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Autore: yopsbrain    23/07/2020    0 recensioni
«Il Destino non è cieco, non sceglie a caso. Se tu sei il Prescelto, significa che non sei un banale umano come credi.».
Quando i Sei Regni del Nuovo Mondo vengono trascinati in una guerriglia senza fine, quattro ragazzi che non potrebbero essere più diversi tra loro ma uniti dal destino diventano l'unica possibiltà di salvezza dalla distruzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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C'era solo una scarna barriera di legno a dividere i due sfidanti.
Si trovavano uno all'opposto dell'altro a qualche metro di distanza, ondeggiavano lentamente a causa del movimento dei loro cavalli.
Uno dei due cavalieri, un giovane che indossava una bellissima armatura dorata e un mantello rosso sulle spalle, si guardò intorno con una certa soddisfazione, sorridendo da sotto l'elmo: come sempre, c'era un sacco di pubblico nell'arena che gridava il suo nome. 
A dirla tutta qualcuno gridava anche il nome dell'avversario, ma ormai c'era talmente tanto chiasso che comprendere ciò che realmente dicevano era impossibile. 
Erano sempre in visibilio quando c'era la Giostra, sopratutto se a combattere c'era lui.
Afferrò la sua lancia con una mano e con l'altra tenne strette le briglie del cavallo, poi si concentrò sul suo avversario.
Lo osservò attentamente, analizzò la sua armatura nera, la sua lancia e il suo scudo. 
Non sapeva chi si celasse sotto l'elmo, ma sapeva bene che era riuscito a sbaragliare la concorrenza fino a quel momento: proprio per quel motivo la folla aveva cominciato a gridare il suo nome.
Eppure a giudicare dalla sua tecnica doveva essere la sua prima Giostra, giurò il cavaliere in armatura dorata, e di certo lui non poteva perdere contro un novellino.
L'avversario era chiaramente spossato; forse il pubblico non l'aveva notato, ma lui aveva combattuto in fin troppe Giostre per non sapere quando un combattente era allo stremo.
Il suono della tromba rimbombò nell'aria, interrompendo i suoi pensieri e i cavalli iniziarono la loro corsa sfrenata.
Lui puntò dritto alla scapola sinistra dell'avversario e la sua lancia si frantumò al contatto con l'armatura.
Anche la lancia dell'avversario si frantumò contro la sua, ma il cavaliere dall'armatura dorata riuscì a mantenere l'equilibrio.
Frenò la corsa del cavallo e si voltò a guardare l'avversario a terra e il polverone da lui provocato che lo avvolgeva.
Il pubblico scoppiò in grida e fischi di giubilo, iniziarono ad agitare le mani, ad applaudire e a sventolare stendardi.
Il cavaliere, incurante dell'avversario a terra, portò il suo cavallo sotto le tribune e si tolse l'elmo mettendolo sotto il braccio, poi alzò la sua lancia spezzata in cielo.
Alcune dame si alzarono in piedi ed applaudirono più forte, mentre all'interno dell'arena risuonava il suo nome. 
Il cavaliere sorrise e osservò ognuno di loro, soffermandosi su alcune ragazze del pubblico che stavano sventolando il loro fazzolettino.
Era bello sentirsi apprezzati e acclamati, dopotutto.

