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Autore: Severa Crouch    16/07/2020    6 recensioni
È una raccolta di sei flash-fic legate a momenti diversi della tortura ai Longbottom che fa da catalizzatore di questo scontro tra Auror e Mangiamorte. C'è il prima, il momento della tortura di Frank e Alice, il dopo fino alle conseguenze. Ogni momento ritratto è un flash sulle ragioni per combattere quella guerra.
Bellatrix Lestrange - Amore
Frank Longbottom - Fiuto investigativo
Bertie Higgs - Giustizia
Barty Crouch Jr - Identità
Alastor Moody - Dovere
Rodolphus Lestrange - Fedeltà
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Bartemius Crouch junior, Bellatrix Lestrange, Frank Paciock, Rodolphus Lestrange
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Bellatrix Lestrange -

 

Amore, 31 ottobre 1981

 

 

Bellatrix se lo sentiva nelle vene.

L’Oscuro Signore l’aveva sempre presa in giro per quel sesto senso che diceva di avere, così come aveva preso in giro chiunque gli avesse detto che dare importanza a una profezia l’avrebbe realizzata.

Certo, si fidava del suo Signore, si fidava immensamente e sapeva che se c’era una persona in grado di evitare che la profezia si avverasse, quella era certamente Lui. Il solo che si era spinto più in là nello studio delle Arti Oscure.

Lei era stata guidata su quel sentiero e aveva scorto solo qualche barlume della grandiosità del suo Signore e, già solo per quel che aveva intravisto, aveva deciso di votarsi interamente a lui, come la Pizia al dio Apollo. Aveva rinunciato a tutto per Lui, sposato la sua Causa e persino amato quel corpo solcato dall’Oscurità.

Proprio nel giorno dell’Oscurità, durante i riti di Samhain, Bellatrix aveva sentito il suo cuore ghiacciarsi e, come la Pizia con una Visione, aveva visto il suo Signore cadere e il Marchio Nero aveva iniziato a bruciare e tingersi di rosso sangue. Rodolphus e Rabastan le avevano lanciato uno sguardo preoccupato, ma nessuno di loro aveva esitato, nemmeno per un istante.

“Dobbiamo andarlo a cercare,” aveva detto, lasciando trapelare la paura di perderlo. Gli altri Mangiamorte si Smaterializzavano e l’unico a presentarsi e chiedere del suo Signore era il giovane Crouch. Bellatrix lanciò un’occhiata al ragazzo. Era troppo giovane per una missione del genere, eppure era valoroso e lei aveva assistito al suo addestramento.

 

. * . * . * .

 

- Frank Longbottom -

 

Fiuto investigativo, 10 novembre 1981

 

 

“Alice, tieni stretta la bacchetta.”

“Frank, non parlare per dire l’ovvio.”

Adorava quando sua moglie lo punzecchiava in quel modo. Frank, però, non riusciva a fare a meno di ripetere le nozioni di Alastor Moody, era un modo per ricordarsi che lui era pronto, che quella dannata guerra la stavano vincendo e che presto sarebbe finito tutto.

Stavano girando per Godric’s Hollow, c’erano dei pazzi sostenitori di Tu-Sai-Chi che continuavano a presentarsi davanti la casa dei Potter per rendere omaggio al loro Signore Oscuro, come lo chiamavano. Gli Auror, naturalmente, ne approfittavano per arrestarli e spedirli ad Azkaban.

“È la serata perfetta per una passeggiata al chiaro di luna, Longbottom?”

La voce infantile di una donna gli fece scendere un brivido lungo la schiena. Frank e Alice si voltarono e videro quattro sagome avvolte nei loro mantelli e maschere d’argento. Non c’erano donne nei Mangiamorte, chi aveva parlato?

Alice lanciò un incantesimo di Disarmo. La risata di una donna arrivò da dietro una di quelle maschere.

Allora avevo ragione! Fu il pensiero di Frank, prima di essere colpito da una Maledizione.

“Quanta fretta Longbottom, vogliamo solo sapere dov’è l’Oscuro Signore!” esclamò la voce roca di un uomo. L’inflessione francese era inconfondibile: Lestrange. La donna era Bellatrix Lestrange, certo! Avrebbe dovuto dirlo a Moody. Scansò un’altra maledizione. L’uomo era il marito e giurava che una delle altre due maschere fosse l’altro Lestrange, Rabastan. Persino Bertie avrebbe dovuto chiedergli scusa per non aver dato retta al suo sesto senso!

