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Autore: Serpentina    10/07/2020    2 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Extra
Corsi e ricorsi storici
 
La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell’esistenza.
Sir Arthur Conan Doyle
 
Ogni mattina l’orologio biologico di Frida Weil precedeva la sveglia di due minuti esatti, che impiegava riordinando le idee prima di schiudere gli occhi sul nuovo giorno. Quella mattina di inizio ottobre, invece, la batté sul tempo di ben sessanta minuti.
Si alzò dal letto bruscamente, incurante dei miagolii di disappunto di Moriarty, lo scorbutico gatto che ronfava acciambellato accanto a lei, e si fiondò sotto la doccia.
Dell’incubo che aveva interrotto prematuramente il suo riposo serbava soltanto la sgradevole sensazione che avrebbe fatto meglio a restare rintanata sotto le coperte, sensazione che neppure il vigoroso getto d’acqua riuscì a lavare via.
Indossò con meccanica precisione la divisa scolastica, lieta di non sprecare tempo prezioso in un’azione secondo lei futile, quale scegliere cosa indossare. Non che trascurasse la cura del proprio aspetto; dopotutto, nulla è insignificante per una mente superiore*. Semplicemente, vi badava quel tanto che bastava a non apparire mai sciatta o fuori luogo, senza perdersi nei fronzoli che, aveva notato, assorbivano molta della materia cerebrale delle sue coetanee.
Al suo ingresso in cucina, suo padre l’accolse con un gioviale quanto sarcastico –Guten Morgen, Fröschlein!1-, ricevendo in risposta un altrettanto sarcastico –Guten Morgen, lieber Vater! Mutti.
Sapeva bene che quell’appellativo così formale lo infastidiva tanto quanto l’essere accomunata a un viscido anfibio gracidante infastidiva lei.
Sbirciò con la coda dell’occhio le carte che sua madre stava rileggendo con espressione soddisfatta. Faith chiuse di scatto il dossier e disse –Assolutamente no! I privilegi bisogna guadagnarseli. Risolvi l’indovinello, e condividerò questo fascicolo con te.
–Sfida accettata. Preparati all’ennesima sconfitta!- replicò la ragazza, che aveva ereditato dalla madre la passione per gli enigmi di ogni genere.
–Un uomo entra in un bar e chiede, con voce spezzata,  un bicchiere d’acqua. Il barista lo guarda per qualche secondo, poi si abbassa a prendere qualcosa sotto il bancone. È una pistola, e la punta direttamente alla testa dell’uomo che gli aveva chiesto un po’ d’acqua. Come lo spieghi?
Frida, dopo un paio di minuti di riflessione, si lasciò sfuggire un risolino.
–Ti sei rammollita, Mutti: è talmente facile che quasi mi sento insultata!
Wirklich?- esclamò Franz, orgoglioso, ma al contempo frustrato, del fatto che sua figlia lo surclassasse regolarmente nella risoluzione degli enigmi proposti da Faith su base quotidiana. –Spero vorrai condividere la soluzione con noi comuni mortali cerebralmente normodotati!
–L’uomo che chiedeva dell’acqua aveva il singhiozzo e il barista ha deciso di spaventarlo per farglielo passare- sciorinò Frida col tono della maestrina che ripete per l’ennesima volta un concetto semplice ad un alunno particolarmente ottuso. –Tutto ha una spiegazione razionale, lieber Vater, esserne consapevoli è la chiave per risolvere qualunque problema: se il rasoio di Occam fallisce, allora si eliminano man mano le altre ipotesi meno ovvie; l’ultima rimasta, per quanto improbabile, non potrà che essere la verità.
Faith, fiera dell’ingegno di sua figlia, la ricompensò con un breve applauso e allungò verso di lei il dossier.
Riconosceva a Frida un’intelligenza più unica che rara (di cui si attribuiva in gran parte il merito), una buona dose di testardaggine (di cui si attribuiva interamente il merito)  e una certa noncuranza per le regole - oltre alla famigerata presunzione “marca Weil” - e non disdegnava di condividere con lei i suoi casi, anche i più complicati. Il suo contributo si era rivelato prezioso più volte di quante avrebbe mai ammesso (specialmente a sua cognata Serle).
–Leggi pure, ma non perderci troppo tempo. Una povera ragazza ricca, tossicodipendente a intermittenza e con problemi psichiatrici, è caduta da una finestra della residenza di famiglia. Nulla di eclatante. Mi spiace, ma non si può sempre avere tra le mani l’omicidio dell’anno!
–Morte accidentale? Un po’ frettoloso, come verdetto- asserì la ragazza una volta terminata la lettura. –Come spieghi quei graffi sul davanzale della finestra? Hai fatto rilevare le impronte? E se fosse stata drogata? Hai richiesto un esame tossicologico? E una consulenza ingegneristica?
