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Autore: ImperioMagicum    14/07/2020    1 recensioni
Una passeggiata nella città che si sveglia e l'appuntamento con una meravigliosa ragazza
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alba

Era una mattina d’estate, le cinque meno un quarto. Lui aveva passato tutta la notte sveglio, non perché dei pensieri lo turbassero, ma, semplicemente, perché il sonno non era mai arrivato. Alle quattro e mezza decise che era meglio rinunciare e sfruttare meglio quelle ore: si vestì e prese il quaderno con la matita. per evitare una tragedia internazionale nel caso in cui i genitori avessero sbirciato in camera sua e non lo avessero trovato, decise di avvertire il padre. < Si, sta attento > rispose, proseguendo con due colpi di tosse, un grugnito e voltandosi dall’altra parte. 

Quando gli uccellini cominciano a cantare, alla mattina, significa che tutto è tranquillo ed il pericolo della notte è passato. Almeno era questo che Lui pensava quando era piccolo ed era costretto a passare quelle ore di buio immobile sotto le coperte. Difatti ciò che allontana i pericoli del buio è, innanzitutto, la coperta che è in grado di schermare da ogni assalto da mostro e, misura da tenere presente particolarmente nei mesi estivi senza piumone, l’immobilità: i mostri più ti muovi e più ti notano. È vitale, infatti, fornirsi di un bicchiere pieno di acqua sul comodino e di calcolare i tempi di funzionamento della vescica in modo da non doversi avventurare nei meandri bui di un appartamento durante le ore notturne.

Anche adesso, tuttavia, il cinguettio delle quattro e mezza annunciava quel breve periodo di tempo in cui la città era deserta e sicura assieme. Infatti all'una di notte passeggiare soli significa attendersi un agguato da parte di chissà chi: potrebbe essere un ubriaco attaccabrighe, un pakistano tornato dal lavoro mal pagato, un molestatore, un rapinatore, uno squilibrato. In realtà è solo paura del buio che tinge lo stesso luogo in cui ogni giorno tutti vivono giornate serene con le tinte di un horror, ma da adulti si chiama cautela. Alle prime luci, invece, l’incantesimo sparisce e ne appare un altro.

Il rumore lieve di una città che non vuole infastidire i propri abitanti. L’aria fresca, completamente diversa da quella densa e soffocante delle ore nove, accarezzava la sua pelle procurandogli un brivido. All’ombra c’era praticamente freddo vestiti con una maglia e dei pantaloncini ma alla luce obliqua di un sole non sorto il tepore rendeva quel abbigliamento perfetto. Non c’erano persone a passeggio, non c’erano persone che parlavano o urlavano, le auto erano molto rare tanto che, persino la strada principale, poteva essere usata come un marciapiede. I semafori erano ancora gialli e lampeggianti, in giro si poteva notare, al massimo, qualche ciclista. 

I due tipi di ciclisti delle quattro e cinquanta sono essenzialmente:

-lo sportivo, quello che, per qualche assurda pazzia, ha deciso che quell'orario era naturalmente adatto al suo allenamento con buona pace della fase REM,

-il pakistano sottopagato, declassato dal ruolo di mostro notturno, che, per qualche assurdo normalissimo motivo, fa un lavoro di notte che non gli permette di possedere un mezzo motorizzato, con buona pace delle leggi anticaporalato.

Quell’aria, quell atmosfera, quella strana solitudine gioiosa era qualcosa di incredibilmente benigno per il morale di Lui. Gli pareva di essere parecchio fortunato a poter ammirare quello spettacolo mezzo artificiale che era la città ancora dormiente ma sempre un po’ viva, come un corpo umano che riposa ma fa sempre pulsare, lentamente, il proprio cuore. Era il momento.

Alla panchina verde della pista ciclabile c’era Lei, una bellissima ragazza, che lo aspettava impaziente. Era particolarmente difficile trattare con lei: pretendeva che Lui le rispondesse a qualsiasi ora, senza preavviso, quasi sempre in momenti in cui Lui non avrebbe potuto. Altre volte Lui la desiderava, la voleva, la cercava a tutti i costi ma Lei faceva la preziosa, lo lasciava disperare, cadere in mezza depressione, sentirsi inutile, non più all’altezza, come uno di quelli che Lei non la avrebbero mai toccata in vita loro e non la avrebbero nemmeno vista di sfuggita. Ma il suo lato peggiore era il sadico modo in cui lo stuzzicava quando, sommerso dagli impegni quotidiani, doveva decidere di rimandare il momento del loro incontro per svolgere i suoi obblighi. Ogni pochi minuti i pensieri di Lui non potevano che rivolgersi a Lei ed i suoi occhi non potevano fare altro che scollegarsi dal cervello, impegnato ad immaginare lei nei più minimi dettagli, impegnato a pensare ai suoi capelli biondi, mossi, mori, ricci. Impegnato a focalizzarne bene gli occhi, che inizialmente ricordava nocciola, ma che, forse, andavano schiariti sull'ocra scuro.

Lei era seduta sulla panchina, con il suo solito sguardo stizzito accompagnato da un sorrisetto mal nascosto: amava farsi desiderare e far finta di non concedersi proprio a quei fortunati a cui più si dedicava e con cui più spesso passava intere intense giornate. < C’è ne hai messo di tempo> disse lui osservando il cielo che lentamente diventava azzurro <è davvero meraviglioso,> Lei lo guardò fingendo un po’ di stizza < Il primo complimento che ti viene in mente non lo rivolgo nemmeno a me?> Lui alzò gli occhi al cielo, stavolta per diverso motivo < Non dirmi che sei geloso> < No, no di certo. Però… > < Però? > Lui stette zitto < Lo sai perfettamente come funziona. > disse lei con voce schietta, sillabando ogni parola, mentre puntava il dito indice davanti ai suoi occhi < non sei tu, non è lei, non è nessuno che decide, sono io. Io decido quando ho voglia e se voi siete abbastanza furbi ne potete approfittare. > 

Lui stette in silenzio poi, lentamente, accennò ad un sorriso. Lei ricambiò guardandolo negli occhi. Le piaceva essere crudele, con tutti, ma le piaceva anche concedersi. I visi si avvicinarono, socchiusero gli occhi e le loro labbra si unirono. Erano le cinque. < Non abbiamo molto tempo, un’ora ed il caldo si farà sentire, assieme ai poveretti che portano fuori il cane. > disse lei ridacchiando < Hai il quaderno, vero? > < Certamente… cosa scriviamo stavolta, Ispirazione ? > 

La ragazza si fermò pensierosa, per qualche secondo. Accompagnò la mano di Lui per prendere la matita e cominciò a dettare < Era una mattina d’estate, le cinque meno un quarto...


 

   
 
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