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Autore: Exentia_dream2    21/07/2020    5 recensioni
Dal primo capitolo:
-Vorrei scappare, ritrovarmi in un posto in cui sono stata felice.
-Non lo sei, vero?
-No, non lo sono da un po'.
-Andiamo, allora.
-Dove?
-Nel tuo posto felice.
-Non so neanche quale sia, Malfoy.
-Sai come funziona, no? Mi prendi la mano, ci smaterializziamo. Dai, il primo posto che ti viene in mente.
Dal secondo capitolo:
E lui, lui ad un soffio dal suo viso. - Non ho mai giocato con te.
Si sentì investire da un brivido violento di fiati senza suono che le scosse le vertebre, pelle d'oca e tramestio di desiderio taciuto.
Cercò di inghiottirlo, buttarlo giù nello stomaco, ma fu come ingoiare se stessa in spire di dolore lungo l'esofago.
Sollevò il mento, il respiro affannato che la notte non riuscì a nascondere. - Non avvicinarti mai più così. - lo intimò.
Draco sorrise. - Così… Come?
Il srcondo capitolo di questa storia partecipa al contest “Immergersi nell’immaginazione” indetto da Artnifa sul forum di EFP (al momento come riserva).
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Nuova generazione
Capitoli:
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Questa storia ha partecipato al contest "Così fan tutti III edizione" indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP.

Qui è riportata con le dovute correzioni (e forse qualche frase aggiunta) ed è il prequel del capitolo scorso. 

Questo, ovviamente vale per chi ha letto Betrayal II.

Pacchetto utilizzato: Cimarosa

Questa storia partecipa al contest "Cliffhanger che passione!" indetto da Shellcott sul forum di EFP. 

Note d'autore: qui non mi dilungherò molto , ma lo farò nell'Angolo Autrice che vi lascio giú, per non rovinarvi la lettura della storia. Vi avverto solo che ci sarà un piccolo salto temporale, in cui un'evento accadrà prima del tempo. 



Betrayal.

I. 

Mentre accompagnava sua figlia al binario 9 ¾, Hermione si sentiva emozionata: era il secondo anno in cui Rose frequentava la scuola di magia e stregoneria ed era orgogliosa di essere una Grifondoro come la mamma e il papà. L'unione perfetta di loro due, con i capelli rossi e crespi, gli occhi azzurri e il nasino all'insú, l'intelligenza e la caparbia di Hermione, il sorriso e l'allegria di Ron. 

Guardava sua figlia che ancora provava meraviglia quando attraversava la parete di mattoni alla stazione di King's Cross e ammirava la vecchia locomotiva. << Mi dispiace che papà non sia venuto con noi. >>

<< Lo so, ma sai… >>

<< Sì, lo so, mamma. >> la salutò con un bacio e andò via: si affacciò al finestrino, guardando gli altri studenti e muovendo la mano per salutarli. 

Hermione la vide sedersi vicino ad Albus e Scorpius, ricordando il suo primo viaggio verso Hogwarts durante il quale, tanti anni prima, era stata seduta con Harry e Ron. 

Si perse nella nostalgia e sentì gli occhí riempirsi di lacrime, mentre con la mente ricordava tutti i momenti che avevano vissuto insieme e, adesso invece, insieme sembrava essere solo una parola di facciata: da tempo, infatti lei e Ron si erano allontanati per una piccola incomprensione. Si asciugò una lacrima all'angolo dell'occhio, mentre ripensava a quanto tempo ci fosse voluto prima e quanto poco fosse bastato dopo, poi qualcuno le urtò una spalla. 

Le sembrò di essere tornata indietro di qualche anno e credette che il tempo si fosse quasi fermato, rallentato fino a far diventare secondi le ore. 

Sentí sulla bocca una bocca dolce, fresca e addosso delle dita sottili e delicate che l'accarezzavano. Un profumo di menta, una risata maliziosa. 

Scosse la testa, poi si voltò. << Mi scusi. >>

<< Oh, non si preoc… Granger? >>

<< Malfoy, buongiorno. >>

<< A te. Qual buon vento ti porta qui? >>

<< Il tuo stesso vento. >>

Lui sorrise, tirando su un angolo della bocca e le parve di rivedere il suo viso bambino, quando prima la feriva e poi rideva. 

Erano cambiate tante cose da allora. Sorrise anche lei. 

Lo guardò e accettò il suo invito a prendere un caffè insieme. 

<< Ho saputo di Astoria*. Mi dispiace tanto… >>

<< Grazie, ma ce la stiamo cavando bene. >>

<< Non ne dubito. >>

Draco la guardava con occhi dolci che le sembrò diventassero mani. Si sentí toccare ovunque, dentro e fuori. << Quanto tempo… >>

<< L'errore di una notte. >>

<< Più di una notte, Granger. >>

<< Già… >>

Aprile 1996

<< Dove credi che ci porterà tutto questo? >>

<< Non molto lontano, ma importa? >>

<< No. >>

<< Neanche a me. >>

Erano nella torre di Astronomia, seduti a guardare il cielo. 

Hermione aveva la testa poggiata al suo petto e sentiva crescere la voglia di baciarlo, di averlo. 

Lo guardò. << Come siamo arrivati fin qui? >>

<< Camminando, Granger. >>

<< Non sei simpatico, per niente. >>

La baciò: quando era iniziato quell'amore? 

In quale momento aveva smesso di insultarla ed aveva cominciato ad amarla? 

E lei… quando si era innamorata di lui? 