Tacitata la fastidiosa voce interiore - paurosamente simile a quella di Rose Taylor in Irving - che le rinfacciava di aver inculcato in sua figlia un pericolo senso di superiorità  (“Se anche fosse? Meglio che farla crescere timida e insicura come me!”), Faith rispose a quella raffica di domande, scrollando le spalle –Anche il davanzale della finestra della mia camera ha dei graffi, eppure non mi pare sia mai precipitato qualcuno da lì. Ovvio che ho fatto eseguire un esame tossicologico completo, positivo per cocaina e benzodiazepine. Sorprendente, in una che faceva avanti e indietro dai centri di recupero! Non ho richiesto la consulenza di un ingegnere, non vedo perché dovrei. Rassegnati, tesoro: a volte il chi è più interessante del come e del perché.
–A volte basta il chi per immaginare almeno una dozzina di come e perché diversi. Sei decisa a chiudere il caso, Mutti?- ribattè la figlia, lasciando intendere di essersi già figurata, in quel breve lasso di tempo,  una dozzina di moventi e sospettati, con relative percentuali di probabilità.
–Ho una soluzione semplice a portata di mano, e nessuna prova a confutarla. Cosa faresti, al posto mio?
–Comincerei a preoccuparmi. Nulla è più ingannevole di un fatto ovvio*- sbuffò Frida, per poi attaccare famelica una pila di frittelle annegate nella salsa ai frutti di bosco (aveva ereditato dalla madre anche la golosità).
Franz attese che le due donne avessero la bocca piena, prima di prima di sganciare la bomba che avrebbe irrimediabilmente guastato l’armonia familiare. Voleva evitare che un’eventuale interruzione rovinasse l’effetto scenico.
–Che ne diresti se ti accompagnassi a scuola, Fröschlein?- le propose in tono falsamente zuccheroso. –Con la Harley!- si affrettò ad aggiungere, di fronte all’espressione terrorizzata della ragazza. –Tanto devo venirci comunque: il preside vuole deliziarmi con i resoconti delle tue… attività extracurricolari. Reggiti forte, meine Liebe, la notizia potrebbe sconvolgerti: la tua consulente investigativa di fiducia spaccia … compiti. Ai suoi compagni. Per denaro.
Faith per poco non si strozzò con il porridge, e Frida scoccò a suo padre un’occhiata sdegnosa, carica di astio e alterigia, come solo gli adolescenti sanno fare.
Se fosse stata beccata a fumare o, peggio ancora, a “prodursi in effusioni inappropriate al contesto scolastico” (per usare un’espressione cara al suddetto preside), avrebbe ammesso le sue colpe, autopunendosi per l’orrendo crimine di aver sprecato neuroni preziosi in attività indegne del loro potenziale; ma lei era l’incarnazione della figlia ideale: studentessa modello, non fumatrice, astemia e contraria all’uso di sostanze psicotrope di qualunque genere (mai e poi mai avrebbe perso il controllo sul proprio cervello e rischiato di soccombere ad una qualsivoglia forma di dipendenza).
A volte usava le celluline grigie di cui andava tanto fiera per compiere atti di dubbia moralità e legalità. E allora? Cosa c’era di male nel sollevare i suoi compagni dall’onere dei compiti (dietro lauto compenso)? Quel bigotto pisquano del preside ostacolava la sua iniziativa imprenditoriale, e suo padre pretendeva fosse lei a sentirsi nel torto?
–Ovviamente per denaro! Non sono mica scema!- ribatté infine, sprezzante.
Faith, sconcertata, fece per aprir bocca, ma si bloccò ad un’occhiataccia di Franz, il cui cipiglio avrebbe intimidito i peggiori cattivi della letteratura e della cinematografia.
Soltanto Frida, probabilmente perché negli occhi del padre rivedeva i propri (“E non si può avere paura del proprio riflesso”), riusciva a sostenere quello sguardo glaciale con una tranquillità che rasentava la strafottenza.
–Se non ricordo male, lieber Vater, sei stato tu a dirmi che niente dovrebbe impedirmi di volare tanto in alto quanto mi permettono le mie ali.
–Non se ti fanno volare dal preside!- replicò Franz. –Capisco il desidero di mettersi alla prova per il gusto di scoprire quanto in là puoi spingerti senza gravi conseguenze - sapessi quante volte l’ho fatto, alla tua età - ma devi darti una regolata. Spiacente, mi vedo costretto a …- “Scheiße! Come punirla? Cosa potrebbe smuoverla nel profondo? Denk, schnell!” –Vietarti l’accesso ai casi di tua madre!
Frida sbiancò: suo padre non poteva farle questo, era troppo crudele persino per lui!
–Stai bluffando. Non oseresti!
