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Autore: Daphne_07    18/07/2020    0 recensioni
E' la mia prima fanfiction, siate clementi! La storia inizia quando Hermione, intrappolata nel ruolo di una ragazzina sempre seriosa e altera, ha 12 anni. I personaggi naturalmente cresceranno nel corso dei capitoli. Riassunto primi capitoli: Hermione, durante un attimo di distrazione, fa esplodere il suo calderone. I genitori, per punizione, la obbligano a trascorrere le vacanze natalizie con la nonna, un'acida aristocratica amante del gioco d'azzardo. La signora decide di portare Hermione con se a Montecarlo, dove la ragazzina farà uno spiacevole incontro: Malfoy. Essendo entrambi bloccati lì con i nonni e non avendo altri bambini con cui passare il tempo, i due metteranno da parte il loro astio e inizieranno a raccontarsi i loro segreti più profondi, al fine di aiutarsi a vicenda. Quando torneranno a scuola qualcosa sarà cambiato? Diventeranno le loro frecciatine solo prese in giro bonarie?
E non è finita qui: questa storia parla di un amore difficile, complicato, bugiardo e inarrivabile, che spingerà i sedicenni Hermione e Draco, insieme a tutti i nuovi personaggi che presenterò, a fare delle scelte crudeli e sconsiderate. Recensite!
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Hermione si grattò il capo, incapace di placare il nervosismo.
-E così questo ragazzino ti ha baciata…- ripeté sua madre, affettuosa. Tra una curva e l’altra, Jane Granger ascoltava il resoconto di sua figlia.
-Sì!- esclamò lei, tamburellando con le dita sul finestrino. Inquieta e suscettibile, Hermione era tutta uno sbuffo impaziente.
-Ma dimmi, com’è questo… Drago?- La signora ridacchiò, divertita da quel nome bizzarro.
-Con la “c”, mamma, ma comunque che importa, non lo chiamo mai per nome… Mi sta tanto antipatico!- sbottò Hermione, incrociando le braccia.
-Non hai risposto alla mia domanda… E’ carino?- chiese ancora, maliziosa. Hermione soppesò attentamente quella domanda: Malfoy era carino? Fino ad allora si era concentrata solo sui suoi difetti, ignorando completamente i pregi. Ricordò con astio il suo ghigno beffardo, impudente… Lo sguardo di ghiaccio, i modi impassibili, la voce ruvida, le maniere frettolose, il carattere schivo… Ma, come a sostegno di Malfoy, altri ricordi si intrufolarono nella mente di Hermione: la sua risata. Quando rideva… Era tutta un’altra storia. La voce si ammorbidiva, il volto si distendeva, gli occhi si rallegravano, vivaci, pregni di un brio inimmaginabile. E quello sguardo, prima così torvo e cupo, diveniva caldo ed accogliente, carezzevole verso il prossimo. Hermione non riuscì a tralasciare quelle qualità. Sì, Malfoy sapeva essere decisamente carino, ma questo non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. E poi, ancora fresca del recente oltraggio, non era assolutamente in vena di apprezzamenti.
-No, è brutto e stupido!- esclamò, più tesa a ferire un Malfoy inesistente che a rispondere con sincerità.
-Oh…- sussultò sua madre, dispiaciuta.
-Già- puntualizzò Hermione.
-Per fortuna, nella tua scuola ci sono tanti bei ragazzi. Quando ti abbiamo accompagnata alla stazione, ne abbiamo visti tanti… Uno l’ho riconosciuto, si chiama Charles Mitchell, vero?- Hermione proruppe in uno sbuffo sonoro -Ma ce ne sono altri. Quell’Harry di cui mi parlavi non è affatto male… Ti ricordi lo scorso anno?- Hermione corrugò la fronte: di cosa stava parlando sua madre?
-Chi hai visto di così importante lo scorso anno?-
-Sei salita sul treno accompagnata da un bambino biondo- Hermione sbarrò gli occhi.
Spostati, Mezzosangue!                                                          
Spostati, stronzetto!
Malfoy non l’aveva accompagnata, bensì urtata, e quello scambio di intenzioni iniziava a darle sui nervi.
