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Autore: Snehvide    16/07/2020    2 recensioni
Per alcuni millesimi di secondo, a Dean sembra di non riconoscere la voce che urla alle sue spalle, e la cosa, per sé, è già devastante. Se poi aggiungiamo che suo fratello si accascia a terra come un bisonte ferito da un bracconiere e il suo corpo comincia a vibrare sollevando come una fitta nebbiolina di sabbia intorno a sé, improvvisamente, tutto ciò che Dean ha intorno cessa di avere valore semantico per la sua mente.
WARNING: ferite genitali descritte nei dettagli, particolari crudi: potrebbero fare impressione
.
[Hurt/Comfort] [Hurt!Sam, Caring!Dean] [Scritta per la #AtonementH/C Challenge, gruppo Hurt/Comfort Italia]
Genere: Drammatico, Horror, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Double, double, thorns and trouble (groin burn, and cauldron bubble)

 – quinto capitolo  –

 

“Pensi che, se avessi potuto portarlo in ospedale, a quest’ora non l’avrei già fatto, Garth?”

Non voleva arrivare a quella frase Dean, davvero.
Ha fatto sforzi sovraumani per modulare il tono e ostentare disinvoltura; ha passeggiato su e giù per la camera come se stesse facendo il resoconto delle vacanze ad un amico lontano. Nei suoi passi e nella sua voce, ha cercato di non diffondere nulla dello tsunami di ansia e preoccupazione che montava dentro di sé. 
Non può permetterselo, e lo sa.
Sam non è tornato del tutto integro dalla deludente esperienza in bagno. Giace supino sul letto, fissa il soffitto con gli occhi acquosi di chi trattiene la frustrazione solo per pudore. Lo stesso che gli gonfia e chiazza le gote di rosso e gli fa tremolare il mento.
Sì, non ha decisamente bisogno di altre ragioni per preoccuparsi. Dean, da parte sua, può affermare di aver fatto di tutto pur di avere una conversazione che suonasse il più possibile discreta e non allarmante, ma adesso, comincia a cedere.

“Non possiamo andare in ospedale, ieri per poco non ci arrestavano entrambi per frode assicurativa!” ribadisce. Solleva una mano a palmo alzato come se il suo interlocutore fosse lì con lui e non dall’altro lato dei fottuti Stati Uniti d’America.

Sul lenzuolo che copre la sua metà inferiore, Sam ha una busta di plastica con del ghiaccio preso al distributore del motel. Dean è abbastanza certo che l’antidolorifico che gli ha sparato nella flebo non copra anche il dolore del ghiacciarsi le palle, ma sopporta bene, si dice.

“Garth, ascolta, credo la situazione ti stia un attimo sfuggendo,” si augura che una qualunque divinità in ascolto possa intercedere per lui con il suo sistema nervoso e aiutarlo a non perdere la calma “Ti ho già spiegato cos’è successo a Sam, no? Ti è chiara la situazione? Ecco. La ragione per cui ti ho chiamato, è perché speravo di poter ottenere da te un...qualcosa, dei consigli. Insomma, qualcosa che possa aiutare Sam a cambiare l’acqua alle olive, tutto qui.”

Dean sbuffa, la ramanzina al telefono non sta portando a niente e, nella sua testa, la brillante idea di chiamare Garth non appare più così brillante come prima.

“So benissimo che avrebbe bisogno di un ospedale, Garth! E so anche che sei solo un dentista, andiamo!”
 Volge l’attenzione verso Sam. Per un cinico gioco di ombre, a quella distanza appare persino più emaciato di quanto sia davvero. Rammenta solo adesso che, in quel trambusto, Sam non mangia da almeno ventiquattro ore, e quel cocktail di medicinali che scende nelle sue vene non può che essere il colpo di grazia. Nelle sue orecchie, le parole di Garth sono un rumore bianco, suoni che si dissolvono sotto peso di allarmanti indizi che Dean ritrova su quel corpo seminudo.