Du willst mich nicht wirklich wütend machen, Fröschlein 2- sibilò Franz, in tedesco, per mettere in chiaro che sì, era dannatamente serio, e no, non si metteva affatto bene per lei.
 
***
 
Si stava annoiando. A morte.
Le lancette dell’orologio segnavano un orario sconfortante. Prese a giocherellare con un biondo ricciolo ribelle cadutogli sulla fronte, mentre ingannava il tempo ritraendo l’unico altro studente che aveva il coraggio di mostrare apertamente un livello di noia pari al suo: Frida Weil.
Sedeva scompostamente, spalmata sul banco, con la testa mollemente appoggiata su una mano e lo sguardo rivolto al mondo oltre la finestra, che doveva offrirle attrattive più degne di attenzione dell’oltraggio perpetrato ai danni dell’opera di Mary Shelley da Anthony Midget con la sua voce nasale e monocorde.
“Strano! Di solito si comporta come se avesse un palo su per il culo. Oggi, invece, sembra voler mandare a fanculo il mondo intero!”
La vide scribacchiare qualcosa sul quaderno e realizzò che, come lui, era mancina.
“La conosco da un mese, e soltanto oggi scopro che abbiamo qualcosa in comune? Forse dovrei osservarla meglio … o anche no, potrebbe farsi strane idee”.
Kevin Cartridge, suo compagno di banco (nonché figlio di Ben, amico di lunga data di suo padre), lo distolse da quella sorprendente rivelazione.
–Non mi ero mai accorto che Frida avesse questo stacco di coscia- ridacchiò, indicando la versione cartacea dell’amica, molto fedele all’originale, tranne che per i centimetri quadrati di pelle esposta: la camicetta aveva i primi tre bottoni aperti e la gonna era parzialmente arrotolata, lasciando scoperte le gambe nella loro interezza.
La paura di perdere il primo e, al momento, unico amico che aveva in Inghilterra lo indusse a reprimere l’istinto di mandarlo a quel paese. Della prole degli amici di suo padre, Kevin era l’unico che riteneva passabile: non parlava a vanvera e, soprattutto, sembrava essere stato risparmiato dalla superficialità e dall’ipertrofia dell’ego endemiche nella popolazione inglese in età adolescenziale.
–Sì, beh … un artista si prende le sue libertà- bofonchiò, in lieve imbarazzo.
–Limitati ai disegni- sussurrò Kevin di rimando. –Frida è allergica al contatto umano e ha un gancio micidiale. Il povero Midget ci ha provato con lei, l’anno scorso, e fino all’anno scorso aveva il naso dritto. Comprendi?
–Continua tu, Weil- ordinò il professore, lisciandosi i baffi per nascondere la smorfia di disappunto che aveva fatto capolino sul volto: nemmeno l’allieva più brillante che avesse mai varcato la soglia dell’istituto era dispensata dall’obbligo di prestare attenzione durante le lezioni.
“Ora si ride”, pensò. Frida si era completamente estraniata dalla lezione dopo i primi cinque minuti, non poteva avere idea del punto da cui riprendere la lettura del brano. Rischiò seriamente un infarto nell’udire la sua voce vellutata leggere senza esitazione.
“Mi sembrava di vedere Elizabeth, nel fiore della salute, per le strade di Ingolstadt. Sorpreso e gioioso, l’abbracciavo; ma come imprimevo il primo bacio sulle sue labbra queste si facevano livide, color di morte…”
–Non è possibile! È stata tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra!
–E tu a guardare lei … guardone!- lo schernì Kevin.
–Oh, chiudi il becco!- ringhiò. –Stava pensando al nulla cosmico! Come ha fatto?
–Te l’ho ripetuto mille volte- bisbigliò l’altro, alzando gli occhi al cielo. –È un genio!
Deluso per essere stato privato di una ghiotta occasione per deridere la Weil,  ripiombò nel torpore, fino a quando l’insegnante non lo esortò a proseguire nella lettura da dove lei si era interrotta.
“Sono fottuto! Stra-fottuto! Bella figura di merda sto per fare!”
Frida, inaspettatamente, lo trasse d’impaccio, mimando con le labbra “Henry Clerval”. Per sua fortuna, lui conosceva ‘Frankenstein’ a menadito, e quel piccolo aiuto fu sufficiente a evitargli una sicura figuraccia.
“Quando fu più vicina, mi accorsi che era la diligenza svizzera; si fermò giusto dov’ero io e, quando si aprì lo sportello, riconobbi Henry Clerval che, vedendomi, all’istante balzò a terra.”
–E io che credevo di coglierti in flagrante distrazione!- esclamò il professore, stupefatto. –Va’ avanti.
Concluse lettura e analisi del brano, si girò verso Frida per ringraziarla di avergli salvato le natiche, ma lei aveva ripreso ad osservare il mondo al di là della finestra, indifferente a tutto il resto.
