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Autore: Drizzit    26/07/2020    1 recensioni
Una partita a carte. Una famiglia in disgrazia. E una ragazzina inquietante.
Se volete sapere di che cosa si tratta leggete...
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Iskra aveva subito inviato Ivan a chiamare i medici e con sua eterna gratitudine essi erano venuti immediatamente. Avevano lavorato per ore su Sofya e le avevano salvato la vita, ma non la bellezza. Il suo volto era pieno di lividi rossi e spessi, che i medici dissero sarebbero diventate infine cicatrici. I capelli erano scomparsi e il cuoio capelluto, esposto, era ricoperto di piaghe purulente e carne carbonizzata. Un occhio era rimasto ferito e la fronte s'innalzava grottescamente sopra l'orbita vuota. Ciò che restava delle labbra si contorceva in un ghigno beffardo.
Iskra era rimasta seduta accanto al letto fino all'alba, quando gli elisir avevano permesso a Sofya di assopirsi in un sonno agitato, mentre la sorella pensava al proprio errore. Aveva preso quella ragazzina con troppa leggerezza, quello era ovvio, ma soprattutto Luda aveva sgretolato tutto ciò che Iskra avrebbe voluto realizzare. La dote sarebbe stata per sé stessa oltre che per Sofya, si rese conto, e digrignò i denti per la frustrazione. Se fosse successo solo a lei, non avrebbe mai più rivisto quella ragazzina orribile, e si sarebbe ritirata con la sua povertà a leccarsi le ferite. Ma non poteva sopportare quanto era successo a Sofya. Luda aveva usato i suoi desideri contro di lei e a pagarne il prezzo era stata Sofya, lei che avrebbe sofferto per il resto della sua vita, a meno che Iskra non fosse riuscita in qualche modo a disfare ciò che era stato fatto.
Per due volte aveva scommesso la ricchezza che disperatamente desiderava ed entrambe le volte qualcosa di terribile era successo a quelli che più amava. La strega non l'avrebbe ingannata una terza volta. Una certezza fredda e amara scese su di lei: sapeva quello che doveva fare. Quella sera, Iskra sarebbe stata pronta. Quella sera, avrebbe alzato lei la posta. E quella sera, non avrebbe avuto importanza che vincesse o perdesse.
Ivan sbirciò fuori dalle pesanti tende della camera e guardò la strada sottostante, come un vecchio falco. Si rimproverava per quanto era successo a Sofya, e nonostante Iskra avesse fatto del suo meglio per rassicurarlo, non poteva dirgli la verità che stava dietro l'orribile incidente. Così il servitore aveva preso il suo nuovo incarico con la serietà di un soldato sul campo, e cercava sulla strada la carrozza che entrambi aspettavano. Se trovava strano che Iskra s'intrattenesse con degli ospiti e giocasse a carte dopo quelle due tragedie, non lo disse.
Iskra si costrinse a non versarsi un altro bicchiere di vino e pensò, ancora una volta, all'arrivo imminente di Luda. In realtà non era affatto obbligata a giocare un'altra partita con la ragazzina. Avrebbe potuto mandarla via sulla porta. Ovviamente, però, non sarebbe stato necessario: sapeva che Luda sarebbe arrivata solo se lei l'avesse desiderato. E sapeva che quindi Luda sarebbe arrivata di certo, visto che era quello che Iskra voleva.
Sentì il rintocco lontano di un campanile lontano sopra la città e rabbrividì. Si chiese da quale contorto labirinto di vicoli la ragazza fosse strisciata fuori, e le sovvenne che quello che le era successo vincendo a carte probabilmente sarebbe sembrato nulla rispetto a quello che le sarebbe successo se avesse perso. Ripensò a racconti leggendari di cuori ancora pulsanti strappati dal petto delle vittime, ma cercò di liberarsi di quelle immagini raccapriccianti: Luda sarebbe arrivata presto e Iskra aveva bisogno di concentrarsi su di lei. La ragazzina era una specie di mostro che poteva essere evocato semplicemente enunciandone il nome. Iskra pronunciò le sillabe senza emettere alcun suono, immaginando di evocare un ripugnante spirito immondo da un pozzo infetto.
