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Autore: sissi04    12/07/2020    1 recensioni
Settant'anni erano passati dall’improvvisa scomparsa di Miriel figlia di Athror.
La maggior parte degli abitanti della Terra di Mezzo aveva dimenticato il suo nome e i pochi che ancora rammentavano le imprese ad esso collegate guardavano cupi ciò che ella era diventata.
Ora vi domando: potrebbe mai un mostro portare luce sulla via di un re?
Seguito di "You next to me", storia basata sugli avvenimenti di Lo Hobbit scritta e pubblicata nel 2018.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Frodo, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~Tengo a precisare che nessuno dei personaggi utilizzati ne le ambietazioni mi appartengono ma scaturiscono dalla magica penna di Tolkien (a parte un nuovo personaggio già introdotto nella mia ff su Lo Hobbit).~

Il cinguettio degli uccellini risuonava leggiadro lungo le pareti della valle di Imladris mentre il Sole iniziava a fare capolino dalle alte cime, cacciando tenebre e oscurità.
La placida e rigogliosa valle elfica si risvegliava dal sonno notturno, salutando con dolci canti la luce eterea e calda come fuoco vivo da cui venivano investiti.
 
Anche il piccolo e riccioluto Hobbit si risvegliò, stropicciandosi gli occhi e alzando il busto con una mano sotto al petto sinistro dove la ferita ancora gli doleva; osservò la semplice ma, allo stesso tempo, riccamente decorata stanza che gli era stata concessa seppur per pochi giorni.
Ne erano passati appena cinque da quando, incosciente e ferito, era giunto alla valle in braccio all’Elfo più  bella che avesse mai visto; aveva ancora negli occhi il suo viso luminoso e le sue orecchie rimembravano il dolce suono che scaturivano le labbra rosee.

Si vestì e raggiunse i suoi piccoli amici, che già si ingozzavano di tutte le leccornìe che gli Elfi preparavano ogni mattina apposta per loro.
 
 «Oh padron Frodo siete sveglio, venite, vi ho tenuto qualcosa da mangiare» disse Samvise prendendo un piatto ricolmo di cibo, per lo più frutta caramellata, che gli aveva tenuto da parte con la tipica premura che lo caratterizzava.
 «Grazie Sam» accennò un sorriso sedendosi tra Merry e Pipino.
 «Sono tutti in fermento oggi, sono giunti Uomini, Nani ed Elfi da lontano, si dovrebbe tenere qualcosa di importante» disse ovvio Merry mordendo una mela
 «Esatto, e guarda caso Gandalf è sempre nelle stanze di re Elrond» aggiunse quell’impiccione di Pipino addentando un altro pezzo di quello strano pane elfico.
 
Frodo sapeva bene cosa si sarebbe tenuto quella mattina ma aveva l’ordine di non proferirne parola con nessuno, era un consiglio segreto per decidere le sorti della Terra di Mezzo dopotutto.
 
 
Come i piccoli e curiosi Hobbit avevano detto, quella mattina stessa erano giunti alla valle piccoli manipoli di Uomini, Elfi e Nani, ognuno dei quali guidati da un rappresentante che era quasi d’obbligo un grande e valoroso guerriero del suo popolo.
                                           
Per gli Uomini era stato mandato Boromir di Gondor, figlio del sovrintendente di quella regione; egli non era mai stato ospite della valle, non aveva mai superato il passo di Rohan in tutta la sua vita ma, nonostante la sua curiosità, osservò con circospezione e velata altezzosità ciò che aveva intorno.
Smontò da cavallo prendendo tutte le sue innumerevoli armi e seguì gli Elfi nel luogo del consiglio, accompagnato ovviamente dai suoi uomini.
 
Gli Elfi avevano invece scelto Legolas Thranduilion, o meglio conosciuto come Verdefoglia, figlio di sire Thranduil di Bosco Atro; scese dal cavallo bianco guardando quella valle che aveva tanto amato sia da fanciullo che da uomo.
 
E infine per i Nani giunse Gimli figlio di Gloìn, nano di Erebor, accompagnato da alcuni consiglieri personali del re e dal suo stesso padre che venne accolto e riconosciuto, nonostante gli anni passati, con grandi sorrisi.
 
Le tre fazioni di rappresentanti, uniti ai pochi altri autorizzati a partecipare da sire Elrond, si sedettero in cerchio e il consiglio iniziò.
 
 
 «Come ben saprete, l’oscurità è tornata nella nostra terra, di conseguenza l’Anello del potere deve essere distrutto. Non esiste altro modo per sconfiggere definitivamente l’Oscuro» dichiarò il nobile sovrano di Imladris.
Subito tutti si fecero seri, alcuni sospirarono, altri annuirono, altri ancora scossero il capo.
 
 «Per fare ciò è necessario gettare l’Anello nella bocca del Monte Fato, solo così può essere fatto» aggiunse sempre più serio Elrond.
 