Sentí la mano di Hermione giocare con il bordo dei pantaloni, l'eccitazione crescere. << Non qui. Andiamo. >> La prese per mano, facendo di corsa le scale. 

Ogni passo un bacio, una carezza più giù, un bottone slacciato. 

Quando arrivarono fuori alla porta della Stanza delle Necessità, Hermione sorrise. << Davvero? >>

<< Davvero. >>





<< Rose era davvero emozionata, è corsa quasi subito da Albus e Scorpius e… >>

<< Ah, sì? >>

<< Sí, Ron. Potresti per piacere guardarmi, almeno quando ti parlo di nostra figlia? >>

Era stato in silenzio, giocando con la bacchetta a colpire i petali di fiori secchi nel centrotavola della cucina. << Non ci riesco… >>

<< A fare cosa? >>

<< A guardarti. Non dopo quello che ho letto. >>

Ron, tempo prima, aveva trovato il diario segreto a cui lei aveva raccontato l'amore per Draco, con Draco. I baci, le parole, le carezze, le emozioni. Il dolore. A quelle pagine, poi, aveva raccontato anche di Ron e di quel bacio nella Camera dei Segreti, di come aveva imparato ad amarlo, piano e con il tempo. 

Lo aveva trovato seduto sul divano, con gli occhi rossi e il diario tra le mani. 

Lo aveva baciato e lui era rimasto immobile, tenendo gli occhi fissi sul tavolino di vetro su cui facevano bella mostra un vaso di fiori e uno svuotatasche che lei aveva riempito con caramelle e cioccolata. << C'è qualcosa che non va? >> 

Ron aveva alzato il diario di fronte a lei, fermandosi all'altezza del cuore, con la testa basta. << Perchè? >>

<< È stato tanto tempo fa. >>

<< Non hai mai scritto di me, non come lo hai fatto di lui. >>

<< Quando si è bambini si vede tutto con altri occhi. >>

<< Non ne hai mai parlato, nemmeno con Harry o con Ginny. >>

<< È stato un'amore adolescenziale, Ron. >>

<< Quindi lo hai amato? >> Hermione restò in silenzio, con gli occhi piantati al pavimento. << Mi basta questa come risposta. >>

Ed erano passati i minuti e poi i giorni, i mesi. 

Ron non la guardava più, non la baciava, non la toccava, non le sorrideva. 

E a lei mancava, mancava tanto. 

Aveva apparecchiato per due, ma aveva cenato da sola: lui preferiva uscire o chiudersi nella camera da letto e la sua assenza parlava molto più dei suoi silenzi. Si era avvicinata tante volte a lui che le girava sempre le spalle, che la mandava via e, dopo poco, lei aveva preferito dormire nella camera di Rose piuttosto che sentirsi colpevole di una colpa che non sentiva di avere, perciò si stese sul letto e chiuse gli occhi. 

Perchè? e ancora non riusciva a trovare una risposta alla domanda che lui le aveva fatto mesi prima. 

Maggio 1996

L'aveva stesa sul letto, sbottonandole la camicia, baciando ogni centimetro di pelle. 

Sentiva i suoi gemiti, la sua fretta e le sue mani stringersi ai polsi. << Mi vuoi, eh? >>

<< Sì. >> l'aveva attirato a sé, ad un millimetro dalla sua bocca. << Adesso. >>

L'accontentò, aprendole le gambe. 

Delicato, piano. 

Lei era rimasta con il viso sulla sua spalla, chiedendogli di non lasciarla, di non uscire. 

Aveva sentito il suo respiro sul collo, i baci, l'amore. 

Senza dirselo, senza chiederlo: era cominciato tutto così. 

Un giorno l'aveva bloccata al muro, l'aveva guardata. << Smettila di fare quello che fai, maledetta Mezzosangue. >> l'aveva vista scappare, correndole dietro fino al Lago Nero, l'aveva vista piangere in ginocchio di fronte ad un albero. 

Le si era avvicinato, abbassandosi dietro di lei e l'aveva abbracciata. 

<< È stato quello il momento in cui  ho capito di essere innamorato di te. Ogni volta che ti vedevo, mi sentivo strano, immobilizzato… Riuscivo a muovermi solo quando ti offendevo. >> le aveva detto la notte in cui avevano fatto l'amore per la prima volta. 

Hermione si era alzata dal letto, si era affacciata alla finestra, guardando dall'alto il Lago Nero: gli aveva regalato le sue mani, la sua schiena. 



Aprí gli occhi e scese le scale. Sul tavolo in cucina c'erano ancora le tazze della colazione di Ron, così si affrettò a pulire tutto, a bere un caffé doppio, poi si chiuse la porta del bagno alle spalle. 

Lo specchio le mise davanti agli occhi un'immagine che non le piaceva: aveva l'aria stanca, la bocca dritta, lo sguardo triste. 

Si era truccata poco, si era seduta ai piedi del letto matrimoniale ed aveva guardato fuori dalla finestra: era una bella giornata soleggiata di fine aprile e lei sentiva il desiderio urgente di uscire, non vedere più le foto della sua vita con suo marito, dei viaggi, dei bambini. 

Continuava a guardare l'armadio, le sembrava tutto fuori moda, fuori posto e alla fine decise di indossare un jeans nero, una maglietta bianca e scarpe e chiodo di pelle neri. 

Uscí di casa, guardandosi intorno: il vialetto in cui lei e Ron avevano deciso di acquistare casa era tranquillo, quasi deserto, una fila ordinata di villette a schiera tutte uguali tra loro. 

