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Autore: FalbaLove    09/07/2020    2 recensioni
Per troppi anni aveva vissuto nel rimpianto, nell’immaginare una ipotetica famiglia che avrebbe potuto costruire con lui, ma il destino, lo stesso destino che Neji era solito seguire con dedizione, aveva avuto un piano diverso per lei. Solo in quel momento si rese conto di essere stata estremamente stolta: era vero, Neji non c’era più, ma aveva capito che non l’aveva mai abbandonata. Se ne era accorta rivedendo la sua determinazione nello sguardo di Boruto, nell’ammirazione che ancora oggi Rock Lee provava nel guardare la sua lapide e nel ricordo dolce, ma forte che aleggiava nei cuori dei loro amici. Certo, non avrebbe mai potuto avere una vita felice insieme a lui, ma non sarebbe rimasta sola: Rock Lee, Gai-sensei e Metal Lee forse sarebbero riusciti con il loro amore ad alleviare il vuoto. Perché la sua vita era stata risparmiata e doveva vivere per entrambi.
Con gli occhi sempre più lucidi osservò un uccello volare sereno e libero nel cielo: il suo ricordo non l’avrebbe mai abbandonata e lei sperava che mai l’avrebbe fatto, ma era giunto il momento di ritornare a sorridere davvero.
-Te lo prometto, non vi lascerò mai più-
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Le abbronzate e muscolose gambe di TenTen si susseguirono velocemente percorrendo i bianchi e lunghi corridoi ospedalieri: le sedie di attesa dei vari reparti erano quasi completamente vuote, ma lo sguardo evasivo della castana pareva star cercando qualcuno in particolare. Finalmente delle figure in lontananza furono notate dal membro del Team Gai.
-TenTen! – urlò una figura dalla lunga capigliatura bionda cercando inutilmente di alzarsi dalla seggiolina su cui era scomodamente seduta. Sai, vedendo la frenesia nelle membra della moglie, avvolse le spalle della ragazza aiutandola ad alzarsi.
-Sono in ritardo, scusate- bisbigliò con il fiatone la castana abbracciando Ino e ignorando il grosso pancione dell’amica che risultò solo un ingombro in quel gesto d’affetto.
-Tranquilla, sono ancora dentro- la tranquillizzò Shikamaru sbadigliando e lasciando che la sua schiena aderisse perfettamente allo scomodo e duro schienale. Immediatamente gli occhi di TenTen si spostarono in direzione dell’unica porta poco distante dal gruppo di amici: la scritta “Sala Parto” brillò nelle scure iridi della maestra delle armi.
-Da quanto sono dentro? -
-Da quasi un’ora- precisò Shino senza staccare la schiena dal muro su cui si era appoggiato: nonostante fosse nella più completa penombra alla castana non risultò difficile individuare un fremito nelle labbra del membro del Team 8. Quasi come un automa si avvicinò a lui appoggiando la mano calda sulla sua spalla.
-Andrà tutto bene- mormorò con la solita sicurezza che caratterizzava il suo tono di voce. L’Aburame inspirò mantenendo ben celato il suo sguardo dietro agli spessi occhiali.
-Lo so- rispose reprimendo dal suo volto tirato e pensoso una espressione preoccupata.
-Volete per caso qualcosa da bere? - chiese TenTen, ma la sua domanda parve scomparire inghiottita dalla preoccupazione e dall’ansia che regnava sovrana in tutti i suoi amici. Oramai convinta che nessun suo gesto avrebbe potuto allievare gli animi dei suoi compagni di vita l’unico membro femminile del Team Gai iniziò a percorrere un ennesimo corridoio.
-Finalmente sei arrivata- una voca allegra e improvvisa fece sussultare la ragazza che dalla sorpresa lasciò cadere la moneta che teneva tra le mani. Quella rimbalzò per un paio di volte prima di infilarsi sotto la macchinetta delle bibite davanti alla quale TenTen si era appena fermata.
-Kiba! – sussultò la castana ritrovandosi i canini appunti del membro del Team 8 davanti ai propri occhi.
-Scusa, non volevo spaventarti- si scusò divertito il ragazzo dalla capigliatura indomabile grattandosi nervosamente la testa. La ragazza lo scrutò per alcuni secondi accigliata prima che un enorme sorriso comparisse come sempre sul suo viso. Kiba ricambiò il gesto prima di abbassarsi a terra alla ricerca dell’oggetto perduto dalla sua compagna che, dopo poco, tornò a scintillare tra le sue dita.
-Allora come mai non sei con gli altri? – domandò curiosa TenTen stringendo tra le mani la bottiglietta di acqua ghiacciata appena prelevata dalla macchinetta. Il suo interlocutore sbuffò affossando i canini nelle labbra carnose.
-In quella stanza vi è troppa tensione e poi mi serviva dell’aria fresca- si smarcò il ragazzo schioccando la bocca. TenTen si prese alcuni per scrutare con attenziona la figura alta e muscolosa davanti a sé: nonostante il ninja stesse tentando in tutti i modi di reprimere la preoccupazione era evidente che le sue membra fremessero per l’attesa. Un sorriso dolce si dipinse sul suo volto abbronzato che cercò di celare dietro la mano sapendo perfettamente quando fosse grande l’orgoglio di quel ragazzo.
-Tu invece? Ce ne hai messo di tempo per arrivare- borbottò il moro accostandosi di fronte a una delle tante finestre dell’ospedale: i suoi occhi dal taglio animalesco brillarono illuminati dalla Luna.
-Hai ragione, ma dovevo finire una cosa. Dai, torniamo dagli altri- disse la castana sorridendo candidamente e riprendendo a camminare. Una mano però avvolse con forza il suo polso costringendola a fermare la camminata.
-Siamo soli, TenTen- ringhiò il ragazzo costringendo l’amica a scontrare i loro sguardi. La maestra delle armi sfidò per alcuni secondi gli occhi dell’Inuzuka prima di liberarsi da quella presa: un sonoro sospiro risuonò tra quelle mura vuote.
-Sei decisa? – domandò il ragazzo senza accennare dal distogliere la sua più completa attenzione dalla muscolosa figura davanti a sé. TenTen annuì con decisione serrando le labbra in una smorfia.
-Lo sai che la mia risposta è sempre quella- disse incrociando le braccia sotto al seno e rivolgendo un’occhiata quasi scocciata al suo interlocutore.
-E sai che continuerò a ringraziare te e la tua famiglia per l’aiuto che mi state dando- concluse liberando finalmente sul suo volto un enorme sorriso. Il ragazzo, di fronte a quel gesto così familiare e caloroso, si lasciò andare ad una risata imbarazzata spezzando definitivamente la tensione che aleggiava tra i due.