Alice lanciò una Maledizione e urlò: “È caduto! Tu-Sai-Chi è caduto! È morto e voi finirete ad Azkaban!”

“Lui non è morto!” la voce di Bellatrix Lestrange, abbandonato ogni tentativo di giocare, divenne riconoscibile. “Crucio!” la forza della maledizione colpì Alice prima che Frank riuscisse a intervenire. Scagliò una maledizione contro Bellatrix, per liberare Alice, sentendo sua moglie contorcersi e urlare sotto l’effetto della tortura.

“Crucio!”

Non servirono altre parole. Frank riconobbe immediatamente quella voce.

Lo avevano interrogato a giugno e Bertie da allora andava avanti con i suoi sospetti. Lo avevano tenuto d’occhio e pedinato di nascosto, contro il parere di Scrimgeour e senza farsi scoprire da Moody. Era stato Frank a dire a Bertie: “Il ragazzo è pulito.”

“Cazzo. Cazzo. Cazzo.”

L’espressione di Bertie Higgs fu l’ultima cosa a cui Frank pensò prima che il mondo venisse risucchiato e diventasse nero, sangue e dolore.

 

. * . * . * .

 

- Bertie Higgs -

 

Giustizia, 11 novembre 1981

 

 

Bertie si era preoccupato immediatamente quando al mattino non aveva visto Frank al tavolo della colazione, il loro rito prima di iniziare il turno. Era corso in ufficio, in preda all’angoscia e lo sguardo di Rufus era valso più di ogni discorso.

“Sono morti?” domandò con la voce che gli tremava.

“No. Sono al San Mungo, a ricordarci che la morte non è il peggiore dei mali,” disse Alastor Moody e Bertie non aveva mai sentito la voce di quell’uomo incrinarsi tanto. Aveva perso metà del naso in uno scontro con Evan Rosier e Bertie lo aveva visto il giorno dopo in ufficio come se nulla fosse, aveva perso una gamba e si era limitato a sostituirla con una protesi di legno e persino quando perse l’occhio disse che si sentiva fortunato perché ora ne aveva uno più utile.

Moody non aveva mai vacillato da quando Bertie aveva messo piede in Inghilterra. Sentire il tremolio della voce, finì per gettare Bertie nell’angoscia. Corse al San Mungo, incurante delle riunioni, dei turni, dei processi e degli arresti. Non gli importava nemmeno degli interrogatori, voleva vedere Frank.

“Sono qui per far visita a Frank e Alice Longbottom,” disse al banco dell’accettazione.

“Quarto piano: Reparto 49” rispose la strega agitando la bacchetta su alcuni schedari magici, “mi dispiace molto per lei,” aggiunse con un tono che non piacque affatto a Bertie.

Salì le scale con il cuore in gola, facendo lo slalom tra pazienti infortunati e visitatori che cercavano di raggiungere il caffè all’ultimo piano. Venne bloccato dalla responsabile del reparto. La donna scrutò la sua divisa da Auror e lo lasciò passare dicendogli: “Non è il primo che viene a far visita, ma la avverto che non sono in grado di riconoscerla.”

Bertie non l’ascoltò nemmeno, avanzò verso la corsia e ogni passo sembrava costargli sempre più fatica. Spostò delle tende e li vide stesi su due letti vicini: Alice e Frank.

“Bertie!” esclamò la signora Augusta, “sei venuto!”

“Come potevo mancare?” disse con la voce che gli moriva in gola. Capì il tremore di Alastor. “Ci sono speranze di recupero?” domandò, in quello che Frank avrebbe definito il suo ottimismo in salsa U.S.A.

“Al momento no, ma la speranza è l’ultima a morire,” disse Augusta, “mio figlio è stato coraggioso. In quanti sarebbero in grado di sopravvivere a un attacco di Mangiamorte? Mica gliel’ha data la sua vita! È sempre stato testardo e coraggioso come Godric.” La donna sorrideva guardando il figlio, stretta in dolore composto come solo gli inglesi sapevano affrontarlo. Bertie le mise una mano sulla spalla e Augusta gli disse: “Promettimi che li prenderai quei figli di puttana. Promettimelo, Higgs.”

“Te lo prometto, Augusta. Li prenderemo e li sbatteremo ad Azkaban per il resto della loro vita. I Dissennatori dovranno divorare l’anima di quelle bestie. Non permetteremo loro di farla franca con la morte, anche a costo di uccidere la Morte stessa, li prenderemo e li butteremo vivi nell’inferno di Azkaban.”