Non si era quasi resa conto di aver parcheggiato l'auto, di aver camminato tanto ed essere arrivata al laghetto, al centro dell'Hyde Park. 

Era lì che Hermione si rifugiava quando aveva voglia di scappare da tutto, di nascondersi, di pensare. 

Camminava a testa bassa, gli occhiali da sole a coprirle il viso. 

<< Che coincidenza. >> quella voce così familiare la fece tornare alla realtà. << Che ci fai qui, Granger? >>

<< Quante probabilità avrei avuto di trovarti proprio in questo posto, a quest'ora, Malfoy? >> 

<< Dipende da quello in cui credi: se credi al calcolo delle probabilità o al destino. >>

<< Quasi a nessuno dei due. >>

<< Ti va? >> le fece segno di avvicinarsi.

Hermione lo guardò: era seduto, le braccia aperte sullo schienale della panchina di legno e notò che erano vestiti allo stesso modo. Sembrava uno scherzo. << Va bene. >>

<< Come stai? >>

<< Me la cavo. >>

Draco sollevò gli occhiali dal viso e fece lo stesso con i suoi, piegò le stanghette con cura e li sistemò sulla panchina, poi si chinò in avanti, poggiandosi sulle ginocchia e la guardò. << Cosa c'è che non va? >>

<< Va tutto bene. >>

<< Non hai mai saputo mentire. >>

<< Non lo sto facendo. >>

<< Dov'è tuo marito? >>

<< Oh, lui è a lavoro. >>

<< È domenica, Hermione. >>

<< Aveva degli impegni. >> rispose staccando gli occhi da lui e perdendoli nel lago. 

Draco continuava a guardarla con lo sguardo malinconico, perso nei ricordi in cui l'aveva amata, spogliata, delusa, persa. << Vuoi pranzare con me? >>

<< I-io non credo sia una buona idea. >>

<< Perchè no? >>

Teneva ancora gli occhi fissi sulle increspature dell'acqua: a casa l'aspettava la solitudine, il silenzio, un passato che sembrava lontanissimo e un presente rotto in mille frammenti. << Dove mi porti di bello? >>

<< Dove vuoi… >>

Maggio 1996

<< Sei sicuro? >>

<< Sì, è così: comincia con l'essenza di dittamo, mescola due volte in senso orario e tre in senso antiorario. >>

Quel giorno, Piton aveva affidato loro la preparazione dell' Elisir di Mandragola**, spostando ogni coppia di alunni dal proprio banco. << Voi due, >> disse indicandoli. << in fondo. >>

Draco ogni tanto le accarezzava la guancia, il naso, la schiena e lei sorrideva, poi lo allontanava. 

<< Di cos'hai paura? >>

<< Stiamo preparando una pozione, Malfoy. >>

<< Ti preoccupa che ci vedano insieme? >>

<< No, affatto. >>

<< Allora facciamolo… >>

<< Cosa? >>

<< Facciamolo vedere a tutti che ci teniamo per mano. >>

<< Fai attenzione a quello che stai facendo: i semi di papavero vanno aggiunti alla fine.  >>

<< Lo prendo come un no… >>

Avevano continuato a versare gli ingredienti nel calderone, Draco le aveva insegnato qualche segreto sulla preparazione di quella pozione ed entrambi avevano ricevuto un Eccezionale. 

Poi, avevano lasciato l'aula, lui aveva cercato di avvicinarla, di toccarle il braccio, ma lei aveva iniziato a camminare con passi più veloci. 

Quella notte, però, nella Stanza delle Necessità, lei aveva intrecciato la mano alla sua, gli aveva baciato le dita, il polso, le vene. 

E poi la bocca e il collo. << Non ho paura di farmi vedere con te… >>

<< Ah, no? >>

<< No. >>





<< Volevo dirti che non è stato Goyle, quella notte. >>

<< Non importa. >>

<< Sono stato io: ti ho vista con lui, mi ha rincorso urlando che eri la sua ragazza. >>*** 

<< Ci eravamo lasciati da tanto. >>

<< Sì. >> gli tornò in mente il dolore al petto che aveva provato quella notte, quando la voleva ancora tra le braccia, mentre lei, invece, stringeva un altro. << Volevo ringraziarti per avermi tirato fuori da lí. Forse, avrei dovuto farlo un po' di tempo fa. >> la vide sorridere appena, gli mimò una smorfia. << Ti piace qui? >>

<< Non ti facevo tipo da ristoranti babbani, Malfoy. >>

<< Sono migliorato, sai? >>

<< Lo so. >> aveva abbassato lo sguardo. 

Seduti a quel tavolo sembravano due persone normali: nessuno, guardandoli, avrebbe potuto indovinare le ombre, i bui e le minacce che avevano coperto le loro vite, le paure, la Guerra Magica, le perdite, la vittoria. 

<< Ti penso, a volte. Molto spesso in realtà. >> Hermione lo guardò. << Sono tutti bei pensieri, la maggior parte ricordi… >>

<< Eravamo solo bambini. >>

<< Avevamo sedici anni. >>

<< Ne abbiamo trentasei, adesso, una famiglia, dei figli… Scusami, a volte io dimentico che… >>

<< Sì, anche io. >>

<< Com'è? >>

<< Difficile… Però, sai, ho già perso una volta la persona che amavo e sono sopravvissuto. >>

<< Avete avuto anche voi un periodo difficile? >>

<< No, non parlo di lei. >> fissò gli occhi in quelli di Hermione e li vide coprirsi di passato. << Astoria è stata una moglie perfetta, siamo stati felici. Forse perché non ci siamo mai amati davvero. >>

<< Non è una cosa bella da dire. >>

<< È una cosa vera. >>

<< Quindi, come funzionava tra voi? >>

<< Non l'ho mai tradita, se è questo che vuoi sapere. Non fisicamente almeno. Da quando è morta non ho fatto altro che guardare le sue foto, raccontare di lei a Scorpius… >>

<< È un bel gesto. >> gli accarezzò le dita dove Draco non portava più la fede. 

