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Autore: Serpentina    09/07/2020    3 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Chi non muore si rivede! Dopo anni di blocco creativo, rieccomi con la (spero) degna conclusione di questa storia.
Ringraziate i Pinguini Tattici Nucleari per questo capitolo, che ha visto la luce con “Ringo Starr” in loop a fomentare la mia vena creativa.
Siete pronti a salutare Faith&co? Ma, soprattutto … siete pronti a conoscere baby Weil? Se sì, non indugiate oltre e buona lettura, altrimenti siete pregati di tornare al capitolo precedente per un breve ripasso.
Grazie per la pazienza, spero che quanto state per leggere sia valso l’attesa.
 
Sweet child of mine
 
Nascere è ricevere tutto l’universo in regalo.
Jostein Gaarder

 
Aprile aveva portato con sé un clima autunnale, rendendo difficile pensare che l’estate sarebbe davvero arrivata, quell’anno.
Faith, ormai al termine della gravidanza, si sentiva sopraffatta da un misto di ansia e frustrazione; ansia per il parto imminente e frustrazione per le eccessive premure, ai limiti dell’ossessivo, di Gertrud e sua madre, che apparivano ancor più soffocanti, in contrasto con l’evasività di Franz: rincasava tardi sempre più spesso, era diventato estremamente guardingo e possessivo nei riguardi del suo computer e del cellulare, e, segnale ancor più allarmante, neanche Chris, Harry e Robert avevano idea di cosa combinasse dopo il lavoro.
Avrebbe mentito a se stessa se avesse negato di provare un briciolo di paura. Voleva fidarsi di lui, anzi, doveva, o la loro vita insieme sarebbe stata destinata a crollare dalle fondamenta; tuttavia, non riusciva a liberarsi del tarlo del sospetto: che stesse meditando di nuovo la fuga? Che stesse cercando “distrazioni” altrove?
All’ennesimo tentativo di eludere le sue domande, seguito dalla patetica promessa di spiegarle tutto a tempo debito, Faith, in un impeto di rabbia, aveva minacciato di ucciderlo, se mai avesse scoperto che la tradiva.
–E so che tu sai che saprei farlo passare per un tragico incidente.
Franz ne aveva riso, acuendo la sua ira; da allora, per fargli dispetto, nonché per dimostrare che essere incinta non la limitava in (quasi) alcun modo, aveva iniziato a dedicarsi ad attività poco raccomandabili per una donna alla trentottesima settimana di gestazione.
Al rientro da una delle suddette attività (per la precisione, un’udienza in tribunale), trovò ad aspettarla sul pianerottolo di casa una Lauren sull’orlo della disperazione.
L’aveva fatta accomodare sul divano e, mentre preparava del tè, sforzandosi di ignorare le erratiche fitte al basso ventre che la tormentavano dalla mattina, aveva cercato di capire il motivo del suo malessere. Lauren, tuttavia, non si mostrò molto collaborativa, limitandosi a rigirare la tazza di tè tra le mani e a rispondere a ogni domanda con monosillabi o sospiri.
La Irving rimase immobile, scrutandola con quella che sperava fosse un’accettabile imitazione delle occhiatacce di Franz, capaci di raggelare persino sua madre (il che era davvero tutto dire), nella speranza di risultare abbastanza intimidatoria da farle aprir bocca. Con ottimismo forse esagerato, si disse che questa era un’occasione per mettersi alla prova come madre: il pupo non sarebbe rimasto tale per sempre, e, una volta raggiunta l’età cosiddetta “difficile”, si sarebbe trovata a combattere contro il mutismo di un adolescente in piena tempesta ormonale; tanto valeva fare pratica. Dopo una breve riflessione, decise che forzare Lauren a parlare non fosse la migliore strategia; meglio indurla a farlo sfidandola ad una gara di silenzio e sguardi torvi.
Incredibilmente, la tattica funzionò.
–Mi prometti che, se ti dico cosa ho combinato, non mi farai la predica?
Faith sbuffò una risatina, malamente camuffata da colpo di tosse.
–Solo se mi prometti che non mi farai la predica per essere andata in tribunale in metropolitana, e non in auto come avevo promesso a Franz.
Dopo un altro paio di minuti di silenzio assoluto, Lauren finalmente vuotò il sacco.
–Io, ecco… sto pensando di … gettare la spugna. Sì, insomma … lasciare medicina.
–Tu cosa?- ruggì la leonessa nell’animo della Irving. –Dopo tutto lo studio e i sacrifici? Sei stata lobotomizzata, non c’è altra spiegazione! Ascoltami bene: hai tutte le carte in regola per diventare un ottimo medico, non puoi lasciarti abbattere da quel decerebrato di Fraser! Sì, decerebrato. Proprio non capisco come faccia Franz ad adorarlo!
Lauren soppresse un risolino e l’impulso di farle notare le similitudini caratteriali tra Franz e Sebastian.
–Sebastian, incredibile a dirsi, non c’entra- esalò. –È per ieri. Ho avuto una giornata di merda.
–Posso immaginare. La notizia del deragliamento in metropolitana era su tutte le testate e i canali televisivi: BBC news ha mandato in onda le operazioni di soccorso in diretta. Per questo Franz mi ha imposto di usare la macchina o i taxi. Trenta vittime, se non vado errata. Una vera catastrofe. In Pronto Soccorso avrete avuto un bel daffare!
