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Autore: Elegare    18/07/2020    0 recensioni
Magnus una sera affacciandosi dal balcone nota un affascinante ragazzo dagli occhi color del cielo, e perde prontamente la testa per lui. Ma quel ragazzo ha un problema: non può sentire.
Malec: Mundane AU
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Magnus era nervoso, anzi, dire che era nervoso era probabilmente un eufemismo; si lisciò per la millesima volta  una piega inesistente sulla sua giacca argento metallizzato; pensò che  magari era troppo appariscente per Alec, con il quale aveva un appuntamento tra meno di 5 minuti, fece per toglierla e sceglierne un’altra, ma Catarina, la sua coinquilina infermiera, lo fermò. “Sei perfetto così –disse- non cambiare giacca, a lui piacerà comunque tu ti vesta, perché sa che sei fantastico dentro, indipendentemente dall’apparenza.” L’asiatico la guardò riconoscente, mentre il nervosismo che calava leggermente. Stava per esprimere la su gratitudine alla sua amica quando il telefono vibrò per via del messaggio di Alec che gli diceva di essere sotto casa sua. Guardò un’ultima volta l’amica che gli mostrò i pollici in su prima di girarsi e avviarsi verso il suo appuntamento; scese le scale di corsa e si precipitò alla porta, cercando di apparire rilassato.

Alec d’altro canto era, se possibile, ancora più nervoso di lui e non riusciva a nasconderlo; questo però aiutò Magnus a sentirsi meglio, e porgendogli un braccio con l’altra mano gli chiese “Vogliamo andare?” il corvino arrossì tanto da far invidia ad un pomodoro maturo, annuì e accettò il braccio dell’altro. Quando arrivarono al ristorante anche Alec si era rilassato visibilmente, anche se un principio di nervosismo persisteva mentre chiacchierava con il fidanzato tramite la lingua dei segni. I due mangiarono, chiacchierarono e risero molto insieme, fin quando decisero di lasciare il ristorante per fare una passeggiata a Central Park, dal momento che nessuno dei due voleva che il loro primo appuntamento finisse così presto.

Stavano camminando in una parte un po’ più nascosta del parco quando un gruppo di ragazzi li notò e si diresse verso di loro; Alec li riconobbe, erano suoi compagni di scuola ai tempi delle medie che spesso si divertivano a picchiarlo e prenderlo in giro a causa della sua disabilità. “Oh guarda- disse uno di loro, abbastanza lentamente affinché Alec potesse leggere le sue labbra- il sordo è anche frocio. Non va bene, assolutamente no. Voi -aggiunse, mentre con gli altri circondava i due fidanzati- siete solo un abominio. Tu in particolare. Ma guardati come ti sei ridotto per attirare l’attenzione. Scommetto che questo qui sta con te solo per pena. Per questa volta allora lo lasciamo in pace, se si leva dai piedi abbastanza velocemente.” Magnus però non aveva alcuna di lasciare il fianco del compagno, abbandonarlo con questi tipi per di più. Quando i bulli capirono che non si sarebbe fatto da parte lo spinsero da parte, mentre si chiudevano ancora di più intorno ad Alec. Quello che sembrava essere il capo della banda ghignò e disse “Steve, Vincent, tenetelo fermo. Credo che farlo guardare impotente si abbastanza. Dopotutto non è colpa sua se questo finocchio gli ha fatto il lavaggio del cervello.” Magnus cercò di raggiungere il fidanzato, ma due colossi lo bloccarono e lo costrinsero a guardare gli altri ragazzi che iniziavano a picchiare il corvino. Gridò, si dimenò e cercò in tutti i modi di liberarsi dalla presa ferrea dei due armadi che ridevano nel vedere la sua sofferenza mentre gli altri picchiavano Alec.
Magnus non sapeva quanto tempo fosse passato, ma dopo quella che gli sembrò un’infinità gli sconosciuti si stufarono e se ne andarono facendo cadere a terra come un corpo senza vita Alec, e appena i due colossi lasciarono andare Magnus questi si precipitò al fianco del fidanzato trovandolo privo di sensi con il volto pieno di lividi e tagli dato dai pugni, mentre i ragazzi si allontanavano ridendo. Magnus avvicinò lentamente la mano tremante al volto del fidanzato, aveva paura di toccarlo e fargli male.  Alec aprì lentamente gli occhi e mise la mano sulla guancia sul fidanzato guardandolo come per dire  ‘non è colpa tua’, ma Magnus non riusciva a crederci, perché si sentiva in dovere di proteggerlo e non ci era riuscito. Alec chiuse di nuovo gli occhi, facendosi inghiottire dalle tenebre una volta per tutte. L’asiatico strinse gli occhi stringendo gli occhi e lasciando scappare qualche lacrima, per poi farsi coraggio e chiamare il numero delle emergenze chiedendo aiuto.