 
***
 
Non era un misantropo, ma preferiva la compagnia di se stesso a quella di gente che non gli si confaceva, e, senza offesa per Kevin, la cricca dei suoi amichetti prediletti - composta dalla sorella Kimberly, il suo ragazzo “tira-e-molla” Nathaniel Jefferson-Keynes e Frida “Sherlock Holmes in gonnella” Weil - proprio non gli si confaceva.
Seduto nell’angolo più remoto del cortile, tratteggiava a memoria il panorama che si godeva dalla sua camera a Canberra: il gazebo bianco, la staccionata dello stesso colore, le siepi ben tenute e le aiuole colme di fiori variopinti, vanto di sua madre, il panorama da cartolina offerto dal monte Taylor che si stagliava maestoso all’orizzonte.
Quanto gli mancava l’Australia! Londra in confronto era fredda e smorta, come i suoi abitanti. Eppure, la nostalgia per la terra natale non riusciva a fargli rimpiangere di essersi trasferito nel vecchio continente: suo padre era tornato nel Regno Unito dopo il divorzio, e aveva sofferto la sua lontananza più di quanto avrebbe mai sofferto la mancanza dei pomeriggi trascorsi a girovagare nel bush o lungo il fiume Molonglo in cerca d’ispirazione. Certo, sentiva la mancanza della madre, ma era mitigata da un odio profondo nei confronti dell’uomo che aveva sposato e dei di lui figli (mai e poi mai li avrebbe considerati parte della famiglia, non meritavano un tale onore). 
A un tratto, udì lo scricchiolio di un ramo che si piegava, seguito dal quasi impercettibile fruscio prodotto da un corpo in caduta libera, una mela rossa; con uno scatto fulmineo, di cui non si sarebbe mai ritenuto capace, riuscì ad afferrarla prima che toccasse terra. Sorrise compiaciuto del proprio successo e, d’impulso, la morse.
Non fece in tempo a interrogarsi sulla provenienza di quel frutto - l’ingegneria genetica non era ancora progredita al punto da far produrre mele a un faggio - che Frida balzò giù dall’albero, cogliendolo di sorpresa, si sedette di fianco a lui e trillò –Complimenti, Wollestonecraft, ottimi riflessi! Sono favorevolmente impressionata.
Seccato per aver perso la tanto agognata quiete, soffiò sprezzante –Se almeno metà delle voci sono vere, Weil, dovresti essere in punizione, o impegnata in qualcosa di meglio che tirare frutta alla gente. I tuoi amici avevano le scatole piene di te?
–Il mio cognome è tedesco, la pronuncia corretta è “vail”. Inoltre, per tua informazione, avevo io le scatole piene di loro: Kimmy ha iniziato a civettare con i suoi fan adoranti, Nate si è risentito e ha minacciato di lasciarla per l’ennesima volta, al che San Kevin, patrono degli impiccioni, è partito con un sermone sul valore della decenza e del perdono. Una noia mortale, e io detesto annoiarmi!
–Sì, beh, io detesto essere disturbato in piena fase creativa; perciò, se potessi …
Non riuscì a finire la frase; Frida aveva afferrato un foglio che faceva capolino dall’album da disegno: il ritratto che le aveva fatto poche ore prima.
–Ehi, ma questa sono io!- esclamò, ostentando stupore. –Schön! Du hast wirklich Talent!3 Lo immaginavo: la mediocrità non riconosce nulla che le sia superiore; ma un genio riconosce istantaneamente il talento*.
–Genio? Hai un’alta opinione di te stessa.
–E di te. Non potrebbe essere altrimenti: una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamente com’è; sottovalutare se stessi e gli altri costituisce una deviazione dalla verità tanto quanto esagerare le proprie e altrui capacità*. Ah, grazie di non aver gonfiato oltre misura le mie tette, una quarta abbondante basta e avanza!
William rimase sbalordito tanto dalla prontezza, quanto dalla inusitata sfacciataggine della replica.
“Sbaglio, o mi ha appena spiattellato la sua taglia di reggiseno?”
Arrossì a quel pensiero, ma recuperò quasi subito un contegno dignitoso. Colse un repentino mutamento nella sua espressione, simile a quella di una bambina in procinto di chiedere ai genitori il permesso di tenere un animaletto raccattato per strada. Capì all’istante cosa le passava per la mente, ma preferì non risparmiarle il disagio di formulare la richiesta ad alta voce.
–Posso
tenerlo?
–Non è finito.
–Mi piace così com’è- concluse lei in un tono che non ammetteva repliche, gli tolse di mano la mela e l’azzannò. –Allora, posso tenerlo?
 
***
 
–È quello che penso?- le chiese Kevin, puntando l’indice verso il foglio che Frida rigirava tra le dita.