A Lauren tremarono le mani; posata la tazza vuota sul tavolino per evitare incidenti, esalò –Trentacinque estratti senza vita da quel che restava del treno. Il bilancio è salito di parecchio con i morti in ospedale. È già difficile veder morire un paziente, ma lasciarli andare così, senza lottare …
A poco più di due settimane dall’ufficializzazione del cambio di reparto per il tirocinio, l’iniziale paura di non reggere alla pressione di un ambiente frenetico come il Pronto Soccorso era stata sostituita da una sorta di dipendenza dalla scarica di adrenalina che solo il salvataggio in extremis di vite umane poteva procurare. Certo, in alcune giornate aveva a malapena tempo di respirare, ma le piaceva, eccome se le piaceva! Lontano da Sebastian e i suoi indegni compari poteva dare il meglio di sé, ed era lieta che, a differenza di Franz, il suo nuovo tutor, il dottor Geller, l’avesse sin da subito “gettata nella mischia”. Lavorando fianco a fianco, aveva imparato a conoscerlo e ad ammirarne il sangue freddo; perciò, quando lo aveva visto correrle incontro, ansante, aveva capito che la situazione era grave.
–Quigley, muoviti, c’è bisogno di te! Incidente in metro, pare sia deragliato un treno. Siamo l’ospedale più vicino, manderanno qui la maggior parte dei feriti.
–È terribile!- aveva esclamato, pregando che tra le vittime non figurasse nessuno che conosceva. –Posso rendermi utile?
–Non sarei venuto a reclutarti, altrimenti. Siamo a corto di personale, nel mentre che arrivano i colleghi richiamati in servizio, mi aiuterai a triagiare i pazienti.
Mentre percorrevano il corridoio che portava alla sala di accettazione, Lauren aveva trovato il coraggio di dare voce alle proprie paure.
–Io … non so se sono pronta.
La sua risposta non era stata confortante come sperava.
–Vedi di diventarlo in questi … trenta secondi che ci separano dal delirio, la tua paura può fare la differenza tra la vita e la morte per parecchie persone. Intanto, ti spiego come funziona: nei casi di catastrofi di questa portata, per ovvie ragioni le priorità cambiano: la rapidità è essenziale, il campo dei pazienti effettivamente bisognosi di cure si restringe di molto. Per fartela breve: chi sta “troppo bene” - codice verde - e chi sta “troppo male” - codice nero - non merita la nostra attenzione. I nostri sforzi vanno concentrati sui codici gialli e rossi, quelli messi male, ma che possono farcela. Chiaro?
–Perdoni la domanda stupida: in che senso “troppo bene” e “troppo male”?
–Chi è cosciente e in grado di reggersi in piedi, avesse anche una frattura di femore, è un codice verde, rimane in corridoio ad aspettare. Quelli con minime probabilità di sopravvivenza, nonostante le cure, invece … beh, puoi facilmente immaginare dal codice colore il loro destino.
Lauren si bloccò in mezzo al corridoio, atterrita.
–Si lasciano lì, a morire?
–Non si lasciano lì a morire, vengono sedati per farli soffrire il meno possibile- aveva spiegato il dottor Geller, prima di lanciarle una confezione di siringhe di morfina. –Oh, non fare quella faccia! In situazioni del genere, si deve ragionare in termini di chance di sopravvivenza: non si può rischiare di perdere chi può farcela per curare chi è spacciato!- le aveva aperto la porta e, dopo un respiro profondo, aveva esclamato –Coraggio, andiamo a giocare a fare Dio!”
–Oh, cielo, Lauren! Non mi sorprende che tu sia sconvolta!- pigolò Faith, per poi precipitarsi ad abbracciarla. –Ti è capitato …?
–Tre codici neri- singhiozzò lei. –Non ho voluto conoscere i loro nomi. Sai, speravo sarebbe stato po’ più facile… - non riuscì a finire la frase; stretta nell’abbraccio consolante di Faith, si lasciò andare a un pianto liberatorio. –Stanotte non ho chiuso occhio; ho vomitato, urlato nel cuscino … mi sento male, Faith. Perché sto così male? Nessuno degli altri l’ha presa così male. Forse non sono adatta a fare il medico.
–Osa ripeterlo, e mi arrabbierò. Vuoi far arrabbiare una donna incinta? È questo che vuoi?- sbottò Faith, ricevendo in risposta un cenno di diniego. –Ecco, appunto. Ti svelo un segreto: sai perché ho deciso di diventare patologa? Perché ho capito che la medicina è una lotta senza quartiere, che si finisce col perdere sempre: tutti dobbiamo morire, si sta solo rimandando l’inevitabile … e non ho mai avuto la forza di lottare contro un nemico invincibile. Tu sì. La forza è potente in te. Pensa a te stessa come a un cavaliere senza macchia e senza paura, dalla candida armatura in cotone! Devi soltanto liberarti di un po’ di … umanità in eccesso. È quella a causarti tanto dolore. Non dico di diventare una specie di sociopatica maltratta-pazienti e sforna-diagnosi a macchinetta, però necessiti di sviluppare il giusto distacco dalla componente emozionale del lavoro. Tranquilla, a questo provvederà l’abitudine: vederne di tutti i colori, inevitabilmente, porta ad indurirsi almeno un po’.
Sul viso di Lauren comparve la pallida imitazione di un sorriso.
–Grazie, Faith. Mentirei se dicessi che sto bene, però mi hai davvero aiutata a sentirmi meglio.
–Prego. Ora, vorresti essere così gentile da aiutarmi a raggiungere il letto? Non mi sento molto bene. 
 