“Sei melodrammatico come tutti gli americani, bastava che mi rispondessi di sì,” disse Augusta bacchettandolo. La donna staccò un attimo gli occhi dal figlio, li voltò verso di lui e gli disse: “Però apprezzo molto il tuo giuramento e spero che riuscirete a tenervi fede, per Frank e Alice, e per Neville, che merita di crescere in un mondo in cui chi ha fatto questo ai suoi genitori sia stato consegnato alla giustizia. E ora non perdere altro tempo e corri a prendere quei maledetti.”

 

. * . * . * .

 

- Barty Crouch Jr. -

 

Identità, 27 gennaio 1982

 

 

Barty se lo ripeteva in continuazione, mentre correva nei boschi e si nascondeva dagli Auror. Conosceva i loro trucchi di mimetizzazione, gli incantesimi che evocavano su alcuni luoghi e quelli per il rilevamento di Materializzazioni.

Si erano rintanati nella casa dei Lestrange nelle Ebridi esterne, sapendo di avere gli occhi dell’intero Ministero della Magia puntati addosso.

“È arrivato il momento, Crouch,” gli aveva detto Bellatrix prendendolo in giro, “adesso devi scegliere: chi sei veramente? È arrivata l’ora in cui si getta la maschera.”

Rabastan lo aveva osservato con un ghigno divertito, mentre lucidava la bacchetta. Rodolphus, invece, era di vedetta e non perdeva mai di vista la finestra.

“Che cazzo significa chi sono, Bellatrix?” domandò furioso per quella mancanza di fiducia, “sono un Mangiamorte, uno dei migliori, uno dei pochi rimasti fedeli!” Le si avvicinò d’impeto e l’avrebbe sbattuta contro il muro quella megera sadica. La fissò negli occhi con un ghigno sprezzante: “Non mi fai paura, Bellatrix, non sono come quei topi che sono scappati!”

Bellatrix scoppiò a ridere. Rabastan non li perdeva di vista, pronto a intervenire, quasi fiutasse lo scontro nell’aria. Si sentì Rodolphus dire: “Piantatela di fare casino!”

“Oh, Roddie ha paura!” esclamò Bellatrix avvicinandosi al marito, felice di avere una nuova preda con cui giocare.

“Vaffanculo, Bella,” Rodolphus si voltò verso la moglie urlandole, “abbiamo detto che non si fa casino e non si disturba chi è di vedetta! Vuoi ficcarti in testa che siamo in guerra e non è un gioco?”

“Sono arrivati.” La voce di Rabastan, che aveva tenuto d’occhio la finestra oltre le teste di Bellatrix e Rodolphus, li riportò al presente.

“Non è mai troppo tardi per essere chi avresti voluto essere,” si disse Barty, immaginando l’espressione degli Auror che l’avrebbero visto, per la prima volta, senza maschera e mantello.

Aveva fatto la sua scelta e non sarebbe tornato indietro.

 

. * . * . * .

 

- Alastor Moody -

 

Dovere, 27 gennaio 1982

 

 

Alastor aveva visto quella guerra dall’inizio. Aveva scorto le prime avvisaglie e le parole che mutavano significato a seconda di chi le pronunciava. Aveva avvisato Silente del cambiamento d’aria che respirava al Ministero e del clima che si respirava in certi ambienti.

Alastor aveva anche combattuto quella guerra e visto soldati cadere. Conosceva il dolore della perdita, il silenzio dato dall’assenza e lo strazio di non potersi nemmeno stordire con il Firewhisky per non accorgersi che la risata di Dorcas era scomparsa. Erano passati quattro mesi da quando quel maledetto se l’era portata via, un mese prima della sua caduta, quando era stato sconfitto da un bambino di un anno.

Adesso c’era da portare a termine il lavoro e andare a prendere chi aveva ridotto in quelle condizioni Frank e Alice.

Ghignò quando un colpo della sua bacchetta abbatté le difese di quel nascondiglio su un’isola sperduta della Scozia.

Kingsley al suo fianco gli sorrise: “Ora scopriamo chi sono quei figli di puttana.” Rufus Scrimgeour disse: “Per Frank e Alice” Hestia Jones annuì, seguita da Tiberius McLaggen.

“Per Frank e Alice” disse Moody e dentro di sé pensò, e per te, Dorcas, sempre.

La risata di una donna riempì l’aria prima che le Maledizioni iniziassero a volare da tutte le parti. Ci fu un solo istante in cui Alastor ebbe quasi l’impulso di abbassare la bacchetta, incredulo alla propria visione, quando il viso lentigginoso del figlio di Crouch gli comparve davanti gli occhi.