-Agli altri non l’hai ancora detto? -
-Non ho ancora trovato il momento giusto- rispose con estrema semplicità l’unico membro femminile del Team Gai alzando le spalle.
-Neanche a Lee? - un silenzio pesante e prolungato bastò al ragazzo come risposta.
- TenTen...- ma le parole dell’Inuzuka vennero violentemente interrotte da dei passi frenetici e sempre più vicini. Davanti agli sguardi sorpresi dei due ninja della Foglia comparve un alto ragazzo dalla capigliatura bionda e scompigliata e con due occhi cerulei come il cielo.
-È nato, sono finalmente padre-
 
 
Gli occhi così simili a quelli di un cerbiatto di TenTen fecero fatica per alcuni secondi a mettere a fuoco l’ambiente in penombra in cui era appena entrata: facendo attenzione a non fare alcun rumore richiuse dietro di sé la porta. Un forte odoro di igienizzante e borotalco la costrinse a starnutire solleticandole il naso.
-Oh TenTen- una voce debole, ma rilassata venne accompagnata da uno sguardo penetrante che si concentrò unicamente sulla figura snella della castana.
-Scusami Hinata, non volevo svegliarti- mormorò a bassa voce la ragazza inclinandola testa di lato. Il viso dolce e stravolto della Hyuga si sciolse in una espressione di gioia e serenità e per la prima volta TenTen si rese conto di quanto il volto di quella giovane fosse materno.
-Tranquilla, mi fa piacere vederti- sussurrò la corvina scostando la frangia dalla fronte umida di sudore.
-Posso avvicinarmi? - mormorò con timore la castana e una risata spontanea ruppe il silenzio della stanza.
-Ma certo- sospirò stanca lasciando che il dolce sorriso prendesse il sopravvento sul suo pallido volto. Facendo attenzione a fare il meno rumore possibile TenTen si accostò al letto ospedaliero scrutando incantata la piccola chioma bionda della creatura che Hinata teneva stretta sul petto.
-È bellissimo- bisbigliò rapita la maestra delle armi osservando il volto piccolo e paffuto del bambino così troppo simile a quello della forza portante della Volpe a Nove Code. Hinata sorrise materna in direzione di quella che considerava la sua migliore amica: TenTen deglutì a fatica domandandosi se avesse mai visto in vita sua una creatura più piccola e indifesa di quella.
-Come si chiama? – sospirò senza riuscire a distogliere lo sguardo dal neonato che continuava a dormire sereno. La mano calda e pallida di Hinata sfiorò con delicatezza quella della castana che rimase sorpresa da quel gesto.
-Boruto- sussurrò con una serenità che TenTen non aveva mai visto sul suo volto. All’udire quel nome la giovane indietreggiò di un passo incrociando gli occhi perlati della ragazza, quegli stessi occhi che oramai sognata tutte le notti.
-Boruto? - bisbigliò mentre i suoi occhi si fecero sempre più lucidi. Quel nome risuonò con forza nella sua mente mentre percepì chiaramente il suo cuore accelerare i battiti. Hinata si lasciò sfuggire una piccola lacrima che veloce scivolò sulla sua guancia interrompendo la sua corsa sul candido lenzuolo che avvolgeva il suo corpo stremato.
-L’abbiamo fatto per lui- sussurrò ricercando lo sguardo dell’amica: TenTen istintivamente si portò le mani sul volto sciogliendosi in un pianto silenzioso. C’erano tante cose che legavano quelle due amiche, ma solo una persona aveva unito, con la sua morte, saldamente i cuori distrutti delle due. Hinata scossa osservò le spalle della ninja abbassarsi e alzarsi violentemente mentre i singhiozzi si fecero sempre più forti.
- TenTen...- bisbigliò preoccupata la Hyuga cercando di alzarsi, ma improvvisamente le mani della maestra delle armi avvolsero le sue spalle affossando il volto abbronzato tra i suoi capelli corvini. 
-Grazie- mormorò semplicemente.
-Non lo dimenticheremo mai- sussurrò Hinata accarezzando con fare materno i capelli della Chunin che finalmente smise di piangere. Boruto, infastidito da quel nuovo contatto così poco familiare, sbadigliò sonoramente; poi, non contento, iniziò a piangere contorcendosi sul petto pallido della madre.
-Scusami, non volevo svegliarlo- disse realmente dispiaciuta la ragazza abbandonando quell’abbraccio e permettendo a Hinata di sollevare il neonato. La ragazza però, di fronte a tutta quella insicurezza inusuale nell’amica, si lasciò sfuggire una timida risata accostando nuovamente il corpo del figlio sul suo.
-Stai bene? - TenTen annuì serrando le labbra.
-Sì, tranquilla. Avete scelto un nome stupendo per questa piccola creatura e sono sicura che lui ne sarebbe contento- la Hyuga, di fronte a questa sua frase, annuì ringraziandola con lo sguardo.
-Ora vi lascio soli- concluse la castana mimando un leggero inchino prima di dirigersi verso la porta.
-Tornerai a trovarmi prima che io sia dimessa?- domandò insicura la figlia di Hiashi: questa domanda così inaspettata fece comparire una smorfia amara sul viso di TenTen. Sapeva benissimo che negli ultimi anni, dopo la fine della Grande Guerra, si era molto allontanata da Konoha e da tutti i suoi amici. I tempi in cui passava le mattine ad allenarsi ininterrottamente insieme a Rock Lee erano lontani ed era stata praticamente sempre assente durante la gravidanza della sua migliore amica. Qualcosa in lei si era rotto e a fatica i suoi amici tentavano ancora di non scomparire dalla sua vita.
Ma la verità era che tutto era cambiato, lei era cambiata e quando il sole sarebbe nuovamente risorto definitivamente niente sarebbe stato più come prima.
-Domani parto Hinata, domani lascio definitivamente Konoha- TenTen si lasciò sfuggire quelle parole con un tono estremamente duro senza voltarsi: lasciò che lo sguardo sconvolto della sua migliore amica scrutasse la sua schiena troppo codarda per voltarsi.
-Cosa? - balbettò la ragazza.
-La famiglia di Kiba mi ha aiutato a trovare un nuovo alloggio nel Villaggio della Roccia, sono stata incaricata dall’Hokage di aiutare la popolazione a ricostruire le loro terre ancora distrutte dalla Grande Guerra- sibilò trattenendo a fatica un tremolio nelle labbra. TenTen, nonostante fosse ancora girata, percepì chiaramente il respiro di Hinata farsi rotto dal pianto.
