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Autore: EleonoraParker    14/07/2020    4 recensioni
Continui a non guardare quell'angelo, di cui temi di scoprire le familiari fattezze, ma hai raddrizzato la schiena e asciugato le guance.
Hai lucidato lo specchio e ravvivato la fiamma.
E sei giunta alla consapevolezza di essere anche tu creatura come tutte le altre. Di dover completare anche tu il tuo percorso nell'agonia, essendo fiamma, brace e poi cenere.
E non è stato l'angelo a fartelo capire. Lui ti ha solo riportato un sogno, ti ha solo ricordato una promessa.
E tu l'hai ritrovata.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mort des amants                                                               

 
Nous aurons des lits pleins d’odeurs légerès,
Des divans profonds comme des tombeaux,
Et d’étranges fleurs sur des étagères.
Ecloses pour nous sous des cieux plus beaux.

Usant à l’envi leurs chaleurs dernières
Nos deux coeurs seront deux vastes flambeaux,
Qui réfléchiront leurs doubles lumières
Dans nos deux esprits, ces miroirs jumeaux.

Un soir fait de rose et de bleu mystique,
Nous échangerons un éclair unique,
Comme un long sanglot, tout chargé d’adieux;

Et plus tard un Ange entr’ouvrant les portes
Viendra ranimer, fidèle et joyeux,
Les miroirs ternis et les flammes mortes.

 

La morte degli amanti
 

Avremo letti intrisi di sentori tenui,
Divani profondi come avelli
E strani fiori sulle mensole,
Schiusi per noi da cieli più belli
 
Usando a volontà i loro calori ultimi,
I nostri due cuori saranno due grandi fiaccole,
Che rifletteranno le loro doppie luci
Nei nostri spiriti, questi specchi gemelli.
 
Una sera fatta di rosa e di blu mistico,
Scambieremo un lampo unico,
Come un lungo singhiozzo, tutto carico d'addio;
 
E più tardi un Angelo, aprendo le porte,
Verrà a rianimare, fedele e gioioso,
Gli specchi appannati e le fiamme morte.
 

Charles Baudelaire
 
 
 
 
 
Un angelo ti ha fatto visita, questa notte.
 
Questa notte di vane, deliranti preghiere, di fredde risposte e cieco dolore. Mentre le mani stringono nulla e le palpebre stillano vita e felicità amaramente corrotte dagli offuscati ricordi che vi corrono dietro.
Ognuno di essi giunge silenzioso, si insinua nella tua mente, prepotente furfante, carezza e lucida le curve della tua anima lentamente, lascivo, per poi giungere al tuo cuore e trafiggerlo con tutta la forza della gioia e della passione di cui era pregno  figlio.
Ed allora si corrompono, assumono tinte di scuro dolore, e per allentare la loro stretta feroce il tuo corpo, tutto ciò che ti è rimasto, genera lacrime per liberarti dagli scarti, da ciò a cui ormai stai rinunciando, perché perderlo sarebbe forse più facile che lasciarsi abbagliare dalla dolorosa luce nel mezzo dell'oscurità cosmica che ora ti riempie.
E mentre spegni ad una ad una quelle stelle, vicine e lontane, egli giunge.
È un angelo, o forse un demone, crudele tentatore ad introdurti all'oblio.
Lo percepisci piegare le ali atterrando alle tue spalle in un soffio di vento che ti smuove i capelli, lo vedi ad occhi chiusi, e la sua voce accarezza la tua anima scivolandovi dolcemente.
Ma non ti parla nel linguaggio degli uomini, non è qui per indicarti la strada o per redarguirti. Lascia che tu lo comprenda invece, nelle immagini oniriche, nebulose ed indistinte di un sogno appena nato, che pure pare lontano, antico ed ormai irraggiungibile.
Non avresti potuto ricordarlo prima perché non lo hai mai visto, solo sfiorato, con timide parole di cui ti sei quasi vergognata, anche se era buio e nessuno tranne colui che per primo di aveva invitata, indotta a pronunciarle, avrebbe potuto udirti. Perché era solo un sogno e tu, comandante, non potevi permetterti di sognare, e neanche voi, amanti disperati.
Ma lui ti aveva convinta, ricordandoti semplicemente che tu, essere umano, dalla mente e dal fisico logorati, seppure con magnifica e tremenda noncuranza, dai suoi oneri, ne avevi bisogno.
E allora avevi lasciato che l'ormai tenue sentore di lavanda provenzale di lenzuola linde e non più tese, diventasse attorno a te le tue mura, e su di te il tuo tetto. Un'abitazione persa sulle scogliere della Normandia, per quel bisogno d'aria tersa che non hai mai confessato.
E ridette leggermente lui, e anche tu, all'inizio restia, lasciasti che le tue labbra si deformassero in una dolce curva ribelle, all'idea di una comodità fin troppo ardita per chi sareste diventati, di morbidi divani in cui lasciarsi sprofondare e di quadri dalle tinte eteree e pregiate per quel bisogno che hai sempre avuto di arte che, a piedi scalzi, continui a correre in eterno sulla linea del tempo degli uomini.
E ci sarebbero stati fiori, molti fiori, un'esplosione di rose e di lillà, idrangee e camelie piovute dal più fertile cielo, nutrite di vitale pioggia, a formare un paradisiaco giardino coronato da un albero di mele, a ricordare il vostro umano peccato.
Così avevi risposto, lasciando che lui completasse le tue frasi. Era lì che saresti voluta andare, quando sarà tutto finito.
E lo avevi detto a voce perché custodirlo nell'anima e nel cuore faceva più paura. Forse avevi paura che quell'anima e quel cuore avrebbero spento quel sogno come avevano imparato a fare con tutti gli altri prima di esso, se non lo avessi imposto, almeno fugacemente, come una realtà.
Questo, ti mostra l'angelo.
 