***
 
Recuperate le forze, Faith, dopo essersi assicurata che Lauren se ne fosse andata, si recò alla vicina fermata della metropolitana, in barba alle raccomandazioni di Franz, e raggiunse l’altra casa Weil.
Ignorando le fitte al basso ventre, sempre più dolorose e ravvicinate, spinse da parte Alexander, che le aveva aperto la porta tutto sorridente, e si fece strada nell’appartamento sbraitando –Lui dov’è? Non c’è, vero? Avrei dovuto immaginarlo! Quel pezzo di merda infestata dalle mosche, quel maledetto figlio di …
–Ti ricordo che è anche mia madre- ridacchiò il maggiore dei fratelli Weil. –Non vorrai offendere in un colpo solo la nonna e lo zio preferito di tuo figlio!
–Tuo nipote rischia di crescere senza padre, sappilo. Quel bastardo! Aveva detto di trovarsi qui- sibilò Faith, più che mai simile a un serpente a cui hanno toccato la coda. –Me la pagherà, fosse l’ultima cosa che faccio!
–Franz, dici? In effetti, mi ha detto che sarebbe passato, dopo aver … ehm, sì, insomma ... fatto quel che doveva fare. Una questione della massima importanza.
–Una questione di sicurezza nazionale, a giudicare dal livello di segretezza- sputò la Irving, fulminando con lo sguardo Alexander. Vinta dai dolori e dalla spossatezza, si accasciò sul divano e pigolò –Senti, Alex, so che si tratta di tuo fratello, che gli vuoi bene e gli sei leale, ma … me lo diresti se volesse lasciarmi, vero? O se avesse … un’altra?
Alexander soppesò accuratamente le parole, prima di rispondere: se Faith era suscettibile almeno la metà di Serle, una virgola fuori posto e sarebbe esplosa l’atomica.
–È questo che pensi? Seriamente? Hai un’alta opinione meinem kleinen Bruder!  Franz ha i suoi difetti, ma non andrebbe mai con altre solo perché adesso sei taglia mongolfiera, è troppo … beh, lo sai com’è- assunse un’espressione seriosa e sprezzante, che su di lui risultò talmente buffa da strappare una risatina a Faith. –Non lo farei io che, secondo mia moglie, ho la maturità di un bimbo di due anni, figurati lui!
–Mettiamo per un attimo che io ti creda: se Franz non mi sta facendo diventare un Minotauro al femminile, cosa sta combinando?
–Mi dispiace, ho giurato di mantenere il segreto. Posso solo dirti che è una sorpresa … per te.
–Sei un ottimo illusionista, ma un pessimo bugiardo, Alex. Ok, mi hai convinto - esalò Faith, prima che il suo organismo si ribellasse: al dolore addominale, ormai lancinante, si erano aggiunti nausea, brividi e sudorazione fredda. –Scusa per l’irruzione, mi sento una deficiente! Meglio che torni a casa. Potresti accompagnarmi? Non mi sento molto bene.
–Lo
vedo! Che hai?
–Mal di pancia, e … brividi … ho freddo, ma sto sudando. Sento che sto per svenire.
Un campanello d’allarme risuonò nella testa di Alexander. Le si accucciò accanto e le chiese –Da quanto hai mal di pancia?
–Stamattina. È andato aumentando d’intensità. Sarà qualcosa che ho mangiato … Ehi! chi è il medico, qui?
Alexander rise di cuore a quel moto di orgoglio di categoria, per poi replicare –Tu. Anche se meriterei la laurea honoris causa, dato che mi sono accorto prima di te che sei in travaglio. Oh, sì, cognatina cara, non è il tuo intestino che scalpita, è il mio primo nipote!- a fatica, la issò in piedi, si mise un braccio sulle spalle e la trascinò verso la porta. –Coraggio, ti porto in ospedale.
 