-No, ci deve essere un errore, Naruto non può averti affidato una missione del genere senza dirmelo- mormorò la ragazza lasciandosi sfuggire dei singhiozzi strozzati. Il volto della castana si fece teso e duro.
-Sono stata io a chiederglielo e a farmi promettere di non dirti niente-
-Ma io non capisco... ci vuoi davvero abbandonare? -
-Hinata- noncurante del dolore della Hyuga la voce di TenTen risuonò come un rimprovero all’interno di quelle quattro mura. La giovane figlia di Hiashi scossa smise immediatamente di piangere.
-Da quando la Grande Guerra è finita siete tutti riusciti a rialzarvi e a portare avanti la vostra vita, io invece ho solo cercato di sopravvivere rifugiandomi nel passato. Konoha non è più il mio posto e spero realmente che tu mi possa capire-
-Quindi questo è un addio? – Hinata, a fatica, fece aderire perfettamente la schiena allo schienale del letto allontanando i capelli dal viso tirato. TenTen non rispose, ma nuovamente si lasciò inghiottire da una codardia che non pensava di avere.
-Mi mancherai- sussurrò teneramente la Hyuga: la castana sapeva che non era più la timida ragazzina impacciata di un tempo quella che si trovava a pochi passi da lei, ma una donna forte e decisa che in quel momento cercava di far bastare con le sue parole quelle troppo difficili da dire per TenTen.
Nel più completo silenzio la Chunin fece scorrere velocemente la mano sulla maniglia pregando di uscire il più in fretta possibile da quella stanza che pareva soffocarla.
- TenTen?- il  dolce suono della voce della figlia di Hiashi bloccò per un’ultima volta la castana.
-Le nostre porte saranno sempre aperte per te-
 

Appena TenTen richiuse dietro di sé la porta dell’ospedale le sue ginocchia parvero cedere. A fatica si aggrappò ad una sedia mentre le mura della sala d’aspetto completamente vuota si fecero sempre più strette. Percepiva chiaramente il respiro farsi sempre più affannato e gli occhi pizzicare con insistenza, ma oramai quelle sensazioni di malessere la accompagnavano tutte le sere quando il sole calava e quindi sapeva perfettamente come reprimerle. Con le poche energie che le rimanevano nelle gambe iniziò a correre per i corridoi vuoti e spenti come il suo cuore. L’aria fredda, di una notte che le sembrava infinita, risultò come uno schiaffo sulle sue gote rosate non appena lasciò l’edificio.  Cercando di reprimere delle lacrime sempre più insistenti si aggrappò alla corteccia di un albero lasciando che l’oscurità celasse la sua figura sconvolta. Si era ripromessa di essere forte, ma di fronte a quella figura troppo simile a lui non ci era riuscita. Era inutile mentire a sé stessa e al mondo che la circondava: una enorme ferita era ancora sanguinante nel suo cuore e mai si sarebbe rimarginata.
-Sapevo di trovarti qui- TenTen all’udire quella voce oramai troppo matura si morse con forza le labbra fino a che un sapore ferroso le fece storcere la bocca. Stando attenta ad asciugarsi il volto con diligenza si staccò dall’albero con estrema difficolta.
-Buonasera Hokage- sussurrò mimando un inchino estremamente instabile. Il biondo, di fronte a quel gesto, iniziò a ridere sguaiatamente trasformando il suo volto serio e adulto in quello bambinesco che nessuno era riuscito a dimenticare.
-Smettila, lo sai benissimo che questi gesti mi mettono a disagio- sussurrò Naruto grattandosi il capo imbarazzato. TenTen scosse la testa divertita lasciando che qualsiasi segno di tristezza scomparisse dal suo viso.
Il Settimo Hokage la scrutò per alcuni secondi prima di allontanarsi di qualche passo da lei: TenTen osservò in silenzio il biondo sedersi sull’erba incrociando le braccia dietro la nuca.
-Le hai parlato? – mormorò continuando a permettere al suo sguardo di scrutare il cielo stellato.
-Sì- rispose seria la castana imitando il gesto poco prima compiuto dal ragazzo e lasciando che l’erba fresca solleticasse le sue gambe nude.
-Ha sofferto molto per te in questi anni-
-Lo so- mormorò la ragazza serrando le labbra con decisione.
-Ed hai sbagliato a parlarle all’ultimo-
-So anche questo- rispose nuovamente la ragazza mentre un sorriso carico di tristezza prese il pieno possesso delle sue labbra carnose e arrossate.
-Grazie- sospirò dopo alcuni secondi passati nel più completo silenzio. Naruto alzò il sopracciglio con fare interrogativo.
-Te l’avevo promesso che non ne avrei fatto parola con nessuno- rispose con estrema semplicità, ma rimase sorpreso di fronte al muoversi freneticamente del capo dell’amica.
-Non è per questo-il Settimo Hokage la fissò senza capire.
-Hinata mi ha detto che l’avete chiamato Boruto- bisbigliò lasciando che le sue iridi scure svelassero il dolore che provava a pronunciare quel nome. Naruto inspirò con decisione reclinando la testa indietro.
-È stata una sua idea, l’ha scelto pensando a lui e ...- il biondo si prese alcuni secondi sperando che le sue parole non ferissero ulteriormente quella compagna che con il tempo aveva imparato a conoscere e a stimare.
-A te- concluse lasciando che sulle sue labbra si dipinse un enorme sorriso. TenTen, di fronte a quel gesto, non riuscì a non fare altrettanto.
-Volevo chiederti un ultimo favore- sussurrò la ragazza lasciando che le sue parole rompessero il ricordo sempre più nitido di una persona che oramai non faceva più parte delle loro vite. Naruto osservò incuriosito la maestra delle armi tirare fuori da una tasca una lettera stropicciata.
-È per Lee- sospirò la ragazza passandosi tra le dita la carta: una espressione di pieno rimprovero si dipinse sul volto del ragazzo. TenTen si domandò quando l’infantile ragazzino biondo avesse lasciato posto a quell’adulto così responsabile.
-No- rispose secco il Settimo Hokage alzandosi di scatto e dirigendosi verso l’ospedale.
-Ti prego, Naruto-
-No, TenTen!- improvvisamente il biondo fermò la sua camminata stringendo con forza i pugni all’altezza del bacino.
-Questo non puoi chiedermelo- continuò guardandola con una disapprovazione che mai prima d’ora le aveva rivolto. TenTen annuì capendo perfettamente come mai il suo amico si stesse comportando così.