<< No. Mi sono occupato della morte perché volevo distrarmi da questo amore che forse è ancora più terribile perché non muore. >>****

<< Sono passati vent'anni, Malfoy. >>

<< Una volta mi chiamavi con il mio nome… >>

Ottobre 1996

<< No, no e no. >>

<< Ma perché fai così? Ti stai comportando come una bambina di cinque anni. >>

<< E tu ti comporti come un ragazzino viziato. >>

Si era allontanata da lui, dandogli le spalle, camminando veloce: la guardava e si chiedeva quando l'avrebbe fatto per l'ultima volta. E poi, sarebbe andata via davvero o sarebbe tornata?

Le mandò un gufo qualche ora più tardi, mentre l'ansia gli chiudeva lo stomaco e la consapevolezza di quello che era diventato sembrava gelare anche il tempo, poi raggiunsero quasi contemporaneamente la Stanza delle Necessità: c'era un letto, come ogni volta che si incontravano lí, un divano a tre posti, il camino con il fuoco acceso. 

<< Ciao. >> la baciò sulla bocca. 

<< Sono ancora arrabbiata con te. >>

<< Lo so, posso farmi perdonare? >>

<< Non credo, ma, sentiamo, cosa proponi? >>

<< Quello che vuoi. >>

<< Ah, sí? >>

<< Sí. >>

<< Allora potresti cominciare a spogliarmi… >>

<< Va bene. >> aprí piano la camicia, liberando lentamente ogni bottone, con il solito sorriso, << Cosí? Ti piace? >> la tolse facendola scivolare lungo le braccia. 

<< Non so, non mi convince del tutto… >>

<< Mmhh, allora mi fermo. >>

Si guardarono negli occhi, bocca nella bocca. 

La spoglió in fretta, mentre lui aveva ancora addosso la camicia e la cravatta con il nodo allentato. Aveva fretta di amarla per paura che non avrebbe potuto più farlo. 

Cos'avrebbe fatto, lei, quando avrebbe scoperto tutto? Cosa gli avrebbe detto? Fino a che punto lo avrebbe odiato? 

E ancora i suoi gemiti, il suo piacere. << Resta così. >> gli aveva detto. 

<< Non mi muovo… >>

<< Draco… io credo di amarti davvero. >>

<< Io ti amo davvero. >>



Il viaggio di ritorno era stato colmo di emozioni, sensi di colpa e lacrime: sapeva quanto quell'amore occupava ancora gran parte del suo cuore, sapeva che non era mai andato via del tutto e mai del tutto si era assopito. 

Aveva semplicemente provato ad andare avanti, credendo di esserci riuscita. 

Si fermò sulla soglia, guardò il piccolo ingresso che aveva arredato con uno specchio rotondo, una mensola grigia e un vaso alto di vetro nell'angolo e casa sua le sembrò buia, vuota, estranea. 

Ron era steso sul divano e dormiva con i piedi incrociati, il telecomando della televisione in una mano, le labbra leggermente aperte. Non le venne l'istinto di svegliarlo, né di baciarlo o accarezzarlo: si sentiva sporca, cattiva, infedele, tagliata in due metà che volevano entrambe la stessa cosa, allo stesso modo, una rimaneva legata al passato e l'altra cercava disperatamente di arpionarsi al presente, come se fosse l'unico lembo di vita a cui aggrapparsi per sentirsi di nuovo bene, in salvo. 

Andò in soffitta e sollevò un lenzuolo logoro sotto cui teneva nascosto un enorme baule: aveva conservato al suo interno tutti i ricordi della sua infanzia, di Hogwarts, del matrimonio con Ron. 

Sfogliò un album di fotografie del loro viaggio a Praga: una delle più belle li ritraeva mentre ridevano seduti al tavolo di un pub, una pinta in mano e un enorme vassoio di costine di maiale sul tavolo. Erano stati felici, e, a modo suo, Hermione lo aveva amato: lui non era stato un amore viscerale, totale, puro, devastante, ma nemmeno un ripiego. 

Quando trovò il diario, lo prese come se fosse stato di cristallo, accarezzò la copertina ingiallita. 

Tra quei fogli, tra quelle righe, però, si rese conto che l'amore che aveva provato per Draco sembrava ancora vivo, lo sentiva sotto le dita. Frasi e parole che parlavano solo di lui, dei suoi occhi, della sua bocca, del male che le aveva fatto, del bene che le aveva regalato.

Sfogliava piano le pagine per paura di poter rovinare i ricordi che contenevano, per paura di poter sgualcire quel sentimento che sentiva stendersi addosso, nella gola, sul cuore. 

Aveva cominciato a piangere, senza preoccuparsi di asciugare le lacrime e, quando arrivò alla fine del diario, si rese conto di vedere sfocate le ultime parole che aveva scritto: é finita. 

Capí che quel diario e quella storia raccontata erano i sogni che lei aveva chiuso in un cassetto, che l'amore di nascosto e le promesse silenziose non le erano bastate. Si coprí gli occhi, le si chiuse lo stomaco, le mancò l'aria nei polmoni. 