Alec venne trasportato d’urgenza all’ospedale e presto arrivò anche il resto della sua famiglia, mentre Magnus si teneva la testa tra le mani, guardando il pavimento, mentre singhiozzava; adesso tutti lo avrebbero odiato, e ne avrebbero avute tutte le ragioni. “Magnus, Magnus, ti prego, dimmi cosa è successo?” Chiese Izzy inginocchiandosi davanti al fidanzato del fratello. “E colpa mia … è colpa mia …” Continuava a mormorare ininterrottamente lui tra un singhiozzo e l’altro. “Cosa? Cosa è colpa tua Magnus?” Chiese la ragazza “Noi – iniziò l’asiatico- noi stavamo camminando per Central Park e … e questi ragazzi sono venuti da noi e hanno iniziato a dirgli cose orr … orribili. Sembrava … sembrava che lo conoscessero. E … e poi due mi hanno bloccato mentre … mentre gli altri lo … lo pestavano a sangue … e io … e io avrei dovuto difenderlo ma … ma non ci sono riuscito.” Riuscì a raccontare Magnus e Izzy si scostò leggermente, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Jace, che era rimasto per tutto il tempo di lato ad ascoltare in silenzio, gli si avvicinò e lo costrinse a guardarlo negli occhi. “So com’è. Quando eravamo alle medie un gruppo di ragazzi si divertivano a prenderlo in giro e a infastidirlo in ogni modo possibile. Io non avevo mai notato questa cosa finché un giorno lo hanno circondato e non lo hanno picchiato a sangue. Ed io ancora adesso credo che sia colpa mia.” Il biondo abbassò lo sguardo e Magnus, dimenticandosi che quelli erano i suoi pensieri solo qualche secondo prima, disse “Non è colpa tua, non potevi fare niente.” Jace alzò la testa sorridendo furbo. “Allora anche tu non avresti potuto fare niente.” L’asiatico lo guardò storto, ma accennò anche un mezzo sorriso, e quello bastò a Jace come vittoria.

“I parenti di Alec Lightwood?” Chiese un’infermiera uscendo da una stanza Robert e Maryse si alzarono di scatto e si diressero verso la donna, e anche i ragazzi si avvicinarono. “E’ sveglio … ha avuto un leggero trauma cranico, per cui rimarrà sotto osservazione per tutta la notte, però domani mattina sarà libero di andare.” Spiegò l’infermiera. “Possiamo vederlo?” Chiese Isabelle, e quella annuì indicando la porta da cui era uscita in precedenza. Tutti si precipitarono nella stanza, eccetto Magnus che rimase un po’ indietro, appoggiato allo stipite della porta. Il suo ragazzo era lì, pallido, sdraiato tra le lenzuola bianche e con i capelli corvini sparsi sul cuscino, e anche in quella situazione non poté fare a meno di pensare che era bellissimo. La sua famiglia gli si era strinta accanto, donandogli mille attenzioni, ma Alec riusciva a pensare solo una cosa. Dov’era Magnus?

Da quando aveva perso i sensi non l’aveva più visto, un attimo prima era steso su un vialetto di Central Park con la testa sulle ginocchia del suo ragazzo e un attimo dopo era in un letto d’ospedale, confuso più che mai, con la sua famiglia accanto, ma non riusciva a vedere Magnus. “Lui è … disse Isabelle guardandosi intorno, e quando lo vide appoggiato allo stipite della porta si diresse da lui e lo trascinò vicino al letto del fratello. A quel punto Magnus non riuscì più a trattenere le lacrime e si lasciò andare a un pianto liberatorio. “Scusa, scusa, scusa … è colpa mia, solo colpa mia.” Alec spalancò gli occhi, non poteva credere che l’altro incolpasse sé stesso; gli fece alzare gli occhi sui suoi e con una mano gli disse. “Non provare a dirlo. Ho visto come hai provato a liberarti da quei due colossi, e come ti sei precipitato da me appena hai potuto. Ti prego, amore mio, non dirlo mai più.” Il cuore di Magnus mancò un battito e spalancando gli occhi chiese. “Tu … mi ami?” Il corvino annuì e il viso dell’asiatico venne rischiarato da un sorriso capace di illuminare una stanza intera. “Ti amo anche io … e ti giuro che ti proteggerò. Sempre.”

 
   
 
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