-Mmm- mugugnò Hermione, incapace di fornire altra risposta.
-Era decisamente carino. E anche biondo!- continuò la signora, con aria attenta e giudicatoria.
-Non mi interessa- sancì Hermione, altezzosa.
-E va bene, quante pretese… Se sei così schizzinosa, non troverai mai un fidanzato- Hermione si morse la lingua, irritata.
-Meglio sola che mal accompagnata- recitò, con aria di superiorità.
-Credimi, tesoro, sarai ben accompagnata…- sua madre sfoggiò un sorriso compiaciuto.
-Cosa dici?-
-Prima che venissi a prenderti ha chiamato Charles Mitchell, che abita vicino a noi. Mi ha chiesto quand’eri disponibile per incontrarlo- La signora assunse un cipiglio bonariamente canzonatorio.
-Ma è un vero stalker! Si è messo sulle mie tracce non appena uscito da scuola, non mi sorprenderei se avesse passato il viaggio consultando le pagine gialle!- Hermione colpì il sedile davanti con un calcio, sfogandovi la sua irritazione. Ma cosa poteva farci? Per quanto Mitchell fosse frettoloso e sconsiderato, Hermione non poteva respingerlo. Senza quel libro, avrebbe rischiato di… trovarsi in pari con i compagni. Lei era il meglio, il meglio e il meglio (in modo più moderato, ovvio, ma sempre competitivo)!
Il mago Lubirin sarà artefice di un terribile pomeriggio.
-E comunque, cosa gli hai risposto?- chiese Hermione, rassegnata.
-Che non sapevo ancora quando eri libera, e che quindi l’avresti richiamato-
-Richiamarlo?!- Questo era troppo. Non solo Hermione doveva condividere il libro con lui, sopportare la sua avventatezza e sorbire i commenti ironici della madre, ma adesso anche perdere tempo dietro al telefono!
Sua madre parcheggiò vicino al condominio (una villetta multifamiliare con finestrelle quadrate e muri in legno scuro). Hermione spalancò la portiera e si scapicollò su per la tromba delle scale. Non appena giunse nel suo appartamento, abbracciò il signor Granger. Era intento a cancellare la cronologia del portatile, e la signora Granger, stranamente, non parve insospettita. Hermione non vi badò più di tanto.
-Ciao, tesoro!- la abbracciò.
Hermione, dopo un accurato rendiconto dell’anno scolastico, salì in camera sua. La percorse a piccoli passi, assicurandosi che tutto fosse rimasto come l’aveva lasciato. Doveva smetterla di temporeggiare: sarebbe bastato comunicargli un orario, tutto qui. Dopo una veloce ricerca sulle pagine gialle, Hermione si munì del telefono fisso e digitò il numero. Mitchell rispose immediatamente. Parve quasi affannato quando la salutò.
-Ciao, Mitch… Charles. Sì, sto bene… Tra due giorni alle diciassette? Ottimo, buona serata- Hermione tirò giù il telefono, incapace di prolungare quella melensa conversazione.
 
Hermione schiacciò la testa contro il cuscino, lievemente assonnata. L’orologio segnava le sette di mattina (nonostante fosse in vacanza, Hermione non aveva perso le sue abitudini mattiniere). Probabilmente i suoi ancora dormivano, e così Hermione, dopo una doccia fredda, decise che sarebbe andata a fare la spesa.
La ragazzina si aggirava, guardinga, tra i vari reparti, adocchiando ogni scaffale. Ripeté a bassa voce la lista della spesa, come un mantra.
Fu troppo tardi quando, con una stretta al cuore, si accorse della presenza di Charles Mitchell. Le si era avvicinato, rimanendo però indifferente alla sua presenza: evidentemente non l’aveva notata. Il suo era uno sguardo spento. Approfittando della sonnolenza di lui, Hermione si allontanò in punta di piedi.
CRASH
Un liquido oleoso si riversò a terra, confondendosi con le tante scheggioline di vetro. Il barattolo di olive, infrantosi sul pavimento, costrinse Hermione a voltarsi.
Mitchell, disattento, se l’era fatto sfuggire di mano.