Quella sera stessa entrò in taverna tra gli applausi degli altri partecipanti al torneo e degli altri presenti.
«Sapevo che avreste vinto, ho scommesso su di voi Sir Jones!» esclamò un uomo.
Lui gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla e poi con uno improvviso impulso salì sulla prima sedia vuota che gli capitò, attirando l'attenzione dei presenti.
«Stasera, messeri, offro io per tutti!» esclamò a gran voce.
Gli altri alzarono il loro calice in aria, gridando gioiosi e battendo le mani sui grandi tavoli di legno per fare ancora più baccano.
Il cavaliere sapeva che adoravano quando faceva così, non c'era miglior modo di conquistare le persone con della birra gratis.
Le ore passavano e i bicchieri si triplicavano, tutti stavano bevendo, ma non lui. 
Nonostante la soddisfazione che provava nel vedere gli altri acclamarlo e approvarlo, lui non aveva voglia di festeggiare.
Un tonfo sordo lo fece trasalire e girare di scatto: era scattata una rissa tra due ubriachi mentre altri avevano cominciato ad intonare -per modo di dire, visto che non azzeccavano un nota- una canzona da taverna.
Il cavaliere disturbato dal trambusto e dallo stridore provocato dagli stonati cantanti, si allontanò per trovare un posto più tranquillo.
Addocchiò un tavolo in un angolo rimasto libero e decise di sedervisi per cercare di evitare che il fracasso della rissa lo raggiungesse.
Ben presto, però, una voce interruppe la sua solitudine.
«Buonasera, Sir Jones.».
Lui alzò lo sguardo e incontrò quello di una donna dai capelli rossi e gli occhi neri sorridergli maliziosamente.
«Buonasera a voi.» rispose lui ricambiando il sorriso.
«A quanto pare anche questa volta sarete voi a vincere il torneo.» osservò lei, sedendosi di fronte a lui.
«Già, sembra proprio così.- rispose con finta modestia -Non ricordo l'ultima volta che ho perso!».
Qualcosa nel suo fare scherzoso, però, dava l'impressione che non stesse molto bene.
«Avrete voglia di festeggiare suppongo, che ne dite di--» la ragazza, che si era sporta verso di lui, si bloccò improvvisamente quando Sir Jones si portò le mani sulle tempie. 
Da un momento all'altro la testa aveva cominciato a dolergli e nel giro di pochi secondi, le orecchie gli fischiarono.
«Che c'è, siete già ubriaco?» rise la donna.
Lui scosse la testa. Aveva bevuto solo un bicchiere, non era ubriaco.
«Non che non mi vada bene, Sir Jones...» aggiunse lei, prendendogli la mano.
Lui la ritirò immediatamente, corrugando le sopracciglia sotto lo stupore di quell'affermazione e il dolore sempre in aumento.
«Approfittereste di un ubriaco?!» disse, indignato.
Un'altra fitta, più forte delle precedenti lo obbligò a scattare in piedi e prendersi la testa tra le mani.
Si chiedeva perché gli facesse così male da esplodere, non poteva permettersi di stare male il giorno prima della gara decisiva del torneo. Doveva essere forte, doveva vincere anche quella sfida.
«Vi raggiungo nelle vostre stanze?» domandò la donna.
«No!- esclamò lui -Andatevi a cercare qualcun'altro!».
Sir Jones, si allontanò tentennando sotto gli occhi perplessi degli altri. 
Arrancò persino nel salire le scale che portavano alle camere da letto della locanda.
Riuscì a resistere fino alla sua stanza e con un grande sforzo si tolse l'armatura per poi gettarla a terra dopo qualche imprecazione, dopodiché cadde a peso morto sul letto.
Non appena entrò in contatto con il materasso, sentì il suo corpo rilassarsi e gli occhi chiudersi.
Il soffitto che stava fissando scomparì gradualmente e si convinse che una bella dormita gli avrebbe fatto bene.