–Se stai pensando al Kunstwerk del tuo nuovo amico del cuore … Du hast Recht.4
–Per questo ti sei interessata all’abitante delle colonie? Per fregargli quel foglio?- chiese Nathaniel Jefferson-Keynes con evidente sollievo. –Meno male! Cominciavo a pensare ti piacesse … in quel senso.
–Geloso anche della nostra Frida, Natie?- intervenne Kimberly Cartridge, sdraiata sulle gambe del fratello, intenta a passarsi le dita tra i lunghi capelli castani. –Non ti basto io?
–Si può avere una miriade di buone ragioni per avvicinare una persona, anche se non ci piace; non da ultimo, impedire che altri occhi, oltre a quelli di Kev, possano posarsi su questo kleine Meisterwerk5- spiegò Frida, inserendosi nel nascente battibecco tra i due litigiosi piccioncini. –Il solo pensiero che l’abitante delle colonie abbia fantasticato su di me in pose sconce mi dà la nausea; se penso che altri avrebbero potuto vedermi mezza nuda, potrei vomitare sul serio!
–Drama queen- ribatté Kimberly, occhieggiandola maliziosamente. –Il Maori biondo è un gran figo. Se solo non stesse sempre sulle sue! Personalmente, non mi abbasserei mai a provarci con un ragazzo - è compito loro! - ma, fossi in te, mi sentirei lusingata di ispirarlo e cercherei un contatto ravvicinato, se capisci cosa intendo. Dovrai pur prenderlo da qualcuno, prima o poi, meglio lui di un cesso a pedali!
–Chissà perché, da te mi aspettavo esattamente questa risposta. Però è vero, Frida, la tua reazione è esagerata. Cosa dovrei fare io, allora, una carneficina al giorno?- sbottò Nate, adirato, indicando la sua ragazza, che teneva la camicia aperta ai limiti dell’indecenza e le gambe accavallate. Un gruppetto di ragazzini del primo anno la stava fissando con evidente apprezzamento; mancava solo che iniziassero a sbavare.
Non bisognava essere Sherlock Holmes per subodorare che la situazione stava degenerando e rischiava di scapparci il morto (con ogni probabilità Nate). Frida, irritata da cotanto infantilismo, sbuffò –L’omicidio di massa non è una cattiva idea: il pianeta è sovrappopolato, soprattutto da Dummköpfe6, e poi daresti lavoro meiner lieben Mutter. Nel caso, però, fammelo sapere prima, così potrà preparare le celle frigo per accogliere tutti i cadaveri. Ora posso andare al martirio, alias immeritatissima punizione, senza temere che vi scanniate in mia assenza?
Kimberly si affrettò a mettersi in piedi e rispose –Potrai sorvegliarci di persona: anche io e Natie siamo in punizione. Andiamo, miei prodi!
Contrariamente all’atteso, i tre non ebbero modo di interagire, mentre sgobbavano per ripulire la scuola “insozzata dalla loro laida condotta” (per citare il preside), e fu solo quando il palese nervosismo di Nate arrivò ad urtarle i nervi che Frida si decise a riesumare il discorso, o meglio, a indurre l’amico a confessare cosa lo turbava.
–Io forse - ripeto, forse - me lo sono meritato, ma tu com’è che sei finito in punizione?
–Quirke ha beccato me e Kim a scambiarci “effusioni inappropriate al contesto scolastico”. Ogni tanto si ricorda di avere un ragazzo- sospirò Nate mestamente, evitando di incrociare lo sguardo dell’amica mentre salivano sull’affollato treno della metropolitana.
–Ah, la cara Kimmy, origine e soluzione di quasi tutti i tuoi problemi! Sai, meine Mutti dice sempre che, se non l’avesse vista nascere, penserebbe sia la figlia segreta di zia Bridget … quella che ha avuto quattro mariti- scherzò lei di rimando, per poi tornare seria. –Non ti stai nemmeno sforzando di nascondere che qualcosa non va, Nate, tanto vale che ti sfoghi. Sei come un fratello, per me, puoi confidarmi tutto.  
–Per sentirmi ripetere le solite perle di saggezza? No, grazie!- si lagnò il ragazzo, salendo con lei sul treno della metropolitana. –Senza offesa, Frida, sarai pure geniale sotto molti punti di vista, ma non capisci un cazzo di sentimenti! Come potresti? Credi che amare significhi trascinare per anni una cotta infantile che è quasi impossibile sia ricambiata! Non hai mai … sì, insomma … non permetti a nessuno di avvicinarti. Stai lì, nella tua torre d’avorio, ad aspettare un principe che manco si è accorto di dover venire a liberarti, e forse nemmeno lo desidera.