-Mi scusi, signorina!- cominciò lui, prima di accorgersi dell’identità di Hermione.
-Ciao- bofonchiò. No, non era stanco… Ma triste. Sembrava stretto in una coperta di pensieri avvilenti, impossibilitato a distendere il torace, a gonfiare il cuore. I suoi occhi trasudavano cupezza. Erano stranamente arrossati, come se avesse pianto molto. Hermione si lasciò sfuggire un “oh” di sorpresa. Charles Mitchell, così sicuro ed instancabile (in materia di corteggiamento), sembrava sull’orlo delle lacrime.
-Ma… stai bene?- si costrinse a chiedergli.
-Più o meno- Girò il capo, evasivo.
-A me non sembra…- riprese Hermione, incerta su come comportarsi. Rischiava di iniziare una conversazione interminabile, ma, sorretta dalla sua indole generosa, decise di aiutarlo.
-E dai, dimmelo…- Mitchell, colpito da tante attenzioni, si decise a parlare: -Mio padre ha fatto un brutto incidente… In macchina… Lui è un mago, e non sapeva guidare tanto bene… I medici non sanno se sopravvivrà- singhiozzò.
-E quando?-
-Ieri sera…-
-E perché sei qui, allora?-
-Mia madre ha detto che dovevo distrarmi… Mi ha detto di prendere del cioccolato… E di fare due o tre commissioni… Sai, doveva esserci anche Samuel, ma lui non poteva accompagnarmi… Fa un viaggio… ma a mia madre ho detto il contrario… Non volevo farla preoccupare… per me…- Hermione, dapprincipio un po’ titubante, lo abbracciò, intenerita da quell’altruismo. Mitchell stava superando un momento difficile, e non aveva ancora nessuno vicino. In attesa di Samuel o di qualunque altro dei suoi amici, Hermione decise che sarebbe stata al suo fianco. Lei era pur sempre una Grifondoro, cavolo!
-Adesso stai tranquillo… Dov’è tua madre?- gli chiese, amorevole, senza sciogliere l’abbraccio.
-All’ospedale…- Hermione, il mento appoggiato alla spalla di lui, notò che la schiena di Mitchell era scossa da piccoli fremiti. Impietosita, provò un moto di compassione.
-A casa tua non c’è nessuno?-
-I miei nonni… Finito qui, dovrei tornare da loro…- Altro singhiozzo.
-Vuoi che ti accompagni fin laggiù?- domandò Hermione, commossa da tanta pena.
-Non ce n’è bisogno… Ma grazie- Mitchell si coprì gli occhi con un braccio, e Hermione allora gli porse un fazzoletto.
-Hermione, grazie… Sei davvero una brava persona- Mitchell sorrise, un sorriso triste, ma riconoscente. Hermione si sentì appagata da quella gratitudine.
Per una volta aveva visto oltre le avances, oltre i corteggiamenti zuccherosi… Trovando un ragazzo sensibile, demoralizzato e dal cuore gentile, disposto ad azioni nobili e pure. Aveva sopportato il dolore da solo, ma Hermione, altrettanto magnanima, era pronta a sorreggerlo.
 
I giorni seguenti furono un crescendo di telefonate e visite in ospedale, tanto che Hermione finì per conoscere l’intera famiglia Mitchell. Non se ne risentì affatto: tutte quelle persone, benché sopraffatte dalla sofferenza, le rivolsero parecchie frasi gentili.
Mitchell non dimostrò alcun interesse amoroso, e trattò Hermione come una vera amica. Tra loro si instaurò uno strano legame, il legame di una persona afflitta e di una solidale, decisa ad offrire tempo e sostegno.
La ragazzina, oltre ogni prevedibilità, non trovava più fastidiosa la presenza di Mitchell, ma il motivo stesso delle sue frequenti visite. Lui era cambiato: troppo preso dalle preoccupazioni e dagli affanni, sembrava completamente dimentico della cotta. E poi, così accorato, così impensierito, aveva dimostrato molta devozione al padre. Hermione non si sarebbe aspettata un tale rammarico.