***
 
Aveva sperato di farla franca, che il suo piccolo segreto restasse tale, anche grazie all’aiuto di Alexander, il suo alibi nei mesi addietro. Contava di rivelare tutto quanto a Faith quella stessa sera, magari nell’intimità della loro camera, in modo da poter “celebrare” adeguatamente il suo successo. Per sua fortuna, la gravidanza l’aveva resa particolarmente focosa.
Per evitare di essere disturbato o, peggio, scoperto, aveva spento il telefono. Appena lo aveva riacceso, era stato letteralmente inondato di messaggi e avvisi di chiamate perse: sua madre, suo fratello, Serle, i genitori di Faith, i suoi amici … persino Abby!
Scorrendoli velocemente, aveva capito che Faith si trovava in ospedale, circondata dai suoi cari, e che all’appello mancava solo lui. Naturalmente, non ci aveva pensato due volte, prima di correre da lei.
Scheiße!- esclamò, mentre faceva la gimkana tra i pedoni verso il Queen Victoria Hospital, maledicendosi per aver lasciato a casa la Harley, utilissima per sgusciare nel traffico, ancor più caotico dopo l’incidente che aveva portato alla chiusura di due linee della metropolitana.
Una volta appreso in quale reparto fosse ricoverata Faith, dall’ansia aveva salito a due a due i gradini dei tre piani che lo separavano da lei. L’ansia diventò panico quando vide Robert corrergli incontro in tenuta chirurgica, col camice e la mascherina sporchi di sangue.
–Congratulazioni, Husky! Che fortuna averti beccato, ci tenevo ad essere il primo a dirtelo!
Franz lo ringraziò, ritraendosi schifato quando l’amico provò ad abbracciarlo.
–Neanche per sogno! Ti sei visto, Patty? Vatti a cambiare e forse ti concederò l’onore di un abbraccino!
Robert si accigliò, ma poi, realizzato di sembrare Hannibal Lecter dopo aver pasteggiato a fegato e un buon Chianti, scoppiò a ridere.
–Oh, questo. Dovresti vedere in che stato è la Meigs!
–È di Faith?- ruggì Franz. –Quanto sangue ha perso? Che cazzo avete combinato, razza di macellai?
–Tranquillo, siamo intervenuti tempestivamente per arrestare il sanguinamento. Un po’ ce l’aspettavamo, la placenta posteriore sanguina sempre parecchio durante il secondamento, ma Faith ha battuto ogni record! Dopo due sacche di sangue aveva 9 di emoglobina.
–È un valore basso. Sicuri di aver bloccato ogni possibile fonte di sanguinamento?
–Partiva da 6, in termini di incremento relativo 9 non è poi così basso. In ogni caso, la  neo-mammina non si muoverà da qui: la terremo in osservazione per 24 ore, pronti ad ogni evenienza, poi si vedrà.
Rassicurato sulla salute di Faith, Franz potè concentrarsi su altro.
–Il … bambino, invece? Come … come sta?
Robert sgranò gli occhi, convinto di aver sentito male: Franz non poteva essersi davvero interessato al neonato, non era da lui!
L’arrivo di Harry e Chris, entrambi eccitatissimi, gli fornì l’occasione per svignarsela a indossare abiti civili, o, quantomeno, puliti.
–Alla buon’ora, Husky!- lo rimproverò Harry. –Si può sapere dov’eri finito?
–Congratulazioni, vecchio mio!- esultò Chris, soffocandolo in un abbraccio affettuoso. –Mini-Franz è un fagottino adorabile!
–Non è proprio un mini-Franz, Chrissino … anche se devo dire che ti somiglia- annuì Harry, felice come se si trattasse della nascita di un figlio suo.
–Vuoi
vederla?
–Veder … la?
Il cuore di Franz mancò un battito. Aveva una figlia! F-I-G-L-I-A! Un esserino totalmente dipendente e bisognoso di cure che racchiudeva una parte di lui e una parte di Faith. Non riusciva a capacitarsi di essere stato catapultato in questa nuova avventura: era diventato padre. Lui! Doveva esserci un errore. I primogeniti Weil erano maschi da almeno cinque generazioni, e poi … davvero erano trascorsi nove mesi? Così, in un soffio? Sembrava ieri che Faith gli aveva annunciato di essere incinta, e lui, da emerito deficiente, aveva imboccato l’uscita, rischiando di perderla per sempre. Com’era possibile? Si guardò intorno, quasi aspettandosi di veder saltare fuori un cartello con la scritta “Candid Camera”, ma l’entusiasmo di Harry e Chris era troppo esplosivo e genuino per poter pensare a uno stupido scherzo dei loro.
–Oh, sì. L’ultima volta che ho controllato, era decisamente una femminuccia- disse Helen Gardiner, la pediatra amica di Faith. –Normopeso e perfettamente sana, in caso te lo stessi chiedendo. Apgar 9-10-10.
–Il massimo punteggio sin dal primo istante di vita- chiocciò Franz. –È proprio una Weil!
–Vedo che l’hai presa bene- ridacchiò Chris. –Accidenti, avevo scommesso dieci sterline con Harry e Patty che avresti tentato la fuga, o che saresti svenuto e avremmo dovuto portarti a bere per farti riprendere dallo shock!
–Sgancia la grana, Chrissino- gli ordinò Harry, sorridendo compiaciuto. –Grazie! Dato che la paternità non sembra averti ancora traumatizzato, Husky, credo sia d’obbligo offrire da bere ai tuoi amici. Facciamo domani sera?
 