Frodo lo ascoltò con attenzione poi, ad un suo cenno del capo, si alzò ed appoggiò l’Anello su una specie di piedistallo, in modo che tutti potessero vederlo.
 
 «Questo… questo è un dono, un vantaggio a noi concesso dagli dei.
Voi non avete idea di quanto sia potente l’Oscuro, le Terre Nere chiamano la landa desolata in cui egli dimora, sorvegliata da legioni di Orchi, si dice che la stessa aria inalata sia in realtà un composto velenoso e infine l’Occhio, Sauron in persona, che vede tutto, anche la cosa più piccola e lontana. È un’impresa suicida e folle cercare di attraversare quelle vette nere, per non parlare poi dei vantaggi che si potrebbero ricavare se l’Anello si trovasse nelle mani sagge di chi vuole proteggere la sua gente» disse Boromir con sguardo che, per quanto valoroso si sforzasse di essere, presentava paura.
 
 «Questa è follia, l’Anello è il male stesso, Sauron non permetterà mai che venga usato contro di lui. I Nazgul sono già da tempo sulle sue tracce, non ci metteranno ancora molto per riuscire a prenderlo, vi basti guardare ciò che è accaduto solo poche sere fa a Frodo.
Non c’è altro modo» disse concitato Gandalf.
 
 «Gondor non riuscirà ancora per molto a tenere le forze dell’Oscuro, ogni giorno le nostre vittime aumentano e il numero dei nostri soldati diminuisce. 
Chiedo che l’Unico venga affidato a Gondor; mio padre, sire Denethor, saprà utilizzarlo con saggezza per difendere il nostro popolo e tutta la Terra di Mezzo» rispose l’uomo con tono calmo.
 
 «Questo è impossibile, abbiamo già avuto prova che l’Anello corrompe il cuore degli Uomini, non possiamo più commettere questo errore» mormorò Elrond ricordandosi dello sguardo folle che aveva visto negli occhi del compagno d’armi Isildur che, con l’Anello tra le mani e il Monte Fato alla destra, scelse di tenerlo per il suo casato, finendo tragicamente ucciso anni dopo.
 
Fu allora che anche il ramingo Aragorn, che fino ad allora aveva scelto di tacere, proferì parola:
 «Quello che dice sire Elrond è vero, ed è inoltre vero e unica soluzione che l’Anello vada distrutto. Il vostro sovrintendente è avido, non saprebbe gestire il suo oscuro potere»
 «Taci ramingo, non sai di cosa parli» alzò la voce furibondo Boromir
 «Egli non è un semplice ramingo» si alzò allora in piedi Legolas, ignorando i tentativi del amico di farlo sedere
 
 «Il suo nome è Aragorn figlio di Arathorn, erede di Isildur e di conseguenza erede al trono di Gondor» terminò concitato guardando il figlio del sovrintendente con sfida.
 
Tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono allora sull’uomo di nome Aragorn che, molto umilmente, disse all’amico di sedersi senza aggiungere altro.
 «Gondor non ha un re, a Gondor non serve un re» sibilò tra i denti il capitano di Gondor stringendo i pugni, provocando un fastidioso suono con la pelle dei guanti.
 
 
 «Ora signori è opportuno decidere chi sarà portatore dell’Anello, chi tra voi è abbastanza puro e degno di portare l’Unico?» mormorò Elrond assottigliando lo sguardo, facendolo posare su tutti i presenti.
 
 «Affidatelo a noi, gli elfi sono da sempre un popolo mite e lontano dall’oscurità, sapremmo portare a termine la missione» disse ragionevolmente Legolas.
 «Sarò morto prima di vedere l’Anello tre le mani di un Elfo» sbraitò allora Gimli alzandosi in piedi con la sua ascia tra le mani, pronto a scattare.
 
 «Perché le mani di un Nano sarebbero forse le migliori?» chiese retoricamente l’uomo di Gondor.
 
 
All’improvviso tutti i componenti del consiglio si alzarono in piedi, pronti a discutere e litigare su chi fosse il più degno a portare un simile fardello.
Quel litigio non era altro che l’effetto di odio e rabbia che l’Anello espandeva intorno a se.
 
Lo sguardo di Frodo rimase fisso sull’Unico, sembrava sibilare qualcosa, come ad attirarlo, eppure lui desiderava la distruzione di quel oggetto infernale, in modo che la Terra di Mezzo potesse finalmente avere rinnovati sonni tranquilli.
 
 «Lo porterò io» disse all’improvviso lo Hobbit alzandosi in piedi.
 
Degli occhi di giada saettarono su di lui, coperti dal cappuccio della figura celata dal colonnato.
 
Tutti si voltarono verso quel piccoletto dai riccioluti capelli castano scuro, che in piedi attendeva un qualche tipo di reazione o domanda alla sua affermazione.
 «Lo porterò io» ripeté ancor più certo della sua decisione 
 «Solo non conosco la strada» a quelle parole l’espressione quasi sofferente di Gandalf, ben conscio di quello che il suo piccolo amico avrebbe passato per portare a termine quella missione deleteria per chiunque, si tramutò in un sorriso.
 