-Lo sai meglio di chiunque altro che anche lui è rimasto estremamente sconvolto dalla sua morte e perderti così non farebbe altro che distruggerlo. Sono già stato troppo tuo complice e tu un addio glielo devi- urlò l’uomo: la castana strinse con forza la lettera che teneva tra le mani, la stessa lettera su cui aveva versato troppe lacrime.
-Lo sai che lui non capirebbe e farebbe di tutto per fermarmi- rispose la maestra d’armi senza abbassare lo sguardo. Sapeva benissimo che tutto ciò che stava facendo era sbagliato, ma oramai non poteva più tornare indietro.
-Come abbiamo già provato a fare sia io che Kiba- aggiunse la forza portante mentre finalmente il suo viso si fece più disteso.
-Ed è stato tutto inutile- ci tenne a precisare sempre reprimere una punta di rammarico.
-Lo so che sono stata una persona orribile con tutti voi- mormorò estremamente decisa la ragazza senza lasciarsi sfuggire un tremolio dalle labbra.
-E che da domani tutti mi odierete, ma Lee...- disse facendo alcuni passi in direzione del vecchio membro del Team 7.
-Lui ha già sofferto abbastanza. Ha passato ogni singolo giorno dalla fine della Guerra ad occuparsi di me, a sopprimere la sofferenza che provava per farmi sorridere e io non voglio più essere causa del suo malessere. Lui merita di ritornare a vivere, lui merita di dimenticarmi per sempre e so già che se domani sarò costretta ad affrontarlo non avrò il coraggio di separarmi da Konoha- concluse oramai a pochi centimetri da Naruto che per tutto il tempo l’aveva guardata in silenzio. Poi il biondo, senza proferire alcuna parola, afferrò con decisione la lettera che TenTen aveva tra le mani. Di fronte a quel gesto una solitaria lacrima scivolò veloce sulla guancia arrossata della castana che lo fissò con estrema gratitudine.
-Lo faccio a una condizione- disse l’Hokage scrutando le iridi scure della compagna.
-Non so quando, non so perché ma tu tornerai da noi- TenTen, di fronte a quella frase, si lasciò sfuggire una espressione estremamente sorpresa. Naruto si beò per alcuni secondi di quella reazione dell’amica senza più riuscire a reprimere un enorme sorriso soddisfatto.
-Promesso? -
 
 
 
 
Boruto percorreva il più velocemente possibile le vie affollate del villaggio della Foglia: le sue guance, segnate da inconfondibili segni, erano arrossate e il suo respiro si fece sempre più affannato. A nulla però valsero questi malesseri perché le gambe snelle e giovanili del ragazzo si fecero sempre più veloci mentre i suoi occhi azzurri come il cielo iniziarono a cercare con insistenza una figura. Finalmente, girato un ennesimo angolo di quella cittadina, individuò in lontananza quello che considerava il posto più familiare al mondo. La porta aperta di casa però non destò alcun dubbio nel ragazzino che, senza abbandonare le scarpe all’ingresso, si diresse di corsa verso la cucina: ce l’aveva fatta, il maestro Shino aveva giudicato anche lui ideo per affrontare l’esame per diventare Genin. Il cuore dell’Uzumaki batteva all’impazzata sapendo perfettamente che quello era solo l’inizio di una grande avventura.
All’improvviso però si fermò di scatto non appena ebbe superato la soglia della stanza: non si ritrovò sua madre ai fornelli, come era solita fare a quell’ora, ma bensì sul comodo divano. Immediatamente gli occhi sconcertati del giovane caddero sulla figura paterna che troppo poco vedeva. Deglutì a fatica capendo che se anche suo padre era lì a quell’ora allora significava che qualcosa di grave era accaduto. Noncurante della terza figura che era seduta insieme ai suoi genitori iniziò ad analizzare tutte le ultime marachelle compiute nell’ultimo periodo: possibile che quel qualcosa di grave centrasse con lui?
-Boruto ?- la voce sorpresa di Hinata ruppe il fil di pensieri del piccolo Uzumaki che si irrigidì all’istante. No, decisamente non sapeva il perché si trovava nei guai.
-Sei tornato presto- continuò la donna accennando un lieve sorriso. Il ragazzino non riuscì a non notare come le guance della Hyuga fossero ancora bagnate e i suoi occhi cristallini arrossati. Indeciso si avvicinò a loro impedendo al nervosismo di mostrarsi sul suo viso.
-Cosa ci fa lui qui? - domandò incrociando con sfacciataggine le braccia al petto e indicando con lo sguardo la figura troppo simile a lui.
-Boruto non rivolgerti così a tuo padre- lo sgridò Hinata aggrottando la fronte e lasciando che il suo semplice caschetto ricadesse sulle spalle. Il figlio però non accennò dallo smettere di fissare con irriverenza la figura troppo poco presente nella sua vita che per tutta risposta tratteneva a fatica una risatina divertita.
-Se vi siete riuniti qui per sgridarmi sappiate che non ho paura delle vostre punizioni- continuò però imperterrito il biondo schioccando le labbra. La verità era che stava tremando dalla paura.
-Hai per caso commesso qualcosa che noi dovremmo sapere? - la voce divertita del Settimo Hokage costrinse il ragazzino a mordersi la lingua per non rispondergli a tono.
-No, affatto- rispose con estrema semplicità arricciando il naso e facendo trasparire una sicurezza che non aveva. Di fronte a quel gesto la donna che per tutto il tempo era rimasta in silenzio iniziò a ridere.
-Si può sapere chi è questa signora? - domandò seccato Boruto indicando la castana che stava inutilmente tentando di celare l’ilarità dietro la mano. Odiava essere rimproverato dai suoi, ma ancora di più odiava essere richiamato di fronte a degli sconosciuti.
-Boruto!- lo rimproverò sua madre serrando le labbra, ma con una strana confidenza la sconosciuta le fece segno di lasciar perdere il gesto del figlio.
-Allora è vero quello che dicono- disse la donna riacquistando un certo contegno e alzandosi dal divano: poi, senza aggiungere altro, si fermò ad alcuni passi da lui. Boruto inarcò un sopracciglio senza capire a cosa alludesse quella figura.
-Che cosa? - esclamò trovando, ora che era vicina, sempre più familiare la sua interlocutrice. Scosse la testa con decisione: era sicuro di non averla mai vista prima eppure era certo che non fosse la prima volta in cui osservava quelli occhi così simili a quelli dei cerbiatti. Lei, per tutta risposta, si chinò leggermente permettendo finalmente ai loro due volti di trovarsi a pochi centimetri l’uno dall’altro.