***
 
Nel mettere piede nella stanza che Faith avrebbe diviso con la piccola, Franz provò lo stesso imbarazzo di quando, da bambino, entrava in scena durante le recite scolastiche. Calò il silenzio, e ogni paio d’occhi si posò su di lui, che avvampò come uno scolaretto, salutando timidamente con la mano.
Faith sedeva nel letto, sorretta da una pila di cuscini; appariva provata, più pallida del consueto e madida di sudore, ma, nel complesso, in via di ripresa.
Dov’eri?- gli chiese.
–Credo che vorremmo saperlo tutti- asserì il padre di Faith, lasciandolo di stucco: se non l’avesse visto con i propri occhi, Franz non avrebbe creduto possibile che un uomo tanto mite potesse lanciare occhiate assassine. Se gli sguardi avessero davvero avuto il potere di uccidere, sarebbe morto stecchito.
Messo di fronte alla banale inutilità del sotterfugio, si rassegnò alla resa dei conti; prese il portafoglio ed estrasse un rettangolo di plastica rosa che consegnò a Faith.
–Mi sono impegnato a tenere tutto segreto perché volevo farti una sorpresa. Xandi era l’unico a saperlo- incrociò le braccia e sbottò, alle occhiate di rimprovero di Chris, Harry e Robert, riapparso in abiti civili –Non guardatemi così!  Nei miei panni, vi sareste fidati della vostra discrezione?
–Onestamente … no!- ammise Harry.
–Uh, ora sono curioso!- esclamò Chris, saltellando nel tentativo di vedere qualcosa dal fondo della stanza gremita di gente. –Che cos’è?
–La sua patente, Chris. Cosa cavolo me ne faccio della tua patente, Franz?- sbuffò la neo-mamma, scuotendo la testa. –Un momento: perché ha la data di oggi?
–Guarda
meglio.
–Franz, cosa diamine … no! Non posso crederci! È un falso!
Rise di gusto: quanto adorava quando era la sua amata Faith a essere in torto!
–È autentica, fresca di stampa: mentre tu sfornavi la pargola, io sostenevo una durissima prova di coraggio … l’esame di guida! Per darti un’idea dell’imbarazzo che ho provato, in mezzo a tutti quei ragazzini appena maggiorenni: l’esaminatore mi ha chiesto se fossi lì con mio figlio. Avrei voluto sotterrarmi!
–Ma Franz, tu odi guidare più di me! Per te esistono soltanto le due ruote!
–Vero. Per nulla al mondo rinuncerò alla Harley. Però, con un pupo in arrivo, due autisti in famiglia possono fare comodo. Ora non dovrai sobbarcarti da sola l’onere di scarrozzare in giro la creatura … ehm , volevo dire, nostra … figlia. A proposito, potrei, uhm, vederla?
–Dietro di te … papà.
Si avvicinò alla culla con circospezione, ricevendo un divertito “Guarda che non morde, è senza denti  … per ora!” da Faith, e scrutò da capo a piedi la neonata, immersa in un sonno profondo, per accertarsi fosse realmente in salute.
–Non trovi sia bellissima, Kind?- trillò sua madre, al settimo cielo per essere diventata nonna.
Schöne?- esclamò Franz, erompendo in una risata sarcastica. -Sie sieht aus wie ein kleiner Frosch!1
Faith comprese che il suo compagno doveva aver detto qualcosa di poco carino sulla neonata dalle reazioni di Gertrud e Alexander, ai quali sarebbe tranquillamente potuto uscire fumo dalle orecchie, tanto erano arrabbiati.
Wenn ich höre, dass du es noch einmal sagst, schneide ich dir die Zunge!2- ululò Gertrud mentre prendeva a borsettate il suo (non più tanto) lieber Kind.
–Stavolta hai esagerato!- soffiò Alexander, scuotendo il capo. –Insultare tua figlia! In tedesco, poi, per pararti il cu … il sedere- si corresse a un’occhiataccia della moglie. –Davvero ignobile da parte tua. Ehi, cognatina, vuoi sapere cosa pensa Franz della pupetta che hai appena scodellato? Che somiglia … a una ranocchia!
–Ah, sì? Questa me la paghi, ingrato! La prossima volta partorisci tu … Dummkopf!- ringhiò Faith, stupendo tutti: mai avrebbero creduto che la sua prima parola in tedesco sarebbe stata un insulto a Franz.