Febbraio 1997

<< Smettila, Granger. >>

<<. No. Me lo devi spiegare. >> da giorni lo vedeva distante, arrabbiato, sempre mezzo vestito. 

<< Ho da fare. >>

<< Allora non portarmi qui quando hai degli impegni. >>

<< Io ti porto qui perché ho bisogno di te. >>

<< Non la voglio una persona che ha un bisogno veloce di me. >> aveva urlato. 

<< Devo andare. >>

<< No, non vai da nessuna parte. >> lo aveva baciato, stretto a sé più forte per impedirgli di andare via. 

Gli aveva sbottonato la camicia, facendo saltare qualche bottone per la fretta, gli aveva accarezzato il petto, i fianchi, la pancia e aveva cominciato a slacciare i pantaloni. 

<< Ti prego… >> Draco la supplicava con la voce ridotta ad un respiro, gli occhi colpevoli, mentre lei si toglieva le scarpe e la gonna. 

<< Spogliati. SPOGLIATI. >>

Era rimasto immobile, aveva provato ad allontanarla, a fermare le mani, mentre Hermione cercava ancora di togliergli la camicia. << Smettila. >>

Poi lei si avvicinò, accarezzandogli la guancia con la lingua. La stese di peso sul letto. 

Quella volta, gli aveva stretto forte i polsi, le aveva morso le labbra e il collo e lei aveva fatto lo stesso, guardandolo sempre negli occhi, senza allontanarlo mai. 

Gli sembrò che stessero facendo l'amore più rabbioso che mai: sentiva i suoi sospiri più forti, la sua bocca più veloce, i loro movimenti più decisi. 

Dopo si appoggiò a lei, guancia a guancia e si rialzò, senza rendersi conto che la manica della camicia gli aveva lasciato il braccio nudo. 

<< Cos'è quello? >>

<< Non è niente. >>

Lei si alzò, spogliandolo di quell'unico indumento che gli era rimasto. 

Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime, le labbra che tremavano di delusione e odio. << No, Draco, no. No, non è possibile. Cos'è? >>

<< Ti ho detto che non è niente. >>

<< COS'È? >>

<< Non lo vedi? >> le chiese, stendendo il braccio, mettendo in evidenza quel tatuaggio << No? >>

<< No, devi dirmelo tu. >>

<< Vattene, ti prego. Esci di qui. >>

Lo guardò ancora negli occhi, il viso sporco di lacrime e rancore. << Non so come abbia fatto ad innamorarmi di te: credevo fossi migliore di quello che sei. >>

<< No, aspetta, io non… è solo un simbolo, sono stato costretto… >>

<< Abbiamo tutti la possibilità di fare una scelta e tu hai fatto la tua. >> si vestí in fretta, dandogli le spalle che si muovevano insieme al silenzio dei suoi singhiozzi, poi si fermò ad un passo dalla porta.  << Io… non voglio vederti mai più. >>

Si ritrovò da solo, il Marchio Nero sulla pelle, la camicia e i pantaloni sul pavimento, il letto sfatto e l'ultima cosa che aveva di lei tra le mani: il suo addio.



Quella mattina, Hermione trovò sulla scrivania del suo ufficio un dossier spedito dalla Preside della scuola di Hogwarts: Minerva McGranitt, infatti, chiedeva la sua presenza poiché Hagrid aveva salvato da morte certa un cucciolo di Erumpent, raccontandole che la bestia era stata sottratta ad un trafficante di creature magiche e che, probabilmente, quello non era l'unico esemplare di cui era in possesso. 

Si alzò dalla sedia e si avviò verso il grande atrio del Ministero. 

<< Harry, ciao.>> lo prese sotto braccio. << Devo andare a Hogwarts, roba da niente… Vuoi che porti qualcosa ad Albus? >>

<< Oh, no, grazie: ci sono stato ieri, una bella lezione di Difesa contro le Arti Oscure con dei ragazzini del terzo anno. >>

<< Bene, allora ci vediamo in giro.>> e si smaterializzò. 

Tornare a Hogwarts le causò una fitta allo stomaco: tra quelle mura aveva vissuto le avventure più belle, le paure più nere, i dolori più grandi. 

Attraversò i corridoi con un nodo alla gola e una sorta di debole emozione sulla pelle, poi si avviò verso la torre dove si trovava l'ufficio del Preside. Minerva McGranitt le aveva anche scritto la parola d'ordine: continuavano a scegliere i nomi dei dolci che Silente aveva amato. << Torta di mele. >>

Il gargoyle che fungeva da porta e scudo si spostò lentamente. << Granger. >>

<< Malf… Malfoy? Che ci fai qui? >>

<< Oh, niente di che, ho trovato degli oggetti nel vecchio studio di mio padre… E tu? >>

<< Io devo parlare con la McGranitt di una cosa, una creatura magica… >>

<< Ti aspetto, se vuoi. >>

<< Sì, va bene. >> gli sorrise ed entrò nella grande stanza circolare. 

