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Autore: Picci_picci    18/07/2020    1 recensioni
Marinette era entrata in quel loop due anni fa e proprio non riusciva ad uscirne. Così come non riusciva ad uscire dalla relazione malsana che aveva intrapreso con Chat Noir, ma doveva mettere un punto a questa storia. E un buon punto di inizio sarebbe stato allontanarsi dalle labbra del suo chaton.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rivelazioni di vita'
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Questa giornata poteva rientrare nella sua top ten ‘i giorni peggiori della mia vita’. Non molto tempo fa, si classificava primo il giorno in cui aveva scoperto che Adrien frequentava Kagami, ma questo era stato scalzato dal giorno in cui era venuta sapere che Adrien era Chat Noir. La giornata che aveva appena trascorso poteva essere tranquillamente posizionarsi al terzo posto della classifica. Adrien, Adrien!, così dolce e gentile era venuto fino alla sua facoltà per parlarle, per chiarire e lei lo aveva cacciato via! 
“Sono una persona orribile, Tikki!”
La sua portatrice sdraiata sul letto a pancia in giù come una stella marina, teneva la faccia premuta sul cuscino.
“Sei solo sconvolta e non colleghi la mente alla tua bocca. Non ti preoccupare, passerà”, rispose la kwami volandole vicino.
“Per te è semplice. Mica hai maltrattato l’amore della tua vita.”
“Marinette..”
“Zitta, Tikki”, disse mettendosi un dito sulle labbra, “senti questo rumore?”
La kwami, prima offesasi per essere stata zittita in quel modo brusco, si mise in ascolto.
“Qualcosa sta battendo sulla botola”, concluse poi.
“Non qualcosa”, disse Marinette scuotendo la testa, “qualcuno.”
Si arrampicò sul letto e aprì di uno spiraglio la botola.
“Devi lasciarmi del tempo per riflettere.”
“Lo sai”, iniziò Chat con quel suo perenne ghigno e la coda che ruotava tra la sua mano, “è la stessa cosa che mi ha consigliato Plagg.”
“Comincio a credere che io e Plagg andremmo molto d’accordo.”
“Basta che gli regali un po’ di camembert e va d’accordo con tutti. Diciamo che è uno che si fa comprare facilmente. Allora, mademoiselle, vuole lasciare un povero micio qua al freddo o lo fa entrare?”
Lei arrossì, sperando che lui nel buio della notte non lo notasse, e strinse più forte la botola.
“Va bene, ho capito”, disse lui allontanandosi. Lei sospirò di sollievo.
“Volevo solo darti la buonanotte e scusarmi per oggi. Sono stato precipitoso.”
“Come sempre, gattino.”
Lui sorrise al quel nomignolo e prese in mano il bastone per allontanarsi da lì.
“Grazie, Adrien”, sussurrò lei, arrossendo. 
Questa era la sua Marinette, pensò il gatto nero. Poi fece un saluto con la mano e saltò via.
“Visto, è stato un grande passo avanti! E poi, Marinette, pensa alla parte positiva di questa situazione: non balbetti più cose senza senso davanti a Adrien.”
“Tikki!”

***

Stamattina nemmeno il tempo di arrivare alla facoltà che Marinette era stata spedita (dio, ancora non ci credeva!) da Gabriel Agreste, il suo stilista preferito e padre del suo gatto nero preferito. Ora che fare?
Non poteva tirarsi indietro visto che era stato proprio il noto stilista a chiamarla, chiedendo alla segreteria dell’università di fargli incontrare il più velocemente possibile Marinette Dupain-Chen. Non aveva voluto sentire ragioni, avrebbe parlato solo con lei e nessun altro, né insegnanti né alunne. 
Si sentiva lusingata da ciò? Bè, come poteva essere altrimenti?! Ma la paura di incontrare Adrien era tanta. Fece un respiro profondo. 
“Anche lui frequenta l’università, quindi sarà sicuramente a lezione. Non preoccuparti e vai Marinette, non puoi perderti questa occasione.”
Dopo questo discorso motivazionale e la ritrovata calma, Marinette scelse con cura cosa indossare, ma, improvvisamente, le sembrava che non avesse niente di adatto all'interno del suo armadio e che nessun abito potesse andare bene per un incontro con monsieur Agreste.
“Sono finita, Tikki. Non ho niente da mettermi, mi vestirò con quello che lui decreterà uno straccio e la mia carriera da stilista sarà finita ancor prima di cominciare!”
“Marinette, calmati. Troveremo sicuramente qualcosa”, e dicendo ciò, l’esserino rosso si tuffò dentro l’armadio della sua portatrice.
“Che ne pensi di questo. Lo hai realizzato molto tempo fa, ma non lo hai mai indossato.”
È vero, realizzò Marinette. Si era completamente scordata di quell’abito che aveva cucito mesi addietro. Lo prese tra le mani e lo esaminò con occhio critico. Era un abito semplice, senza nessuna decorazione. Aveva le spalline sottili, era avvitato fino alla vita e poi scendeva morbido fino a metà coscia; il tessuto era la parte più importante dell’abito: seta color crema. Annuì convinta della scelta. Indossó delle scarpe nere con il tacco largo e il cinturino alla caviglia e, invece della sua solita borsa, scelse una borsetta a tracolla nera.
“Tikki, vieni." E accompagnata dalla sua fedele amica, scese giù dai suoi genitori per avvertirli del cambio di programma.
“Tesoro, ma è favoloso!”, esclamò suo padre.
“Vai pure, non preoccuparti”, disse sua madre abbracciandola, “noi ti aspettiamo qui.”
Sorrise ai suoi genitori e uscì dal negozio diretta verso Villa Agreste.

