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Autore: whitemushroom    16/07/2020    2 recensioni
Per festeggiare il decimo compleanno del fantastico thexiiiorderforum ho deciso, in collaborazione con altri utenti, di lavorare a questo progetto molto ambizioso.
Si tratta di un crossover tra il nostro adorato Kingdom Hearts e Your Turn to Die, un videogioco assai meno famoso ma che ci ha immediatamente conquistati per i suoi temi ed i costanti rimandi alla saga nomuriana per eccellenza. L'obiettivo sarà ripercorrere a modo nostro le vicende che ci hanno accompagnato per più di una decade, viaggiando con la fantasia tra le vicende di KH1 e attraversando tutti i giochi fino a KH3, il gran finale che ha visto forma proprio nel 2019.
Auguro a tutte le persone che passeranno di qui una buona lettura.
Se avrete bisogno di qualche spiegazione, consili o quanto altro sarò sempre felice di essere a vostra disposizione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Kai


“Non mi aspettavo di rivederti”.
Kai non ha mai capito perché quella bambina disegni così tanto. Per essere un programma dotato di un’autonomia superiore alla norma, quella Data Naminé tende a ripetere l’atto del disegnare in maniera fin troppo ripetitiva.
Ha faticato a trovarla: l’attacco di Rio Ranger alle sue stringhe principali deve aver allertato dei programmi di sicurezza del Grillario che nemmeno lui ha avuto modo di scandagliare fino in fondo. Nel mondo reale l’accesso ai programmi di simulazione è stato arrestato, e se Ranger, Miley, Safalin e Gasshu non hanno ancora cercato di forzarne le password è solo perché al momento la loro attenzione è solo sul Death Game.
La figura sottile è seduta sul bordo di una capsula che a Kai ricorda un fiore di magnolia. Tiene le gambe nel vuoto, pigramente, e le mani corrono sui fogli senza sosta, soffermandosi solo qualche volta per prendere una gomma appoggiata lungo le ginocchia e cancellare qualche tratto maldestro.
Esattamente come il primo giorno che l’ha incontrata, quando l’uomo dal cappotto scuro e dai modi variopinti gli ha consegnato quel Grillario e dentro vi ha trovato lei, un’Intelligenza Artificiale fatta di dati che sfida le migliori creature della Asunaro.
Kai si strofina le mani nel grembiule, ma il suo gesto cade nel bianco di quella stanza virtuale. “E la cosa ti disturba?”
“Sono poche le cose in grado di disturbarmi, Kai Satou. Anche se il tuo collega Ranger vi è riuscito”.
“Ranger è più di un disturbo”.
Kai sospira.
Ha fatto di tutto per impedire a Safalin, il cervello della Asunaro, di intralciare i suoi piani. E invece quella bambola imperfetta di Ranger si è rivelata molto più problematica di quello che si sarebbe aspettato.
Lo ha sottovalutato.
O, sospira, ha sottovalutato l’odio che quell’ammasso di circuiti e programmi ha sempre provato nei suoi confronti. “In ogni caso il mio piano ha avuto successo. Queste simulazioni hanno rallentato il lavoro della Asunaro e mi hanno permesso di avere accesso ai dati delle AI che mi erano precluse ed alla sequenza operativa di M.A.P.L.E.” sussurra, facendo scivolare la mano sugli arnesi da cucina che lo hanno seguito anche in quel mondo artificiale. “E non ce l’avrei mai fatta senza di te, Naminé”.
“Hai uno strano concetto del ce l’avrei fatta, Kai. Molte persone che conoscono stenterebbero a definire la tua situazione un … successo”.
Ha una voce bassa, delicata. A tratti sembra l’ambiente la ripeta come un’eco, un suono che gli arriva fin nella mente. Le sue mani si muovono in maniera automatica, eppure non le ha mai visto un disegno uguale ad un altro; se potesse, gli piacerebbe conoscerne il programmatore.
“Ho solo portato a termine un obiettivo” risponde.
“Un obiettivo deciso da te, Kai?”
“Assolutamente”.
Sono parole strane.
Uno scambio di battute ed una curiosità inusuali per quella bambina.
Si accorge che anche in quella stanza virtuale le mani iniziano a sudargli e d’istinto se le asciuga lungo il grembiule. “Fermare mio padre Gashu e l’intero sistema del Death Game è la mia priorità”.
Lei lo invita ad avvicinarsi, e Kai sa di non potersi sottrarre. Quando le viene accanto segue il percorso delle sue dita sottili, e gli occhi gli cadono sulla nuova immagine appena comparsa. Abbozzata tra i pastelli bianchi, rosa e azzurri, sulla carta fa capolino proprio l’immagine stilizzata della stessa Naminé: alla sua destra ed alla sua sinistra spuntano le sagome di due ragazzi dai colori vivaci, uno dai capelli chiari ed uno dai capelli castani a punta. Sul momento gli sfuggono i nomi, ma è convinto di averli già visti più di una volta nelle simulazioni del Grillario, due figure ricorrenti in quell’universo racchiuso tra le pagine di quel diario.