“Eh?” si blocca di colpo. Qualcosa nelle parole di Garth lo strappa a quel flusso di crescente disperazione. Rimane immobile al centro della stanza per un paio di secondi. “Come dici?” domanda ancora, sbatte un paio di volte le palpebre, poi volta la collo in direzione del proprio letto. “Rimani in linea, dimmi com’è fatto.”
Chinatosi su di esso, controlla una ad una le decine di confezioni incellofanate che ha dinnanzi a sé, sino ad acciuffarne una seppellita tra le altre. “Credo di averlo trovato.”

Al telefono, l’ex cacciatore comincia a snocciolare qualcosa a cui, questa volta, Dean presta attenzione come mai aveva fatto prima. Lentamente ed inesorabilmente, i suoi occhi si sgranano, perdono fuoco. Le parole di Garth hanno il potere di evocare dinnanzi a sé oscenità che solo lui aveva il privilegio di vedere, e che faticano a svanire anche quando l’ex cacciatore termina il proprio monologo.
Dean si schiarisce la voce, “Okay,” distoglie lo sguardo, cerca un nuovo punto fisso della stanza in cui ancorare la propria sanità mentale: la statale che si affaccia dalla finestra offre un diversivo banale ma efficace “lo terrò presente come ultima risorsa. Altri metodi meno invasivi?”

Il resto della conversazione scorre in fretta. Una serie di ‘okay’ atoni e automatici, privi di alcuna consistenza. Quando Dean riaggancia, la sua mano sta già scorrendo nervosa tra i suoi capelli.

Scatta in piedi abbandonando l’angolo di letto in cui si era seduto senza accorgersene, si avvicina allo sguardo sconfitto di Sam, che adesso preme di nuovo su di lui in attesa di risposte che non ha. Deglutisce, preleva la pezzuola tiepida che Sam ha sulla fronte, ne sente la temperatura con il dorso della mano. Cazzo, quanto ci mette quella merda a fare effetto, si domanda mentre cerca una distrazione nello stillicidio lento della flebo.

“Dean—“ con la sua voce ancora ruvida, Sam si apre un varco in quel silenzio che Dean ritiene quasi sacro. Rinuncia al tentativo di evitare il suo sguardo, gli occhi di Sam si incollano ai suoi al minimo contatto; così schiude la bocca, si tiene impegnato strizzando l’acqua gelida dalla pezzuola che ha immerso nel contenitore accanto al letto. “Garth ti saluta,” pensa di smorzare la tensione, ma ottiene l’effetto opposto: quando poggia il panno sulla fronte di Sam, può vedere da solo come le sue dita stiano tremando.
“Ha i bambini con la varicella. Tu lo sapevi che i lupi mannari possono prendersi la varicella?”

“Cos’ha detto Garth, Dean?”

Dean non risponde, la domanda è così scomoda, così indelicata che merita solo di scivolargli addosso. Il sollevare il sacchetto del ghiaccio dal ventre di Sam e cercare una risposta lì, sotto al lenzuolo, ha quasi il sapore di una ripicca. Ma l’incontro con ciò che si cela tra le gambe di Sam non è qualcosa alla quale Dean può davvero sviluppare quell’assuefazione necessaria a non avere ogni volta un ritorno di bile in gola. Di colpo, Dean, è più nudo di lui.

“Dean?”

Il bagliore brutale dei tagli infetti lo confonde, lo stordisce: non è più in grado di inventare qualcosa che non sia la verità.

“Ha detto che probabilmente dovresti avere un tubo su per l’uccello”

“Un catetere?”

Dean fa spallucce “Sì, qualcosa del genere.”

Sam non fa una piega. Il suo volto imperlato dal sudore non si scompone, non sembra percepire lo stesso riverbero di terrore che aveva percepito lui quando le parole metalliche dell’ex cacciatore hanno colpito i suoi sensi, anzi – quella consapevolezza sembra restituirgli, almeno in parte, un impeto di fiducia.

“Okay.” Okay un cazzo, Sam non può essere serio.

“Andiamo, Garth è un dentista! Che vuoi che ne sappia?”

Sam sospira rassegnato, “È quanto di più vicino a un medico possiamo permetterci”, volge lo sguardo verso il cumulo di medicine sul suo letto.“Abbiamo niente del genere?”

