.
«Non da soli… andiamo alla piazza!» Sora prese il controllo della situazione e si mise a correre.
Anche Ercole e Cloud sembravano aver visto la minaccia, perché Ercole era nella piazza e Cloud lo stava raggiungendo, mentre Meg e Phil conducevano via i tebani.
«Qualche idea?» Cloud chiese subito a Sora e ad Ercole, mentre il colosso continuava ad avvicinarsi con andatura ondeggiante.
«Phil una volta mi ha raccontato di un altro suo apprendista. Odisseo.» Ercole mugugnò. «Uno di noi deve arrivare in alto. Ha un solo occhio, bisogna accecarlo!»
Arrivare in alto. Arrivare in alto.” Ventus borbottò. “Sora, fatti lanciare!”
«Cosa…?» Sora gli rispose ad alta voce. «Erc, puoi… lanciarmi
«Cosa vuoi fare, Sora?» Cloud sembrava perplesso.
«Posso lanciare un Fira…» Sora parlò, mentre Ventus gli suggeriva. «Ma è troppo in alto. Ed Ercole… ha lanciato Ventus quando andava ancora a scuola!»
«Va bene… ma dovremo disfarcene in fretta. E soprattutto, non dobbiamo farlo crollare sulla città.» Cloud si portò una mano al mento.
«C’è una rupe, dalle parti dello stadio. Un dirupo più alto di lui. Dobbiamo attirarlo lì.» Ercole fece gesto in direzione della parte alta della città.
«A distrarlo penso io!» Paperino esclamò, evocando una serie di razzi e facendoli volare attorno al gigante.
Ercole fece rapidamente strada a Sora e Cloud, fino a quando non furono in un’area della città in cui erano presenti soltanto templi e ville. Lo stadio che Ercole aveva menzionato era visibile poco lontano.
«Sicuri che accecarlo basterà?» Cloud chiese una volta che furono nello stadio. I razzi colorati di Paperino stavano lentamente portando il Ciclope verso di loro.
«Hai idee migliori?» Ercole si chinò e fece per prendere Sora per le caviglie.
«Guardate lì. Lacci!» Pippo indicò una matassa di funi lasciata lì in un carro.
«Lacci?» Cloud prese un capo della corda nelle mani.
«Non c’è tempo. Dobbiamo agire!» Ercole prese Sora per le caviglie e iniziò a rotearlo in aria. Sora stava iniziando a sentirsi male quando finalmente Ercole lo lasciò andare, e schizzò in aria come un tappo, era sempre più vicino al Ciclope, più vicino, prese la mira con il Keyblade e lo colpì all’occhio con un Fira… ora tutto quel che doveva fare era frenare la caduta… fece una capriola per aria e atterrò in piedi dentro a quella che sembrava una vasca di sabbia… era caduto nella vasca del salto in lungo?
Oh, beh, poco tempo per pensarci… Il Ciclope aveva chiuso il suo unico occhio e si stava schiaffeggiando la faccia, incedendo barcollante in preda al dolore… ma Cloud aveva teso un capo della corda davanti a lui… e Pippo aveva l’altro.
Ma certo… lacci. Lacci come quelli di cui Paperino aveva parlato quando aveva elencato modi di catturare dei giganti!
«Sora, che fai, le sabbiature? Vieni qui e aiutaci a reggere!» Cloud lo chiamò da lì. Paperino affiancò Pippo, Ercole andò da Cloud e Sora, dopo averci pensato un momento, prese la parte di corda di Pippo in mano nel momento in cui il piede del Ciclope prese a impigliarsi nella fune.
Il boato che ne seguì quando il mostro cadde dalla rupe fece tremare di nuovo la terra, e la polvere che si alzò oscurò il cielo. Per un momento, Sora temette di venire di nuovo assordato, come nel Corridoio Oscuro quando Axel si era fatto esplodere, ma quando Ercole parlò di nuovo, si rese conto di sentire la sua voce.
«… non pensavo che Ade avesse ancora assi nella toga…» stava dicendo.

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Mentre il polverone si posava, Sora fu certo di aver sentito qualcuno applaudire.
«Oh, wow. Molto bene, ragazzi, dieci e lode.»