Alle pareti i ritratti di Albus Silente e Severus Piton le sorrisero. << Hermione Granger. >> la salutò il primo. << L'alunna più brillante degli ultimi cinquant'anni, anche se, mia cara, la piccola Rose potrebbe spodestarti: la tua arguzia, la tua curiosità, la tua voglia di eccellere. >> 

<< Ne sarei orgogliosa. >>

Poi, Minerva McGranitt la raggiunse e la fece accomodare di fronte a lei, consegnandole un plico in cui Hagrid aveva sottoscritto la propria testimonianza. Hermione lo studiò con attenzione. << L'Erumpent nasce in Africa, è difficile da addomesticare e non vivrebbe a lungo con il nostro clima. Hagrid non può tenerlo: è bene che lo sappia subito. >> Prese di nuovo i fogli che aveva davanti, lesse ancora per cercare di capire l'identità del trafficante. << Probabilmente abbiamo a che fare con un bracconiere che smercia in Europa e in chissà quale altra parte del mondo… tornerò al Ministero, avvierò immediatamente un'indagine e organizzerò una squadra per riportare il cucciolo nel suo habitat naturale. >>

<< Grazie signorina Granger, signora Weasley, come preferisce? >>

<< Hermione va benissimo. >>

Poi la Preside uscí dall'ufficio e la lasciò sola, mentre lei sistemava tutto il materiale in una cartellina di plastica che portava sempre con sé. 

<< Fai come se fossi a casa tua, cara Hermione, >> le disse Silente << e ricorda: l'amore che torna è molto più vero e prepotente di come lo abbiamo lasciato. >>

Maggio 1998

<< Fallo tu. >> Ron le porgeva il dente del basilisco. 

<< Non posso. >>

<< Sì che puoi. >>

Erano entrati nella Camera dei Segreti, avevano attraversato il grande atrio costeggiato da un'infinità di statue di serpenti con le fauci spalancate e colonne e alla fine di cui faceva bella mostra l'enorme statua di Salazar Serpeverde, poi si era inginocchiata ed aveva conficcato la zanna nella piccola coppa d'oro che avevano rubato alla banca dei maghi e che Ron le aveva messo ai piedi. 

In quel momento videro avanzare verso di loro un'enorme onda, lui la prese per mano, provando a scappare e l'acqua li travolse, poi tutto finí cosí com'era cominciato: avevano tolto altra energia a Voldemort e si sentirono parte di una vittoria che ancora non apparteneva a nessuno. 

Ron la baciò e lei si lasciò trasportare da quel bacio, gli accarezzò i capelli bagnati e poi sorrise: si sentí quasi felice, quasi pronta ad amare ancora, a dimenticare. 

Si guardarono per un po' e corsero fuori per raggiungere Harry. 

Il resto accadde velocemente, tanto che Hermione non riuscí a ricordare quasi niente, nemmeno un attimo dopo averlo vissuto: Hogwarts era ormai solo cumuli di macerie e corpi senza vita, mentre Voldemort avanzava lento verso di loro con una schiera di Mangiamorte al seguito, urlando la sconfitta del bene. << Harry Potter è morto. Harry Potter è morto. E adesso è il momento di dichiararvi: venite avanti e unitevi a noi o morirete. >>

Poi, Lucius Malfoy mosse un piccolo passo, chiamando a sé suo figlio. 

Lei si girò a cercarlo, lo vide attraversare la folla: gli occhi bassi, il viso sporco, i capelli a coprire la fronte, il passo lento di chi avrebbe preferito stare fermo, i pugni stretti mentre il Signore Oscuro gli cingeva le spalle. 

In quel momento, sentí qualcosa spezzarsi dentro di lei, un urlo muto partire dallo stomaco e morire nella gola, la voglia di correre da lui e farlo tornare indietro, nonostante la guerra, il Marchio Nero, nonostante il bacio che aveva dato ad un altro, in un misero frangente di tempo in cui si era illusa di poter chiudere con i giorni e le notti che avevano vissuto insieme. 

Lo aveva salvato, portandolo lontano dalle fiamme, chiudendosi alle spalle la porta della Stanza delle Necessità. Non poteva lasciarlo lì, non voleva lasciarlo lì: in qualche modo aveva bisogno di sapere che fosse ancora vivo, che ce l'avesse fatta. E lui stava andando via. 

<< È un lurido Mangiamorte. >> commentó Ron a voce bassa e stringendola a sé. 

Non per lei che lo guardava mentre camminava e che, nonostante i mesi, lo sentiva ancora addosso, dentro. 

Si accasciò a terra con i polmoni che faticavano a prendere aria, poi Draco si voltò per guardarla e si allontanò da lei: quello fu l'attimo esatto in cui Hermione sentí il cuore scoppiare e smettere di battere.



<< Sei qui. >>

<< Sì, ho camminato un po'... Non credevo stessi lì dentro tutto questo tempo. >>

<< Se hai da fare, tranquillo… >>

<< No, no. Ti va di passeggiare un po'? Vorrei portarti in un posto. >>

<< Sì. >> ad ogni passo, Hermione sentiva aumentare la strana sensazione di accarezzarlo. 

<< Quindi, parlavi di una creatura magica: è di questo che ti occupi? >>

<< Sì, ho lavorato qualche anno all'Ufficio applicazioni della legge sulla magia, ora mi occupo della regolazione e controllo delle creature magiche… ovviamente punto alla carica di Ministro della magia. >>

<< Ovviamente. >> sorrise. 

Arrivarono sulla sponda del Lago Nero. << È una bella giornata… >>

<< Anche tu lo sei. >>

<< Smettila, ti prego. >>

<< È stato questo il posto in cui ho capito di essere innamorato di te: stavi piangendo… >>

<< Me lo ricordo. >>

<< Mi dispiace, per tutto. >>

<< Sì, beh, è passato… è stato tanto tempo fa. >>

<< Avrei voluto avere la possibilità di scegliere. >>

<< Non possiamo avere tutto quello che vogliamo. >> Hermione aveva capito con il tempo che a volte la paura non faceva più vivere, che un cognome poteva pesare su ogni decisione che non si era liberi di prendere, che Draco era bravo nel gioco del silenzio e che, quando non lo faceva con la voce, parlava con gli occhi e che lei era stata analfabeta di fronte ai suoi. 