-Mi era stato detto che eri estremamente simile a tuo padre e in effetti hai la stessa spavalderia che lo caratterizzava- concluse lasciando che una sua mano abbronzata si insinuasse tra i suoi ispidi capelli biondi scompigliandoli.
-Ehi! – si lamentò il futuro Genin stringendo con forza i pugni e ribellandosi a quel gesto sgradito.
-Comunque, piacere, io sono TenTen-
 
 
 
Boruto sbuffò sonoramente osservando le nuvole cariche di pioggia che regnavano sovrane nel cielo quel giorno. Serrò le labbra infastidito mentre richiuse dietro di sé il cancello: aveva appena fatto visita a suo nonno Hiashi e non si era minimamente accorto del tempaccio. Noncurante del freddo vento infilò le mani in tasca iniziando a camminare. Sarebbe stato molto più semplice dirigersi a casa sperando che nel breve tragitto la pioggia non lo sorprendesse eppure quello non era un giorno come gli altri e anche il cielo pareva essersene reso conto. Continuò a camminare con aria spavalda verso l’unica destinazione che il suo cervello riusciva ad elaborare lasciando che i suoi pensieri prendessero il sopravvento della sua mente.
Era da circa una settimana che quella strana donna, TenTen, aveva fatto irruzione nelle loro vite. I genitori gli avevano spiegato che si trattava di una vecchia amica che per molto tempo aveva vissuto nel Villaggio della Roccia e che finalmente aveva deciso di fare ritorno a casa: sapeva benissimo che i due non gli avevano mentito, lo aveva capito dai visi commossi di quegli amici di una vita dei suoi genitori che oramai erano come zii per lui quando l’avevano rivista. Eppure, ogni volta che provava a chiedere notizie in più su di lei, le informazioni erano scarse e vaghe e dopo molto il ragazzino era riuscito a scoprire che anche la castana era un ninja, un Jonin per la precisione. In più l’aveva trovata estremamente familiare ed era sicuro di aver già intravisto quei codini castani da qualche parte, ma non riusciva a capire dove: aveva continuato a rimuginarci sopra senza ricordare che quel sorriso contagioso era raffigurato in una delle poche fotografie celate gelosamente nell’unica stanza immacolata di villa Hyuga.
Boruto sospirò mentre una goccia gli scivolò sul naso e non gli rimase che accelerare il passo evitando di inciampare come era suo solito. Percorse con velocità gli ultimi metri prima di ritrovarsi avvolto da un forte odore di incenso: il biondo arricciò il naso beandosi di quel profumo estremamente rilassante e raggiunse ancora più velocemente la sua destinazione. Si rese immediatamente conto che quel pomeriggio il cimitero era decisamente più affollato rispetto al solito come era solito esserlo in quel giorno dell’anno. Oggi non era un giorno come tutti gli altri, ma un giorno che aveva per sempre segnato la storia. Lui, quando tutto era avvenuto, non era ancora nato e quindi tutto ciò che sapeva gli era stato riferito, ma non poteva non ricordarsi che quello stesso giorno, molti anni addietro, un valoroso ninja aveva perso la vita per salvare sua madre, lo stesso ninja da cui il suo stesso nome derivava. Neji Hyuga era uno dei tanti eroi che avevano perso la vita durante la Grande Guerra, Neji Hyuga era lo zio che non aveva mai conosciuto, ma che con tutto il cuore aveva sperato di potere incontrare. Senza fare troppo caso alla famiglia del suo migliore amico riunita attorno alla tomba del nonno, Boruto concentrò la sua attenzione sulla lapide bianca e pulita vicino alla quale era solito pensare lasciandosi cullare dal silenzio. Con curiosità notò che sì, anche quel giorno, era presente un giglio bianco. Corrucciò la fronte fissando quel fiore misterioso che qualcuno era solito lasciare oramai da una settimana sulla tomba di suo zio.
-Ciao Boruto- il ragazzino sussultò di fronte a quel richiamo assolutamente inaspettato; poi, una vola capito da chi provenisse quella voce squillante, lasciò cadere il fiore oramai sfiorito dalle mani osservando incuriosito la figura a pochi passi da lui.
-Buongiorno TenTen- la salutò lui con educazione sentendosi estremamente a disagio. Quella donna compariva sempre all'improvviso e pareva quasi divertirsi nel metterlo a disagio. In più trovava estremamente falso il grosso sorriso che aleggiava sempre sul suo volto abbronzato che mal celava, di fronte ai suoi occhi innocenti da bambino, un'enorme tristezza.
Senza aggiungere altro si girò nuovamente mentre la lapide bianca di suo zio tornò ad essere protagonista dei suoi occhi. Rimase alcuni secondi in silenzio a pregare fino a quando una mano non raccolse da terra il fiore sfiorito che poco prima aveva fatto cadere. TenTen ripose con curo il giglio all'interno della sacca che teneva sulle spalle prima di tirarne fuori un altro decisamente più fresco e profumato che posizionò poco distante da loro: una espressione sorpresa non riuscì a non prendere possesso del volto di Boruto. Era stato davvero poco attento e stoltamente non si era accorto che quegli strani fiori erano comparsi a partire dallo stesso giorno in cui quella strana ninja era ritornata a Konoha. Decisamente interrogativo fissò la maestra delle armi alla ricerca di una qualsiasi risposta.
-Allora sei tu che lasci questi fiori- mormorò il ragazzinoo fissando con insistenza la ragazza dalla strana capigliatura. Lei però non ci fece caso alle sue parole, ma lasciò che il suo sguardo triste scivolasse sulle lettere che componevano l'elogio funebre dello Hyuga.
-Lo conoscevi? - domandò il biondo perdendo qualsiasi tensione dal suo volto: non riusciva a capire il motivo dell'enorme dolore che la sua interlocutrice stava provando in quel momento e che non cercava neanche di celare.
Possibile che avesse fatto parte della vita di quello zio che non aveva mai potuto conoscere?
Lei annuì con poca decisione senza lasciare che il suo sguardo si spostasse su di lui.
-Devi sapere che facevamo parte dello stesso Team- una espressione sorpresa comparve sul volto particolare del ragazzino. Conosceva perfettamente i membri delle squadre dei suoi genitori sin da quando era piccolo e rappresentavano per lui una seconda famiglia. Era anche venuto a conoscenza che il padre di Metal Lee fosse stato tempo addietro un caro amico di suo zio, ma la terza figura del Team Gai era da sempre stata un mistero per lui. All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, gli ritornò in mente l’unica fotografia che così tante volte aveva fissato a casa Hyuga e quei due occhi così simili a quelli di un cerbiatto non gli sembrarono più così estranei.