In preda ad una forza molto simile al panico, Dean ride. Ride di una risata che non pensava poter fare. Si china prima sul ventre di Sam mentre scuote ancora la testa divertito, nasconde i genitali feriti con il solito lembo di lenzuolo, gli tasta velocemente l’addome, come se le sue mani sapessero davvero cosa fare di quella vescica distesa. Come se il toccare scoordinato delle sue dita avesse un perché, una logica.

“Riusciremo a farti fare pipì diversamente, non preoccuparti.” Sorride ancora, ma tutta quella improvvisa ondata di sedicente gioia non sembra incantare per niente Sam. Forse, il suo volto è più consumato dalla preoccupazione di quanto immagini, forse le sue labbra hanno dimenticato qual è la forma di un sorriso convincente, capace di infondere serenità e fiducia, cazzo – è mai possibile che anche divorato dai farmaci e dalla febbre, suo fratello non si lasci scappare nessun particolare? 

Sam lo fissa ancora un paio di secondi con una tranquillità fuori luogo, quasi scortese, oserebbe definirla.
I suoi occhi si muovono come stessero scorrendo delle immagini che Dean non fatica ad immaginare e la cosa lo innervosisce ulteriormente. Non è pronto a far fronte a tanta saggezza.

Prima che Dean possa smettere di tastare il suo ventre e fingere competenze che non ha, Sam rotola lentamente su di un fianco, puntella i gomiti sul materasso, il volto si deforma a causa del morso che si dà all’interno delle guance per sopportare il dolore mentre tenta di raggiunger la posizione seduta.

“Ehi, ehi! Sam! Che vuoi fare?” Le spalle di Sam tra le mani di Dean sussultano, ma Sam non emette alcun lamento. Stringe i denti a sufficienza per non farlo, evidentemente.
 
“Abbiamo un catetere tra quella roba?” insiste, fatica a riprendere fiato. Spingerlo di nuovo sul materasso però, non è così facile come ha immaginato.

Dean ingoia qualcosa, si sta incastrando in un vicolo cieco da cui non è certo riuscirà poi ad uscire “Credo di sì”, risponde incerto, “ma tu torna giù adesso, avanti”

“Dean,” non sa dire cosa stiano facendo le mani di Sam sulle sue; se sta cercando di impedirgli di spingere ancora le sue spalle contro il cuscino, o piuttosto, di costringerlo ad una riflessione che sta in tutti i modi evitando “non urinerò senza un catetere. Anche il dottore, in ospedale, aveva accennato a qualcosa mentre mi portavano in corsia. Avrebbero dovuto sottopormi ad un esame per il quale era richiesta la vescica piena, dopo lo avrebbero inserito.”

Ed è più o meno quanto anche Garth aveva ipotizzato al telefono pochi minuti prima. Cristo.

“Cristo,” Dean ritrae le labbra stizzito, “perché non me lo hai detto prima?”

“Perché non pensavo fosse l’unico modo che mi avrebbe permesso di urinare...” Sam ci prova ancora a vincere la resistenza delle mani di Dean e a sollevarsi, ancora una volta, spingendo sui gomiti. “Dai, portami l’occorrente.”

Cazzo.

“Dean?” Non è davvero un richiamo confuso, manca totalmente di inflessione. Sam evidentemente sa come tradurre la sua immobilità. Il maggiore dei Winchester si solleva in fretta annuendo, torna a scartare farmaci e buste inutili da quelle che ha versato sul letto, e poi, dopo essersi messo tra le braccia ciò che ritiene essere l’occorrente, in un moto quasi meccanico, riprende possesso dell’angolo di letto di Sam arbitrariamente occupato.

“Tieni,” Dean si inumidisce il labbro superiore con la punta della lingua, il crepitio delle buste attutisce le sue stesse parole, ed è come una sinfonia sbronza. Scaraventa ogni cosa in un angolo accanto al suo fianco, e Sam le solleva ad una ad una di fronte al suo volto come a volerle vedere in controluce. “C’è tutto?”, domanda Dean.
Sam annuisce, chiede la sua mano come appiglio per sistemarsi meglio in posizione seduta. La pezzuola della fronte crolla sul grembo quando un dolore acuto, da qualche parte nelle viscere, lo fa ribaltare su se stesso.