“Moody, la bacchetta, cazzo!” gli urlò Rufus.

“Incarceramus!” esclamò, “Guarda un po’ chi si rivede, voglio vedere cosa racconti a tuo padre, questa volta!”

Moody lo guardò disgustato, pensando al dolore che avrebbe provato il suo amico Bartemius. Scosse la testa, strinse la presa delle funi perché il ragazzo si dimenava e si disse che le guerre bisognava vincerle perché finissero.

 

. * . * . * .

 

- Rodolphus Lestrange -

 

Fedeltà, 25 marzo 1990

 

 

Ricordava di aver smesso di parlare dal momento in cui Rufus Scrimgeour lo aveva Disarmato e delle funi avevano avvolto il suo corpo. Rodolphus aveva chiuso la mente e impedito ogni accesso ai suoi ricordi e pensieri.

Adesso, nella cella di Azkaban, mentre gli altri prigionieri piangevano e il giovane Crouch aveva smesso da troppi anni per ricordarli, Rodolphus trovava la sua forza nel silenzio.

Non avrebbe permesso ai Dissennatori di cibarsi della sua mente, dei ricordi delle sue vittime, delle sue gioie e delle sue speranze. Era arrivato preparato ad Azkaban, lui.

Rodolphus si era allenato a lungo in Occlumanzia e nel controllo dei nervi, sua moglie era stata un’ottima allenatrice, considerata la sua tendenza a provocare chiunque, lui compreso.

Aveva iniziato a combattere gli eccessi di rabbia quando gli erano arrivate le voci delle attenzioni che l’Oscuro Signore riservava a sua moglie. Erano pensieri che non potevano essere dati in pasto a un Dissennatore, come nemmeno il ricordo di quando era andato dall’Oscuro Signore a chiedere spiegazioni.

“Mio Signore, il dubbio mina la fedeltà. Ho bisogno di sapere.”

“È tutto vero, Lestrange. Posso contare ancora sulla tua fedeltà?”

“Sì, mio Signore.”

Aveva fatto un inchino ed era uscito da quella stanza. Si era gettato a capofitto nella missione, senza rivolgere la parola a Bellatrix, rinchiudendosi nei suoi appartamenti e convogliando l’odio su Sanguesporco e Traditori. Ogni tanto, Bellatrix lo provocava e lui cedeva alla rabbia, per poi rifugiarsi nel silenzio, perché odiava sentirsi debole e vittima di quella donna sadica.

La sentiva invocare il nome dell’Oscuro Signore dalla cella vicina, intessere monologhi e guardarlo torva, come se fosse colpa sua. Che senso aveva tutto ciò nel gelo di Azkaban?

Rodolphus chiuse gli occhi, con le dita seguì le scanalature impolverate delle lastre che formavano il pavimento, cercando solo il silenzio della sua mente. Sentendo il Marchio Nero bruciare debolmente e ripetendosi: “Mio Signore, vi sono ancora fedele, nonostante tutto.”

Avrebbe aspettato e un giorno, forse, sarebbe uscito, più forte.

 

 

 

 

 

_______________

Note dell’Autrice:

Ciao a tutti!

Eccovi in una delle altre storie nate dal gruppo Facebook Caffè e Calderotti

Questa volta era un prompt a Scatola chiusa che ci ha dato Rosmary. Il prompt è “Soldati” e io mi sono divertita a mostrare entrambi i lati della barricata, facendo ruotare le riflessioni dei personaggi sull’essere soldati intorno alle varie fasi di un episodio che fa un po’ da collante e che non avevo mai avuto il coraggio o l’occasione di affrontare: la tortura a Frank e Alice Longbottom.

 

Per ogni personaggio ho voluto concentrarmi su una ragione diversa per combattere.

 

I pensieri che Frank fa quando vede Bellatrix e riconosce la voce di Barty sono dei riferimenti a questa breve one-shot che ho pubblicato qualche tempo fa: “I find your lack of faith disturbing”

 

Se vi state domandando, ok, ma chi è Bertie Higgs? Bene, è un personaggio nominato da Cormac McLaggen mentre si trova in treno con Lumacorno nel Principe Mezzosangue. Di lui si sa solo che va a caccia di Nogtails con Rufus Scrimgeour e Tiberius McLaggen (lo zio di Cormac). Tutto il resto: il suo essere Auror, di New York, in fissa con il cinema babbano e Star Wars e dell’età di Frank è un mio ricamo.

 

Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!

Sev

 

 

 

 

 

   
 
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