–Offendetemi quanto vi pare, non cambierò idea- replicò lui, tirando in su il naso con fare altezzoso. –Andiamo, guardatela: è tutta rossa e grinzosa, sembra una di quelle piccole rane sudamericane che secernono sostanze allucinogene e … e va bene, taccio. Ma la bambina somiglia comunque a una ranocchia. Una ranocchietta molto carina, ma pur sempre una ranocchia.
In quel preciso instante, forse perché si era sentita chiamata in causa, la piccola si stiracchiò e aprì gli occhi. Franz la osservò con palese meraviglia, suscitando il divertimento dei presenti.
In particolare, Robert ridacchiò –Qualcosa mi dice che ha i tuoi occhi. Ho indovinato? È una piccola Husky?
La piccina socchiuse le palpebre, assumendo quella che a Franz parve un’espressione torva fin troppo “adulta”.
–Mi sta giudicando!- gnaulò, voltandosi verso Faith. –Tua figlia mi sta giudicando!
–Sei proprio melodrammatico!- replicò lei, irritata dall’infantilismo del suo uomo. –Se anche fosse, ti sorprenderebbe? L’hai appena paragonata a una rana! Ora, se non vi dispiace, vorrei collassare: partorire stanca!
Rimasto solo con Faith e la neonata, Franz si accasciò sulla poltrona accanto alla culla; avvertiva tutto il peso degli eventi di quella giornata che volgeva al termine, ma si sforzò di non crollare: mentre Faith riposava, toccava a lui badare alla pupetta ancora senza nome.
“Tanto vale conoscerci meglio”, pensò, per poi appropinquarsi alla culla con fare incerto. La piccina si era riaddormentata; rimase per un tempo indefinito ad osservare, come ipnotizzato, i movimenti ritmici del piccolo torace, intervallati da sporadici movimenti bruschi di braccia e gambe.
–Che fai, Fröschlein3, ti alleni nella lotta libera?
Istintivamente, allungò una mano per accarezzare la testolina coperta da una scura lanugine, poi il pancino. La piccola dovette gradire, perché gli afferrò l’indice con entrambe le manine. Ne approfittò per farle il solletico.
–Aha!- esclamò Faith, destatasi giusto in tempo per godersi quell’idilliaco quadretto familiare. –Ti ho beccato!
–Non dovresti dormire, tu?
–Sì, ma sai come sono fatta: quando mi entra in testa un pensiero, mi ci fisso sopra, e addio sonno! Franz, cazzarola, nostra figlia non ha un nome!
–Ah, cavolo! Non ci avevo pensato! Hai qualcosa in mente?
Faith si mordicchiò nervosamente il labbro, quindi rispose –Soltanto una richiesta: niente nomi di parenti, vivi o defunti che siano. Vorrei che la bambina avesse una propria individualità. Ti dispiace?
–Un po’- scherzò Franz. –Ma a mia madre di più. Forse ti toglierà il saluto!
–Ma … ma … a me aveva detto che non ci teneva …
A quel punto, Franz scoppiò a ridere, ponendo fine alla recita.
–Rilassati, ti stavo prendendo in giro! Secondo me, una Gertrud basta e avanza, a questo mondo! Andrà bene qualsiasi nome … purchè di tradizione germanica. Su quello non si transige.
Faith deglutì a vuoto, tremando all’idea che sua figlia potesse ritrovarsi con un nome ridicolo e /o dalla fonia eccessivamente aspra.
–Cos’hanno che non va i nomi inglesi?
–Niente. Semplicemente, vado fiero delle mie origini tedesche, mi piacerebbe rimarcarle. Se proprio ci tieni, possiamo lasciare il nome inglese come secondo nome.
Al termine delle videochiamate di auguri da parte di Callie e Jared, e Bridget e Rafael - in collegamento, rispettivamente, da New York e Miami - ripresero con rinnovata determinazione l’annosa ricerca di un nome per la neonata, che continuava a ronfare imperterrita, inconsapevole del fatto che i suoi genitori stessero decidendo quale veste cucirle addosso per la vita.
Abbattuti dalla vanità dei loro sforzi, stavano per gettare la spugna e rimandare la fatidica scelta all’indomani; all’improvviso, però, Franz, nel guardare una stampa appesa ad una parete altrimenti spoglia, ebbe un’illuminazione.
–Ma sì, è perfetto! Meine Liebe, credo di averlo trovato!
 