Le mani di Dean sulle sue spalle sono adesso delle morse. Sente le ossa delle sue clavicole sotto i polpastrelli. Sono talmente spigolose che sembrano poter lacerare la carne e il tessuto che si interpone ed è tutto profondamente sbagliato.

“Sto bene,” anticipa Sam. I suoi bisbigli a denti stretti sono tutt’altro che persuasivi. Dean ne è indignato, anche se non sa dire da cosa, in particolare. Forse, farebbe prima ad elencare cosa in tutto quello che vede non stia alimentando il ribollente moto di rabbia che non è ancora riuscito in nessun modo a sfogare.

“Forse dovremo davvero tornare in ospedale...”

Lentamente, Sam raccoglie le forze tirandosi su. Si accomoda tra i cuscini che Dean gli ha riposizionato dietro la schiena, rilascia il fiato che le labbra serrate si sono impegnate a trattenere.

“Ce la faccio. Non preoccuparti.”

Pallido e stremato, le dita tremanti si stringono intorno alla confezione di betadine offerta da Dean. Fatica quasi a lasciarla andare alla sua presa, come se il suo inconscio non fosse totalmente d’accordo con ciò che suo fratello si appresta a fare.

Sam abbassa lo sguardo, scopre i propri genitali. Dal modo in cui le sue labbra perdono ulteriormente colore, Dean intuisce che è la prima volta che Sam prenda visione delle sue condizioni. In un altro momento, avrebbe contornato quel momento con qualcosa di divertente o dissacrante in grado di deviare l’attenzione, ma questa volta, Dean non dice niente. Abbandona Sam a quel momento di smarrimento senza intervenire in alcun modo, perché sente che ogni singolo pensiero sta attraversando la sua mente, giusto o sbagliato che sia, meriti di farlo. 

Sam muove la bocca come per articolare qualcosa, ma non viene fuori nulla, e in quel silenzio, Dean non si è mai sentito così inutile prima d’ora.
Sam distoglie gli occhi di colpo dopo una manciata di secondi, torna a fare quel che stava facendo.
Rimuove il cappuccio al disinfettante, ritira il bacino verso l’interno, e poi, come fosse qualcosa che non meritasse un particolare cura, ne lascia cadere alcune gocce sul pene.
Dean vorrebbe intervenire, suggerire che da ciò che ha appreso nell’ultimo quarto d’ora, non è quello il modo corretto di detergere il pene prima della cateterizzazione, ma non riesce a dire nulla. D’improvviso, è come se mettere becco in quella faccenda fosse diventato una pratica oscena, qualcosa di estremamente fuori luogo.
Vorrebbe far notare a Sam come il betadine stia colando sui testicoli infiammati sino a raggiungere le lenzuola, e di quanto improbabile sia anche il fatto che Sam non stia facendo nulla affinché non accada, ma non riesce a fare neanche questo.

Sam tende un braccio verso di lui, rimuove dalle sue mani la bustina di lubrificante ed anche la confezione sigillata con il catetere.

“Aspetta, sai come si fa?” Dean lo conosce abbastanza da poter intuire che, anche se la testa si muove su e giù senza incontrare il suo sguardo, la risposta è un’altra.
Sam scarta il tubicino in lattice, si appresta a lubrificarne la punta e Dean osserva in silenzio l’intera faccenda, cercando di prefigurarsi mentalmente il momento in cui le mani incerte di suo fratello tenteranno di insinuarlo nell’uretra malandata. Nelle ferite traslucide che maculano il pene, Dean crede di riuscire a individuare quella lasciata dallo spuntone di cactus che ha rimosso lì, da solo, in pieno deserto, prima di ritrovarsi con ciò che sul momento gli era sembrato un litro di sangue tra le mani, e la certezza che non sarebbe stato qualcosa che avrebbe potuto risolvere da solo.
Un groppo gli si stringe in gola quando vede Sam chiudere il pene tra le dita della sua mano sinistra. Ha l’impressione non lo stia maneggiando con la cura che richiederebbe, o che gli riserverebbe lui, se solo non si fosse lasciato sfuggire di mano la situazione dallo stesso qualcosa che sta adesso stringendo il suo stomaco e il suo petto in una morsa vile, meschina.
Si fa distrarre da un sospiro di Sam, ruvido e rauco come il verso di un animale ferito. Il minore dei Winchester ha le palpebre chiuse e sta inspirando profondamente prima di iniziare una procedura che in cuor suo, Dean non saprebbe definire con altro termine se non barbarie.