-Mi puoi parlare di lui? - quella domanda gli scappò dalla bocca con una semplicità e ingenuità che non gli fece nemmeno rendere conto di averla pronunciata.  Lei rimase sorpresa da questa sua richiesta dettata da una voglia di conoscenza che gli era sempre stata negata: aveva provato più volte a chiedere di più sulla vita di quell'uomo così importante per la sua esistenza eppure ogni volta che chiedeva a sua madre o a suo padre osservava impotente un dolore che ancora non si era placato. Addirittura, suo nonno Hiashi faceva ancora fatica a reprimere le lacrime di fronte al ricordo.
-Siediti- mormorò TenTen lasciando che le sue stanche membra trovassero un minimo di ristoro sul prato. Lui fece lo stesso senza staccare il suo sguardo dal viso tirato della donna come avesse paura che da un momento all'altro scomparisse.
TenTen però non parlò subito lasciandosi cullare dal silenzio sacro di quel luogo che aveva sperato di poter dimenticare in quegli anni in cui era stata lontana dal Villaggio di Konoha.
-Cosa vuoi sapere di lui? – domandò con semplicità sorridendo dolcemente: la castana aveva sempre fatto fatica ad approcciarsi con i bambini trovandosi sempre estremamente a disagio. Il ragazzino però, di fronte a queste sue parole, assunse una espressione buffa: arricciò il naso inarcando le sopracciglia come se quella risposta fosse la più importante della sua vita.
-Gli assomiglio? – mormorò fissando con intensità gli occhi della maestra delle armi.
-Tu vorresti assomigliarli? – ribatté però la ragazza con un sorriso divertito. Boruto annuì con decisione.
-Non so molto di lui, ma so che sicuramente è stato uno dei Jonin più forti di tutto il Villaggio. Anche io voglio diventare un ninja forte come lui! – urlò stringendo con forza un pugno davanti al volto. La donna si passò un dito sulle labbra prima di afferrare tra le mani il viso paffuto del figlio di Hinata. Poi, senza lasciare possibilità al ragazzino di ribattere, lo fissò con attenzione.
-No, fisicamente sei identico a tuo padre- disse lasciando finalmente libero il biondo che sbuffò sonoramente.
-E anche la tua spavalderia e caparbietà le hai ereditate da lui- continuò ignorando la delusione farsi sempre più strada sul viso di Boruto. Lo sapeva benissimo che assomigliava al Settimo Hokage, glielo ripetevano tutti continuamente, ma lui non voleva assomigliare a quello sbruffone: aveva sempre desiderato avere il grande potere degli Hyuga, la regalità dei movimenti di sua madre e il famoso talento di suo zio. Lui voleva essere come il genio del clan Hyuga.
TenTen osservò di sottecchi il viso del figlio di Naruto rabbuiarsi: l’aveva analizzato in silenzio con attenzione in quei pochi giorni alla ricerca quasi disperata di qualcosa che gli ricordasse lui. Anzi si era vergognata quando si era quasi dispiaciuta che Boruto fosse pressoché identico alla forza portante della Volpe a Nove Code.
-Però- continuò riaccendendo una miccia di speranza all’interno del cuore del ragazzo.
-Queste sono capacità che Neji ha sempre ammirato in tuo padre-
-Davvero? – mormorò sorpreso il biondo non capacitandosi di come il più grande membro della casata cadetta Hyuga potesse anche solo aver provato un minimo di ammirazione per il padre inetto che si ritrovava. TenTen annuì in silenzio mentre i ricordi dolorosi si fecero spazio con irruenza nella sua mente.
-Neji apparteneva alla famiglia cadetta del clan Hyuga e all’inizio covava un enorme odio nei confronti di tua madre- una enorme espressione sorpresa scacciò all’istante il grugnito solito di Boruto.
-Ed è stato proprio tuo padre a cambiarlo, a fargli capire quanto questo odio l’avesse corroso-
-Davvero? - esclamò Boruto.
-Anche se non gli piaceva ammetterlo provava un enorme rispetto per Naruto ed era fiero di essere suo amico- concluse la castana reclinando di lato la testa e al biondo non fu difficile individuare le iridi scure di TenTen brillare al ricordo di quegli eventi.
-E sono sicura- continuò la ragazza non riuscendo a reprimere un leggero tremolio delle labbra rosate.
-Che sarebbe anche fiero di avere un nipote come te- concluse lasciandosi sfuggire il sorriso più triste che il figlio del Settimo Hokage avesse mai visto.
- TenTen- mormorò il giovane serrando le labbra con decisione: la castana osservò sorpresa la mano del ragazzino avvolgere la sua con estrema ingenuità.
-Grazie- concluse ricambiando il suo sorriso, ma mostrandone uno decisamente più allegro e riconoscente. Poi, senza aggiungere altro, retrasse la mano e al percepire quel contatto caldo lontano dal suo corpo TenTen si sentì per un attimo vuota. Boruto, continuando a sorridere, si alzò dirigendosi verso la lapide di Neji mimando un leggero inchino pieno di solennità. I suoi capelli biondi e sbarazzini vibrano a causa del vento sempre più forte e per un attimo TenTen si sentì come uno spettatore estraneo di fronte a quel rapporto impalpabile che legava i due parenti che non avevano mai potuto conoscersi, ma la cui vita e morte erano indissolubilmente legate.
-Mio zio è stato molto fortunato ad essere amato da una donna come te- ma prima che TenTen potesse anche solo rendersi conto delle parole pronunciate dal giovane lo osservò impotente allontanarsi di corsa con un allegro sorriso stampato in volto.
Calde lacrime iniziarono a scivolare silenziose dagli occhi arrossati della Jonin oramai sola. Finalmente l’aveva vista, finalmente aveva riconosciuto la scintilla di determinazione che molti anni addietro aveva scrutato con ammirazioni negli occhi limpidi dell’unico uomo che avesse mai amato, finalmente l’aveva rivista dopo tutti quegli anni in quegli occhi limpidi e cerulei come il cielo. Dolcemente si portò le mani al volto celando il viso bagnato dalle lacrime. Aveva provato a dimenticarlo, ma mai come in quel momento si sentiva così vicina a lui. Alzandosi con calma e senza far cessare i suoi singhiozzi si avvicinò alla lapide dello Hyuga. Le sue dita tremanti sfiorarono con paura le lettere del nome perfettamente tatuato nella sua mente e nel suo cuore: lo fece con la stessa paura che aveva animato le sue dita quando gli aveva accarezzato il volto pallido e dai lineamenti perfetti confessandogli il suo amore, lo fece con lo stesso timore che aveva provato quando lui, una sera come tante altre, l'aveva baciata armandosi lui stesso del coraggio che a lei era sempre mancato in quelle cose. Ma ora lui non c’era più e non l’avrebbe più potuta rassicurare che l’amore che li legava non fosse sbagliato. Lui l’aveva lasciata per sempre perché un amore più grande potesse sbocciare e dare origine al mondo che solo lei aveva potuto conoscere.