«Signora…» disse Ivan, «…La signorina Luda è arrivata.”»
Il sorriso divertito di Iskra si congelò in una smorfia fredda di determinazione. «Molto bene, Ivan. Falla entrare.» Iskra si appoggiò allo schienale della sedia e contemplò di nuovo le carte.
Per due volte l'avevano fatta vincere, eppure lei aveva perso di più con ogni scommessa. Ma quella sera sarebbe stato diverso, pensò versandosi un bicchiere di vino. Quella sera, se tutto fosse andato secondo i piani, non le sarebbe importato più nulla che quella fosse l'ultima bottiglia di vino in casa, rifletté mentre si portava la bevanda speziata alla bocca.
Naturalmente, con quella... quella strega, quel mostro o qualsiasi altra cosa fosse, non poteva essere affatto sicura che le cose sarebbero andate secondo i piani. Ma aveva deciso. Aveva fatto una promessa a se stessa e adesso era arrivato il momento di mettersi alla prova. Mettere Ivan di vedetta alla finestra era stata la sua prima mossa in quel nuovo gioco. Non aveva intenzione di essere colta di sorpresa, quella sera.
Tuttavia, invece dei colpi alla porta, Iskra udì il rumore di passi sul marmo dei gradini. Ivan sicuramente non era ancora sceso ad aprire la porta, non così in fretta, e in effetti Iskra non aveva sentito nemmeno il rumore della grande porta di quercia che si apriva. Eppure, Luda era in casa sua, era già sulle scale, e stava avvicinandosi sempre di più.
Iskra ascoltò il rumore salire i gradini e poi avvicinarsi alla stanza, con Ivan che la raggiungeva subito dopo. Luda fece irruzione nella stanza e Ivan la annunciò: «La signorina Luda.» anche se piuttosto inutilmente.
Iskra ostentatamente non si alzò per dare il benvenuto alla sua ospite. Anzi, sprofondò ancora di più nella poltrona. Intuì che Luda aveva la sua stessa voglia di giocare, e lasciò che fosse la ragazza a inseguire lei, questa volta.
Luda non diede a vedere di aver notato l'offesa, ma Iskra conosceva fin troppo bene le convenzioni sociali della buona educazione. La ragazza si sedette con uno sbuffo annoiato.
«Vino?»
Luda sorrise, mostrando a malapena i denti. «No, grazie.»
Si guardarono l'un l'altra, e Iskra notò che Luda non era più la giovane e bella ragazza di prima... il suo viso, i suoi occhi avevano un che di mostruoso, esattamente come i suoi denti, ora erano in un certo qual modo più acuminati. Una luce di disperazione, una fame vorace brillava nei suoi occhi, e Iskra cominciò a pensare che quell'antica creatura dovesse aver passato male le ultime notti.  Doveva essersi affaticata per portare tanta terribile sofferenza in casa di Iskra, senza ricevere nulla in cambio. Iskra bevve un altro sorso di vino, permettendo al silenzio di riempire l'aria. Sua madre le aveva insegnato che era un errore terribile permettere all'avversario di sapere quanto si voleva qualcosa: una necessità diventa una debolezza, le aveva detto. Molto bene, allora: quella sarebbe stata la leva con cui l'avrebbe fatta muovere.
Iskra prese lo scrigno di gioielli ricoperto di velluto e lo aprì, tenendolo in mano affinché Luda ne esaminasse il contenuto. «Abbiamo scommesso parole e promesse, ma questi cimeli sono d'oro e di diamanti. Siete sicura che non preferireste giocare puntando... beni più consistenti?»
Un bagliore di panico balenò negli occhi di Luda, che serrò un istante la mascella prima di sorridere educatamente. «No, mia cara. Nient'affatto. Se devo concedervi il vostro desiderio più caro, dovete offrirmi la vostra proprietà più importante.» La sua lingua scattò sopra le labbra con la destrezza di un rettile, e a Iskra parve che fosse biforcuta e sibilante. Ma annuì il suo accordo.
Al che, Luda si aprì in un sorriso genuino ma ancora più profondamente malvagio. «E che cosa vogliamo scommettere stasera? Qual è, questa sera, la cosa che più desiderate?”»