Lui è Charles, una persona fedele e gentile, e non un bastardo gretto come Malfoy.
 
Noah Mitchell, padre del suo “nuovo” amico, non annoverava miglioramenti. Costretto nella buia camera d’ospedale, il suo tempo non faceva che diminuire.
I risultati delle analisi parlavano chiaro: c’erano pochissime possibilità che si risvegliasse dal coma. Hermione, durante una delle sue visite, notò alcune figure singolari entrare nella camera. Vestivano con abiti fuorimoda, e chiaramente appartenenti al sesso opposto. Una vecchia signora indossava infradito, giacca da sera e gonnellone di flanella, mentre un altro uomo, basso e peloso, era avvolto in uno scialle indiano. Hermione li riconobbe chiaramente per maghi, e, a giudicare dagli stralci di conversazione che udì, maghi importanti: provenivano dal San Mungo, e ne erano i direttori.
-Che ci fanno qui?- chiese a Mitchell, che pareva onorato da quella visita.
-Mio padre è un grande benefattore del San Mungo. Ha donato diverse migliaia di galeoni per incoraggiarne la costruzione, o per consentire l’acquisto dei materiali medici… Tutti gli sono molto riconoscenti- tirò su col naso, in uno scatto d’orgoglio. Hermione ricordò solo allora che la famiglia di Mitchell era molto ricca. Madeline, così come molte altre delle sue ammiratrici, non aveva fatto altro che ripeterlo.
-Ho paura- proseguì Charles, rabbuiandosi -che presto arriverà la stampa. Mio padre era un personaggio di rilievo nella comunità magica, e non mi sorprenderei se finisse sulla Gazzetta del Profeta. In questo periodo scarseggiano le notizie, e i giornalisti faranno tesoro di questo avvenimento- sospirò. Hermione gli diede una pacca rassicurante.
-Tranquillo, andrà tutto bene-
Peccato che non fu così. Alle due di quella stessa notte, preda di una muta agonia, Noah Mitchell passò a miglior vita.
Nella camera d’ospedale, pronta a dare l’estremo saluto, si riunì tutta la famiglia Mitchell (più Hermione).
La signora Mitchell carezzò lentamente il braccio di suo marito, istoriato di vene azzurrine, e ne percorse le diramazioni con l’indice. Emise un singhiozzo soffocato, e si coprì gli occhi con le mani. Charles, trattenendo le lacrime, abbracciò la madre. Hermione intrecciò la mano con quella del ragazzino.
-Charles…- sussurrò al suo orecchio -guarda che puoi piangere. Siamo tra amici- Il ragazzino scosse impercettibilmente il capo.
-No. Adesso sono io l’uomo di casa, visto che non ho fratelli. È mio compito essere forte- Si batté una mano sul petto. Hermione, toccata da tanta risoluzione, si lasciò sfuggire una lacrima.
-Hermione…- sussurrò lui, affettuoso. L’avvolse in un abbraccio, i capelli dorati immersi in quelli castani.
I ragazzi furono sommersi da una luce abbagliante. Rapido come un fulmine, quel bagliore scomparve, lasciando al suo posto uno strascico di borbottii scocciati. Hermione, dopo aver strabuzzato gli occhi, si trovò davanti un terzetto di giornalisti.
-Che tragica perdita- Iniziò uno dei tre, con voce melodrammatica.
-Andatevene, carogne- ringhiò la signora Mitchell, scossa -ed eliminate subito quella foto-
-Mi dispiace molto, ma non possiamo. La redazione ci manda qui per carpire notizie… Ripeto, siamo desolati…- tentò di giustificarsi uno dei tre, senza smettere di scattare foto. Quando poté ritenersi soddisfatto abbandonò la scena.
-Ma quindi… saremo sul giornale?- sussurrò Hermione, leggermente a disagio.
-Sì…- rispose Mitchell, impacciato.
 
Draco Malfoy aprì una scatoletta di mangime per gufi, e ne versò il contenuto nella gabbietta.
-Mangia, forza- incitò il suo gufo, un maestoso purosangue dal piumaggio nero.
