Split.

 
 



“ Dobbiamo prenderci una pausa”.
Sei a spalle curve e schiena ritta, con il respiro flebile e il sangue che pulsa nelle tue orecchie contro qualcosa che era appartenuto a voi. Un passato felice, fatto di parole e sorrisi innocenti. Avresti dovuto saperlo. Già dal vostro primo appuntamento questa non era altro che una fine predestinata. Niente calcoli o variabili, solo logica e fatti. Era una strada che vi siete illusi di poter percorrere insieme. Persino per voi era troppo da metabolizzare e avere in comune.
Ragione e sentimenti sono due entità fin troppo distanti e pretendere che coesistessero ti ha lasciato illuso e speranzoso. Tu, però, non hai smesso di demordere e hai cercato di aggrapparti ancora più forte, di ingannarti da solo e credere che qualcosa potesse cambiare… che quel voi sarebbe potuto davvero esistere. Ma due elementi con una costituzione chimica troppo diversi, anche se mescolati nel migliore dei modi, non daranno altro che un miscuglio eterogeneo.
La sua voce, diventata un sibilio di sottofondo, continua ad affermare con convinzione che questo sarà solo un momento, una piccola parentesi in cui avrete modo di riprendere in mano le vostre vite.
Ma cosa c’è da riprendere se l’unica persona che vuoi in questo momento, in tutto il mondo, siede accanto a te e ti chiede distanza.
Osservi la sigaretta che è appena crollata sul marmo bianco, indebolita dal peso della troppa cenere.
Continuerai ad avere te stesso, le tue passioni, i tuoi gentili gesti nascosti. Invisibile nella folla ma onnipresente nelle scelte che determineranno il suo futuro. Sei sempre stato solo e riuscirai a superare anche questa, ti ripeti.
Ritornerai alle tue origini e ti farai forza. Nulla da temere.
Alzi la testa, nel sorriso sbilenco che ti ha accompagnato durante tutti questi anni. “ Sappi solo che è una tua scelta, non ti sto chiedendo io di sparire”. Ti stringi le mani, stanche e avvilite, nascondendole dal suo sguardo.
Col pollice disegni dei piccoli centri concentrici nel palmo. Lui lo faceva sempre quando ti vedeva triste.
Inspiri, espiri.
Respirare fa male.
Dopo qualche minuto, senti le sue braccia stringerti e abbracciarti come se valessi qualcosa. Non riesci a fare a meno di tremare ma in automatico i polsi, ancora rigidi, si portano contro il tuo petto nell’estremo atto di protezione. Il tuo cuore è solo tuo e nessun altro ha il diritto di sentirlo. Basta. Chiudi gli occhi finché non senti il tuo respiro regolarizzarsi.
Poi ti alzi, attraversi il corridoio e ti chiudi la porta alle spalle.
Una stanza che non ha senso che ti prepara al preludio di silenzio che ci sarà da oggi in poi.
La pioggia inizia a battere contro la finestra.
Lo stesso fanno le lacrime sulle tue guance.



 

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