Il pensiero è sufficiente per far apparire una smorfia sul suo viso. Ruota le anche, porta le ginocchia verso l’esterno del letto, annovera il bisogno di dare le spalle a Sam tra quelle piccole, discutibili cose che crede siano cortesie dovute, ma già da un po’ la pungente sensazione di star facendo tutto per se stesso, in realtà, ha cominciato a farsi strada come un tormento.

Arrivano una serie di grugniti trattenuti a forza, piccoli respiri spezzati, poi nulla. Dean si volta quando sente che il fruscio delle lenzuola ha già preso il sopravvento su qualsiasi suono, incluso il silenzio.

Le dita che prima Sam aveva stretto intorno al catetere, Dean le ritrova adesso cinte intorno al viso, pressate contro la mascella con una forza eccessiva, quasi come se la mano non fosse la sua ma quella di qualcuno che vuole impedirgli di parlare, forse addirittura di urlare, a giudicare dal modo in cui strizza gli occhi e la faccia. Il pene, gonfio ed abbandonato a stesso, si incrocia con il tubicino giallo del catetere formando una sorta di X sbilenca, rovinata di tanto in tanto da dei sussulti strani, come degli spasmi, che ne alterano il sottile equilibrio.
La poltiglia lubrificante è ben visibile su entrambi, segno che Sam ci aveva almeno provato, ma forse il compito si è rivelato più frustrante di quanto avesse immaginato (le striature di sangue avvalorano questa ipotesi).
Non sa di preciso cosa possa aver fermato Sam e non crede sia così importante saperlo. La sua vena creativa è talmente prosciugata che non saprebbe neanche cosa inventare lì per lì per porre rimedio, incoraggiarlo. Dunque, Dean tira un respiro profondo e fa l’unica cosa buona che sente di poter fare in questo momento (in fondo al suo cuore, sentiva già da un po’ che sarebbe stata l’unica idea sensata, ma non voleva cedervi così presto): si arrende. Manda a fanculo tutti i suoi buoni propositi del cazzo, e felice, si arrende.
Le dita si aggrappano a quelle che Sam stringe al viso, un po’ come quando si vuole staccare le dita di un neonato da una presa poco indicata.

“Stai bene?”, malgrado tutto, basta per far tornare Sam alla realtà.

Sam si schiarisce la gola: “Credevo fosse più facile”, sorride, un sorriso nervoso e storto.

In risposta, anche Dean abbozza qualcosa di simile ad un sorriso, perché ha un disperato bisogno di farlo “Sì, ho già sentito questa tue frase almeno un centinaio di volte.”

Le mani si muovono prima ancora che Sam possa replicare. “Avanti, dai a me,” a palmi sollevati, Dean agita le dita avanti e indietro “dammi tutto, ci penso io—”, ha lo sguardo fisso verso il catetere e l’occorrente, Sam non può davvero equivocare. Dal canto suo Dean, può accettare quel catetere solo se sarà suo fratello stesso a consegnarlo tra le sue mani, è l’unica premessa sulla quale non è disposto a transigere.

“Non,” Sam porta una mano alla gola, qualcosa gli pizzica l’esofago e gli storpia i lineamenti. Cambia idea sulla prima frase dopo un paio di respiri, “Mi devo solo concentrare un attimo, ce la faccio,” insiste, e Dean sa bene che la testardaggine di Sam è fuori da ogni schema.