Dopo aver adempito a quel consueto compito, uscì dalla camera. Discese la possente scalinata di marmo bianco, incontrando un indaffarato e ossequioso Dobby. Si astenne dal rimproverarlo, troppo affamato.
Il soggiorno era tappezzato di arazzi-verde argento, e al suo interno era situato un maestoso e lunghissimo tavolo. Vi erano posizionate pietanze di ogni tipo, dalle brocche di latte ai biscotti fatti in casa.
I suoi genitori, seduti ciascuno ad un lato del tavolo, sfogliavano pigramente la Gazzetta del Profeta.
-Dicono qualcosa di interessante?- chiese Malfoy, più per instaurare un dialogo che per giovarsi della risposta.
-No, le solite scemenze su Caramell… E’ sceso il valore delle bacchette in legno di salice… E’ morto un uomo importante…- elencò sua madre, con voce annoiata.
-E chi?-
-Noah Mitchell, che, insieme a tuo padre, ha donato grosse cifre al San Mungo- Malfoy strabuzzò gli occhi. In un certo senso, poteva constatare che il suo nemico avesse sofferto… E questo pensiero, seppur subdolo e crudele, gli recò un maligno compiacimento. Poté affermare di essere soddisfatto… Fin quando sua madre non gli passò il giornale, e lui vide la foto in prima pagina.
Attorniati da meste figure, la foto ritraeva due ragazzini abbracciati. Hermione, riconoscibilissima nella sua nube vaporosa di capelli, stava avvinghiata a Mitchell. Le figure in movimento non accennavano a separarsi, visibilmente affiatate.
Malfoy, pur senza accorgersene, afferrò i lembi della pagina, e in quattro e quattr’otto ridusse il giornale a brandelli. Il suo viso pallido si fece rosso porpora, contratto in una smorfia collerica.
-Draco!- esclamò sua madre -Ma che stai facendo? Con chi diavolo ce l’hai?-
-Le bacchette in legno di salice… non meritavano un simile trattamento-
 
Hermione, il capo reclinato, seguiva la marcia funebre. Fasciata da un sobrio abito nero, si trovava nella prima fila, fianco a fianco con Mitchell.
La signora Mitchell, un velo da lutto che le ricadeva sugli occhi, non faceva che singhiozzare. Suo figlio tratteneva a stento le lacrime, e, in un eccesso di frustrazione, stava martoriando la mano della compagna. Quella non fiatava, troppo impegnata a passare fazzoletti alla vedova.
Il corteo, simile ad un battaglione ben coordinato, percorreva un tortuoso sentierino tra le lapidi. Giunti sul luogo della sepoltura, i presenti si disposero a cerchio intorno alla bara. Le donne, cinte dal saldo braccio del marito, elargirono occhiate strazianti al feretro, mentre gli uomini, sorretti da una virile fierezza, raccontarono qualche aneddoto sulla vita del defunto.
Hermione, guardandosi intorno, si accorse di tre insolite presenze: i Malfoy. Noah Mitchell aveva spesso collaborato con Lucius, in quanto impiegato del ministero, e tra loro era nata “un’alleanza burocratica”. Prestando fede ai loro impegni civili, i Malfoy non si erano esentati dal partecipare. Hermione cercò il piccolo Malfoy con lo sguardo. Ma dov’era? E soprattutto, perché se lo stava chiedendo? Cosa importava? Quello scarafaggio poteva morire, se fosse stato per lei. E anche in un modo atroce.
Hermione avvistò di sfuggita un ragazzino esile, e, a giudicarlo dai capelli platinati, lo riconobbe per Draco Malfoy.
Aveva deciso di partecipare solo per tenere a bada la situazione. Era perfettamente consapevole di non poter intervenire (ingaggiare una zuffa nel mezzo del funerale?), ma, a prescindere dalla propria impotenza, desiderava avvalersi di qualche informazione. Starsene chiuso in casa, tormentandosi di domande, non faceva affatto per lui.
-Era davvero… un brav’uomo- sussurrò Mitchell, la voce roca.
-Lo credo, visto che ha allevato un figlio come te- lo consolò lei. Hermione, per evitare di angustiarlo ulteriormente, non accennò alla presenza di Malfoy. A Mitchell non era mai stato simpatico (forse perché concorreva al trono di “rubacuori indiscusso”).