Frida alzò gli occhi al cielo, mossa dall’esasperazione: possibile che Nate non afferrasse il basilare concetto che il vero amore è paziente, che sa attendere il momento giusto per sbocciare? 
“Elementare, Jefferson-Keynes: mi dichiarerò quando i tempi saranno maturi. Forse sei tu a non capire un cazzo di sentimenti! No, meglio lasciar perdere, devo evitare lo scontro, non ho forze sufficienti a vincere una guerra verbale col mio migliore amico. Meglio rigirare la frittata. Mmm … buona, la frittata!”
–Ti è mai passato per la testa che, forse, sono gli altri a non volersi avvicinare? Ora basta parlare di me, sei tu ad avere un problema.
­–Comincio a pensare che abbiano ragione i miei padri: io non ho un problema … sono il problema. Kim si comporta così per provocarmi, è la mia gelosia a fomentarla. Forse sto diventando patologico.
–Se fossi un geloso patologico, Nathaniel Jefferson-Keynes, me ne sarei accorta da un pezzo, e avrei fatto di tutto per renderti inoffensivo. Comunque, dopo attente riflessioni, sono giunta alla conclusione che il comportamento deliberatamente provocatorio di Kimmy - è mia amica quanto te, vi voglio bene in uguale misura, ma bisogna ammettere che qualunque cosa dica o faccia trasuda allusioni sessuali! - non ha il solo scopo di irritarti: ama stare al centro dell’attenzione e, per motivi a noi ignoti, ha bisogno di continue conferme per tenere a galla la sua autostima. Hai commesso il madornale errore di mettere la ragazza che ami su un piedistallo; per tua sfortuna, la ragazza in questione sul piedistallo ci sta fin troppo bene: è popolare e cosciente di esserlo. Se non riesci a sopportare il suo modo di fare, ti conviene lasciarla. È inutile che perdiate tempo a prendervi in giro!
–Non posso mollarla, Kev mi ucciderebbe! Devo cercare di tenere in piedi questa storia a ogni costo. Potrei provare a parlarne con lei; sì, insomma, chiederle di, ecco, tentare di, uhm, calmarsi un pochino. Per me.
Una risata risuonò alle loro spalle, seguita da una voce ormai familiare, che esclamò –Cielo, J.K., mi avevano detto che eri intelligente! Illudersi che una come Cartridge possa - cito - calmarsi un pochino, solo perché glielo hai chiesto tu, è folle quanto pensare che un piattino di latte basti a soddisfare l’appetito di un ghepardo*!
–Mi hai letteralmente tolto le parole di bocca- annuì Frida in segno di approvazione. –Nonostante ti diletti in disegni che rasentano il pornografico, meriti la mia stima, Wollestonecraft. Sei cosciente di avere un cognome poco funzionale alla comunicazione? Troppo lungo! Posso chiamarti William? O Will? No, Liam! Ancora meglio!- senza aspettare una risposta, aggiunse –Nate, il nostro- calcò l’accento sul “nostro” –È solo un consiglio, sta a te decidere cosa fare. Ad ogni modo, ti pregherei di non lasciare Kimmy prima di sabato, mi serve che tolleriate di respirare la stessa aria. Devo incontrare un paio di persone al Tipsy Crow e mi sarà più facile negoziare un’uscita serale con i miei, se sapranno che i miei angeli custodi veglieranno su di me!
–Non pensi di finire ai domiciliari, dopo la storia della vendita clandestina di compiti?- inquisì Nathaniel.
Faith e Franz non gli sembravano dei genitori particolarmente severi, ma Frida - checché ne dicesse - stavolta l’aveva combinata grossa. Secondo lui, sarebbe stata miracolata se le avessero permesso di uscire in tempo per le compere natalizie.
–I miei hanno meditato un castigo particolarmente crudele: mi hanno privata di ciò che più amo al mondo … immischiarmi nel lavoro meiner lieben Mutti. Ho già pensato a come ricambiare il favore, natürlich- rispose lei, ammiccando in direzione di un sempre più perplesso William. –Ma ho il sacrosanto dovere di evitare che meine Mutter commetta un errore madornale; non vuole darmi retta e, mi spiace dirlo, rischia di prendere un grosso granchio.
–Ho capito: vuoi dimostrare a Faith che si sbaglia e gongolare!- esclamò Nate, prima di scendere alla fermata più vicina a casa. –Conta su di me, a patto che porti qualcuno munito di pass per gli alcolici. Mi conosci: considero sprecato ogni finesettimana in cui non mi sbronzo. Hasta la vista, baby!
–Mi lasci affrontare da sola la seduta di bartitsu? Pusillanime!- gli urlò dietro Frida.
