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Autore: martina_1534    26/07/2020    0 recensioni
Credo nella grandezza della Commedia, credo nella potenza della parole.
Dante. Un nome una leggenda, no?
Eppure stavolta il viaggio è diverso, stavolta si scopre un'altra verità.
E' il momento di dire davvero le cose come stanno.
"Raccontami la realtà" azzardo tremando.
"La realtà è che io non sono il male" Mi dice con quello sguardo di ghiaccio colui che comanda il fuoco eterno.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Io sono al terzo cerchio, de la piova\
etterna, maledetta, fredda e greve;\
regola e qualità mai non l’è nova”

La pioggia forte abbattea la mia figura e, insieme ad ella, la neve e la grandine rendevano ancor più tortuoso il mio cammino. Il fango, disgustoso persino alla mia guida, inondava i nostri calzari, rendendoci quasi impossibile proseguire.
D’improvviso un boato ci fece sussultare: un’enorme bestia a tre teste latrava e graffiava qualsiasi cosa avesse innanzi. Gli occhi di fuoco e la barba folta e unta lo rendevano ancor più temibile. Notai il suo ventre enorme che mi metteva ancor più in soggezione del resto. Con le sue fauci affilate, rendeva in miseri brandelli le anime dannate, volgendo anche a noi il suo sguardo minaccioso.
«Dante, non temere. Egli è Cerbero, fiera crudele e diversa, che gode delle urla di dolore dei dannati.»
Virgilio, dunque, una volta calmate le mie ansie, si piegò e afferrò un pugno di terra e lo lanciò nelle fauci della bestia. Placate la fame e l’odio del demonio, io e l’duca mio proseguimmo a fatica avante, calpestando distrattamente i corpi dei dannati. Questi erano tutti sdraiati, sofferenti la fame ed il freddo. Solo un’anima, appena ci vide, si mise a sedere e, con sorpresa, mi parlò.
« Dante! Poeta negli inferi, riconoscimi! Io sono morto dopo che tu nascesti!»
Non negai di avere difficoltà immani nel riconoscere quella figura, consumata dal dolore e dall’angoscia. Gli chiesi chi fosse, desideroso quantomai di conoscere il suo nome ed il motivo per cui fu condannato a quel luogo brutale.
« Voi mi chiamaste Ciacco! La gola mi condannò a questo triste destino.» e tacque. 
Il tono della sua voce turbò immensamente la mia quiete, tanto che alcune gocce bagnarono le mie ciglia. D'improvviso ricordai che i dannati potevano prevedere il futuro, sicchè m'accinsi a porgere domande a quella povera anima tormentata, riguardanti il destino della mia povera città.
« Ciacco, dimmi, se tu sai, a che verranno li cittadin della città partita. Qualcuno dei miei concittadini segue la retta via? Perché mai distruggono Firenze con siffatta discordia?»
Un silenzio che mi parve infinito riempì il cerchio finché il morto non parlò. 
« Verranno al sangue, mio buon amico. Si massacreranno ed una fazione governerà tre giorni per essere soppiantata poi dall'altra. Un uomo li guiderà, solo due sono giusti. Quanto ai motivi, già conosci i peccati degli uomini: avarizia, invidia e vanità.»
Con la morte nel cuore dopo aver appreso tale tragedia, mi accinsi a domandare di alcuni conoscenti per cui speravo una sorte decisamente migliore. 
« E dunque, o spirito? Dove sono Farinata Degli Uberti, Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci? E Arrigo e Mosca dei Lamberti?»
Il volto di quell'anima si rabbuiò. 
« O pover'uomo. Mi duole dirti che essi son tra le più nere anime. Tu stesso, scendendo, li incontrerai.» e, triste per quanto detto, chinò il capo e cadde nuovamente nella fanghiglia, permettendo all'infinito circolo delle sue torture di ricominciare. 
Osservandolo miseramente e con, dentro di me, un vuoto incolmabile, ripresi il mio cammino. Con il volto verso il terreno ed i pensieri altrove, guardai il mio maestro ed egli a me: « Non si rialzerà finché non udirà la tromba angelica che precederà la venuta di colui che giudicherà i vivi e i morti.»
Chiesi spiegazioni, incerto sul destino delle anime e sulla loro pena.
« Duca, le loro pene, forse, s'accentueranno?»
« Mio caro Dante, essi, il giorno del Gran Giudizio, riprenderanno i loro corpi ed ascolteranno la sentenza finale. Pensa, per un attimo, ad Aristotele. Più un corpo è perfette, più sarà in grado d'avvertir piacere e dolore. Ricongiungendosi al corpo, essi raggiungeranno la pienezza del loro essere.»
Tristemente, dunque, appresi che il loro dolore e la loro pena si sarebbero acuiti. Discutemmo ancora di cose di cui non dico, giungendo infine al punto in cui si raggiunge il cerchio successivo. Quivi trovammo Pluto, il gran nemico.
  
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