Anzi… a Hermione balenò in testa un’altra idea, un’idea decisamente reproba: a Hogwarts, prima che, naturalmente, accadessero quegli spiacevoli avvenimenti, era risaputo che lei odiasse Mitchell. La sua insopportazione veniva decantata da tutte le case, nonostante lei non l’avesse mai esplicitato. Infondo, si poteva dire che Hermione fosse limpida e spontanea, e che quindi nessun suo sentimento sfuggisse alle “gossip girls”.
Perciò, se Malfoy era tanto certo di quel rigetto, sarebbe rimasto spizzato nell’assistere al contrario. Se Hermione l’aveva ripudiato alla stazione (si era trattato di uno scherzo, ma uno scherzo a cui aveva reagito male), non c’erano motivi per cui potesse trovare appetibile Mitchell. E invece… Poteva fargli credere un qualche interesse reciproco! Hermione Granger che rifiuta Malfoy e non Mitchell, umiliante, eh? Sì! Era perfetto! Malfoy si sarebbe messo le mani tra i capelli, domandandosi “Come ha fatto a respingere me e non lui? Mi trova peggio di Mitchell?”.
Malfoy la detestava, e magari non gli sarebbe affatto dispiaciuto… Però valeva la pena provarci! A quanto dicevano tutti, lui e Mitchell erano belli uguale, e per Malfoy sarebbe stato avvilente osservare il contrario. “Meglio Mitchell che me? Come è possibile? Non ero il migliore? Cioè, ha rifiutato un mio (finto) bacio, ma non quel damerino?”, avrebbe riflesso, esacerbato.
Abbracciare Mitchell? Era quello che faceva di continuo, ma non sotto gli occhi impreparati di Malfoy. Mitchell non avrebbe sospettato niente, e Malfoy, invece, si sarebbe roso dall’apprensione.
-Charles…- sussurrò, con voce tormentata. Poi, persuasiva, lo circondò in un abbraccio veemente e caloroso.
Malfoy, convinto che Hermione avesse agito d’istinto, digrignò i denti. Li sentiva stridere, gli uni sotto gli altri, ma non allentò quella morsa iraconda. Affilò gli occhi orlati d’acrimonia, strinse i pugni. Le unghie premevano contro la carne, minacciavano di segnare il palmo, ma lui non rilassò la stretta. Il dolore fisico lo distoglieva da quello morale. Abbassò gli occhi, arrossati, vitrei di rabbia impotente.
Bastardo.
Hermione non era sicura che Malfoy li avesse notati, tant’era preso a fissare il suolo, ma… al diavolo! Lei aveva tentato! Soddisfatta, tornò al suo impiego di “dispensatrice di fazzoletti”.
Se era pentita? Dopo i primi minuti di appagamento, si sentì un essere infimo e spregevole. Malfoy si meritava una vendetta, ma Mitchell no… E lei l’aveva sfruttato. Per sopperire a quell’azione esecrabile, afferrò la mano del compagno, rassicurante.
Malfoy si allontanò dalla scena, troppo ingiuriato. Coi nervi a fior di pelle, prese a spintonare chiunque lo intralciasse. Prima di abbandonare il corteo, però, gettò un’ultima occhiata a Mitchell. Tentò un incantesimo non verbale. Sopraffatto dal furore, voleva riempirgli la pelle di ferite. La sua collera si sarebbe placata solo con la vista del sangue, con le urla straziate. Non ci riuscì, tant’era instabile la sua concentrazione.
Mitchell, all’improvviso, si voltò nella sua direzione. I due ragazzini si fissarono negli occhi, e Mitchell, con sorpresa dell’altro, non abbassò lo sguardo: lui sapeva. Sapeva della presenza di Malfoy, sapeva del suo amore per Hermione, sapeva di quanto quell’abbraccio l’avesse ferito. Sorrise. No, i fazzoletti di Hermione non erano serviti a coprire le lacrime, ma la loro mancanza. La recitazione non è solo un mestiere, a volte.
   
 
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