“Andiamo, Sam, sono stanco di vederti così!” esce forse con un po’ troppa insofferenza, “Dà qua!” apre il palmo, rilassa la fronte.
Su quella smorfia, Sam sembra soffermarsi più del dovuto: Dean non ha idea del messaggio che il suo viso stia trasmettendo, ma qualunque esso sia al di fuori del ‘cazzo, dammi quel catetere’ non andrebbe bene, e si augura vivamente sia proprio questo ciò che Sam stia percependo, altrimenti potrebbe davvero impazzire.

Sam rilassa i lineamenti, consegna a Dean ogni cosa.

 

Quando il maggiore dei Winchester torna dal bagno dove ha disinfettato nuovamente ogni cosa (non oserebbe mai infilare quel ricettacolo di batteri smanacciato liberamente a mani nude senza prima averlo riportato quasi alle condizioni di fabbrica) ritrova Sam già disteso sui cuscini che aveva riassettato per lui, proprio come gli aveva detto di fare.
Good boy, gli verrebbe da dire.

Gli occhi di Sam seguono il suo tragitto nello spazio. Silenziosi, lo fissano con un cipiglio impenetrabile, e Dean sa che non deve soffermarsi su di esso, se vuole portare a termine l’operazione in fretta.
Si domanda solo che aspetto potrebbe mai avere il suo viso agli occhi di Sam mentre in punta di dita sorregge quell’oggetto macabro e minaccioso.

“Allora,” spezza il silenzio, affonda un ginocchio sul materasso in prossimità del bacino di suo fratello, “facciamoci questa pisciatina!” sorride, sarcastico. Sam non risponde, cerca di ricambiare un sorriso che non dura più di un millesimo di secondo su quel volto teso. Dean è lì lì per dire qualcosa di consono, dargli una stretta da qualche parte e dirgli che andrà tutto bene, ma sente che una parola fuori posto potrebbe solo peggiorare tutto; potrebbe dare corposità alla scena, rendere tutto terribilmente reale, e non è ciò di cui Sam ha bisogno (e neanche lui, a dirla tutta).

“Sai cosa stai facendo?”, la nota stonata di Sam arriva a seguito di un sussulto, proprio mentre Dean solleva il suo pene tra il pollice e l’indice. Tempismo perfetto.

Dean arrossisce, si scompone per un paio di secondi prima di tornare in sé in fretta.

“Garth mi ha spiegato qualcosa...” fa spallucce, tampona lentamente il glande con il betadine, felice di farlo con la delicatezza che Sam era stato incapace di riservargli.

“Qualcosa...?“ Sam solleva un sopracciglio, assottiglia le palpebre.

“Ho anche controllato su internet, vedi di rilassarti. Non è così complicato.” Se non sarai tu a complicare tutto, avrebbe volentieri aggiunto. Ma il tocco di rimprovero arriva comunque.

Dean piega una gamba sotto le natiche, ruota la testa a destra, poi a sinistra, cerca un’angolazione adeguata prima di allontanare la garza dal meato e tirare fuori un tubetto di gel lubrificante che non tarda ad attirare l’attenzione di Sam (e forse, è un bene).

“Gel all’aloe?”

Dean sogghigna a metà tra l’imbarazzo e la beffa “Quello incluso nella confezione lo hai già sprecato tutto. Dovresti essere grato del fatto che tuo fratello usi solo prodotti di qualità!” finge di non vedere la reazione del viso di Sam mentre ricopre il tubicino con una generosa dose del prodotto.

Ci siamo. Prima della sua mente, è il suo battito cardiaco ad annunciarlo.
Guarda Sam in viso per un paio di secondi, prima di sistemarsi una garza tra le dita e raccogliere nuovamente il suo pene.