<< No, hai ragione. E tu? Cosa vorresti? >>

<< Vorrei scappare, ritrovarmi in un posto in cui sono stata felice. >>

<< Non lo sei, vero? >>

<< No, non lo sono da un po'. >>

<< Andiamo, allora. >>

<< Dove? >>

<< Nel tuo posto felice. >>

<< Non so neanche quale sia, Malfoy. >>

<< Sai come funziona, no? Mi prendi la mano, ci smaterializziamo. Dai, il primo posto che ti viene in mente. >>

Settembre 2004

La fece sedere sul suo letto, le accarezzò i capelli e le avvicinò alla mano una piccola scatolina di cuoio. << Credo che dovremmo sposarci. >>

<< È una proposta di matrimonio, Ron? >>

<< Più o meno. Lo sai, non sono il tipo che si inginocchia e cose del genere. >>

<< Il romanticismo non è mai stato il tuo forte, è vero. >>

<< Tu cosa ne pensi? >>

<< Va bene… É una buona idea. >>

<< Io vorrei solo renderti felice. Non so se tu abbia amato qualcun altro a parte me, ma io ho amato solo te, dal primo giorno, sempre. E tu? >>

Lo guardò, mentre il cuore correva indietro per rivivere un passato che non sarebbe potuto diventare il suo presente: Ron la guardava, gli occhi azzurri e i capelli rossi sulla fronte e non era lui, non la baciava allo stesso modo, non la faceva star male allo stesso modo, né ridere o piangere allo stesso modo. 

E lui chissà dov'era e con chi, mentre lei era seduta su un letto che non sentiva suo, le mani intrecciate ad altre mani che forse amava, ma non come aveva amato le sue. << No, non ho amato nessun altro. >>

<< Quindi è un sì? Vuoi sposarmi? >>

<< Sí. >> chiuse gli occhi, mentre Ron si avvicinava di più, l'abbracciava e la baciava. E lei non era lí, non davvero, non con il cuore. 



Posarono i piedi sul pavimento di una stanza quasi vuota: al centro c'era un immenso tavolo illuminato dalla luce che penetrava da una piccola finestra quadrata. Hermione si avvicinò, guardando fuori. << Siamo nella Stanza delle Necessità. >>

<< È questo il tuo posto felice? >>

<< Non entro qui da… >>

<< Da allora. >>

<< Sì. >> abbassò lo sguardo. << Non è possibile. >>

<< Perchè no? >>

<< È sbagliato, Malfoy, dovrei essere al Ministero a quest'ora e avviar… >>

<< Invece sei qui. Con me. >> le si avvicinò piano, fermando la fronte a pochi centimetri dalla sua. 

Continuava a guardarla negli occhi. 

Hermione scosse la testa. << Ci ho messo troppo tempo per superare tutto questo, per dimenticarti, mi sono maledetta, mi sono odiata e tu non p… >>

<< E lo hai fatto? Lo hai superato? Mi hai dimenticato davvero? >> le accarezzava il viso con la punta delle mani, guardava la sua bocca aprirsi appena ogni volta che la sfiorava, le lacrime ferme tra le ciglia che tremavano. 

<< Non posso farlo. >>

<< No, se non lo vuoi. >>

<< Non lo so, non so più quello che voglio o che non voglio, quello che è giusto o quello che è sbagliato. >>

Le prese le mani e le sfilò la fede dal dito, poi la fece sedere sul tavolo, la liberò  della maglia, ricalcando con gli occhi lucidi e con le dita ogni lettera del brutto tatuaggio che Bellatrix le aveva disegnato sul braccio: sentiva ancora le sue urla riempire la stanza, i suoi occhi e il suo pianto che gli chiedevano aiuto, la sua codardia che lo aveva paralizzato. << Perdonami per questo. >>

<< Shh. >> poi Hermione chiuse gli occhi, aprí le gambe e lasciò che Draco le baciasse le labbra, il viso, il collo, le mani e il respiro ovunque, un profumo di menta, una risata maliziosa, la camicia chissà dove. 

Capí in quel momento quanto in realtà le fossero mancate le sue carezze, la sua voce, le sue parole, quanto le fosse mancato riempirsi di lui, incastrarsi perfettamente a lui. 

Ripensò alle bugie che aveva raccontato a se stessa, a suo marito: si rese conto di non aver voluto nessuno come aveva voluto lui, che quello che le aveva dato lui non lo aveva ricevuto da nessun'altro, che, in fondo, non aveva mai smesso di amarlo. Non lo aveva fatto nemmeno Draco. 

Si stese sul legno, allungò le braccia sulla testa, offrendogli i fianchi, la pancia, la possibilità di recuperare tutti gli anni in cui erano stati lontani e lui si stese addosso, stringendole i polsi con una mano, mentre portava l'altra dietro la schiena, solleticandola e facendola inarcare per entrare ancora più in fondo, dentro di lei. 

Si sentí piena, viva, tornò ad avere sedici anni, dimenticando la rabbia, la paura, le lacrime, i rimpianti, il dolore. 

Lo attirò a sé, pensando che quello sarebbe sempre stato il suo posto nel mondo, mentre Draco la toccava e respirava il suo profumo. 