William inspirò a fondo, calcolando al millisecondo il momento perfetto per sibilare, storcendo il naso –Adesso si spiegano molte cose. Anche i tuoi hanno qualche rotella fuori posto: se mia figlia si comportasse come te non vedrebbe la luce del sole fino alla prossima era geologica, altro che palestra e serate nei locali!
Frida provò un istantaneo moto di stizza; non era abituata a ricevere insulti - nemmeno troppo velati - alla sua persona o alla sua famiglia.
Non dovevi scendere a Shaftesbury Avenue?
–Evidentemente no. Cielo, Weil, per essere un genio fai domande incredibilmente stupide!
Arschloch! Schwanzlutscher! Scheißkerl!7 Come osa parlare così a me?”
–Insolente! E io che, nella mia infinita generosità, volevo tirarti fuori dal tuo guscio, darti un assaggio di vita mondana londinese …
–Mi stai invitando a unirmi alla Scooby gang? No, grazie, non sono così disperato!
“Gli tendo la mano e lui la rifiuta? Chi si crede di essere?”
Il contegno freddo e distaccato di Frida vacillò per un attimo; dopo una serie di respiri profondi, riuscì a calmarsi abbastanza da replicare in maniera civile.
–Per essere chiari, Liam: sei qui da un mese e non ti si vede fare altro che studiare e scarabocchiare sul tuo album da disegno, senza degnare di considerazione nessuno, a parte Kev. Ovvio che tutti, a scuola, si siano fatti l’idea che sei strambo! Alla Scooby gang manca uno Scooby Doo, e farti vedere a fare cose normali, con la gente giusta, confermerebbe che sei effettivamente normale, così magari gli altri la smetterebbero di chiamarti “abitante delle colonie”, “Maori biondo”, “Mr. Koala Dundee”, eccetera!
–I rapporti interpersonali non sono il tuo forte. Lo sai, sì? Dare dello “strambo” e del “cane” a qualcuno che vorresti farti amico … non è una tattica vincente. Per essere chiari, Weil: tu non mi piaci.
“Però ti piace disegnarmi, razza di pervertito!”
–Neanche tu mi piaci. Mi servi.
William si divertì a metterla a disagio, avvicinandosi a lei fino a sfiorarne i capelli con la punta del naso, e finse di annusarla.
–Percepisco un sentore di agrumi, sudore … e sincerità. Intrigante- quindi, a sorpresa, aggiunse, profondendosi in un inchino –Ok, hai vinto. In cosa posso esservi utile, madamigella?
 
***
 
Il
sabato seguente
Nel breve, quanto imbarazzante, lasso di tempo trascorso sulla soglia di casa Irving-Weil in attesa di Frida, William sperò di essere inghiottito da una provvidenziale voragine: era conscio del fardello che gravava sull’unica femmina di una famiglia, nonché dei rischi che correva qualunque maschio non consanguineo che osasse avvicinarla (specialmente se con il di lei consenso). Non si aspettava, tuttavia, un’accoglienza così apertamente ostile: i Weil non solo non l’avevano invitato a entrare in casa, ma avevano risposto al suo educato saluto fissandolo con aria torva, Franz, e allibita, Faith, la quale, quando si era presentato, era impallidita al punto da fargli temere stesse per tirare le cuoia.
Fu tentato di contravvenire ai propri ferrei principi morali quando la ragazza, assicurato ai genitori che si sarebbe comportata bene, gli schioccò un bacio sulla guancia e lo arpionò per un braccio, esibendo il sorrisetto più irritante che avesse mai visto. Prese l’appunto mentale di correggere Kevin alla prima occasione: Frida non era affatto allergica al contatto fisico, a patto che fosse di breve durata e finalizzato all’attuazione dei piani elaborati dalla sua mente contorta.
Si chiese se fosse così sbagliato darle uno schiaffo, uno solo, giusto per inculcarle il concetto che non ci si poteva servire impunemente delle persone.
Fu nuovamente tentato di ricorrere alla violenza quando, una volta in strada, si sentì dire –Ritieniti fortunato: hai lasciato casa mia incolume! Oh, erano incazzati neri, come avevo pianificato! Se mio padre avesse potuto, ti avrebbe decapitato dopo una serie di torture. Wunderbar!
“Signori Weil, la testa di cazzo che avete cresciuto suscita in me istinti violenti. Posso prenderla a sberle qui e subito? Vi assicuro che se l’è cercata.”
–Oh, sì, davvero wunderbar!- la schernì, per poi esprimere il proprio parere con la consueta brutale sincerità. –Usarmi come burattino per infastidire mamma e papà, a mio rischio e pericolo. Maturo, da parte tua.  Quanti anni hai, tre?
–Mia madre ha un libro sulle torture medievali. Questiona la mia maturità un’altra volta, e le sperimenterò su di te!
–Confermeresti la mia tesi, Weil. Certo, però, pure i tuoi … tuo padre pareva pronto a uccidere, tua madre sembrava avesse visto un fantasma!