E tu sei immobile, in questo istante di liberà dai ricordi e dal dolore, in cui solo una promessa di speranza è rimasta. Le lacrime si sono fermate ed hai aperto gli occhi.
Non ti volti verso quell'angelo, fissi invece le fiamme crepitanti accanto a te, i ceppi di legno che da esse si lasciano divorare, nutrendole, diventando, con una lenta e quasi struggente agonia, braci, solo un'ombra di loro stessi, materia senza vita.
Come avete fatto voi, ora cadaveri.
La visione ti incanta. Ti porta a pensare che ci sia direzione, un ordine superiore, nella natura, un crudele destino imposto dal tuo Creatore forse, che porta ogni creatura, consapevole o meno, a seguire questo tormentato percorso.
Ti porta a chiederti quale ne sia il senso.
Non avreste dovuto, forse, lasciarvi consumare a quel modo, bruciare come fiaccole fino a che il freddo non avesse fatto suo anche il più infimo e rovente frammento di voi; avreste forse dovuto preservare il vostro spirito.
Ma cosa ne sarebbe rimasto, allora? Come avrebbero potuto, le luci dei vostri cuori, riflettersi nei vostri spiriti, specchi gemelli, se questi ultimi fossero rimasti di fosco cristallo e i primi non fossero diventati incandescenti di passione e di coraggio?
Forse le vostre anime sarebbero rimaste cieche, innanzi a tanta grandezza.
Forse non avrebbero saputo come unirsi in un unico lampo, sotto un cielo fin troppo sereno, indifferente alle umane vicende, cui rosa d'occaso i vostri occhi hanno macchiato di rosso sangue, immolando ad esso un unico, lungo singhiozzo carico d'addio.  
Forse un semplice sogno, creato a mani strette in un notturno contatto di pelle e capelli, sbiadito in un respiro profondo di sopore, eppure mai scomparso, legato a quel filo di coscienza trattenuta, seppur con difficoltà, solo per non lasciare che neanche un istante andasse perduto, sarebbe stato dimenticato come molti altri al mattino, denigrato perfino, quando l'anima sarebbe morta e solo stanche membra sarebbero rimaste.
Ma voi siete stati forti e non lo avete permesso. In qualche modo, oltre ciò che è sopra il vostro controllo, siete stati in grado di mantenere quella promessa di speranza, sebbene fuori sia buio e lo sia diventato quasi del tutto anche dentro.
Ma tu non puoi permetterlo, tu devi fermarlo. Lo sai, ora che per la prima volta il senso di colpa, anziché schiacciarti, ti mette in piedi. Hai preteso tanto, negato troppo. Non puoi infrangere una promessa, quando questa è il più imperativo degli ordini che tu abbia mai ricevuto.
E un comandante non disubbidisce agli ordini.
Neanche un amante lo fa, quando questi vengono dal suo cuore o dal cuore dell'amato.
Continui a non guardare quell'angelo, di cui temi di scoprire le familiari fattezze, ma hai raddrizzato la schiena e asciugato le guance.
Hai lucidato lo specchio e ravvivato la fiamma.
E sei giunta alla consapevolezza di essere anche tu creatura come tutte le altre. Di dover completare anche tu il tuo percorso nell'agonia, essendo fiamma, brace e poi cenere.
E non è stato l'angelo a fartelo capire. Lui ti ha solo riportato un sogno, ti ha solo ricordato una promessa.
E tu l'hai ritrovata.
 