Era la voce di Xigbar. Che volesse combinare macelli anche lì? Cercava Principesse… ma lì c’era solo Meg, e chiunque avesse dubbi riguardo al fatto che lei avesse oscurità nel suo cuore… beh, lei ce l’aveva. No, probabilmente cercava di catturare un’Oscurità…
«Bella riunione di amici qui… tre veri eroi che salvano la città… tutto questo altruismo mi fa stare così bene. Ditemi, un cuore di luce include una buona polizza di assicurazione? Considerando la situazione di questi due istrici davanti a me, direi proprio di no
Cloud serrò la mascella, e la sua faccia virò dallo stupore al porpora adirato.
«Va’ a bere una cicuta, vai… ratto di fogna.» Sibilò in una voce che non era la sua.
Xigbar fece un passo indietro, fingendo sorpresa e delusione.
«Oh, e da quando in qua i veri eroi parlano così?» gongolò.
«Forse quando incontrano un vero mostro come te.» Cloud mise mano alla spada. C’era qualcosa di diverso nel modo in cui si muoveva.
«Risparmia quel fiato, ragazzino. Preoccuparsi per gli altri non porta a nulla di buono.»
«Questo lo credi tu!» Sora diede man forte a Cloud.
«Sora e Cloud hanno ragione. Io ho potuto salvare la vita di Meg perché ero pronto a rischiare la mia.» Ercole concluse.
«Tu hai amici altolocati, caro mio.» Xigbar gli passò davanti, tronfio come un avvoltoio davanti a una carcassa. «Quei trucchetti non funzionano con la gente comune. Prova a chiedere a Sora com’è che si porta Ventus addosso a cavalluccio. O forse non ti sei accorto che non era Cloud a parlare poco fa
«Cosa?» Ercole si girò verso Cloud. Sembrava aver capito qualcosa che a Sora non era chiaro.
«Non ammiro un tizio che rischia la vita se poi qualcun altro deve andare a salvarlo.» Xigbar diede loro le spalle. «Prima o poi, vi rovinerete. E Ventus e Zack lo hanno già fatto… Zack trascinando il suo povero migliore amico nella peste con sé.»
Cloud strinse l’elsa della sua spada così forte che Sora pensava che le nocche gli si stavano facendo bianche sotto i guanti. Il labbro inferiore aveva preso a tremargli.
«Oh, e risparmiatemi la solita solfa.» Xigbar si girò verso Sora. «Sì, i cuori sono potenti quando sono collegati, ma se mettete troppa forza in un posto solo, qualche cuore potrebbe spezzarsi prima o poi
Lanciò poi un’occhiata ad Ercole.
«Quanto a te, signor raccomandato del papino, ti consiglio di controllare la tua rete di sicurezza. Qualcuno in questo mondo sta cercando di mantenerti qui.»
Si girò di nuovo, continuando a camminare nella polvere, poi aprì un Corridoio Oscuro e sparì.

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Cloud lasciò andare la spada, poi abbassò la testa e prese a mugugnare, quasi come se stesse parlando da solo.
Non sta parlando da solo,” Ventus corresse subito Sora. “Non so come sia successo, ma… Zack. Zack è qui. Era la sua voce, Sora, era la sua voce quella che abbiamo sentito.”
Qualcosa si mosse nel cielo prima che Sora potesse parlare, e in pochi momenti, Meg atterrò in sella a Pegaso davanti a loro.
«Sembra siano tutti in salvo.» Meg annunciò. «Voi eroi vi siete dati un gran da fare… ma credo ci siano altri guai. Il cielo sopra l’Olimpo è nero.»
Ercole fu il primo a guardare in alto. Per come rapidamente si stava oscurando il cielo, non voleva dire nulla di buono.
«Ade.» Ercole commentò in tono preoccupato. «Spero di sbagliarmi, ma… la mia famiglia potrebbe aver bisogno di me.»
Meg scese da Pegaso, lasciando che fosse Ercole a salire.
«Sora, Cloud, vi devo chiedere un favore. Proteggete la città.»
«Conta su di noi!» Sora si incrociò le braccia dietro la testa. E su Ven e Zack, avrebbe voluto aggiungere, ma non sapeva se dirlo ad alta voce avrebbe fatto male al suo amico.
«Buona fortuna!» Meg lo salutò con la mano mentre Ercole volava via.
Rimasero in silenzio, a guardare la cima della montagna, mentre le nuvole si facevano sempre più nere.