“Non irrigidirti, fa’ un paio di respiri – “ e attende che Sam li compia e che dia l’okay per cominciare, prima di allineare la punta del tubicino al meato, e spingerlo dentro con una forza appena percettibile.
Sam si irrigidisce subito, stringe i denti, non emette alcun suono per almeno una decina di secondi.
Strozza un rantolo contro il dorso della propria mano nel momento in cui Dean incontra una resistenza oltre al quale il drenaggio fatica ad andare.
“Respira.”Dean solleva lo sguardo senza muovere il viso e obbediente, Sam, a occhi stretti, lo fa, almeno per i prossimi centimetri che Dean riesce a far scorrere dentro di lui. Poi, un nuovo gemito; quasi un urlo in realtà. Stringe le spalle, preme il mento sul petto. “Quasi finito, Sammy--” Dean ci riprova, fa indietreggiare quel coso infernale di un paio di millimetri, poi tenta di ancora l’avanzata. Il pene di Sam è di nuovo gonfio e tumefatto e sotto il continuo sfregare delle garze, alcune ferite hanno ripreso a sanguinare, e cazzo – non va bene. Non va per niente bene: è diventato tutto terribilmente stretto lì sotto e il tubicino fatica davvero a scorrere, adesso. Sente le lenzuola cominciare a cedere sotto la stretta dei pugni di Sam e la propria sanità mentale vacillare.

“Avanti, figlio di puttana, muoviti!” impreca a denti stretti. Le raccomandazioni di Garth di ‘non forzare assolutamente l’ingresso e portare Sam con urgenza in ospedale in caso avvertisse una sorta di ostruzione’, risuonano nella sua mente come un insulto, un’oscenità a cui non vuole piegarsi.
Recupera con una mano la busta del ghiaccio, la poggia distrattamente sopra il pube di Sam, spera in un miracolo.

Che avviene pochi secondi dopo.

“Ci siamo!” esulta, quando il blocco, per intercessione divina (o del ghiaccio) finalmente, sembra dissolversi. Sam libera l’aria trattenuta in petto come stesse rilasciando un demone, lascia che i suoi polmoni tesi tornino ad incamerare aria, la schiena inarcata a riadagiarsi al materasso, le dita ad allentare la presa.
Cosa più importante, finalmente, il tubicino si riempie. Prima di sangue, copioso e denso, poi di urina. “Ehi, è fatta!” riecheggia entusiasta Dean, collegando l’estremità del catetere ad una sacca di raccolta.

“È fatta, Sammy!” ripete ancora, in un impeto di incontenibile eccitazione. Sorride sgargiante, porta le mani alle guance di Sam, ritrova una pelle bollente ed umidiccia, ma non importa. Ha vinto, e niente potrà mai sottrargli quella gioia.
Sam lo fissa come se guardandolo a lungo, il suo entusiasmo potesse in qualche modo contagiare anche lui, ma non sembra accadere. Di certo, però, il sollievo ha già ammorbidito i tratti del suo volto, e il sorriso di ritorno che fa apparire sulle labbra, è il sorriso più bello che Dean abbia visto da giorni. 

"Guarda, Sammy! Questo coso funziona! Stai pisciando finalmente!” Dean solleva la busta del catetere come fosse un volgare trofeo. Sam storce il naso, distoglie lo sguardo con un lamento. Allunga una mano verso il lenzuolo, lo tira a sé come se improvvisamente si fosse ricordato di essere nudo.

“Buono, tigre,” Dean riprende possesso del lenzuolo, “devo ancora bloccare il catetere e rifare la medicazione,” dice, c’è ancora l’entusiasmo sul suo volto, ma la sua voce sta già riacquistando serietà.

“Mi auguro non sia roba altrettanto atroce—“

“Nah, non dovrebbe. Lo sai che sono delicato, non te ne accorgerai neppure.”
Il passo dal sarcasmo a qualcosa di diverso è un attimo. La mano che va a creare cerchi concentrici sul ventre di Sam ne è la prova. Sam corruga la fronte, non sembra esserne convinto.

Dean sistema altre due-tre cosette, smanetta con una siringa collegata ad un accesso del catetere e del cerotto adesivo, poi dichiara internamente che sì, può andare bene.

“Come va? Stai meglio, adesso?” è una domanda che sa di convenevole, giusto per non soffermarsi sul fatto che abbia di nuovo le mani tra i bassifondi di Sam, ma per fortuna, quest’ultimo sembra cogliere la sua genuinità, e annuisce.

“Avrei gradito un lecca-lecca a questo punto...”