Frida riuscì ancora una volta a sorprenderlo: si aspettava una reazione rabbiosa, addirittura violenta; tutto, tranne che scoppiasse a ridere.
–In un certo senso, è così- rispose, rivolgendogli uno dei suoi tipici “sorrisi da Stregatto”. –Niente di personale, è solo che sei la copia sputata di tuo padre da giovane.
–Che ne sai tu di mio padre?
Un lampo di incredulità attraversò gli occhi di ghiaccio della giovane, sostituito dal luccichio di chi freme dalla voglia di condividere una preziosa informazione.
–Io sono onnisciente … al contrario di te, a quanto pare. Non stai facendo il finto tonto? Davvero non sai niente?- sbottò, gesticolando come una consumata teatrante. –La situazione è peggiore del previsto. Tieniti forte, Liam, ho una notizia-bomba: tuo padre stava con mia madre. Erano a tanto così dal matrimonio, ma lui l’ha mollata, procurandole un gravissimo trauma emotivo. Adesso capisci perché, al vederti, mia madre ha rischiato l’infarto e mio padre una condanna per omicidio? Io, ihre einzige Tochter8, con te … per loro è stata la materializzazione di un incubo! Oh, non fare quella faccia! Vedi il lato positivo: hai scampato il pericolo di avermi come sorella. Ti pare poco?
 
Note:
Premetto che si tratta di un esperimento. Non so se e quando svilupperò questa storia. L’idea di scrivere un giallo mi frulla in testa da un po’ … vedremo se prenderà vita. Intanto, ho pensato a questo extra come a una sorta di scorcio sul futuro, e devo ammettere di avere le idee chiare su due personaggi in particolare (indovinate chi?).
Spero vi sia piaciuto “incontrare” F&F nel ruolo di genitori (ir)responsabili, alle prese con una figlia difficile da gestire. D’altronde, dalla mescolanza dei loro geni cos’altro poteva venir fuori?
Non commenterò oltre i new characters, vorrei la vostra opinione spassionata; una sola precisazione: la discussione tra William e Frida in metropolitana (fatemi sapere se vi ha dato questa impressione) l’ho immaginata un po’ come l’incontro tra Harry e Draco sull’espresso per Hogwarts; Frida, da ragazza viziata qual è, è convinta che basti fare l’offerta perché questa venga accettata, atteggiamento che suscita in Will l’effetto opposto a quello previsto.
Lei non gli piace, non ha mentito su questo, la asseconda soltanto perché è curioso di scoprire fino a che punto possa spingersi nella sua follia genialoide (e un po’ perché non ha di meglio da fare). Vi chiederete: perchè l’ha ritratta? Perché si sentiva ispirato. Punto.
Nel caso ve lo steste chiedendo, nella mia mente Kevin ha l’aspetto di Ben Barnes, Kim di Kaya Scodelario e Frida di Chloe Marshall. Per gli altri ragazzi non ho trovato prestavolto convincenti. Forse sono troppo esigente.
Chiudo con la richiesta di un minuto di silenzio per Nathaniel, anima candida. Kim sa essere davvero odiosa, quando vuole!
A presto (
spero)!
Serpentina
P.s.: il Rasoio di Occam è il nome di un principio metodologico, espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese Guglielmo di Occam, che suggerisce, per risolvere un problema, di scegliere, tra più ipotesi, quella più semplice, a meno che non sia necessario e utile prendere in considerazione altri fattori.
P.p.s.: il bartitsu è un mix fra jujitsu, pugilato, judo e il savate francese. Il nome deriva dall’unione del cognome del suo ideatore, Edward William Barton-Wright, e il jujitsu. Era molto popolare in età vittoriana (provate a indovinare chi lo praticava? Vi do un indizio: il suo nome comincia per S) e ha visto un rinnovato interesse nei primi anni 2000.
P.p.p.s.: le mie storie a volte sono politicamente scorrette; mi riferisco in particolare alla parte in William è tentato di prendere a schiaffi Frida. Ci tengo a precisare che non riflette il mio pensiero e non lo giustifico in alcun modo.

*citazione di Sherlock Holmes

1In tedesco i diminutivi si formano aggiungendo alla parola il suffisso -chen o -lein. Spesso la vocale radicale del diminutivo prende la umlaut (dieresi). Frosch = rana à Fröschlein = ranocchietta.
2Non ti conviene farmi arrabbiare, Ranocchietta.
3Bello! Hai davvero talento!
4Kunstwerk = opera d’arte. Du hast Recht =  hai ragione.
5Piccolo capolavoro
6Idioti, teste di rapa
7Liberamente tradotto in “Testa di cazzo! Coglione! Stronzo!”
8La
loro unica figlia
   
 
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