Sei
anni dopo
Frida, komm sofort her!4
Nei suoi primi sei anni di vita, Frida Weil aveva appreso alcuni fondamenti di sopravvivenza: non mettere in imbarazzo mamma e papà facendo i capricci in pubblico, dare la colpa ai gatti ogniqualvolta rompeva qualcosa in assenza di testimoni, sfoderare gli “occhioni cucciolosi” per ottenere quello che voleva, non disturbare mamma e papà quando giocavano ai “giochi dei grandi” e, non meno importante, allarmarsi quando il suo lieber Vater la chiamava per nome, scattare sull’attenti se le parlava in tedesco senza traccia di ilarità nella voce.
Con riluttanza, abbandonò il nascondiglio sotto al letto e raggiunse i genitori, trovando sua madre intenta a sommergere Lauren di ringraziamenti per essersi offerta di occuparsi dei gatti in loro assenza, mentre suo padre controllava maniacalmente, per l’ennesima volta, i bagagli.
Si divertì a far roteare su se stessa la sua valigia, facilmente riconoscibile non tanto dalle dimensioni ridotte, quanto dalla vistosa decorazione (che Faith detestava): una grassa regina rana con tanto di scettro e corona, il principale motivo per cui aveva costretto suo padre a regalargliela per il compleanno.
–Eccoti, finalmente! Dobbiamo andare, Fröschlein, o l’aereo decollerà senza di noi.
–Io non vengo- rispose la bambina, che teneva le mani sui fianchi nella speranza di apparire più risoluta.
–Ne abbiamo già parlato. Tu vieni, dovessi portarti di peso fin dentro l’aereo!- replicò Franz.
–Io non ci salgo su una cosa che può cascare in mare!- protestò Frida, battendo con violenza i piedi sul pavimento.
Gut. Divertiti ad attraversare l’Atlantico a nuoto. Wir sehen uns in Miami5!
Faith, sentendo puzza di lite padre-figlia, si affrettò ad intervenire.
–Non litigate, voi due. Frida, tesorino, sicura di non voler venire? Hai l’occasione di visitare una nuova città, in un altro continente, e la butti via così? E poi … tu adori fare la damigella! Se non vieni, non potrai indossare il bellissimo vestito che abbiamo comprato insieme, e precedere Rafa e la zia Bridget lungo la navata spargendo petali di fiori! Senza contare che Kevin, Kimberly, Kaori ed A.J. saranno tutti lì …
–Anche Abby e Brian, purtroppo- sibilò Franz a denti stretti, attento a non farsi udire da Faith.
Lieta di avere un ruolo da co-protagonista in un evento importante come un matrimonio (un po’ meno di condividere la scena i suoi amici), Frida si chetò, ma non prima di aver espresso il dubbio alla base del suo rifiuto di salire sull’aereo.
–Ci sarà Aidan?- celiò, colorandosi di rosa. –Allora vengo, ma solo se mi spiegate come fanno gli aerei a star su!
I tre adulti nella stanza si scambiarono sguardi atterriti: come spiegare le leggi della fisica a una bambina di quell’età?
A un tratto, Faith ebbe un’idea per guadagnare tempo: dirottare l’attenzione della figlia su qualcosa di abbastanza difficile da tenerla impegnata quantomeno fino alla fase di decollo.
–Facciamo un patto, tesorino: risponderò alla tua domanda, se risolverai il mio indovinello. Ci stai?
Frida doveva aver ereditato la sua passione per gli enigmi, perché accettò la proposta senza esitare, battendo le mani dalla contentezza.
–Ci
sto!
–Dimmi, allora: cos’è che vola, ma non ha piume, e ha le ali, ma non cinguetta?
Faith e Franz sogghignarono, convinti che la sfida intellettuale avrebbe monopolizzato l’attenzione di Frida addirittura fino all’atterraggio su suolo statunitense, ma avevano cantato vittoria troppo presto: non fecero in tempo a scendere dal taxi che la bimba trillò, trionfante –Vola ma non ha piume, e ha le ali, ma non cinguetta: è l’aereo! Giusto, Mutti? Ho indovinato? È la soluzione dell’indovinello? Ah! Adesso devi dirmi come fanno a volare!
 