Ma si risvegliò.
Si guardò, indossava di nuovo la sua armatura dorata e il mantello rosso, era persino armato con ascia e spada.
Eppure aveva giurato di essersela appena tolto.
Si guardò allora intorno per capire dove si trovasse, scoprendo che non era più nella sua stanza.
Era immerso nel bianco, ogni singola area di quel luogo era bianca e provocava in lui un senso di stordimento nauseante.
«Che diavolo...?- mormorò -Sto sognando? Sto sognando.».
«Amsterdam.».
Lui trasalì, si voltò e non poté fare a meno di sgranare gli occhi.
Udiva una voce cristallina e rassicurante, ma non c'era nessuno con lui. 
C'era solo il nulla, nient'altro che il nulla più assoluto.
«Amsterdam!» esclamò la voce.
Girò su se stesso, ma di nuovo non vide nessuno. 
«Chi diavolo sei? Cosa vuoi?» gridò lui con fare minaccioso, stringendo la sua mano intorno all'elsa della sua spada.
«Amsterdam!».
Quando la voce pronunciò di nuovo il suo nome, gli apparì più vicina e sentì una strana sensazione, un brivido percorrergli la schiena.
Attese un attimo e poi si voltò di scatto, sfoderando la sua spada e puntandola in avanti.
C'era una figura che sembrava lontana eppure così vicina di cui non riusciva a distinguere il volto.
«Chi sei?» chiese di nuovo, scadendo bene le parole e tenendo la spada saldamente.
«Io so chi sei davvero, Amsterdam Jones.».
Lui esitò, poi strinse le sue dita attorno all'elsa ancora più forte di prima e digrignò i denti.
«Non mi conosci affatto!- esclamò -E non hai ancora risposto alle mie domande! Non ho voglia di giocare.».
«Ti conosco più di quanto credi. Vuoi sistemare tutto, una volta per tutte? Desideri rimediare?» domandò la voce.
«Non rispondermi alla mia domanda con altre domande! Dimmi dove mi trovo e chi sei o non esiterò ad attaccare, questo è l'ultimo avvertimento!» gridò di rimando lui.
«Chi sono non è importante, così come la nostra locazione.- rispose in tono estremamente calmo la voce -Calma i tuoi spiriti, giovane cavaliere, e rispondi alla mia domanda. Desideri rimediare ai tuoi errori?».
Lui esitò e per non poco mollò la presa sulla spada.
«È troppo tardi per rimediare.» la sua voce si ruppe, ma il suo viso rimase freddo.
«Non è mai troppo tardi.- la voce fece una pausa -Lutzsburg.».
«Lutzsburg, la capitale del Regno Bianco?- domandò lui, confuso. -Che c'entra con tutto questo? Stai vaneggiando. Anzi, io sto vaneggiando. Questo non è altro che uno stupido sogno.».
La figura avanzò lentamente e il cavaliere riuscì a notar brillare qualcosa sul capo di quella che doveva essere una donna dai capelli biondi. Eppure, continuava a non distinguerne i lineamenti del viso.
«Questo non è un sogno, Amsterdam, e tanto meno un vaneggiamento. È tutto reale, ma non posso rivelarti niente, è contro le regole. Non è così che vanno le cose, non dovrei nemmeno essere qui!- la voce si alzò, ma senza alcuna traccia di rimprovero -Il tuo destino è a Lutzsburg, Amsterdam Jones, è tutto quello che posso dirti a riguardo.».
«Ma... perché dovrei darti ascolto, anche se fosse tutto reale? Qui sto bene, sto per vincere un torneo. Mi acclamano, mi vogliono.» lui la guardò con aria di sfida.
«Ti acclameranno finché non troveranno qualcuno migliore di te, le donne saranno ai tuoi piedi fino a che non troveranno qualcuno più affascinante e alla locanda ti applaudiranno fino a che qualcuno regalerà loro tutto il cibo che vogliono. Questa gloria è estremamente effimera.- spiegò lei -Giovane cavaliere, non sai quello che ti aspetta. Tu puoi scrivere la storia, puoi modificarla. Puoi redimerti, diventare migliore, riparare tutti gli errori. Ti aspetta un destino glorioso e di gran lunga migliore di quello che hai qui, ma solo se andrai a Lutzsburg.».
La figura gli diede le spalle e si allontanò, cominciando a poco a poco a svanire nel bianco.
Lui decise di rimettere la spada nel fodero.
Qualcosa gli diceva che la prospettiva di vincere quel torneo l'indomani sarebbe svanita, e qualcosa gli diceva anche che si sarebbe pentito della sua prossima azione.
«No, aspetta!- gridò lui per bloccarla -Cosa devo fare a Lutzsburg? Dove devo andare?».
La figura si fermò di colpo, poi si voltò mostrandogli finalmente il suo viso.
Si rivelò essere una bellissima donna bionda sui venticinque anni, portava una corona sulla nuca ed era avvolta in un pregiato e ingombrante abito bianco.
Lui aprì la bocca, sbigottito. 
La conosceva, l'aveva vista nei libri e nei dipinti. 
Ma come poteva essere proprio lei? Era morta anni prima.
«Quando vedrai la ragazza, saprai cosa fare.» gli disse semplicemente la donna.
Lo congedò con un sorriso appena accennato, poi sparì avvolta da una luce bianca.

Lui si svegliò di colpo, ansimando.
Chiuse gli occhi e strinse tra le mani la coperta, cercando di riprendere fiato.
No, quello non era affatto un sogno. Lo sapeva, lo aveva percepito.
Sentì qualcosa di caldo sulla sua pelle e abbassò lo sguardo sul suo petto, dove adesso c'era una collana impreziosita da un ciondolo a forma di chiave con una pietra blu incastonata al centro.
Quella collana non era sua, non l'aveva mai vista prima di allora... eppure c'era qualcosa in quella chiave di familiare.
Era tutto troppo strano: la visione, la donna, la chiave.
Non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo e questo lo mandava in bestia.
Pensò al torneo... poi pensò ai suoi errori e a quello che gli aveva detto la donna misteriosa.
Strinse più forte la coperta, fino a gettarla via con rabbia.
Si alzò con violenza dal letto e raccolse la sua armatura da terra.
La mise velocemente e con un gesto impulsivo raccolse tutte le sue cose.
Corse fuori dalla camera e aprì la porta sul retro per dirigersi alle stalle e sellare il suo cavallo.
Dopo avervi caricato le sue cose, salì sul cavallo.
Esitò ancora, guardando la locanda dietro di sé.
Cosa avrebbero pensato gli altri il giorno successivo, vedendo che se l'era svignata prima della finale del torneo?
Cosa ne sarebbe stato della sua fama?
Ma ancora una volta, le parole della donna misteriosa risuonarono nella sua mente. 
Un destino glorioso lo aspettava.
Diede una decisa scossa alle briglie e il cavallo cominciò a correre più veloce del vento.
Il suo cavaliere, Amsterdam Jones, aveva un'unica destinazione da raggiungere: Lutzsburg.

   
 
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