***

Camminava per le strade di Parigi continuando a contare fino a quattro per poi ricominciare, evitando così che la testa pensasse a un certo gatto nero di sua conoscenza.
Uno, due, tre, quattro. Uno, due, tre, quattro.
“Mary?”
Uno, due, tre, quattro. 
“Marinette?”
Uno, due-
“Che c’è, Tikki?”
-tre, quattro.
“Marinette!”
Si bloccò in mezzo al marciapiede e guardò la sua amica che fluttuava davanti a lei, “cosa?”
“Sei passata davanti casa di Adrien quattro metri fa.”
“Com’è possibile che non me ne sia accorta? Perché non mi hai avvertito prima, Tikki?”
“Io ci ho provato, ma eri da un’altra parte.”
Marinette sospirò e fece dietrofront arrivando a casa Agreste, stavolta senza contare.
Suonò al campanello, ancora una volta intimorita da quella enorme magione.
“Sì?”, si sentì chiedere la citofono. Sicuramente Natalie.
“Sono Marinette Dupain-Chen, ho un appuntamento con monsieur Agreste.”
Non ricevete nessuna risposta, ma il cancello si aprì e Marinette lo prese come un muto invito ad entrare. Attraversò velocemente il giardino, salì la scalinata monumentale dell’ingresso ed entrò.
“Buongiorno mademoiselle.”
“Buongiorno Natalie.”
“Mi segua”, e con un cenno della mano la condusse fino all’ufficio di Gabriel. Bussò piano e, dopo aver ricevuto una risposta affermativa, entrò insieme a Marinette. 
“Marinette Dupain-Cheng, signore.”
“Oh, certo”, disse Gabriel seduto alla sua scrivania, “si accomodi, Marinette”, continuò, accompagnando la frase con un gesto elegante della mano ad indicare la sedia posta davanti a lui. Marinette, seppur intimidita, fece ciò che le era stato chiesto.
“Natalie, puoi lasciarci soli.”
Dopo il tonfo della porta che si chiudeva, Gabriel si schiarì la gola e si sistemò gli occhiali.
“Si chiederà perché l’abbia fatta venire qui.”
“In effetti…”, disse Marinette con un filo di voce.
“Sa, Marinette, sto seguendo i suoi passi da un po’. Sinceramente la tengo d’occhio da quando realizzò quella bombetta, vincendo il concorso del collegè. È migliorata molto.”
“Grazie mille”, rispose lei, convinta che miglior complimento non lo avrebbe potuto ricevere da nessun altro.
“C’è da dire che nei suoi lavori si trovano degli sbagli.”
No, okay, un altro colpo duro non lo avrebbe potuto reggere. Bastava già Adrien/Chat Noir ha farla sentire una buona nulla e un'incapace, non voleva aggiugere anche Gabriel Agreste.
“Però”, continuò lo stilista, “è anche molto giovane ed è capibile.”
Questa frase fece sperare Marinette e la sua ansia aumentò, cercando di capire la fine di quel discorso.
“Sa qual’è il più grande requisito per uno stilista di successo, Marinette?”
“La creatività?”
“Saper riconoscere il talento. Non solo nelle persone, ma anche in un oggetto, vederne le potenzialità. E tu hai talento.”
Marinette pensò che avesse una faccia buffa, con gli occhi e la bocca spalancata, e si convinse che era per quello che il signor Agreste stesse sorridendo.
“I-io?”
“Sì, tu.”
Ora sarebbe potuta morire soddisfatta. Il suo stilista preferito le stava dicendo che la trovava un talento. Cosa poteva chiedere di più?
Adrien. 
Ecco, forse era meglio se il suo subconscio si zittisse un attimo.
“La ringrazio, monsieur Agreste.”
“Non mi ringrazi, è la verità. Per questo motivo le voglio chiedere di diventare la mia stagista personale, così da lavorare sulle sue lacune e imparare il mestiere sul campo.”
“Io...ne-ne sarei o-onorata, signore.”
“Dobbiamo lavorare anche su questa tua timidezza, il mondo della moda è pieno di squali.”
Ammutolita, Marinette annuì.
“Bene. Mi metterò in contatto con la facoltà e ci organizzeremo. Appena saprò qualcosa le farò sapere, Marinette. Nel frattempo mi mandi alcuni dei suoi bozzetti, li studierò così da parlarne insieme la prossima volta che ci vedremo.”
“Come vuole, monsieur Agreste”, replicò la ragazza cercando di non balbettare.
“Lasci i bozzetti alla facoltà in modo tale che li possano dare alla mia assistente. Spero di vederci al più presto”, disse lo stilista alzandosi dalla sedia.
“Concordo”, disse Marinette, imitando il gesto del signor Agreste.
Con un lieve cenno del capo, Marinette si diresse verso la porta, ma prima che potesse andare via sentì l’uomo schiarirsi la voce.