Si rende conto che è la prima volta in cui Naminé rappresenta se stessa sulla carta.
“Oh, no. Questa è la vera Naminé”.
A quelle parole Kai ha un sussulto, come se quello strano programma dagli occhi azzurri gli avesse appena letto nella mente.
“Sono stata realizzata a sua immagine e somiglianza. Il mio creatore voleva darmi un aspetto familiare, e dunque ha scelto lei come modello per il mio frame visivo. Suppongo mi abbia dotata di un sistema vocale e di pattern di approccio alle difficoltà molto simili ai suoi, e quindi per molto tempo mi sono considerata soltanto come una sua versione digitale. Ma una AI non è mai uguale al proprio originale. Non è migliore, ma nemmeno peggiore. È semplicemente diversa, proprio perché non è limitata dai problemi del mondo reale. Io sono diversa dalla vera Naminé …”
Con delicatezza la gomma sfrigola sul foglio, e dell’immagine della bambina dal vestito bianco non rimane che un segno abbozzato tra le figure dei due ragazzi. “… ma si può dire la stessa cosa di te?”
Kai sospira.
Con un gesto quasi primordiale estrae la sua padella preferita e la osserva.
La pulisce con così tanta precisione che sa di potercisi specchiare sul fondo, se c’è abbastanza luce.
L’utensile gli riflette la sua faccia stanca, sfibrata, carica di una mole di dati che nel mondo degli umani sarebbe paragonabile ad una cascata di pensieri in continuo movimento. Nel mondo digitale del Grillario il tempo non ha alcun senso, ma sarebbe pronto a scommettere che sono passati oltre tre giorni standard dal momento in cui ha iniziato ad elaborare i dati degli ultimi eventi vissuti; ed ha girato lì, in quell’universo pieno di simulazioni, senza sapere chi o cosa stesse effettivamente cercando.
Una soluzione, forse.
O un nuovo concetto di esistenza.
Il vero Kai ormai giace da qualche parte, forse in una discarica abusiva, con i polsi tagliati. Ha scelto di entrare di persona nel Death Game una volta che i suoi piani di sabotaggio della Asunaro sono stati scoperti da Ranger, ma il Gioco ha avuto delle regole che la sua matrice e creatore non è riuscito ad oltrepassare.
Lui è soltanto la sua AI, per di più realizzata con mezzi di fortuna.
Ma, a conti fatti, potrebbe mai essere qualcosa di diverso? “Ha poi davvero importanza, Naminé?”
“Se non la avesse, non saresti qui. Ti saresti lasciato cancellare della prima attivazione di M.A.P.L.E., proprio come il tuo creatore si è lasciato morire durante il primo Main Game” mormora, lanciandogli uno strano sorriso “E invece hai preferito venire da me. Hai preferito cercare un senso alla tua esistenza, anche se artificiale”.
“Potresti aiutarmi a trovarlo?”
“Penso proprio di sì”.
Con un sospiro ripone la padella insieme agli altri utensili, afferrando nella mente tutti i dati degli eventi passati negli ultimi giorni. Una mole impressionante di storie, persone, AI rinchiuse in delle simulazioni e creatori capricciosi. Tutto ciò che Kai ha provato dentro di sé, la paura di perdere Sara, molte cose che ha caricato dentro la sua esistenza informatica ed a cui ancora non riesce a dare un posto vero e proprio. Ricorda i visi di Miley, Safalin e Ranger, e l’espressione indecifrabile di Gashu.
Dati dentro un’esistenza di dati.
Il vero Kai lo avrebbe trovato affascinante.
Lui, invece …
Un’altra delle capsule, identica a quella di Naminé, si schiude. Kai vi guarda all’interno, ma vede soltanto del leggero vapore biancastro spandersi tra i petali della capsula ed un interno blu di cui non riesce a definire le forme. Vi si avvicina, incredulo, e capisce che forse il suo viaggio lontano dal mondo reale è appena cominciato.
Fa per appoggiarvi all’interno i suoi arnesi da cucina prima di entrare in quella capsula, ma qualcosa lo ferma.
Perché le AI non sono come i loro originali, così ha detto Data Naminé.
E in fondo lo diceva anche il suo creatore, contro tutti i dettami della Asunaro.
Dal bordo dell’altra capsula, con le gambe ancora nel vuoto, la bambina da cui tutto è iniziato e si è concluso gli lancia un ultimo saluto.
Kai scrolla le spalle, ma prima che i petali si chiudano intorno a lui prende la pentola, il mestolo, i coltelli e li spinge fuori di lì.
Sarà un viaggio, ma il viaggio di una AI.
Una AI che, a differenza degli umani, può abbracciare un universo infinito di possibilità.
“Grazie, Naminé”.
  
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