La guardò ancora, le sorrise sulla bocca. << Non è mai cambiato niente. >>

<< No. >> e lei gli baciò il sorriso, lo fece esplodere sotto la lingua, tra i denti. 

Ricordava ogni singolo dettaglio di quel corpo, i disegni delle vene, le cicatrici, gli accarezzò il Marchio Nero e lui la strinse più forte. 

Si ritrovò con il fiato corto, affannata di piacere e di una felicità che aveva dimenticato di conoscere. 

Si era appoggiata nell'incavo della sua spalla. << Siamo stati stupidi. >>

<< Stavamo combattendo una guerra più grande di noi. >>

<< Perchè sei andato via? >>

<< E tu perché non sei tornata? >>

<< Non lo so. >>

<< La paura gioca sporco, Hermione, molto più di quanto crediamo. >>

<< E se non avessi avuto paura? Se fossi riuscito ad essere coraggioso? >>

<< Probabilmente non ti avrei tolto la fede dal dito oggi e non avrei sposato Astoria. >> la baciò ad occhi chiusi, senza il bisogno di dover prendere aria, senza nemmeno accarezzare l'idea di lasciarla andare: come anni prima, nello stesso posto e con lo stesso desiderio, aveva fatto di nuovo l'amore con lei. 

E poi un' altra volta, due e ancora. E ancora. 

Si rivestirono lentamente, come a voler ritardare quanto più possibile il momento di salutarsi e darsi le spalle. Di nuovo. 

Percorsero piano i corridoi della scuola, camminando ad un respiro di distanza e si fermarono quando furono sorpresi da un rumore di passi che si avvicinava e sentirono entrambi di essere tornati indietro di vent'anni, quando di notte si incontravano per nascondersi nella Stanza delle Necessità. 

<< Oh, Hermione, signor Malfoy, siete ancora qui. >>

<< Sì, >> rispose lei. << Ci siamo persi nei ricordi. >>

<< Beh, allora buonanotte a tutti e due. >> Minerva li lasciò soli. 

Poi Draco si fermò, stringendola forte, avvicinandosi all'orecchio. << Ho quasi perso la ragione quando ho provato a dimenticarti… >>

<< Ne sarebbe valsa la pena? >>

<< Se volessi tornare sai dove trovarmi. E sì, ne sarebbe valsa la pena. >>

Si smaterializzarono fuori casa di Hermione: avevano ancora le mani intrecciate e lei scoppiò a ridere come se non sapesse fare altro, come se nei mesi precedenti non avesse mai pianto. 

<< Allora ciao. >>

<< Malfoy, quello che noi, stasera… non deve succedere mai più. >>

Lui scosse la testa, le baciò  le labbra e la punta del naso. << Mai più così. >> poi sorrise, ricordandole ancora quel viso bambino che crescendo l'aveva amata e l'aveva delusa. 

Quando aprí la porta di casa, Hermione vide Ron seduto sul tavolo della cucina, le mani a pugno incrociate sulla cintura dei pantaloni.

Si costrinse a spegnere il sorriso, respirando ancora nei capelli l'odore di Draco, poi, si avvicinò a suo marito. 

Gli sollevò il viso, mettendogli una mano sotto il mento e lo guardò negli occhi. << Andiamo. >> lo prese per mano, sedendosi sul divano. 

<< Cosa vuoi? >>

Sentiva il coraggio evaporarle dentro, la voce bloccata nelle corde vocali: lo doveva a lei, a lui e a Draco, a quelli che erano stati, a quello che li aveva uniti e a quello che li aveva divisi. All'amore che aveva provato e che ancora provava per lui e al bene che aveva voluto a Ron, alle gioie e alla fedeltà che lui le aveva donato, al dolore che lei gli aveva regalato. 

Non le importava di quello che sarebbe stato e non le importava dei sensi di colpa che forse avrebbero scandito ogni secondo dei suoi giorni, non più, non in quel momento, non dopo aver fatto di nuovo l'amore con Draco. 

<< Ron, dobbiamo parlare. >>

<< Di cosa? >>

<< Di quello che hai letto nel mio diario. >>

 



Angolo Autrice:

Eccoci qui: come vi avevo promesso, qui spiegherò un po' di cose. 

Vorrei partire dal titolo: "Betrayal." è la traduzione inglese della parola tradimento e quale miglior titolo di questo? Semplice, breve e che in italiano suonava un po' troppo banale. 

Ovviamente, è una What if? in cui Draco e Hermione sono stati insieme durante l'ultimo anno ad Hogwarts, prima della ricerca degli Horcrux, e non potevo non scegliere questo pairing visto che sono i miei preferiti. 

*Per quanto riguarda Astoria, so che muore nel 2019, ma per la storia avevo bisogno che, in qualche modo, andasse via prima del dovuto e non volevo raccontare di due matrimoni sfasciati per non cadere troppo nell'ovvio; 

**La pozione di Mandragola, invece, non so realmente come si prepari e non ho trovato niente a riguardo, perciò ho improvvisato;

***È scritto e visto che è stato Goyle ad appiccare il fuoco, ma come per la morte di Astoria, per questa one-shot ho bisogno che sia Draco a farlo;

****Questa frase, purtroppo, non è farina del mio sacco, ma è una bellissima poesia di Franco Arminio, contenuta nella sua racconta "L'infinito senza farci caso" e non ho aggiunto nessun segno di punteggiatura, perché secondo me è perfetta così, ed anche perché mi piaceva che Draco dicesse quelle parole tutte d'un fiato. 

Spero vi sia piaciuta.

A presto. 



   
 
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