Stremata dal dolore si buttò a terra senza più riuscire a trattenere i singhiozzi forti che scossero con forza le sue membra provate. Poi però, improvvisamente, una mano calda le si posò con delicatezza sulla spalla spaventandola e forse strappandola da quei pensieri così tristi e amari che la stavano facendo nuovamente sprofondare.
-Allora è vero, sei tornata- quella voce estremamente roca e matura colpì la giovane donna che smise immediatamente di piangere. Incredula si voltò di scattò e osservò sconvolta il suo riflesso nelle iridi nere poco distanti da lei.
-Lee...- mormorò la ragazza. L’uomo, perché oramai non era più il suo amico giovanile, le sorrise con una dolcezza che TenTen pensava di aver dimenticato.
-Ciao TenTen- sospirò senza reprimere un lieve tremolio nelle sue labbra. La ragazza non rispose, ma si limitò ad analizzare ogni singolo dettaglio del corpo troppo adulto del secondo uomo più importante della sua vita.
-Non hai cambiato pettinatura- bisbigliò osservando i capelli lucenti dell’uomo a pochi passi da lei.
-Tu invece sei sempre più bella, un bellissimo bocciolo- mormorò Rock Lee allungando una mano fasciata verso di lei: l’unica allieva del Team Gai la afferrò con decisione beandosi di quel contatto che da troppo tempo non aveva provato.
-Mi sei mancata- esclamò lui stringendo con forza la piccola mano della maestra delle armi come a volersi assicurare che fosse davvero lei lì, davanti a lui: lei ignorò il dolore asciugandosi le guance arrossate.
-Anche tu, Rock Lee- e all’udire il suo nome venir pronunciato finalmente dalle sue labbra sottili la bestia verde aumentò ancora di più la presa facendo scivolare le sue dita tra quelle della castana come avesse timore che da un momento all’altro sarebbe nuovamente scomparsa.
-Non vado più da nessuna parte- disse lei sorridendogli dolcemente e percependo i pensieri che in quel momento stavano scuotendo la mente dell’allievo preferito del maestro Gai.
-Non so se posso più fidarmi di te- rispose duro mal celando la delusione visibile nei suoi occhi. Tanti, troppi anni erano passati dall’ultima volta che i due compagni di Team avevano potuto rispecchiare le loro immagini l’uno nelle iridi dell’altro.
-Lo so- mormorò lei mortificata mentre una nuova paura si fece sempre più spazio dentro di lei, la paura che gli avesse causato troppo dolore per poterla perdonare.
-Mi hai lasciato con una lettera- continuò il ragazzo ignorando completamente le poche sillabe pronunciate pochi secondi prima dalla sua compagna di squadra. TenTen annuì senza però abbassare lo sguardo.
-Sei scappata senza dirmi addio e io pensavo che non ti avrei mai più rivista- concluse Rock Lee lasciando con stizza la mano della ragazza che si sentì, solo per un secondo, di nuovo persa.
-L’ho fatto perché se avessi dovuto dirti addio non me ne sarei andata da Konoha- le sue parole pronunciate con un tono estremamente dolce non scalfirono il viso teso e tremante dell’uomo.
-E io dovevo andarmene per non cadere ancora più a fondo in un baratro che mi stava uccidendo-
-Allora sarei venuto con te, avrei lasciato anche io Konoha per non perdere anche te- un sorriso amaro si dipinse sul volto della maestra delle armi che senza esitazione colmò la distanza che separava i due. Con estrema delicatezza sfiorò con i polpastrelli le guance arrossate e con un accenno di rughe del suo migliore amico che non fece resistenza, ma si limitò a socchiudere gli occhi.
-Lo so che l’avresti fatto- sospirò la donna approfondendo di più quel contatto che sembrò regalare una pace fin troppo cercata in entrambi.
-E io avrei voluto con tutto il cuore averti con me, ma sarebbe stata una scelta troppo egoistica. La tua casa era Konoha, il tuo posto è sempre stato qui- concluse staccandosi a malincuore da lui.
-Pensavo di perso per sempre anche te, che anche tu mi avessi abbandonato per sempre come Neji- lei però, di fronte a quelle parole, non rispose sapendo perfettamente il motivo per cui era tornata, un motivo estraneo alla sua volontà.
-Perché sei tornata? – domandò Rock Lee percependo qualcosa nel suo sguardo. Lei serrò le labbra con decisione pronta a non mentirgli mai più.
-L’avevo promesso- rispose dura reprimendo un sorriso amaro che infatti non comparì sulle sue labbra.
Lui annuì in silenzio serrando con forza i pungi all’altezza del bacino.
-Ti sei sposata? – domandò il ragazzo con un certo imbarazzo nella sua voce cercando di allentare un silenzio pesante e inusuale che si era creato tra i due.
-No- rispose abbozzando un sorriso.
-Lo sai che queste cose non hanno mai fatto per me- precisò incrociando le braccia sotto al seno. Lui la analizzò per alcuni secondi inarcando le grosse sopracciglia constatando che no, non era cambiata affatto nonostante tutto.
-Io ho un figlio- bisbigliò quasi con un certo imbarazzo lasciando trasparire una nota di orgoglio nel suo tono di voce.