“E la prego, Marinette, mi chiami Gabriel.”
“Va bene, signor-”, si bloccò appena in tempo e, dopo un automatico timido sorriso, riaprì bocca, “Va bene, Gabriel. Buona giornata.”
“Anche a lei.”
Dopo che la porta dietro di lei si fu chiusa, Marinette si lasciò scappare un strillo di pura gioia.
“Dio, ci credi, Tikki? Io! Io stagista di Gabriel Agreste!”
Dalla contentezza fece una giravolta su se stessa, finendo, inevitabilmente, contro qualcosa.
“Sapevo che non poteva essere di mio padre tutta quella gioia. Se è per questo, nemmeno la voce stridula.”
Forse era finita contro qualcuno. Alzò timidamente gli occhi e si ritrovò Adrien Agreste davanti a lei in tutta la sua gloriosa bellezza.
“Buongiorno”, disse allontanandosi di un passo da lui e dalle sue braccia che erano finite sulla sua vita per sorreggerla.
“Buongiorno. Notizie felici, vedo.”
“Oh, sì! Sono la nuova stagista di tuo padre.”
“Sono contento per te, mia signora.”
E improvvisamente, quel soprannome fece scattare qualcosa in Marinette.
“Tu c’entri qualcosa? Intendo, è grazie a te se sono stagista di tuo padre?”, disse in tono velatamente minaccioso.
“Cosa?! No! È grazie al tuo talento, Marinette. Solo grazie a quello.”
Aveva ancora un sospetto, eppure, sapeva che Chat Noir non le avrebbe mai mentito. E sapeva pure che nemmeno Adrien le avrebbe mentito. Accidenti, era fregata.
“Piuttosto, che ci fai tu qui?”
“Stai scherzando? Marinette, questa è casa mia.”
Dio, che gaffe aveva fatto! Meglio dire che figura di mer...Marinette non essere volgare. Si impose di fare un respiro profondo.
“Avevo intuito che avessi un appartamento tutto tuo”, disse con lieve imbarazzo, perché pensare a quell'appartamento portava a pensare a quel letto e, di conseguenza, alle loro notti passate insieme.
“Sì, ma questa rimane pur sempre casa mia. Con la mia camera e con la mia roba. Vengo qua per non lasciare solo mio padre in questa enorme villa e, anche se non vorrei, passo molto più tempo qui che nel mio appartamento.”
“Davvero?”, chiese lei cercando di capire quel micio che l’aveva ospitata tante volte.
Lui annuì, seppur con una faccia desolata, “Mio padre non sarà il padre dell’anno, ma è mio padre e gli voglio bene. E poi, qui, c’è uno chef a mia disposizione che cucina molto meglio di qualsiasi altra cosa potrei mai cucinare io”, disse sdrammatizzando un po’.
“Questo perché sei stato viziato. Io cucino benissimo.”
“La mia cucina ti aspetta.”
Lei fece un sorriso mesto, “vedremo Adrien.”
Si girò e avendo notato Natalie vicino alla porta le si avvicinò, “le farò avere i miei bozzetti il prima possibile.”
“Va bene, mademoiselle Marinette.”
“La prego, mi chiami Marinette e basta.”
Natalie annuì e se ne andò, dopo aver appreso la nuova informazione. Quella donna era decisamente un robot, pensò Marinette. Aprì il portone della villa e uscì, non prima di aver visto un’ultima volta il suo Chaton. Era di spalle, con la camicia bianca che gli abbracciava le braccia e il torace in una maniera sublime, i capelli biondi non erano pettinati ordinatamente ma somigliavano molto più ai capelli sbarazzini della sua controparte da eroe. Poteva immaginare anche il cipiglio dubbioso sul suo bel viso, i lineamenti tesi per la situazione che si era venuta a creare tra loro due, e, infine, i suoi occhi. Ah, i suoi occhi! Quel verde tanto ipnotizzante, circondato da delle lunghe ciglia bionde. E così, dopo essersi beata per un’ultima volta della vista di Adrien, chiuse la porta dietro di sé.
In quell'esatto momento, Marinette decise che avrebbe continuato ad amare quel ragazzo. Avrebbe continuato ad amare Adrien Agreste da lontano e in silenzio.

 
Angolo autore...
Grazie mille per il sostegno e le recensioni che questa storia sta avendo, davvero grazie mille a tutti, anche a te che stai solo leggendo. Alla fine penso che la storia non si concluderà qui, ma che continuerà. Ho in programma un altro finale per questi due e spero di finire di scriverlo al più presto, in uno o due capitoli.
Un abbraccio,
Cassie
   
 
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