“Ti comprerò il gelato se farai il bravo,” Dean sorride distratto, recupera il foglio della terapia.

“Sono intollerante al lattosio, lo sai.”

Sam tenta senza successo di allontanare il volto quando la mano di Dean si allunga sulla sua fronte a scostarne i capelli appiccicati dal sudore, prima di tastarne la temperatura. Ha ancora la febbre, ma adesso  sembra un dettaglio di poca importanza.

“Senza lattosio, allora.”

“È pieno di zuccheri aggiunti.”

Sbigottito, Dean solleva lo sguardo dalla garza sulla quale sta stendendo l’unguento indicato. Scuote la testa. “Cristo, se non avessi le tue palle qui davanti dubiterei fortemente di avere un fratello!”

Sam rotea gli occhi.

“Vada per l’ennesima porcheria salutistica di tua scelta. In fondo, il paziente sceglie il premio, no?”

“Già, e il dottore chiude il becco.”

“Touché, fratellino.” Dean gongola nel consegnargli la vittoria, preme con una mano su una coscia di Sam per guardare meglio le ferite sull’inguine. Se avesse avuto tempo e modo di riflettere meglio, probabilmente avrebbe trovato inquietante il modo in cui adesso si senta a suo agio a maneggiare i genitali di Sam, ma il tempo non ce l’ha, perché la pomata sull’ovatta ha già cominciato a creare una patina gelatinosa che prima non c’era, dunque si affretta. Con il batuffolo di ovatta in punta di dita, ricopre piano le ferite dell’inguine di Sam, stendendo il medicamento con delicatezza. Lo ricopre con uno strato di garza e poi ancora un altro. Fa più o meno la stessa cosa anche dall’altro lato.
Sam è un paziente eccellente, deve ammetterlo. Si limita a irrigidirsi e strozzare un gemito quando Dean passa a sollevare i testicoli feriti e ricoprire anche questi di pomata e garze. Nemmeno un fiato quando invece si occupa del pene, che lascia per ultimo perché, anche se in questo momento nelle sue vene scorrono antidolorifici per elefanti, niente riuscirebbe a convincerlo che le labbra che Sam stringe tra gli incisivi e il respiro che gli muore in gola ogni qualvolta tocca il suo membro livido, siano lì per puro caso.

“Tutto bene?” gli occhi di Dean saltellano da un punto all’altro del corpo di Sam, in continuazione.
Sam, con i suoi occhi ben stretti nelle palpebre invece, annuisce quasi in automatico. La tensione si stempera quando, finalmente, le garze con il loro leggero attrito, ricoprono ogni cosa, segnando la fine della tortura, almeno per un paio d’ore.

“Sei a posto,” annuncia Dean, sbrigandosi a ricoprire il tutto con il lenzuolo. Mentalmente, si è già annotato come velocizzare il processo e renderlo più discreto e meno doloroso per la prossima volta. “Vuoi mangiare qualcosa?”
Sam scuote la testa ad occhi chiusi, Dean non ha voglia di insistere.

“D’accordo, rilassati un po’...”, il maggiore dei Winchester si solleva in silenzio dopo aver fatto scorrere le dita tra i capelli di Sam. Controlla la flebo, guarda l’orologio, tira un profondo, immenso respiro mentre apre il vetro della finestra.
Per la prima volta dopo quasi ventiquattro ore, può davvero rilassarsi.

fine quinto capitolo


________

Note:

- Grazie infinite a Nattini1 per il betaggio <3

- Sì, lo so. Doveva essere l’ultimo capitolo, ma non lo è. Sob. Non è colpa mia, giuro.

-Ancora una volta, ricordo che questa roba è scritta per l’AtonementChallenge del gruppo Hurt/Comfort Italia, il cui prompt era “Personaggio A ha delle spine di cactus al pene, Personaggio B lo aiuta” (poi è diventata una creatura del Purgatorio con vita propria che non vuole proprio lasciarsi terminare), venite a trovarci! ;)

- Grazie per aver letto (e soprattutto, per la pazienza! <3 ) il prossimo capitolo arriverà in autunno!

   
 
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