Per questo ora sei qui, testa alta, schiena dritta. La notte è passata, è giunto il giorno, ma per un anima morta, privata della sua ombra, non esiste alcuna differenza tra le due cose. Il tempo stesso perde consistenza.
Hai versato lacrime stamattina, ma sono state le tue ultime. Solo perché quel cielo di aurora, per un tremendo attimo, ti ha ricordato troppo le sue più accese sfumature di tramonto.
Ma ora sei qui, sei pronta.
Ardi e ti lasci ardere, come hai amato e ti sei lasciata amare.
Negli occhi scintille, forza nei muscoli. Tutto è caotico, fumoso, assordante, ma non per te.
Dopotutto, sei già morta.
Ora sei l'unica fiamma che ti possa toccare. E sei un misto di forza, e di amore, e di speranza.
Ma non sei ancora cenere, non finché non avrai impartito l'ultimo ordine.
Il mondo può ancora vedere il tuo corpo e lo spirito che lo anima, ma tu non vedi più il mondo. Vedi solo il cielo, l'universo, pianeti verdi di speranza, sperduti e scintillanti in un oceano nero, come occhi che ti osservano e da cui ti lasci osservare, da cui vuoi essere osservata, fino all'ultimo spasimo, fino all'amaro trionfo. Fino alla dolce caduta.
Questo mondo mai libero che ti circonda, forse solo momentaneamente vincitore, che ora realizzi essere perso nell'eterna ricerca di un effimera illusione, si prende ancora cura di te, come un vecchio padre, più di quanto il tuo abbia mai fatto. Sei ormai orfana nello spirito ma gli sorridi, perché dopotutto ti ha donato molto, ed è molto di quello che ti è stato donato, e ora sei felice di avergli donato, finalmente, qualcosa a tua volta.
Ma è un sorriso frettoloso, un sorriso di commiato, devi e vuoi andare via.
Eri fiamma, ora sei brace: non vedi l'ora di diventare cenere.
Chiudi gli occhi sperando di poter finalmente rivedere il tuo angelo, ora lo desideri, vuoi che ti porti via con sé il più presto possibile. Ed eccolo, dal fondo dell'oscurità, che ti tende la mano.
Ecco che spiega le sue ali e, stringendoti, si solleva mentre tu ti lasci andare, portare via, in un turbine di vento e di piume perdute, inutili ricordi della tua vita mortale che abbandoni.
E solo ora ti senti libera, leggera come cenere, volando dove il tempo e lo spazio non esistono più.
Solo ora ti senti davvero tua e sua, fedele e gioiosa. In un lampo, in Paradiso.
 
 
/Salve a tutti e buon 14 Luglio!
Innanzitutto ringrazio chiunque sia arrivato fin qui: spero questo mio breve tributo ad un'eroina e due amanti tra i più grandi ed emblematici di sempre sia stato di vostro gradimento.
Mi sono basata sugli eventi del manga e ho cercato di inserire qualche riferimento, più o meno esplicito, alle parole da lei pensate o pronunciate.
L'ispirazione poi viene dalla poesia di Baudelaire citata all'inizio: La mort des amants (la morte degli amanti), che ho trovato alquanto adatta alla loro triste ma gloriosa vicenda.
Il riferimento al "giardino paradisiaco" deriva dal fatto che l'espressione "des cieux" in francese, oltre ad indicare "dai cieli", significa anche "dal Paradiso". L'ho trovata una traduzione interessante e, in questa caso, alquanto applicabile.
Grazie ancora e buona giornata a tutti!
Eleonora
   
 
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