Un sorriso sincero e spontaneo si dipinse sul volto provato di TenTen: aveva scelto il Villaggio della Roccia per allontanarsi il più possibile dalla città che l’aveva vista crescere, ma che le ricordava troppo lui. Aveva fatto promettere a Naruto e a Kiba di non farne parola con nessuno per far perdere definitivamente le sue tracce eppure non era passato neanche un giorno in cui non avesse ricevuto una lettera da Gai-sensei. Lui le aveva scritto continuamente e, nonostante lei non avesse mai risposto, quell’uomo non aveva mai smesso e lei gli erano davvero grata per questo. Le raccontava di tutto, dagli eventi più insignificanti come l’ennesima rottura del braccio di Lee a quelli più importanti come la nascita del figlio di Ino e Sai. Era vero, era stata lei a decidere di allontanarsi dal Villaggio della Foglia, ma con quelle lettere il filo che indissolubilmente la legava alla sua città non si era rotto e lei aveva avuto la sana illusione di far ancora parte, anche se in minima parte, delle vite dei suoi amici. Ancora ricordava quanto avesse pianto quando il suo sensei le aveva confessato che sì, Lee era riuscito a ricostruirsi una vita, a tornare a sorridere di nuovo perché da quanto lei lo aveva lasciato lui aveva avuto il tempo di occuparsi del suo di dolore. Rimembrava perfettamente di quando Gai-sensei le aveva scritto che il cuore di Rock Lee era ritornato a battere per una semplice contadina del Paese del Fuoco, aveva letto avidamente le parole del suo maestro quando si era scoperto che presto il suo migliore amico sarebbe diventato padre, aveva pianto come una disperata venendo a conoscenza che per un’ennesima volta la morte di una persona aveva lasciato posto alla vita di un’altra. E lì aveva veramente pensato di ritornare per provare, anche solo in parte, ad alleviare la sofferenza che in quel momento attanagliava il cuore del suo amico per fargli capire che lei sapeva cosa stesse provando, che ci sarebbe sempre stata come lui c’era stato per lei, ma per un’ennesima volta la codardia aveva avuto la meglio.
-Come si chiama? – mormorò scrutando con attenzione le scure iridi della bestia verde.
-Metal Lee- rispose con estrema semplicità il suo interlocutore senza riuscire a reprimere il suo caratteristico sorriso a 32 denti che per un secondo fece ritornare la castana al passato spensierato che troppe volte aveva rimpianto.
-Mi piacerebbe conoscerlo- sussurrò lei mordendosi nervosamente le labbra per la paura della risposta che le avrebbe rivolto.
-Davvero? – rispose però con felicità Rock Lee stringendo il pugno e lasciando che i suoi occhi si inumidissero.
-Ne sarei onorata- mormorò senza più riuscire a reprimere le lacrime che silenziose scivolarono sulle sue guance rosate lasciando basito l’allievo prediletto dal maestro Gai.
- TenTen...- bisbigliò lui sconvolto dalla reazione della sua amica.
-Lee pensi che io potrei piacergli? – domandò con estrema semplicità la ragazza lasciando che un sorriso triste si facesse spazio tra le sue lacrime. Lui, di fronte a quelle sue parole, si tuffò senza preavviso tra le sue braccia lasciando che i capelli sciolti e castani della maestra delle armi gli solleticassero il volto che non riuscì più a reprimere le lacrime. Lei rimase per alcuni secondi immobile senza capacitarsi di quel gesto così spontaneo del suo migliore amico, ma poi avvolse con sicurezza le spalle muscolose di Rock Lee.
-Ti adorerà- sussurrò l’uomo alternando queste poche parole ai suoi singhiozzi. TenTen affossò con trasporto il suo capo tra le sue spalle beandosi di quel profumo che per lei sapeva di casa. Passarono alcuni secondi in quella posizione che fece sentire bene entrambi abituandosi a vicenda nuovamente l’uno del calore dell’altro. Poi i loro occhi ritornarono a specchiarsi.
- TenTen- disse deciso Rock Lee serrando le labbra con forza e asciugandosi malamente le guance ancora bagnate con fare bambinesco.
-Io lo so che non potrò mai colmare il vuoto che la morte di Neji ti ha lasciato perché anche io in tutti questi anni ci ho provato inutilmente, ma ci permetterai di starti vicino, di essere la tua famiglia? - quelle parole sprigionarono un calore che la castana era sicura di non provare più da tempo. Confusa indietreggiò di qualche passo.
-La mia famiglia? – sussurrò senza riuscire a celare la confusione che quelle parole avevano causato in lei. Lee annuì con decisione sorridendole dolcemente.
-Ma solo se mi prometterai che non ci lascerai mai più: io e Gai-sensei non potremmo sopportare di perderti di nuovo e non posso permetterti di fare del male a mio figlio, ha già sofferto abbastanza- concluse con un tono paterno che mai TenTen avrebbe immaginato di ascoltare da lui. Gli occhi così simili a quelli di un cerbiatto si posarono per alcuni secondi sulla lapide bianca dell’unico uomo che avesse mai amato: con delicatezza sfiorò i petali del giglio beandosi del dolce profumo che quel fiore emanava. Per troppi anni aveva vissuto nel rimpianto, nell’immaginare una ipotetica famiglia che avrebbe potuto costruire con lui, ma il destino, lo stesso destino che Neji era solito seguire con dedizione, aveva avuto un piano diverso per lei strappandole l’unico futuro che fino a pochi giorni prima pensava di poter desiderare. Solo in quel momento si rese conto di essere stata estremamente stolta: era vero, Neji non c’era più al suo fianco, ma aveva capito che non l’aveva mai abbandonata. Se ne era accorta rivedendo la sua determinazione nello sguardo di Boruto e nell’ammirazione che ancora oggi il suo migliore amico provava nel guardare la sua lapide. Se ne era accorta nel vento docile che in quel momento la stava avvolgendo come in un abbraccio, se ne era accorta nel ricordo dolce, ma forte di lui che ancora aleggiava nei cuori dei loro amici. Certo, non avrebbe mai potuto avere una vita felice insieme a lui, ma non sarebbe rimasta sola, un’altra famiglia da sempre la aspettava a braccia aperte: Rock Lee, Gai-sensei e Metal Lee forse sarebbero riusciti con il loro amore ad alleviare il vuoto che provava. Perché la sua vita era stata risparmiata e doveva vivere per entrambi.
Con gli occhi sempre più lucidi e pieni di consapevolezza osservò un uccello volare sereno e libero nel cielo: il suo ricordo non l’avrebbe mai abbandonata e lei sperava che mai l’avrebbe fatto, ma forse era giunto il momento di ritornare a sorridere davvero.
-Te lo prometto, non vi lascerò mai più-
 
 
Note
Se siete riusciti a leggere tutto vi faccio i miei complimenti: devo ammettere che ero indecisa sul pubblicarla così intera perché effettivamente è davvero lunga, ma scrivendola non sono riuscita a fermarmi. Le parole mi uscivano da sole e non me la sentivo di tagliarla. Posso ritenermi soddisfatta del mio lavoro perché non ho mai letto fanfiction che analizzavano il rapporto di TenTen con Boruto e gli altri personaggi alla fine della Grande Guerra. Ho amato scrivere ogni singola parola di questa one shot e spero vivamente che vi possa aver fatto emozionare come è accaduto a me, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima
FalbaLove
   
 
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