Iskra sorrise in silenzio, ma il cuore le batteva con forza nel petto. Non aveva alcun dubbio che quella donna l'avrebbe reclamato, se avesse vinto. Scelse con cura le parole, ammantandole di noncuranza. «Vorrei solo che Sofya tornasse di nuovo a essere bella e felice.»
Luda fece per rispondere, ma Iskra la interruppe alzando un dito.
«Ma stasera giocherò solo a condizione che Sofya sia così, felice e bella, per tutta la durata della nostra partita, fino a quando non girerò la mia ultima carta.»
Luda la fissò, perplessa. «Vorreste che la vostra scommessa venga pagata prima di averla vinta? Non ha senso.»
«Se è in vostro potere pagarmela, è in vostro potere anche portarmela via se perdo.» Iskra sorrise dolcemente. «Tutto quello che chiedo è qualche istante di felicità e bellezza per Sofya. A meno che, naturalmente, voi non preferiate accontentarvi di una puntata più bassa...» e fece un gesto vago verso lo scrigno dei gioielli ancora aperto. Luda scosse la testa, l'espressione lacerata tra la rabbia e l'ansia.
«No. Certo che no. Ma voi mi chiedete troppo. Non si può pagare una scommessa prima che sia vinta.»
Iskra si sentiva in equilibrio sulla corda tesa del decoro, da una parte la determinazione di Luda che le cose procedessero a modo suo e dall'altra l'evidente fame di giocare della folle creatura. Sorrise con allenata semplicità e misurò l'incertezza negli occhi di Luda, i nervosi spasmi delle sue dita, l'agitarsi impaziente delle spalle. Era l'immagine stessa della necessità, anche se cercava di mascherarlo.
Iskra fissò Luda per un lungo momento, poi alzò le spalle come se fosse stata sconfitta, indicando ancora una volta lo scrigno di gioielli. Piegò la testa da un lato con insolenza, invitando Luda ad accettare gioielli e gingilli.
Luda ribolliva, mostrando i denti.
«Così sia.» Batté le mani, lasciando Iskra a bocca aperta suo malgrado. Per un istante, la luce della lampada tremò, e nell'ombra gli occhi di Luda brillarono come braci. La ragazzina sorrise trionfante e predatoria, mentre Iskra dovette combattere per riconquistare la propria compostezza. Luda era ancora più consumata ed emaciata nell'aspetto di quanto non fosse sembrata un attimo prima. Eppure, non aveva mai avuto uno sguardo così mortale.
Improvvisamente si udì uno scalpiccio di piedi nudi venire dal corridoio, quasi di corsa. Luda sostenne lo sguardo di Iskra, accennando un sorriso soddisfatto agli angoli della bocca. Iskra sorrise con educazione, come bisognava fare con un ospite importante a una cena. Il suo stomaco si contrasse in un nodo doloroso, ma il suo viso rimase raggiante di buone maniere.
La porta si spalancò, ma nessuna delle due donne si mosse. Sofya corse al fianco di Iskra, con indosso solo la sottoveste, le trecce dorate sciolte sulle spalle, i lineamenti aggraziati più belli e raggianti che mai.
«Oh, Iskra, ho fatto un sogno stranissimo. Era... è... oh, accidenti.» Ridacchiò, portandosi le dita alla bocca. «Ho dimenticato che sogno era.»
Iskra finalmente la guardò, voltando la testa con disinvolta precisione. «Molto divertente, Sofya cara. Ma ho paura di essere impegnata con un'ospite piuttosto importante, al momento.»
Sofya sembrò vedere Luda per la prima volta e si ritrasse leggermente. «Oh, mi dispiace avervi interrotte. A cosa stavo pensando?» Sembrava essere sconvolta e terrorizzata da quella strana ragazzina inquietante, ma allo stesso tempo ipnotizzata e incapace di andarsene. «Dovrei... andare ora?»
La ragazzina guardò Sofya e lei si ritrasse dietro la sedia di Iskra. «Sì, Sofya.» Mormorò Luda. «Salutate vostra sorella.»