«Ercole non… vive lì?» Ventus parlò con il fiato di Sora. «Credevo il suo scopo fosse tornarci. L’ho conosciuto tempo fa e…»
«Le persone cambiano col tempo.» Meg scosse la testa. «Ha deciso di voler restare qui, a Tebe. E mi ha chiesto di sposarlo.»
Abbozzò un sorrisetto.
«Ovviamente ho detto di sì.»
Non sembrava quasi preoccupata dalla situazione, o forse lo era, ma non lo dava a vedere. Sora pensava che Ventus avrebbe avuto altro da chiedere, ma nella sua mente c’era silenzio. Si ficcò una mano in una tasca ed estrasse il cellulare che aveva trovato nella valigia assieme ai vestiti, guardando allo schermo per distrarsi dalla preoccupazione. La città era tranquilla, ma il cielo era ancora nero.
Forse c’era una cosa che poteva fare. Aprì la rubrica e trovò il numero di Kairi, poi aprì l’applicazione dei messaggi e le scrisse “Hey. Notizia dell’ultimo minuto. Zack è ancora vivo!”. Shiro sarebbe stata contenta di saperlo… forse anche Lea…
Il telefono confermò l’invio del messaggio, ma non ci fu la notifica di ricezione. Evidentemente, Kairi doveva essere occupata…
Qualcosa esplose in cielo, dall’altra parte rispetto all’Olimpo. Le nubi attorno alla cima della montagna si schiarirono fino a tornare bianche.
«Hanno vinto!» Paperino esultò saltando sul posto.
La gente era tornata per le strade, e aveva preso a indicare il cielo, esultare e abbracciarsi. Era finita? Sembrava di sì… e poi arrivò Ercole in sella a Pegaso, smontò e rivolse a tutti un sorriso.
«Titani. Ha mandato il Ciclope qui… e gli altri su per l’Olimpo.» Sembrava stanco, ma trionfante. «Pare che oggi le stelle fossero allineate perché riuscissero a liberarsi. Ma è finita. Sono andati per sempre. A quanto pare, dovevo essere lì all’Olimpo per fare la differenza.»
«A volte è proprio quello che possiamo fare. La differenza.» Cloud si strinse nelle spalle. O era Zack a parlare?
Poi Ercole andò da Meg e le diede un abbraccio e un bacio.
Aaaaaah, prendete una stanza, prendete una stanza!” Ventus protestò nella privacy della mente di Sora. “Giuro, era meglio guardare Terra e Aqua…
 

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Metà del tetto del tempio era stato divelto da una manata del Ciclope, e nel cielo notturno si vedevano le stelle.
Sull’altare baluginavano le braci, ed Ercole aveva poggiato su un tavolo lì vicino tre coppe che sembravano contenere latte e miele.
«Ne va fatto cadere un po’ sul pavimento. Prima di bere.» Ercole spiegò porgendone una a Sora e una a Cloud. Ne prese poi una per sé. «A Zack, e al suo onore di eroe.»
Inclinò la sua coppa, appena da far cadere un po’ di latte sul pavimento.
«Ai nostri sogni.» Cloud mormorò, alzando la propria coppa prima di compiere lo stesso gesto.
Sora rimase per un momento a fissare la coppa nelle sue mani. Si sentiva terribilmente fuori posto in quel momento. Avrebbe dovuto essere Ventus, di persona, a tenere quella tazza di latte in mano. Non era realmente lui a…
Sora, lascia stare. Hai diritto quanto me ad essere qui. Sei o non sei il mio trucchetto?” Ventus cercò di tranquillizzarlo.
«No, Ven, è diverso. Sono… tuo amico.» Sora mormorò e sorrise, poi si schiarì la gola e alzò la voce.
Inclinò la coppa e fece cadere un po’ di latte, poi incrociò lo sguardo con gli altri due.
«All’amicizia.»
Xigbar non avrebbe mai compreso perché Zack si fosse giocato la vita cercando di proteggere un compagno… ma non sarebbe stato quello a fermare Sora e i suoi amici, no.
Avevano un universo da salvare, degli amici da aiutare, e non sarebbe stata una cosa ridicola come il pericolo a fermarli… non con i destini di così tanti in gioco.
Dopotutto, non era quello, il mestiere degli eroi?
   
 
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