 «Rimarrò al tuo fianco mio caro amico, ti accompagnerò io fino alla fine» disse allora lo stregone guardando bonario lo Hobbit che gli sorrise intimidito.
 
 «Anch’io ti seguirò fino alla fine coraggioso Frodo» disse Aragorn inginocchiandosi davanti a lui mettendogli una mano sulla spalla
 
 «La mia spada è con te».
 
 «Hai anche il mio arco» disse l’Elfo dai biondi capelli affiancando lo hobbit 
 
 «E la mia ascia» al piccolo gruppo si aggiunse anche il nano Gimli con sguardo fiero.
 
 «Il destino di tutti noi è ora sulle tue spalle piccoletto, ti aiuterò a portarlo» disse allora l’uomo di Gondor, affiancando i compagni.
 
 «Bene, una compagnia si è allora formata…» sire Elrond venne allora bruscamente interrotto dall’entrata degli altri tre Hobbit che, tra proteste e valorose affermazioni, si aggiunsero al gruppetto intorno al loro amico.
 
 «Nove compagni… sarete allora la Compagnia dell’Anello, voi porterete l’Unico alla distruzione.
Tuttavia vi manca un ultimo tassello» disse solennemente Elrond.
 
 «La vostra via verrà illuminata verso la vittoria sulle tenebre, molti di voi non sapranno di chi sto parlando ma per noi pochi che ricordiamo il suo nome e le sue imprese…» si alzò in piedi mentre una figura incappucciata entrò nel cortile, fermandosi dinanzi alla compagnia.
 
Lo sguardo di tutti si puntò allora sul nuovo arrivato che, senza proferir parola, si tolse il cappuccio e slacciò il mantello che ricadde scomposto a terra, rivelando così una donna dai morbidi capelli ondulati e, anche se leggermente spenti, luminosi occhi verdi; le sue labbra erano carnose e rosee ma si vedeva che per lungo tempo non erano state curate, come la pelle che, anche se diafana, presentava numerose cicatrici di tagli e bruciature.
 
Indossava abiti elfici, probabilmente donatogli dal popolo di quella terra, d’altro canto le forme del suo corpo ricordavano molto quelle di un Elfo; non era alta ma neanche bassa come un nano, era muscolosa come uno di loro ma con la caratteristica leggiadria e sinuosità elfica.
 
I suoi occhi scrutavano glaciali ogni singolo componente della compagnia, posandosi e soffermandosi proprio sul piccolo hobbit che la guardava a bocca aperta.
 
 
 «La mia luce è con te Frodo Baggins, come la forza della mia spada, per portare noi tutti alla pace» disse allora la donna chinandosi in segno di rispetto verso il portatore.
 
Gli sguardi di Gandalf, Aragorn e Legolas si illuminarono gioiosi alla vista di Miriel figlia di Athror, che per lungo tempo aveva scelto l’esilio.
 
 «Mia regina» sussurrò inchinandosi con le lacrime agli occhi il nano Gloìn, incredulo che colei che aveva davanti agli occhi in quel momento fosse davvero la stessa persona che aveva visto crescere e che, custodendolo segretamente per se stesso, avrebbe chiamato regina.
 «Padre!» esclamò Gimli indignato per il gesto che egli aveva compiuto.
 
La donna si girò allora verso il vecchio nano da barba e capelli ormai ingrigiti, lo osservò inginocchiato e, nonostante la rabbia che in passato aveva provato, gli sorrise andando da lui; delicata gli prese le mani e lo fece alzare.
 «Vederti mi allieta il cuore, vecchio amico» disse Miriel sorridendo per poi chinarsi chiudendo gli occhi a baciargli la testa.
 
Dopo aver fatto ciò raggiunse i suoi nuovi compagni, guardando Elrond a mento alto, attendendo.
 «Il suo nome è Miriel figlia di Athor ed è il decimo membro della Compagnia dell’Anello. Possano gli dei e la luce delle stelle che ella rappresenta portarvi fortuna nel vostro viaggio».
 
Fu così formata la Compagnia dell’Anello.

Unknown
Miriel figlia di Athror


Angolo autore: ecco a voi il capitolo n°1!
Non riesco davvero a crederci, dopo ormai due anni dal primo capitolo di "You next to me" arriva il primo di "Destiny", seguito della mia ff su Lo Hobbit.
Qualche mese fa ho pubblicato una raccolta di flash collegate a queste due ff, se qualcuno può essere interessato, che trattano proprio dei personaggi di questa storia.
Anyway, spero che il capitolo vi piaccia e vi invito a farmelo sapere tramite recensione.✉️
Questa volta voglio prendermela molto con calma, senza troppe scadenze imminenti, quindi pubblicherò circa ogni settimana: prossimo appuntamento a DOMENICA 19 LUGLIO!📆
Un bacione😘
Sissi04✨
   
 
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