Gli occhi di Iskra si ridussero a due fessure e Luda sorrise con palese crudeltà, ogni pretesa di buona educazione ormai persa. Iskra tenne lo sguardo fisso su Luda ancora un momento, poi fece un sorriso sincero e amorevole alla propria sorella, ancora sconcertata. «Addio, Sofya.» sussurrò, e Sofya involontariamente indietreggiò.
«Addio.» rispose lei incerta, poi si voltò e quasi corse fuori dalla stanza.
«Ora.» Luda tagliò le carte e Iskra esitò, poi pescò.
Quando le sei carte furono pronte sul tavolo, Iskra sentì un dubbio attraversarla nuovamente. Lo costrinse al silenzio, determinata ad andare fino in fondo. Rivelò la sua carta più a destra e trattenne l'emozione nel vedere il Re di quadri. Luda fece un piccolo rumore di disapprovazione e mostrò il jack di picche.
Guardò Iskra con un fervore marcio negli occhi e Iskra dovette trattenersi dall'indietreggiare.  Poi allungò la mano, incerta, e capovolse la carta a sinistra, in sottofondo l'aspra risatina di Luda.
Il due di fiori non sarebbe servito a niente. Iskra guardò lo scrigno con i gioielli, mentre la mano di Luda aleggiava sulle sue due carte, scegliendone infine una.  Esultò di gioia quando apparve l’asso di cuori. Ridacchiò e cominciò a saltare sulla sedia, mentre la testa di Iskra era in preda alle vertigini.
Iskra guardò la sua ultima carta, sapendo che non avrebbe avuto alcuna importanza.
Eppure...
«Suvvia, cara.» Luda non provò nemmeno a nascondere la sua gioia maligna. «Capovolgetela. Finiamola in fretta, eh?» Il suo sorriso era famelico e Iskra si ritrovò a chiedersi in che modo quella strega prendesse il cuore delle persone. Lo succhiava dalle loro bocche? Apriva le loro casse toraciche con quelle dita, ora simili ad artigli? O semplicemente ci arrivava masticando le ossa del petto, come un orrido topo fuori misura?
Scosse la testa per scacciare quelle immagini terribili e sorrise a Luda. «Certo, non è troppo tardi per dichiarare un pareggio. O per cambiare la posta in gioco…»  Prese lo scrigno dei gioielli un'altra volta e toccò lo zaffiro sul pettine e i gioielli incastonati sulla fodera dello stiletto.
«No!» sbottò la ragazzina, sporgendosi in avanti sulla sedia. «Avete accettato e avete perso. Ora girate quella carta e finiamo la partita.»
«Sì,» rispose Iskra, con voce metallica e fredda. «Vediamo di finire la partita.» E con un movimento rapido, estrasse lo stiletto dal fodero.
Luda strillò, alzando il braccio per parare il colpo, e una fiamma innaturale balenò nei suoi occhi, ma Iskra girò la lama del coltello e la immerse nel proprio petto.
Il sangue spruzzò di cremisi le carte e Luda indietreggiò, ringhiando di rabbia animale.
Il sangue arterioso colpì il tavolo con fiotti di forza sempre più debole, fino a quando gli occhi di Iskra si chiusero e il suo cadavere si accasciò sulla sedia. Il sangue scivolava fuori lentamente ora, insozzando il corpetto di broccato. 
Luda rimase seduta in silenzio per un lungo periodo di tempo, i respiri lenti e profondi, la lingua biforcuta che leccava le labbra carnose.
Il suo sguardo si spostava dal cadavere che andava raffreddandosi alla partita non terminata sul tavolo. 
Da qualche parte in casa si sentì lo scalpiccio sordo dei piedi di Sofya e allora Luda capì, con crescente disgusto, che l'incantesimo che aveva lanciato sulla giovane donna sarebbe durato finché la partita non si fosse conclusa.
La ragazzina sibilò e si allungò per capovolgere la carta finale di Iskra, ma si fermò subito.
Sarebbe stato un gesto inutile. 
I termini della scommessa erano stati fissati in modo inequivocabile.  “Fino a quando non girerò la mia ultima carta…” aveva detto Iskra.  Con grande sforzo, Luda si alzò in piedi.  «Bella partita, mia cara. Bella partita davvero.»
Girò la schiena alle carte intrise di sangue e, con passi lenti e dolorosi, uscì fuori dalla stanza.
  
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