THE END
 
Note
dell’autrice:
Ce ne ho messo di tempo, ma alla fine ce l’ho fatta! Concludere questa storia è stato un parto, per me, ma sono contenta di esserci riuscita, e spero che il risultato sia decente.
So di aver deluso le aspettative di chi sperava in un fiocco azzurro, o addirittura in un fiocco doppio. Spero non abbiate piazzato scommesse, a differenza di Chrissino!
Che ne pensate di F&F nel ruolo di genitori? E del nome della piccola Weil? Personalmente, lo adoro: secondo l’ipotesi più accreditata, Frida deriva dal termine tedesco frid, cioè "pace"; un'altra supposizione attribuisce la sua etimologia al norreno Fríða il cui significato è "bella, amabile".  In ogni caso, ha un bel significato.
Callie e Jared sono quei Callie e Jared, direttamente dal kleine Meisterwerk (direbbe Franz) di Amelia S, " Quando meno te l'aspetti". Se non l'avete ancora fatto, correte a leggerla. Vi do trenta secondi. Avanti, su, correte!
Ho pensato di chiudere omaggiando la passione di Faith per gli enigmi, passione che, a quanto pare, ha trasmesso a sua figlia. L’indovinello l’ho preso da un vecchio libro di giochi logici per bambini fino ai 10 anni, è  plausibile che Frida l’abbia risolto.  
Note tecniche: il secondamento è l'ultima fase del parto e consiste nell'espulsione della placenta e di tutti gli annessi fetali (membrane amnio coriali e funicolo, o cordone, ombelicale). L'indice di Apgar, da Virginia Apgar, l'anestesista statunitense che lo ideò nel 1952, è il risultato di controlli effettuati immediatamente dopo il parto, finalizzati a valutare l'adattamento del neonato alla vita extrauterina. Si basa su cinque parametri di base (ai quali si assegna un punteggio da zero a due; il valore massimo è quindi 10): frequenza cardiaca, attività respiratoria, riflessi, tono muscolare, colorito. Il test viene effettuato a 1, 5 e 10 minuti di vita del neonato, ma può essere ripetuto anche oltre, se necessario. In realtà, spesso si considera come punteggio massimo a 1’ di vita 9 anziché 10, dato che la quasi totalità dei neonati è all’inizio leggermente cianotica dall’apnea durante il passaggio attraverso il canale del parto.
Stay tuned, perché a breve posterò un capitolo extra, che potrebbe diventare il prologo di una nuova storia (di cui ho abbozzato i primi capitoli). 😉
 
1Bella? Sembra una piccola rana!
2Se ti sento dirlo ancora una volta, ti taglio la lingua!
3 In tedesco i diminutivi si formano aggiungendo alla parola il suffisso -chen o -lein. Spesso la vocale radicale del diminutivo prende la umlaut (dieresi). Frosch = rana à Fröschlein = ranocchietta.
4Frida, vieni subito qui!
5Ci
vediamo a Miami!
 
   
 
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